martedì, luglio 22, 2014

Della morte e resurrezione dei blog (segnatamente wineblog) e della prevalenza del permalink

Ci sono settori che assecondano i flussi tecnologici con qualche ritardo. Il mondo del vino pare uno di questi. Quando lo strumento del blogging era un fatto maturo, a metà degli anni duemila, è arrivato da noi. Non so come mai nel nostro giro ci sia questa specie di delta nello spaziotempo per cui tutto accade un po' dopo, probabilmente dipende dal fatto che chi fa vino è più o meno un contadino e ha poco tempo. Comunque sia, dopo la fase di innamoramento per la piattaforma comunicativa bloggish, sono arrivati anche i social network (quasi unicamente Facebook) e gran parte delle conversazioni sono migrate di là. Al punto che adesso le reti sociali servono anche a rilanciare il concetto che il blog, ossia il wine blogging, è morto, o moribondo.

Anche questa coscienza arriva tardi. Fuori dal nostro giro ci si rende conto che non solo le reti sociali non sostituiscono decentemente le conversazioni via blog, ma finiscono per essere un ambiente peggiore sul piano dell'utilità. E' quindi alquanto affrettato, e probabilmente nemmeno raccomandabile, dire che il (wine) blogging è morto. La blogosfera, fuori dal quartiere eno, ha passato la prova dei social in quanto concorrenti e ne è uscita migliorata, meno affollata di prima, e (credo) con un bel po' di rumore di fondo in meno. Spiace dirlo, ma io trovo che il chiasso risieda stabilmente su Facebook. Le reti sociali hanno in un certo senso migliorato i blog, aiutando gli autori a focalizzarsi sugli aspetti di rilevanza e utilità della piattaforma.

Per segnalare un punto di vantaggio del blog sulla rete sociale cito ad esempio un fatto recente. Seguivo una conversazione di grande interesse su Facebook, dove un argomento posto da un produttore di vino di importanza nazionale aveva provocato prese di posizione e interventi di rilievo: l'essenza delle conversazioni online, cioè. La lettura è continuata qualche giorno, poi anche gli alert della piattaforma non mi hanno più avvertito circa nuove interazioni. Ben presto la conversazione ha rivelato il destino comune ad ogni altra, su quel social network: era destinata ad essere perduta, perché la timeline su Facebook è appunto un (pescosissimo) fiume che scorre col tempo, noi lo seguiamo, peschiamo un bel po' di cose, ma inevitabilmente finiamo per lasciarci dietro il flusso trascorso.

La volatilità dei dati su Facebook è probabilmente il male peggiore. Le conversazioni che avvengono lì sono difficilmente rintracciabili, o perlomeno richiedono smanettamenti infiniti e non sempre efficaci. Twitter è afflitto dallo stesso problema, tranne per i tweet salvati nei possibili storify della comunità quando le conversazioni raggiungono un livello di rilevanza molto alto. (Non ho esperienza di ricerche di conversazioni su Linkedin e nemmeno ci tengo, confesso). Insomma, sui social va così quando, invece, io sono in grado di rintracciare e linkare in qualunque momento un post scritto dieci anni fa. Basta Google, per ottenere il risultato. A confronto, una conversazione di due anni fa su Twitter è a rischio vaporizzazione.

A costo di apparire ora come qualcuno che è convinto di comporre scritti fondamentali, io credo che chi si cimenta nella comunicazione autoprodotta farebbe bene a darsi un sistema, ed un ambiente, in grado di rendere fruibili quei contenuti nel tempo. L'ambiente a cui affidare quei contenuti non è Facebook, non sono le reti sociali, ma sono i cari vecchi blog, con la loro prevalenza del permalink. A meno che l'interesse di chi scrive su Facebook non sia quello, appunto, di attirare l'attenzione su un fatto che nel giro di poche ore si affianca a molti altri, e nel giro di pochi giorni svanisce.

Quanto a me, mi auguro che passi rapidamente l'attuale fase de "il wine blogging è morto", affinché ci si renda bene conto, come succede fuori di qui, che il bloggare ha un senso, quando compone e rilancia elementi rilevanti. Per il cazzeggio invece sembra più adatto Facebook - il che va benissimo, ma: mica si può cazzeggiare tutto il giorno. E lo dico in quanto heavy user di Facebook.

4 commenti:

  1. E' una tendenza che si vede soprattutto nel numero di commenti in continua decrescita. La ggente condivide e chiacchera su FB mentre lurka le foto al mare della collega e stalka la fidanzata in trasferta lavorativa.
    Chi fa dell'ADV una risorsa primaria tenta in tutti i modi di veicolare click dai social alle proprie pagine, con modi anche poco carini.
    Facebook è come il bar: al bancone arriva X e dice una roba e parte una discussione che muore nei fondi del caffè. Diverso è chi si siede e sfoglia un quotidiano. Non è detto che le sue notizie siano più vere ma almeno ha fatto uno sforzo di interesse. Anni fa se per chiamare uno dovevi trovare una cabina gli dicevi solo cosi per te importanti. Ora coi cellulari puoi chiamarlo anche solo per ammazzare il tempo. Quantità vs Qualità. Ma la filosofia lasciamola a chi non beve;-)

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  2. I permalink ci sono anche su fb, solo che (ancora) non hanno un motore di ricerca interno per i contenuti. Immagino gli servirebbe una struttura analoga a quella che già hanno per poter gestire una cosa del genere da qui l'inevitabile oblio dello scritto allo stato attuale.

