sabato, maggio 21, 2005

Assaggiare con lentezza.


Il bravo assaggiatore, che ha frequentato corsi e seminari, sa che si assaggia con lentezza. Cioe' a dire, sa che la valutazione del vino nel bicchiere si deve protrarre per un tempo spesso non breve, molti minuti, ma talvolta decine di minuti, mezz'ora. Questo, per dare il tempo alla creatura nel bicchiere di liberarsi del fardello di sensazioni olfattive 'chiuse', da bottiglia, ed aprirsi conseguentemente con i minuti che passano, alla percezione olfattiva dell'assaggiatore.
Bene, tutto vero. Io, benche' mi atteggi a bravo assaggiatore, sono afflitto da assaggio precox, e devo dare un giudizio del vino appena aperto dopo nemmeno un minuto. Non so che cosa sia, e' una maledizione, e' piu' forte di me, e non riesco a smettere di cascare in questo errore abbastanza madornale. Lo so e lo dico, nel tentativo di autoesorcizzarmi, si sa mai che la smetta prima o poi.

Comunque, cronaca di ierisera: a casa, finita la giornata, relax.
Ultimamente ho aumentato le frequentazioni con i produttori bio, parolina che dice poco ma che dovrebbe far capire al colto e all'inclita un po' di dettagli produttivi: nessun utilizzo di chimica in vigna, niente lieviti selezionati, rigoroso rispetto del territorio. Mi capita di assaggiarne parecchi, ultimamente, e la stragrande maggioranza non mi conquista. Tuttavia, quando trovo cose come il rosso di ierisera, credo di aver trovato la quadratura del cerchio; parlo di Feudo Felice 2002, il Nero d'Avola affinato da Caiarossa.
Assaggiato tempo fa, e innamorato. Riassaggiato ieri sera. E naturalmente, e' piu' forte di me, appena stappato affondo il naso nel bicchiere; e che esce fuori? Un ridotto spaventevole, puzze di stalla (ma poco arieggiata), sentori animali feroci.
Oh, no, mi dico. Ma come ho fatto a sbagliarmi cosi' quando l'ho assaggiato la prima volta.. ecco, naturalmente ci sono nel mezzo, un bell'attacco di assaggio precox, ma tant'e', ho gia' stilato la sentenza: puzze da ossidoriduzione.

Pazienza. Nella mente dell'assaggiatore che e' pure bottegaio passano svariati pensieri, del tipo "e adesso questo a chi lo vendo" che, mi rendo conto, non sono tanto nobili; medito e rimedito su quanto ci sia di ridotto e quanto ci sia di bio in tutto cio'. Passano i minuti, passono le mezz'ore, continuo ad aggirarmi per casa con il mio calice mezzo vuoto, continuando le rotazioni e le olfazioni; moglie e figlio ti guardano perplessi, ma ormai nemmeno loro ci fanno piu' caso.
Ad un'ora dall'apertura del vino, capisco di esserci cascato un'altra volta.
Nel bicchiere escono fuori sensazioni spiazzanti, ma spettacolari; il ridotto lascia il posto a profumi di cacao molto amaro, un fondente nobilissimo; e' una lama sottile e precisa, che taglia via ogni nota spiacevole per far emergere un corredo di aromi davvero notevoli. Insomma, ad un'ora e mezza dall'apertura, mi sto divertendo a riconoscere le sensazioni aromatiche piu' articolate possibili.
A questo punto potrei pure chiudere qui, risparmiandovi la descrizione tecnica dell'assaggio. Tuttavia questo post sembra destinato ad essere prolisso come i tempi ideali d'assaggio di Feudo Felice. E siccome la Rete e' grande, vi incollo qui il lavoro gia' fatto da altri.
Disclaimer: si tratta di una lettura di quelle che attirano sugli assaggiatori i frizzi e i lazzi di chi ci prende per storditi, data la terminologia usata. Non e' Maroni, ma ci siamo vicini; una cosa che Massimo Bernardi catalogherebbe, che so, come il fumo fa male, ma che a me sembra perfetta e perfettamente descrittiva del mio assaggio; ecco a voi:

"Non tanto e non solo per quel rubino spesso, di bella naturalezza e densità, con il quale ti si para davanti, quanto per il naso umorale, sferzante, sgranato, genuino, bellamente spigoloso, artigiano che ne intuisci la forza comunicativa e la diversità. Ti accorgi subito che c'è qualcosa di particolare in lui, di non scontato, di irrimediabilmente attraente. Nel frattempo, alla prim'ora, sono note di amarene, terra e nocciola a variegare il quadro selvaggio della sua appartenenza mediterranea. Il dinamismo e la capacità di cangiare fanno il resto, via via che prende aria: solo respirando quel quadro si placa e si distende su umori più fragranti e sentimentali di ribes rosso, mirtillo, erbe aromatiche, capperi, eucalipto e sottobosco, ed in loro nome si fa più armonico, modulato e struggente.

Ma ancor di più al palato strappa oggi i sogni ai sognatori: per la grande articolazione e la dolcezza, la spinta e la vibrazione. Su trame alcoliche d'erbe selvatiche, emana un calor buono di amichevole tepore. Eppure non una ridondanza, non un appesantimento nei paraggi. Si acquieta malvolentieri e solo più tardi su un mare tannico felpato, carezzevole e rinfrescante. Non fa della finezza la sua bandiera, questo no, ma ben oltre veleggiano la sua autenticità, la sua trasparenza, la sua veracità. Con questi attributi, e con tanta generosità, si concede ai suoi amanti, ponendo il sigillo su un probabile, radioso futuro da nero d'Avola finalmente figlio della propria terra. Una "ventata liquida" di sicilianità..."

Nessun commento:

Posta un commento