domenica, novembre 04, 2007

E tu, ce l'hai la liquirizia?

Questo post e' diretta conseguenza del post che lo precede.
L'anno scorso, al Critical Wine genovese, tra qualche puzzone vinovero deprecabile, ho assaggiato un produttore doglianese che, per gli standard esibiti, e' entrato a listino velocemente. Eraldo Revelli produce un bel Dolcetto(ne) di Dogliani, e dopo una visita in azienda ed i giusti riassaggi, e' diventato mio fornitore. Tuttavia il Dogliani DOCG (adesso il Dolcetto Superiore si chiama Dogliani DOCG - rinunciate a capire, e' una perdita di tempo) e' un rosso che, come si dice, esprime il meglio di se' quando si avvicina alla maturita'; da giovane esibisce fieramente i tannini archetipici del dolcetto, e pure una chiusura olfattiva che ti fa dire: aspetta, qualcosa sara'. Cosi', rimembrando il trascorso Critical Wine, stasera ho portato a casa il Dogliani Autin Roca 2005 (il cru aziendale), che avevo a scaffale da un po'; si chiama appunto "prelievo di scaffale" il controllo periodico che l'enotecaro fa del prodotto che ha in vendita. Questo, siccome il vino diviene, e' mutabile, eccetera eccetera eccetera; anzi, a pensarci bene, "prelievo di scaffale" potrebbe essere una categoria di questo blog; detto, fatto. Noi preleviamo dallo scaffale per avere un'idea del misterico divenire, sfuggente ed imperscrutabile, per poi narrarlo al cliente.
Stasera l'Autin Roca di Revelli e' in forma olimpica; il naso e' uscito piano ma poi e' diventato assertivo, con una liquirizia spettacolare: hai presente la rotella Haribo', una liquirizia deliziosa, che poi ha lasciato spazio alla stratificazione, dalla prugna alla viola; il colore ha quel vello tenebroso da poca filtrazione, la fluidita' e' densa; questa sera l'Autin Roca strappa un bel 88/100.
Tra le mille possibili considerazioni che un simile vino ispira, una su tutte: il mio pensiero e' andato ai tristi vini internazionali; a quei rossi banali e prevedibili, peggio che industriali: globalizzati; al peperone da cabernet identico a se' stesso ovunque, soporifero e deja-vu. Ce l'avranno mai, quei vini, questa liquirizia? Riusciranno mai, quei tentativi enoici, a far alzare almeno un sopracciglio?
Affari loro. Il Dogliani ce l'abbiamo noi, ci spiace per gli altri.

[Update del 5 novembre: qui Franco Ziliani recensiva Revelli, nel 2003]

1 commento:

  1. molto buoni, in effetti, i Dolcetto di Dogliani di Eraldo Revelli (e famiglia: anche la figlia più giovane collabora ed é molto brava), molto schietti, molto veri, molto vin de terroir.
    Ne scrivevo quattro anni fa su WineReport, in questo articolo:
    http://www.winereport.com/winenews/vino_settimana/scheda.asp?IDCategoria=-1&IDNews=215
    ciao
    Franco

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