venerdì, maggio 15, 2009

Nel culto della bugìa

Aranciata senza arance. Ma anche "formaggio prodotto utilizzando cagliate, polveri o caseinati al posto del latte e il vino senza uva, realizzato dalla fermentazione di frutta, dai lamponi al ribes". E cioccolato senza cacao, vino rosato ottenuto da miscela di bianco e rosso; se la guerra all'aranciata fasulla sembra vinta, resta la pesante impressione che le modifiche apportate, ex lege, a quel che ingoiamo, servono a legalizzare la bugìa. Nell'articolo si legge, pure, che "l'abbassamento della qualità dell'alimentazione è diventato un pericolo reale che colpisce soprattutto le classi economicamente più deboli, costrette a risparmiare sul cibo e per le quali la spesa incide sempre più sul budget familiare". Quest'osservazione, interessante, è da collegare ad altre forme di progressiva compressione dei nostri standard; non è casuale incrociare questa con altre notizie: "protesta delle mamme: beffate sulla scelta del tempo pieno"; comincia ad essere chiaro che le storie sul mantenimento degli standard relativi alla scuola, dopo il decreto Gelmini, erano appunto storie. Oppure questa: "crolla il Pil in Italia: -5,9%". La distanza dal primo argomento è solo apparente; in realtà stiamo finendo dritti in un disastroso restringimento dei livelli minimi garantiti, e sembra che pure il cibo debba seguire le sorti, direi finanziarie, di questo declino. Su tutto, poi, prevale la menzogna degli annunci per i quali nulla cambierà, le cose verranno mantenute, eccetera. Storie, appunto.

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