mercoledì, ottobre 18, 2023

Due assaggi della domenica e si scopre che


Quando arriva domenica metto da parte qualche assaggio della festa, e riservo a quel giorno bevute che immagino più divertenti. Anche se come sempre quando apro una bottiglia di vino non so mai davvero cosa mi aspetta, come la scatola di cioccolatini di Forrest Gump. C'è un'idea di massima, spesso delle aspettative, che finiscono sempre per intralciare l'assaggio, o ti deludono o resti sorpreso, ma appunto non sai mai.

Ecco il Rosso di Montalcino 2022 di Tiezzi: produttore molto stimato per il lungo cursus honorum, per aver fatto cose grandiose col sangiovese a Montalcino su due piccoli vigneti, il Poggio Cerrino e Vigna Soccorso. Dunque mi aspettavo la sangiovesitudine e la montalcinità (non saprei come dire meglio) in fondo a quel bicchiere. Aspettative molto soddisfatte: il Rosso subito ha un naso truculento di sangue e macelleria, poi si quieta piano verso il mentolato (un naso di erba aromatica, verde, direi) e il frutto. Bocca super salda, tannino davvero squillante, sorso dritto e verticale, come a dire di grande soddisfazione, nel complesso un vino che mi piace perché non rinuncia al carattere ruvido e nello stesso tempo è appagante, sul finale risulta confortevole a dispetto delle premesse e del quadro generale. Ma come ci riesce? Beh, ci riesce. Il genere di assaggio che vorrei rifare il giorno dopo.

 

E una retro etichetta non ce la vuoi mettere?


Nel relax del fine pranzo risento il Rum Millionario 15 Reserva Especial, solera, che viene dal Perù. Posso ripetere quel che ho detto lì per lì: non me lo ricordavo così buono. Assaggio che supera le aspettative quindi, perché io guardo spesso al Rum (quello nello stile dolcione, perlomeno) come a una bevuta un po' appesantita dalla zuccherosità, tant'è che il Rum migliore è quello che riesce a maneggiare la botta mielosa alternandola ad altro - ma a cosa? Qui c'era in effetti un alcol pulito, l'invecchiamento col metodo solera lo ha asciugato, la bocca era sollecitata ma non stuccata di dolcezza lasciva. Caspita, mi dico da solo, bravo Millionario, bel lavoro. Ancora adesso non so come mai non lo ricordassi così bene, serviva proprio il ripasso della lezione.

Ora mi devo studiare qualcosa di nuovo per la prossima domenica, vediamo che mi invento.


martedì, ottobre 10, 2023

Brut Tradition Vorin-Jumel. Le basi, proprio

Qualche considerazione dopo l'assaggio del nuovo Champagne Brut Tradition di Voirin-Jumel. Nuovo in quanto c'è stato un piccolo cambiamento nelle percentuali delle uve dell'assemblaggio, ora predomina il pinot nero col 61%, il restante è chardonnay. Fino a un paio d'anni fa era cinquanta-e-cinquanta. Essendo arrivato fresco fresco, potevo esimermi dall'assaggiare subito, curioso come sono? Non potevo. 

Direttamente dalla mia galleria personale

Quindi ecco: il pinot nero prevale quanto basta, senza strafare, cioè non esagera in potenza ma fa il suo bel lavoro, conferisce una certa fierezza. Lo chardonnay segue a ruota, in secondo piano ma certo non dimesso, col suo corredo di crema pasticcera, insomma un po' di delicatesse che serve a completare il quadro. La retro etichetta è del genere parecchio esplicativo, ci tiene a dire tra l'altro che la cuvée in questione è essenzialmente figlia della vendemmia 2020, e fa bene siccome è una bellissima annata, col tradizionale saldo di vini di riserva.

Questo è il genere di Champagne-base che praticamente ogni maison ha nel suo listino, in un certo senso è il vino che rappresenta lo stile e le capacità appunto basiche di chi produce. Per me i brut tradition (spesso si chiamano tutti così) sono assai significativi, perché definiscono la champagnitudine (esiste 'sta parola? Boh) in maniera essenziale: eccolo qui, lo Champagne. Un po' come quando metti alla prova lo chef chiedendogli di fare la pasta al burro: vediamo un po' quanto sei bravo. E succede che quello ti stupisce tirando fuori un gran piatto, fatto di semplici materie prime di alto livello, e classe nell'esecuzione.


La retro in tutta la sua dettagliata spiegazione

Ma questo brut tradition, si diceva: bello e godevole, profuma di agrume e pan brioche, in bocca ha la vena salata tipica del genere, con quel dosaggio zuccherino che non è né poco né tanto, ma è in grado di sedurre le masse. Nuovamente, questa è la missione delle cuvée basiche, essere facili senza tradire la verve della tipologia. E farsi bere con voluttà. Il tradition di Voirin non mi delude nemmeno stavolta col piccolo cambiamento nel dosaggio. Ce ne sono tanti come lui, ma questo è il mio. In quanto scelto da me.