martedì, febbraio 16, 2016

Sui vini naturali e sulle loro recensioni mai scritte

Poi un giorno sarà divertente creare una serie intitolata "i post che non ho mai pubblicato". Di solito si evita di scrivere, soprattutto, per prevenire gli scazzi. Per esempio il tema dei vini naturali continua ad essere un luogo dove il dibattito sembra, troppo spesso, inutile ed improduttivo. Ho trovato abbastanza definitivo quel che scrive Giovanni, su Intravino:

«L’approccio alla degustazione di vini naturali deve essere laico, forse più che in altri casi. Il carico di contenuti non direttamente collegati alla degustazione (etica, politica, ecologia, metteteci tutto quello che credete) è ingombrante e il rischio di filtrare il giudizio sulla base di quei contenuti ahimè, molto alto. La faccenda quindi è stabilire quale sia il giusto approccio per misurare vini a cui, in altro contesto, non concederesti prove d’appello. Se un vino cosiddetto convenzionale (sono pigro inventatevi voialtri un aggettivo adeguato) fosse ossidato o avesse la volatile molto alta, non ci sarebbe appello: via, lavandino. In questo caso invece si richiede uno sforzo supplementare e l’utilizzo di un lessico alternativo. Si sente parlare di “tensione”, di “energia”, vengono insomma utilizzati vocaboli alternativi per evidenziare caratteri altrimenti difficili da decifrare».

In particolare, la difficoltà di arrivare ad un qualche tipo di dibattito critico ma soprattutto utile, sempre citando Giovanni, è tutta qui:

«O giudichiamo i vini tutti con lo stesso metro di giudizio oppure stabiliamo che per i vini naturali bisogna applicarne uno nuovo. Se sì, quale? E conviene? Il rischio riserva indiana è alto. Se invece giochiamo tutti lo stesso campionato bisognerà accettare di essere misurati con gli strumenti disponibili e semmai contribuire a fornirne di nuovi. [...] Si fa avanti la percezione che taluni produttori si siano fermati, abbiano individuato un mercato fatto di estimatori acritici e non vogliano proseguire, evolvere, ma stare nel buco. Questo è un rischio ed è il vero terreno di sfida».

Comunque, dopo VinNatur a Genova, il mio post che non ho mai pubblicato cominciava così:

«A margine di tutto, e al netto degli assaggi, esco da questa edizione di VinNatur con un discreto scontento. La percentuale di vini che passano il test "sì-no" è il maggior oggetto di dibattito tra gli amici che ho incontrato. Quanti sono stati quelli "sì"? Un terzo dei presenti? O piuttosto un quarto, come ho rilevato io? Troppo pochi, comunque. Pesa, su tutto, l'impressione che una parte maggioritaria di questo movimento naturale sia al centro di un percorso, che sta compiendo in mezzo a troppe difficoltà (per esempio la recente vendemmia 2014 non ha aiutato). Ma ancora troppe pungenze, volatili, imprecisioni. Lo dico con una certa tristezza, ma questo percorso sembra davvero lunghissimo e non si vede l'arrivo, che per me consiste in una naturalità del vino che elimini, una volta per tutte, le caratterizzazioni che sconfinano, purtroppo, nella caricatura».

13 commenti:

  1. Rifrenedosi a VinNatur c'erano sono cose davvero evitabili.
    Evitabile era (con una annata come la 2014) fare tutti quei bianchi macerati, con il portato di infezioni delle bucce ammuffite.
    Evitabile anche portare dentro aziende che forse non non lo meritavano.


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  2. Rifletto sulla seguente frase: Evitabile anche portare dentro aziende che forse non lo meritavano.
    Io sono d’accordo con te Luca, assolutamente. Il problema sta in quel “non lo meritavano”. Secondo chi non lo meritavano? Di certo secondo i visitatori, professionisti e non, che li hanno degustati – dato che ho letto che molti sono stati scontenti degli assaggi. Sicuramente non per l’organizzazione (ossia l’associazione dei produttori stessi + i loro distributori).
    E allora la domanda che vi pongo riguarda non genericamente “questo movimento naturale”, ma: “quale parte” di questo movimento? Quei vini e quei produttori che si trincerano all’interno di associazioni che escludono da sé i vini prodotti con gli stessi metodi, ma che non corrispondono agli stilemi organolettici da esse riconosciuti? Ecco, io parlando di vini naturali, se proprio vogliamo parlarne, andrei a guardare anche fuori da quelle associazioni, dove di vini fatti in “quel” modo ce ne sono tanti, e sono pure molto buoni.