    Mi sento di sottoscrivere ogni riga di Tyrser. La soglia di attenzione e approfondimento con fb e twitter è scesa moltissimo negli ultimi anni. Prendete la vostra semplice esperienza di navigazione quotidiana, leggete tutto come nel 2005-2007 oppure anche voi andate un filo più di corsa. Consultate ancora così avidamente il feed reader o vi accorgete delle cose più da fb e da twitter? Io ammetto che da quando uso twitter in modo intensivo non uso quasi più il feedreader (che già allora - sia pur senza commenti - aveva creato una certa emorragia di letture dai siti originali ai reader appunto aprendo anchela vetusta quaestio sul tenere o meno i feed dei post integrali o limitati nel testo), ricordate?

    Il fatto è che la gente è pigra e in genere usa la soluzione migliore (per essa e in quel momento) per interagire con un contenuto. Su fb si fa molto presto a mettere un mi piace che non impegna e fa vedere che ci sei tanto che una delle malattie più gravi e pandemiche del terzo millennio è la sindrome dello stupido picchio. E' già più impegnativo condividere, apportare un pizzico di valore, infatti l'uso del bottone share è infinitamente più scarso (lo dico sempre, meno like, più share se ti piace una cosa). Poi vabbè, cani e gatti quasi soffocano la poca aria già irrespirabile per la quantità di rumore assordante proveniente da ogni dove.

    La realtà è che fb ci sta sui coglioni perché ci ha tolto traffico (e soldi) e nel contempo però ipocritamente lo utilizziamo a man bassa per riprenderci quel traffico che crediamo ci spetti, un loop autodistruttivo senza ritorno. Per veicolare link è meglio twitter a mio avviso (anche se certo non è e non deve esser solo quello e anche se pure twitter non sta molto bene) ma se porti scientemente una discussione che hai maturato sul tuo sito su fb, sai già che la conversazione al 90% avverrà più lì che là. A questo punto la domanda è: ti interessa di più la conversazione (e allora non importa dove essa avviene) o il fatto che si svolga sul tuo sito perché così ti remunerà un poco in pubblicità (e questo ci interessa moltissimo visto che ci facciamo il culo a creare contenuti di valore)? Come al solito la risposta sarà: "dipende". Il brand lo costruisci ovunque, non serve che tu lo faccia dal tuo sito aziendale, conta quello che fai e che dici, conta come lo fai e lo dici, non dove lo dici. Diverso per chi deve campare di scrittura. Bisognerebbe essere coerenti avere le palle d'acciaio e togliersi da fb così che se uno ti vuole leggere deve per forza seguirti dove decidi tu. Sono strade da valutare, nessuna giusta o sbagliata, ciascuna con le sue conseguenze imprevedibili.

    Il wine blogging non è morto e fb senza contenuti originali sarebbe un enorme zoo per gatti e cani eccentrici. Credo che come avviene per tutte le cose un giorno la ggente di stuferà di fb o per lo meno arriverà a comprendere che la rete non è identificabile solo con questo monolite blu. Il valore che si crea fuori da fb è ancora enorme e capace, per questo, di resistere nel tempo, non segue un modello di business, sempliemente porta o non porta valore e su questo parametro viene valutato, apprezzato, condiviso o non condiviso.

    Andiamo verso (anzi ci siamo già abbastanza dentro) l'internet delle cose. Una roba infinitamente più grande di fb. La rete è come l'universo, è capace di portarsi via in un nanosecondo anche una supernova come fb, semplicemente perché lo contiene e in un microscopico angolino del suo infinito spazio.

    Ciao, Fil.

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  3. Stranamente proprio oggi pigramente mi chiedevo se avesse senso tenere ancora un blog sulla mia pagina aziendale, che di fatto è il blog. Il fatto è che non lo uso quasi piu'. Forse è una fase, ma la maggior parte delle cose che mi viene da dire mi sembrano piu' adatte a FB. Meno perentorie e piu' legate all'attualità, con il vantaggio di stimolare in modo immediato il commento (o no), rispetto al blog. E' come se non trovassi piu' argomenti egni di "gravitas", ma forse è solo una fase personale.

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  4. (Lo stesso commento anche su Intravino) Quando sono nati i blog, hanno portato con se proprio la grande innovazione dei commenti da parte dei lettori. Quindi un blog che riceve pochi commenti, si dirà, serve a ben poco. Magari però i post di quel blog ricevono parecchie condivisioni e commenti direttamente sulle reti social, da dove vengono taggati i possibili lettori. Il contenuto è comunque stato letto, è stato veicolato, l’autore acquisisce credibilità (che non si misura certo con il Klout). I contenuti raramente nascono su facebook in modo spontaneo, quasi sempre sono il rilancio di una news comparsa su un qualunque quotidiano/blog/sito online. Su facebook si cazzeggia, poco altro, non è un aggregatore di notizie. Ha del tutto ragione Fiorenzo Sartore quando parla di volatilità dell’informazione (fB o Twitter, è lo stesso), mentre G+ ancora non si è ben capito come vada utilizzato. Inizia una discussione su fB, poi arriva una notizia più fresca a distrarti e zap! si passa tutti a chiacchierare dell’ultima news.
    Credo che il problema reale sia il bombardamento di notizie (non faccio certo una scoperta esaltante) e poco tempo per commentarle o anche solo leggere qualcosa in più del titolo. Un tempo (ehi, stiamo parlando di cinque o sei anni fa) si seguivano pochi blog dove si commentava anche, e si ricevevano commenti ai nostri post (se erano interessanti). Oggi abbiamo notizie di tutti i generi, dalle scienze alla moda, dal vino all’architettura. Finito di leggere, si usciva con gli amici per andare a bere una birra (o aprire una buona bottiglia). Adesso possiamo fare tutte e due le cose insieme, bere mangiare camminare ridere cantare lavorare nuotare, e leggere le ultime news. Chi è più libero di noi?

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