E' un periodo divertente per chi si diverte a fare il mestiere dell'assaggiatore. A settembre le aziende spediscono in giro campionature per assaggi, dopo la pausa estiva si ricomincia a lavorare (o insomma, riparte quel che chiamiamo lavoro nonostante tutto) quindi c'è un gran da fare a valutare nuove proposte. Ci sono giorni nei quali apro due o tre bottiglie diverse. Almeno un fatto credo d'averlo (ormai) capito: tanto più un vino ha carattere, tanto meno si riesce a valutare nell'arco di un assaggio veloce. Lo standard ideale è l'assaggio nell'arco di almeno due giorni, per fornire un giudizio equilibrato. Vini che appena aperti sembrano quasi inespressivi, riassaggiati 24 ore dopo rivelano mille sfumature.
Se da un lato questo è un elemento quasi affascinante del cosiddetto liquido odoroso, è anche un limite formidabile per il famoso cliente finale che compra la bottiglia in enoteca (o la ordina al ristorante), la apre e vorrebbe berla subito. Che facciamo, gli diciamo "ripassi domani"? Chiaro che no. Il problema è praticamente senza soluzione, a meno che il cliente finale non sia enofilo quanto basta per capire che domani è un altro giorno, quindi la bottiglia lasciata smezzata per la prossima cena, idealmente, regalerà qualche emozione nuova e probabilmente migliore. A questo potremmo aggiungere la consueta lamentazione sui limiti da assaggio in fiera, ma quella ve la risparmio. Alle solite è un mondo complicato.
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