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  3. In effetti hai ragione Marilena, non lo meritavano secondo chi? Ovviamente secondo me :-)
    La mia opinione è che pur essendo io un degustatore di manica larga, che accetta e anzi apprezza il non conformismo, esistono alcuni muri che non si possono superare. Lo so che molti accettano la volatile, ho sentito (e a volte letto) molti elogiarla addirittura.
    Per me no, non si deve selezionare e presentare un vino che puzza di aceto.

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  4. ahhh che stress. 8 mesi fa a villa favorita erano tutti buoni e adesso 3 quarti sono difettosi... mah. Quello che chiederei io è di avere un po di nomi di vignaioli (e del vino e dell'annata) che avete trovato davvero imbevibbbbili. Così almeno riusciamo a capire meglio dove sta il problema e magari a dialogare con i produttori diretti interessati ed a cercare di risolvere il problema nelle annate future. In fiera noi avevamo il Rosso Masieri 2014, vino vergognoso per noi che l'abbiamo prodotto (per fortuna è finito), ed in tanti ci facevano i complimenti .... io non capisco più niente sinceramente!! Tiratemi fuori i nomi, Grazie (anche per messaggio privato se non volete sputtanare i produttori)

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  5. Risposte
    1. naaa, per fortuna il vino lo vendiamo all'estero :) è solo curiosità professionale. L'invito è rivolto a tutti ovviamente, mandatemi un elenco delle aziende, soprattutto quelle che non meritavano proprio di essere portate dentro. grazie!

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    2. Alessandro vi stimo e rispetto a tsl punto da ritenere che non abbiate bisogno di me! Ma poi nkn c'è davvero niente di drammatico, fa parte del gioco (e mi piacerebbe rimanesse un gioco)

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  6. a me il Rosso Masieri è piaciuto. fa te

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  7. Fiorenzo,
    mi stupisco che tu abbia scritto un post come questo tutto costruito su un ipotetica oggettività della degustazione e dei suoi metodi. Questo assunto è figlio di un grave errore primigenio contro il quale ho speso, tante, forse troppe parole altre volte, evidentemente senza che siano state recepite.
    Il gusto condiviso del buono e l'assurda pretesa della degustazione laica e oggettiva sono pensieri figli di una concezione tecnicista e banalizzata. Purtroppo o forse meno male sono innumerevoli i condizionamenti ai quali è sciocco, inutile, impossibile sfuggire.
    Alla variabilità del gusto antropologica, figlia della cultura e delle epoche, dell'etnia, della religione si sommano le soggettive variabilità figlie delle storie che ognuno di noi si porta sulle spalle, per cui cercare categorie e modi e strumenti (tutto ciò visto sempre in un ottica parascientifica, ahimè) nella speranza che siano "oggettivi" è pura follia, così come confrontare uno Chenin con una Minnella.
    Però il metodo, l'oggettività mirano a ridurre tutto a valori che permettano, appunto, la comparazione fra soggetti incomparabili.
    Se a qualcuno un giorno piacerà l'aceto da bere liscio (ed in passato lo si faceva!) chi siamo noi per dire che sbaglia.
    Scustaemi se sono intervenuto, non voglio scatenare dibattiti lunghi e faticose contrapposizioni fra bene vs male.

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    1. E io mi stupisco del tuo stupore. Il tuo punto di vista (l'errore primigenio eccetera) è ben noto. Io la penso all'opposto. Chi beve aceto liscio non sbaglia: e nemmeno sbaglia chi pensa sia imbevibile (al momento la variabilità antropologica gira così).

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  8. I vini non vanno giudicati ma bevuti.Se a parlare sono sempre quattro astemi che parlano solo di volatile e' finita,Ti piace un vino? Lo bevi non ti piace e' lo stesso.Il metodo della critica fine a se stessa e' finito chi ha la capacità' di giudicare un vino?Troppo soggettivo e a volte i blogger sono un po' malignetti nello sputare sentenze,ci sono argomenti che diventano inutili come la critica lo è per la musica lo diventa anche per il vino.Beviamo invece di fare discorsi andiamo a conoscere i produttori partecipiamo invece di cercare di sentenziare un approccio positivo rende tutto più' bello senza fare troppi processi.

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  9. E' giusto quello che dite, ma entro limiti non troppo ampi. Altrimenti diventa un liberi tutti. Perché scriviamo in italiano più o meno corretto and not in english, that is the same, oppure bella zio non kome un bimmominkia, o con tannti bei erori di otrograffia, oppure ne facessimo anche di grammatica? Un conto sono l'evoluzione della lingua e le licenze letterarie, altro l'ignoranza, a mio avviso. In ogni caso stiamo parlando solo di vino e a me mi piace come mi pare :-)

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