A fine agosto ho fatto un giretto per vigne a chilometro zero, a proposito del vino di Coronata qui a Genova, come narro su Intravino:
"Le vigne di città sono un fatto abbastanza raro, soprattutto se si pensa alle grandi città del nord. Genova però ha una strana conformazione, è una striscia di case lungo il litorale, con due punte che si infilano nell’entroterra seguendo i principali corsi d’acqua, il Bisagno e, appunto, il Polcevera. Questa conformazione fa sì che anche oggi la città cerchi di strappare via spazio alla macchia dei primi rilievi appenninici, per cui non è difficile, salendo a monte, infilarsi in pochi secondi in panorami boscosi, verdi, quasi selvaggi, avendo lasciato le case dietro una curva. Partendo da Cornigliano (il quartiere dell’ex Italsider) si può salire verso la collina di Coronata. Questo nome qui a Genova da sempre significa una cosa: vino. Bianco, per la precisione. E di fatto, le vigne sono in città". (Il resto del post sta qui).
La storiella di cui sopra mi dà modo di parlare anche d'altro, adesso. Per esempio, serve a riprecisare quel che penso della condivisione in rete. Il post in questione parla di un mio fornitore, in definitiva, visto che quel vino adesso è in vendita anche nella mia enoteca. Tuttavia si tratta di un tipo di posizionamento sui generis, siccome sia nel post che a bottega io consiglio ai miei clienti di passare dal produttore per comprare il vino. E per convincerli meglio, in questi giorni il vino lo tengo aperto in degustazione gratuita. Come minimo, a comprare direttamente risparmieranno (io infatti vendo quel vino a euri 9,50, ma dal produttore costa 7,32). Ma soprattutto, potranno vedere un vigneto, parlare con chi produce, insomma otterranno info di prima mano e in definitiva miglioreranno la loro conoscenza. Tutto questo non è paradossale, e non è nemmeno folle o autolesionista. E', invece, un espediente puramente virale, cioè un modo di far circolare qualcosa che attiene in termini generali al mio lavoro: in definitiva serve a lavorare meglio. Potrei narrare numerose storie di clientes che restano un po' spiazzati da questo atteggiamento, ma alla fine si fidelizzano in modi che vanno oltre alle formule fuffose di un certo marketing. Ma non voglio nemmeno dilungarmi (comunque spero serva ai colleghi timorosi: l'economia del dono funziona).
Infine mi consente pure di togliermi un sassolino dalla scarpa nei confronti di quei quattro malpancisti (segnatamente sarebbero giornalisti o addetti alla comunicazione paracadutati nel mondo del uebbe senza nemmeno sapere perché) che continuano a miagolare nel buio di conflitti di interessi. Nel post ho fornito il link ad un paio di altre enoteche di città che sarebbero più convenienti della mia, già che c'ero. Quindi, adesso, alla fine di tutto questo indegno pippone, ho titolo ed elementi per dire ai malpancisti dove lietamente devono andare una volta per tutte:
(no vabbe', non lo dico. Ci siamo capiti).
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