
Ma una sua release da bersi matura, a due-tre anni dalla vendemmia, può essere veramente emozionante. Il Moscato d'Autunno di Paolo Saracco deriva il suo nome dalla vendemmia ritardata rispetto agli standard astigiani; la lieve surmaturazione delle uve in pianta consente la produzione di un Moscato che non ha praticamente rivali; ma soprattutto, genera una versione di questo vino, in apparenza facile e basta, in grado di divenire altro; nel corso degli anni affina ed evolve, fino a rivelare, bevuto nella maturità, una stratificazione complessa assolutamente esaltante. Ieri ho riaperto la vendemmia 2006 del Moscato d'Autunno - resistendo alla tentazione di prelevare dallo scaffale il 2007 - e mai scelta fu più goduriosa. Oggi il 2006 è inarrivabile, ha note di agrumi glassati, di fiori; armonioso, lungo, esaltante perché concettuoso; ancora una volta il tempo gioca un ruolo prezioso, e costituisce misura della qualità. E qui la maturità, insolita per il vitigno, è veramente una bella sorpresa. Un assaggio notevolissimo, per me 88/100, ma pure di più.
Noticina finale: il Moscato d'Autunno non si fregia della Docg Asti, ma rientra nella più plebea Doc "Piemonte" - e non so bene il perchè; probabilmente il periodo vendemmiale ritardato lo tiene fuori dalla denominazione controllata e garantita; quel che è certo, è che ancora una volta la politica delle denominazioni si dimostra, perlomeno, incomprensibile; a questo Moscato, uno dei migliori del Piemonte (ergo, del mondo) è riservata la denominazione minore.
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