Alcuni professionisti del vino si danno un compito immane: compilare le guide.
I migliori tra noi (assaggiatori) si dannano l'anima nell'ingrato lavoro di cristallizzare nelle immutabili pagine di un libro qualcosa che diviene inarrestabile, come una bottiglia di vino. Non c'e' ironia in quel che dico, son serio: il tentativo di fissare la qualita' in un punteggio o in una scheda descrittiva, che dovrebbe permanere qualificante di un vino, mi e' sempre sembrato sovrumano; il motivo? Perche' il vino e' vivo, diviene, e muta in quella bottiglia.
Mi e' successo un'infinita' di volte, di aprire un certo vino a piu' riprese: appena arrivato in enoteca, dopo un anno, dopo due.. per lo piu' la valutazione permaneva abbastanza univoca, ma capitavano pure le sorprese, nel bene e nel male: quel certo barolo evolveva troppo in fretta, quel chianti durissimo da giovane trovava l'eleganza con la maturita', cose cosi'. Ogni volta il giudizio si assestava sulla situazione contingente, senza la pretesa (sovrumana, davvero) di fissarsi per l'eternita'.
Sia chiaro, questa cosa non e' gran che divertente: a me piacerebbe molto riuscire a fotografare l'attimo fuggente e potermelo rigirare tra le dita ogni volta che mi serve, e tenerlo catalogato in archivio. Se questo puo' funzionare, in una guida, per la maggioranza dei vini recensiti, sfortunatamente non vale per tutti, e ogni tanto capita che la nostra difficolta' di bloccare il tutto che scorre ci fa qualche brutto scherzo.
Prendiamo per esempio quel che racconta qui il Franco Tiratore: lo Sforzato di Negri che, da trebicchierato e vino dell'anno per quelli del Gambero e Slow Food, esce malconcio da un paio di comparate. Io temo che la verita' permane non del tutto conoscibile, o perlomeno catalogabile, in questo ambito e pure in molti altri (ma questo e' un discorso differente). L'alternativa sarebbe pensare che gli assaggiatori del Gambero siano incompetenti, o peggio, in mala fede.
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