lunedì, marzo 28, 2005

La massa e le elites.

Ha ragione il big boss del Gambero ad indignarsi sulla comparsata (l'ennesima) di Vissani a Domenica In. Ma che ci si puo' fare?
Tempo fa leggevo un dato Nielsen secondo il quale solo il 20% dei consumatori acquistano vini di qualita'; confermava un dato da me solo percepito, che ripetevo e ripeto spesso: noi addetti ai lavori 'specializzati' lavoriamo per una schiacciante minoranza dei consumatori.

Dovremmo rassegnarci: la qualita' per le masse, per la maggioranza, e' un mito irraggiungibile, o peggio, e' una bugia. Lo so che questo elitarismo del pensiero e' irritante, ma mi piacerebbe essere smentito: in un ambito commerciale dove i pezzi disponibili sono (a seconda del produttore) poche migliaia di unita', che senso ha dire che le masse (milioni di individui) sono i destinatari di tale qualita'?
E, al di la' del dato aritmetico, che educazione hanno le masse? La dura realta' e' che le masse ricevono (per esempio) l'educazione alla ristorazione di qualita' da Domenica In; tantovale rassegnarsi al dato ineluttabile: le masse possono, se gli va bene, trovare qualcosa di Zonin o Antinori al supermercato. E glissiamo sul discorso prezzo/qualita'.
Ci sono aspetti affascinanti in tutto questo. forse, il piu' curioso e' che si devono smentire, una volta per tutte, le equazioni speculari ricchi=consumatori di qualita' e poveri=consumatori acritici. Fatto salvo il dato che solo una ristretta elite consuma qualita', curiosamente questa ristretta elite non coincide, non automaticamente, col numero delle persone abbienti.
Capita ogni giorno, in enoteca, di vedere lavoratori interinali che scelgono cose elitarie. Oppure proprietari di barche (lavoro vicino ad un piccolo porto per yacht) che mi chiedono il Tavernello in brick (si stiva meglio nelle barche, ho appreso). Che dire; il primo pensiero e': ma che senso ha spendere decine di migliaia di euro in una barca (non so esattamente quanto costi una barca, dal che si dovrebbe capire che non ne ho) quando poi compri una roba che, in questa sede, mi rifiuto di qualificare? I ricchi non sono l'elite.

Pero' le elite ci sono, sono le persone che hanno un approccio critico con quello che consumano e, immagino, con quasi tutti gli aspetti della loro esistenza.

Da ultimo, bisogna dire che la mia tesi ha almeno un aspetto negativo: le minoranze schiaccianti non possono, fatalmente, sviluppare grandi fatturati. Se questo e' seccante, e' pure uno spunto per immaginare perche' non c'e' interesse per le elites.

venerdì, marzo 25, 2005

Nomen omen.


Certe notizie le vieni a scoprire nel modo piu' imprevedibile: per esempio, leggendo Vinography stamattina vieni a sapere dell'iniziativa della Cantina della Casa Circondariale di Velletri: i detenuti lavorano alla produzione di vini di qualita'. E come si chiama il loro vino? Fuggiasco.

martedì, marzo 15, 2005

Sideways e dintorni.

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La visione di Sideways suggerisce infiniti spunti per un commento favorevole. Pero' preferisco un piccolo estratto, che da solo e' un commento.

Maya: Che gemme hai nella tua collezione?
Miles: Ah, non la definirei una vera collezione... no... come dire... e' una piccola esposizione da salotto. Non ho mai avuto il portafoglio per farla, vivo di bottiglia in bottiglia. Si, ho delle cose che conservo... la mia star e' senz'altro uno Cheval Blanc del '61.
Maya: Hai uno Cheval Blanc del '61 a casa tua!?
Miles: Si... a casa.
Maya: Vallo a prendere. Dico sul serio: corri!
Miles: (ride) si... ok... ora vado...
Maya: Pare che i '61 siano al top adesso, o almeno cosi' ho letto.
Miles: Si, hai ragione, si.
Maya: Forse e' gia' troppo tardi. Che aspetti.
Miles: Eh... non lo so. Forse un momento speciale con la persona adatta. Volevo berlo al decimo anniversario di matrimonio, ma...
Maya: Secondo me, aprire uno Cheval Blanc del '61, quello e' il momento speciale.
Miles: Allora, da quanto ti piace il vino?
Maya: Faccio sul serio da sette anni.
Miles: E quale e' stata la bottiglia decisiva.
Maya: Sassicaia '88.

Insomma, se ancora non l'avete visto, affrettatevi.

giovedì, marzo 10, 2005

Lo stato del dibattito.

Se dovessi spiegare lo stato del dibattito nell'ambiente del vino di qualita', partirei da quanto scrive Nicolas Joly. Dal sito di Velier:

"Il presupposto della denominazione d'origine, come dell'appellation, è il "segno" della vite sulla propria uva. Create in Francia nel 1935, le AOC, in seguito esempio a tutte le successive legislazioni degli altri paesi produttori, erano il risultato di un'intima conoscenza del terroir, fondata sull'osservazione e l'esperienza di diverse generazioni di vinicoltori: l'esperienza aveva portato all'unione di un certo vitigno con una determinata parcella e da questi matrimoni dovevano nascere vini di un'originalità espressiva inimitabile, dovuta al legame con l'ambiente. La DOC, la AOC avevano il fine esclusivo di riconoscere questa originalità, offrendole un sostegno giuridico.
L'agricoltura era ancora sana e nessuno immaginava di dover legiferare per mantenerne la qualità. Sessant'anni dopo, la situazione si è trasformata in modo drammatico. Il diritto dell'appellation si è ridotto alla sua più semplice espressione: un numero di catasto, una lista di vitigni autorizzati e qualche magra (e pur sempre poco rispettata) restrizione sui rendimenti. Che il suolo sia vivo o morto, che la terra sia aggiunta o meno fertilizzata, che il gusto provenga dal terroir o dagli innumerevoli lieviti che l'industria sa fabbricare così bene, il diritto all'appellation rimane lo stesso. Una degustazione di routine, detta "d'agrément" (argomento sul quale è preferibile non dilungarsi), dovrebbe effettuare una selezione. In qualche decennio, la rispettabilità di una creazione geniale è stata pressoché annientata. Il vino, figlio della tecnologia più che della natura, deve lusingare il palato del neofita e dunque della maggioranza. Le conseguenze di questa dissoluzione del concetto e della missione stessa dell'AOC non hanno tardato a manifestarsi. I nostri vini hanno perso le virtù di un'originalità legata alla qualità particolare del luogo, diventando facilmente imitabili da tutti i paesi produttori del mondo che possono ricorrere alle stesse tecnologie e a una manodopera a minor costo."

Il dibattito oggi non e' tanto, o unicamente, tra industria e piccolo produttore. E' diventato soprattutto tra terroir e globalizzazione del gusto.

giovedì, marzo 03, 2005

Chiuso per neve.


Non e' il Klondike, e' quel che si vede da casa mia, stamane.
Enoteca chiusa per neve.

Comicita' involontaria.

Email arrivata oggi:
"Egregi Signori,
al fine di fornire un'informazione più tempestiva abbiamo deciso di interrompere il servizio bimestrale di newsletter."

Segue, comunque, che annunciano l'apertura di un'area news sul loro sito. Colmo dell'ironia, il loro mail e' stato valutato spam dal mio client e cestinato.
Insomma, a volte comunicare nell'era della Rete non e' facilissimo.