sabato, gennaio 27, 2018

E anche questo VinNatur Genova 2018 ce lo siamo messo via

Lo dice laggente, e chi sono io per dire il contrario? Anzi, io veramente l'avevo detto dal primo giorno: VinNatur Genova, 2018 edition, è andato decisamente molto bene. Nel senso di meglio del precedente, quanto a livelli generali dei vini assaggiati. Laggente che incontravo, tutti insomma, dicevano uguale. Quindi sì, siamo contenti. Tralascio ogni dettaglio sulla location siccome io sono local ma soprattutto localista, qualunque fatto che avviene nelle struggenti stanze retrò dei palazzi antichi genovesi per me vale, da solo, il prezzo del biglietto. Quindi bando alle ciance da orgoglio della Repubblica Genovese, e parliamo di vino.


La misura facile della piacevolezza di un vino, per me che sono un bieco commerciante, coincide con un dato di ordine finanziario: se lo compro, vuol dire che mi è piaciuto proprio. Cioè se un vino è in grado di farmi separare dai miei amati euri, vuol dire che il sentimento è serio. Per questo comincio con un'azienda che entra da subito nel listino - perché hey, questo è un wine blog ma è anche corporate, che suona bene per dire che racconto fatti molto aziendali.

Elvira (San Germano dei Berici, Vicenza). Terra di garganega. Quest'uva bianca viene declinata in un luccicante rifermentato col-fondo a nome Garganella (il genio, cos'è), col rigoroso tappo a corona, e genera una bollicina in grado di estinguere ogni sete: note di pera sparatissime, poi generosi agrumi in bocca, insomma mai più senza. Sotto i nove euro la bottiglia. Poi un like va anche al Merlot 2013 con affinamento in legno piccolo, che parrebbe una cosa modernista e invece, taac, non lo è: fruttini rossi alquanto attraenti, più un soffio di inchiostro che fa internazionale ma con garbo. Circa 12 euro. Stesse considerazioni e se possibile maggiore godimento sul Carmenere 2013, solo ad un prezzo un po' più alto, oh nessuno è perfetto del resto.


Altri assaggi rientrano nel genere "non li ho comprati ma li comprerei alla prima occasione", quindi semmai tenete conto.

Io sono particolarmente felice quando mi capita l'inaspettato: per esempio, per la seconda volta in un periodo breve bevo cose di Oltrepò Pavese che mi fanno gioire - forza Oltrepò, hai una gran bella materia, faccela vedere al resto del mondo eno. Tipo Pietro Torti che ha presentato una serie di vini tutti da medaglia, dallo spumante metodo Charmat (o Martonotti, vabbè) che strizza l'occhio sulla morbidezza - e io chiaramente appena sei un po' dolce con me, ci casco. Ottime cose anche sui metodo classico, su prezzi certo un po' più tesi ma vedi sopra. Molto bene la Bonarda '16 della casa, che sta in equilibrio sulla dolcezza del frutto rosso. Questa dovrebbe costare circa otto euro in enoteca.

Texier aveva la solita batteria di vini da applauso. Segnalo la versione 2015 di Chat Fou, del quale potrei dire solo: non vedo l'ora di berlo di nuovo. Ma veramente, ora alzo il telefono e lo ordino, ma che sto aspettando? Intorno ai 17 euro, ma tutti meritati fino all'ultimo cent. Ma quanto sei bravo, Texier? Se leggi questo, ciao, sono un tuo ammiratore.

Reyter, Alto Adige: Rahm 2013 è un lagrein teso, tannico, dove la durezza contrasta elegantemente le spinte sul frutto maturo, scuro, molto scuro, oh ma chi ha spento la luce? No ma vabbè, buono assai. Sopra i 20 euro in enoteca.

Con Furlani (Trentino) si chiacchiera amabilmente del senso del rifermentato in bottiglia come fosse un metodo classico incompiuto (dico io). Una delle sue spumantizzazioni si chiama "metodo interrotto". Ah ma allora vedi, ci intendiamo. La cosa che mi piacerà di più, in quegli assaggi, è la sua rifermentazione naturale di Muller, 2016. Menzione per il Bianco Alpino, un macerato sulle bucce senza annata, un po' ispido ma ugualmente attrattivo. In etichetta reca la cospicua descrizione "affinamento in damigiana". Ecco, questa ancora mi mancava. In damigiana? Troppo avanti.


Domaine de Courbissac, Languedoc, nel sud della Francia tira fuori robe mirabolanti. Uno su tutti, facendo un'ingiustizia agli altri: Roc du Piere 2016 è un rosso che fonde sale-e-pepe e spezie varie, in bocca ha allungo e finezza memorabile. In enoteca dovrebbe stare a 25 euro.

Conferme che passo a bere solo per il piacere di ri-berlo: Grillo Verde 2016 di Dos Tierras (o Badalucco, che dovrebbe essere il vero nome aziendale) è una joint venture di uve, grillo siciliano (come il vigneron) e verdejo, spagnolo come la moglie del vigneron. Italia-Spagna, un bel pareggio. Fresco al naso sulla frutta bianca, in bocca mi entusiasma. Poco sopra i venti euro in enoteca.

