Credo di aver detto un milione di volte che amo le effervescenze, cioè le bollicine di CO2 disciolte in vari modi nel vino: dalla charmatizzazione veloce di alcuni Prosecco, fino alla lenta presa di spuma dei metodo classico, passando per le declinazioni possibili di Lambrusco. Forse bere l'effervescenza aumenta il sereno distacco dalle cose, non saprei dire meglio, ed è questa l'essenza del disimpegno, un termine che si associa volentieri a questi vini. Il disimpegno non vuol dire "non pensare" (non stabilmente perlomeno), se non altro perché il nostro tempo è un pensare costante; quindi il disimpegno inteso come "non-pensiero" è tutto sommato breve, dura il momento di qualche sorso. Be', insomma, c'è bisogno di quel "non-pensiero". Ecco, forse, cosa mi piace delle bollicine.
Tuttavia l'enofilo che è in me esce fuori a tratti, e mi ricorda che c'è disimpegno e disimpegno: quindi coltivo qualche attenzione ad evitare la banalità. Si può essere effervescenti, disimpegnati e non banali? Be', sì. Tutta questa premessa serve a dire che con la vendemmia 2010 il Pignoletto frizzante di San Vito s'è superato. Entusiasmo.
E quindi lo tengo in degustazione gratuita, a bottega, in questi giorni e per tutta la settimana prossima. Del resto, fa ancora caldo, no?
A proposito di effervescenze che ne pensi del "gragnano"?
RispondiEliminaMai assaggiato, sorry
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