Se dovessi spiegare lo stato del dibattito nell'ambiente del vino di qualita', partirei da quanto scrive Nicolas Joly. Dal sito di Velier:
"Il presupposto della denominazione d'origine, come dell'appellation, è il "segno" della vite sulla propria uva. Create in Francia nel 1935, le AOC, in seguito esempio a tutte le successive legislazioni degli altri paesi produttori, erano il risultato di un'intima conoscenza del terroir, fondata sull'osservazione e l'esperienza di diverse generazioni di vinicoltori: l'esperienza aveva portato all'unione di un certo vitigno con una determinata parcella e da questi matrimoni dovevano nascere vini di un'originalità espressiva inimitabile, dovuta al legame con l'ambiente. La DOC, la AOC avevano il fine esclusivo di riconoscere questa originalità, offrendole un sostegno giuridico.
L'agricoltura era ancora sana e nessuno immaginava di dover legiferare per mantenerne la qualità. Sessant'anni dopo, la situazione si è trasformata in modo drammatico. Il diritto dell'appellation si è ridotto alla sua più semplice espressione: un numero di catasto, una lista di vitigni autorizzati e qualche magra (e pur sempre poco rispettata) restrizione sui rendimenti. Che il suolo sia vivo o morto, che la terra sia aggiunta o meno fertilizzata, che il gusto provenga dal terroir o dagli innumerevoli lieviti che l'industria sa fabbricare così bene, il diritto all'appellation rimane lo stesso. Una degustazione di routine, detta "d'agrément" (argomento sul quale è preferibile non dilungarsi), dovrebbe effettuare una selezione. In qualche decennio, la rispettabilità di una creazione geniale è stata pressoché annientata. Il vino, figlio della tecnologia più che della natura, deve lusingare il palato del neofita e dunque della maggioranza. Le conseguenze di questa dissoluzione del concetto e della missione stessa dell'AOC non hanno tardato a manifestarsi. I nostri vini hanno perso le virtù di un'originalità legata alla qualità particolare del luogo, diventando facilmente imitabili da tutti i paesi produttori del mondo che possono ricorrere alle stesse tecnologie e a una manodopera a minor costo."
Il dibattito oggi non e' tanto, o unicamente, tra industria e piccolo produttore. E' diventato soprattutto tra terroir e globalizzazione del gusto.
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