Collecapretta (Umbria) ha fatto il solito figurone. Se dovessi scegliere, ecco io direi i rossi (ma insomma è una scelta difficile). Primo della lista Le Cese 2015, denso di amarene e frutti rossi, intenso e godurioso. Ad un'incollatura il Merlot 2015 che spicca per verve tannica sul frutto altrettanto vivido.

Impossibile ovviamente riportare tutto il contenuto dei miei appunti, del resto sei arrivato fin qui senza addormentarti quindi non sfidiamo la sorte. Per giunta 'sto post non è ancora finito, avevo da dire un'altra cosa ancora, eccola che arriva:

Questa fiera, qui, ha svariati meriti, e uno tra molti è quello di aver animato, con giorni di anticipo sulle due date della rassegna, la vita enoica della mia città: è stato bello girare la notte per il centro e trovare continuamente iniziative legate a VinNatur in molti locali dove si versa vino, a Genova. Ed è stato bello rivedere amici arrivati un po' da dovunque, che hanno reso l'atmosfera tipo Verona durante Vinitaly. E insomma, come si dice in modo supergiovane, #bravitutti.

mercoledì, gennaio 10, 2018

Corsi (e ri-corsi). 4 serate di assaggi naturali alla Forchetta Curiosa

Dunque è tutto pronto, o quasi: dal 29 gennaio prossimo, per quattro lunedì di fila, in combutta (o in collaborazione, va be') con La Forchetta Curiosa, tengo un minicorso di assaggi di vini rigorosamente naturali. L'idea è in realtà cercare di capire, tutti assieme, se esiste un protocollo di tecnica di assaggio difforme, quando parliamo di vini naturali (spoiler: io dico di sì). E siccome parlare di vini naturali determina inevitabilmente distinguo e chiacchiere accessorie, avremo un bel po' di cose da dire. Per fortuna tutto questo avviene con i vini nel bicchiere, e soprattutto abbinando qualcosa ai vini, essendo io allievo di quelli che dicono che il vino è ministro della tavola.

Assieme a quattro vini, ogni sera, ci saranno quindi anche alcune preparazioni dalla cucina, a vedere come e cosa si abbina meglio a quei vini. E ci saranno, anche, alcuni produttori con cui parlare. Direi che potremmo divertirci, ecco.

Qui c'è la pagina-evento relativa, su Facebook. Per tutto il resto, info e iscrizioni, fate capo direttamente a Ristorante Osteria La Forchetta Curiosa. Piazza Negri, 5 R (di fronte al Teatro della Tosse) Genova - telefono 010/25.11.289 - mail: info@laforchettacuriosa.com

martedì, gennaio 02, 2018

Metti anche tu un vinaio nel tuo presepe

Appello di Bagnasco per i piccoli negozi: «Salvano dalla piovra dell’anonimato». L'ultimo che arriva a soccorrere i "piccoli negozi" qui a Genova è l'arcivescovo. Non basta ancora. Ci vorrebbe qualcosa di più grosso, che so, lo spirito santo in persona. Oppure gli alieni.

Nella narrazione relativa agli scenari della società contemporanea (scusate la supercazzola, volevo darmi un tono) ci sono alcuni argomenti ideali e ricorrenti, che vengono usati a turno da tutti quanti: la famiglia, per esempio ("bisogna difendere la famiglia, bisogna legiferare in favore della famiglia") oppure la piccola impresa, i negozi di quartiere, che fa tanto bel tempo andato e soprattutto a Natale ricorda vagamente il presepe.

Avete presente il presepe? Dentro c'è il fabbro, il mugnaio, tutti quei bei lavori che rimandano ad un passato idealizzato (più che ideale), bucolico, che fa molto arcadia e quelle cose là. La verità è un'altra, ovviamente: al diavolo il fabbro e il mugnaio, il loro posto, se va bene, è dentro al presepe.

Adesso uno potrebbe chiedere: ma che problema c'è, se pure l'arcivescovo arriva in tuo soccorso? Beh, il problema è solo uno: contrariamente alla narrazione del mondo ideale descritto (stavolta) dall'arcivescovo, la pratica è un'altra, e non ha niente a che fare con quel che si dice. Cioè non esiste, a nessun livello e in nessun modo concreto, un qualsiasi tipo di volontà che faccia seguire, alle dichiarazioni, i comportamenti. Al punto che vale il contrario, ormai ogni volta che leggo "appello per i piccoli negozi" io faccio gesti scaramantici, perché dieci minuti dopo mi arriva un F24 con qualche tassa lunare su servizi inesistenti.

La verità è che i piccoli commercianti di quartiere hanno un unico posto a disposizione, e sta nel presepe, ci vedremo tutti lì. Anzi ora che ci penso l'anno prossimo non faccio l'albero di Natale, faccio il presepe, e ci metto il vinaio, dentro. Sarebbe perfetto.

(Avevo iniziato questo post con "tre vini interessanti assaggiati a Natale" poi ho letto il Secolo XIX e m'è uscito fuori 'sto post qui, i tre vini li rimando alla prossima volta).