Tra i descrittori visionari che usano gli enofili per parlare di vino, il termine croccante sembra più visionario degli altri. Che diavolo vuol dire? A parte questa passione che abbiamo per trovare parole tanto grandiose quanto, ahem, oscure, descrivere un vino a volte diventa una specie di esercizio letterario. Non sfugge però che la letteratura sia un lavoro da letterati, mentre insomma noi siamo quello che siamo. Ma ci piace troppo. Quindi scusate, a volte anche a me scappa di dire "croccante" di un vino.
Cosa intendo io con quello? In sostanza immaginiamo di avere in bocca qualcosa che oppone qualche resistenza, pur essendo sottile. La sensazione di croccantezza è una specie di appagamento sensoriale in sé, e quando un vino sottile, cioè delicato e lieve, ha anche una consistenza golosa, finisce per essere descrivibile così: è croccante. Che poi i liquidi non sono croccanti lo sappiamo tutti, ma appunto qui si indulge parecchio nei toni letterari, a volte troppo. Poi ci pentiamo e chiediamo scusa, poi lo rifacciamo.
Per esempio l'ultimo vino croccante bevuto di recente è il rosé di Poggio dei Gorleri, a nome Bocca di Rosa. Una versione pink dell'uva ormeasco, una specie di parente del dolcetto che scollina dal basso Piemonte e passa le vacanze nella Riviera ligure di Ponente. Questo zerodiciassette nei miei appunti aveva "piccoli frutti rossi, bella tensione, salino nel senso del vento di mare, alla fine un po' di pompelmo rosa". Ci mancava solo che aggiungessi la croccantezza, e olè, abbiamo la descrizione completa.
Prezzo sugli 11 euro, fresco ed estivo. Si abbina con ogni tipo di relax.
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