mercoledì, maggio 30, 2018

Parabole monetarie

Di là, dall'altra parte, cioè su quell'altro blog che curo come una creatura, ritorno a parlare di soldi, elencando alcuni motivi per i quali non è giusto considerare il vino come un bene "costoso" in sé. Il prezzo del vino in realtà è basso, spesso bassissimo. E allora, come mai alcune bottiglie finiscono per avere certi prezzi? La domanda contiene un indizio sulla risposta: "alcune".

Alcune sono costose: spesso sono esattamente quelle oggetto del nostro desiderio. Quindi si innescano facili meccanismi di domanda, offerta, e il mercato, e lo spread (ecco, non volevo dirlo, ma c'è scappato).

Poi c'è anche la parabola del buon produttore, che è un argomento riciclato dalle mie chiacchiere in enoteca.
C’era una volta un buon produttore di vino: immaginate di essere lui. Da circa un ettaro di vigna produceva un ottimo rosso, in una tiratura limitata. Diciamo – per fare un esempio – cinquemila bottiglie. Certo sono poche (da quello stesso ettaro Tavernello tira fuori tre volte tanto) ma ve l’avevo detto, quel vino è ad alto livello, poi le vigne sono vecchissime, scarsamente produttive, eccetera. Mette in vendita la prima annata prodotta a 5 euro più Iva la bottiglia. Per un vino così, garantisco, è un prezzo assai basso, e il nostro buon produttore vende tutto entro l’estate successiva alla vendemmia. Al punto che si rende conto, dovendo rifiutare tutti gli ordini successivi, che forse ha sbagliato qualcosa: ha sbagliato il prezzo di uscita. 
L’anno dopo non si fa trovare impreparato. Lo stesso ottimo rosso esce a 7 euro più Iva. Aumento considerevole, eppure succede un fatto strano, quasi come l’anno precedente le scorte si esauriscono a ottobre – e il nostro buon produttore passerà il suo tempo a scusarsi coi clienti vecchi e nuovi che riordinerebbero volentieri, ma per loro non c’è più nulla.
Insomma, arriva la terza vendemmia, e stavolta il nostro vigneron parte deciso: si vende a 10 euro più Iva. Che diamine, ormai è raddoppiato, come il suo fatturato, ma almeno così sarà disponibile fino alla vendemmia successiva. E invece no: entro Natale è tutto esaurito. Cos’è successo? Ancora una volta, il buon produttore ha sbagliato il prezzo di uscita del suo vino.
Ora che la parabola è finita, ci chiediamo (e vi chiediamo): voi, al posto suo, che fate l’anno dopo? Chiaro che questo gioco non potrà ripetersi all’infinito, presto o tardi il buon produttore troverà la cifra di mercato adatta al meccanismo della richiesta relativa all’offerta – però insomma, avete capito.

giovedì, maggio 17, 2018

L'assaggiatore confuso

Quando mi chiedono "tu che mestiere fai", se sono nel mood zuzzurellone rispondo "l'assaggiatore di vino". Che è uno dei lavori che faccio, ma hey, suona sempre così bene. Sulla carta d'identità c'è scritto "commerciante" e in effetti quello sono, ed essere assaggiatore di vino è collegato alla mia funzione di venditore di vino. S'era capito, va be'. Comunque avrei potuto rispondere anche in modo più cazzaro, se ero dell'umore (e lo sono spesso) tipo "content manager per intravino dot com", che è vero pure quello. Potevo pure fare peggio, dire "autore", "critico enologico", "blogger" (oggesù) ma per la verità resto un commerciante. Ultimamente mi piaceva dire bottegaio ma anche questa parola se la sono presa quelli più cazzari di me, i canali della grande distribuzione o altri luoghi alienanti di cui non farei il nome (Eataly), quindi adesso ritorna in voga commerciante. Io sono tutte quelle altre robe là, ma da vero commerciante ho appena finito di spazzare la strada qua fuori l'enoteca (a proposito, signora del piano di sopra: la finisce di buttare pane ai piccioni?) e adesso metto i panni del social media manager di me stesso. Confusi? Sapeste io.

E a proposito di lavori, questo periodo è denso di impegni. Sto ultimando le schede per la Guida Essenziale, (io curo la Liguria), e intanto ci sono numerose fiere di settore data la stagione favorevole. Passo gran parte del tempo a scrivere cose come "giallo paglierino brillante, naso ampio e fragrante tra i fiori di campo, agrumi e salvia, in bocca ha tensione e morbidezza, lungo sulla viva traccia salina a dare equilibrio" (e indovina la denominazione).

Agli assaggi per la guida fanno da contraltare, in alcune fiere, gli assaggi di vini molto caratteriali, e variamente declinati sull'imperscrutabile protocollo del vino naturale - che nessuno sa cos'è, tant'è che molti produttori di vino naturale negano di produrre vino naturale. Confusi? Sapeste io. Sia come sia, da assaggiatore quale sono, allineato e pettinato, tutto precisino sui descrittori canonici dell'accademia dell'assaggio, ormai sono scisso. Ieri avevo nel bicchiere un bianco che adoro, ma purtroppo (o per fortuna) totalmente estraneo ai descrittori dell'accademia. Si ripete, per l'ennesima volta, il fatto a lungo descritto anche nell'ultimo corso tenuto qua a Genova: il vino naturale non è irregimentato nei canoni. Tutto è anarchico, tutto quanto sapevamo è inadeguato a contenerlo, siamo in terra incognita, mare aperto, siamo allo sbando, insomma arrangiatevi. Confusi? Eccetera.

La confusione, il sentirsi sperduti, è attenuato solo raramente da qualche tipo di luce in fondo al tunnel, quando per esempio assaggio un vino da guida perfetto (e infatti è nella guida), che peraltro ritrovo in rassegne sui vini naturali. Come a dire che una composizione, un equilibrio forse è possibile, forse ce la faccio a farcela. Resto confuso ma con una speranza.