Probabilmente questo blogghe si candida a diventare l'organo ufficiale di Porthos, giacché il post che sto scrivendo contiene solo una lunga serie di rimandi all'ultimo numero uscito. Sono letture ponderose quanto basta (sennò che Porthos sarebbe) quindi tenetevele per i momenti d'ozio del lungo finesettimana che si appressa. Il fatto è che i pezzi che vado a linkare sono tutti, per varie ragioni, imperdibili; mi rassegno alla mia funzione di passacarte porthosiano, pensando che poteva andarmi peggio, potevo finire cassiere all'Ipercoop.
- Ritagli di esistenze in coda al supermercato. Un articolo bello e triste. Bello in quanto triste, siete avvisati; e comunque piove, il mood è quello.
- Omaggio a Pino Ratto. Se siete enofili, non c'è bisogno di spiegazioni. Se non lo siete, avete un'occasione per diventarlo.
- Sulla spesa quotidiana, ma anche sulla funzione del bottegaio. Pure qui, vi avviso, si piange a calde lacrime (se siete bottegai). "We're all gonna die!".
- Osservazioni alquanto definitive su Brunellopoli e sul dibattitone Ziliani Vs. Rivella. Se ne sentiva il bisogno? Oh sì, assolutamente sì. E non fate no-no con la testa che vi vedo, sapete?
- Ah, già, la causa. Porthos vince il primo round in giudizio contro il Gambero. Pure Report non esce bene da questa storia, pare proprio che gli eroi non esistano.
- Giochino finale. Siccome sono distratto, non ho trovato le soluzioni. E che diamine, chi mi aiuta?
Circa le osservazioni alquanto defintive su Brunellopoli e compagnia strepitante, dal basso della mia filosofia di non-produttrice, mi spieghi per cosa si fa il vino? Marco Arturi dice (anche) per venderlo.
RispondiEliminaQuindi, deduco io, non solo per venderlo... dunque lo si fa (anche) per qualcos'altro...ecco, è questo "altro" che mi sfugge.
Se qualcuno mi dice che lo fa per scelta filosofica personale mi renderebbe felice.
E anche se dicesse che lo fa per hobby, passione o tradizione familiare.
O perchè non conosce altro mestiere.
Su, amici produttori, un bell'elenco: perchè fate vino? Un premio alla motivazione più originale (purchè veritiera)...
Ma il punto non è questo: credo che Arturi lamenti il fatto che il dibattito avesse una piega unicamente mercantile - quando l'aspetto commerciale, per importante che sia, è uno degli aspetti, probabilmente dal suo punto di vista non prioritario. E' il punto di vista di molti appassionati, che poi sono pure coloro i quali comprano il vino.
RispondiEliminami sembrano osservazioni tutt'altro che "definitive" quelle di Arturi sul dibattito di Siena. Le definirei piuttosto rancorose, in sostanza vuole dire che il dibattito sarebbe stato una cosa seria e utile solo se avessero partecipato lui e Porthos. Poiché così non é stato, per i motivi che ho più volte spiegato e che a lui non fa comodo capire, ecco le sue geremiadi...
RispondiEliminaChe noia!
Davvero ci vedi solo questo? Mi sorprende, non ho rilevato nulla del genere. La critica all'andamento del dibattito, poi, mi pare riferita essenzialmente a Rivella.
RispondiEliminaCerto è ben curioso che proprio io, che faccio il commerciante, voglia enfatizzare l'aspetto che trovo definitivo nell'intervento di Arturi, e cioè che "tutte le idee in gioco sono state relegate nell’ambito di quella dialettica neoliberista - quella che alla fine concepisce il vino solo e unicamente alla stregua di un bene di consumo – che consideriamo controproducente ed estremamente pericolosa". Forse è inevitabile che prevalga la visione ideologica (mia, in questo caso) assai condizionata dagli eventi più grandi che ci stanno travolgendo; così ho l'impressione che questo discorso rientri bene nella più vasta analisi critica di dinamiche che ci stritolano, e che trovo, personale opinione, odiose.
Egregio Fiorenzo, Report ha mostrato i suoi limiti da molto. Faziosità, tesi spesso preconfezionate, aggressività non sempre giustificata, moralismo.
RispondiEliminaTornando a Porthos, rilevo che questo Marco Arturi è sorprendente nel bene e nel male. Non mi piace quando fa il resoconto del "dibattitone", perché rancoroso o no il collaboratore di Sangiorgi (che coppia, ascoltare un loro dialogo potrebbe equivalere a guardare un film di Kiarostami o forse il Nanni Moretti dei tempi andati) inciampa nei limiti collegati a una tracimante ideologia. Mi colpisce invece con l'articolo "Ipercoop", triste si ma anche profondo, di atmosfera e capace di lasciare una traccia di speranza: bello, bello, bello. Mi piacerebbe molto sapere se l'episodio è frutto della fantasia dell'autore o è accaduto realmente.