Questo è un blog enoico. Il vino è un alimento totalmente diverso da qualsiasi altro: evolve, ha carattere ed è imprevedibile (come l'umanità, insomma). Per questo è interessante. E non è industriale.
martedì, febbraio 28, 2006
Winemaking for dummies.
Dice: ma certi vini californiani costano pochissimo, e ci invadono il mercato. Leggi pure che scrive Greenplanet, che entra nello specifico: "Ma c'è un altro capitolo a vantaggio dei produttori californiani o australiani rispetto agli italiani: sono le norme che definiscono i confini di intervento e regolamentano la produzione di vino. Le leggi europee stabiliscono come, quando, cosa piantare e quanta uva deve rendere la vite. Altrove non esistono limiti; come non ci sono freni alle pratiche enologiche, procedure, tecniche e modelli produttivi che variano di molto tra la vecchia Europa e i Paesi stranieri, con il risultato di rendere il costo finale della bottiglia più competitivo. Così, i processi di ultrafiltrazione con colonne rotanti oppure di scambiatori anionici, alla fine fanno differenza".
Scambiatori anionici, avete letto bene. Fa molto Star Trek.
venerdì, febbraio 24, 2006
mercoledì, febbraio 22, 2006
La Cina è vicina (premio per il titolo banale di post).
Pare che in Italia, fin'ora, i vini cinesi abbiano avuto "un'accoglienza freddina".
Per forza, senti che ha detto un Sommelier allo scorso Vinitaly (tutta colpa dei Sommelier, come sempre): "All'etichetta elegante con bottiglia bordolese di nuova generazione e nome internazionale accattivante si contrappone un'informazione incompleta sull'annata [hanno messo l'anno cinese?] e un contenuto di qualità mediocre nei profumi e nel sapore". Insomma, ripassi.
Per forza, senti che ha detto un Sommelier allo scorso Vinitaly (tutta colpa dei Sommelier, come sempre): "All'etichetta elegante con bottiglia bordolese di nuova generazione e nome internazionale accattivante si contrappone un'informazione incompleta sull'annata [hanno messo l'anno cinese?] e un contenuto di qualità mediocre nei profumi e nel sapore". Insomma, ripassi.
giovedì, febbraio 16, 2006
Vino al metanolo: interviene la CIA.
[Nella foto, alcuni operativi posano dopo un'irruzione in una nota cantina]
Se lavorassi in un giornale, mi piacerebbe fare il titolista, e inventare titoli che non c'entrano gran che con l'articolo, ma che in compenso fanno sobbalzare il lettore e attirano immediatamente l'attenzione.
Il titolo di questo post, per esempio: la Cia di cui si parla non sta a Langley, e il metanolo non c'e' piu', c'era vent'anni fa: la Cia in questione e' la Confederazione Italiana Agricoltori, che in questo articolo afferma, tra l'altro: "il settore, da allora, si è profondamente modificato e, sebbene sia riuscito a risollevarsi, ha lasciato sul campo centinaia di migliaia di ettari di vigneto, erano circa 1.050.000 nel 1985 e poco più di 700 mila nel 2005; centinaia di migliaia di aziende viticole, erano 1.150.000 nel 1985 e 750 mila nel 2005; decine di litri pro-capite annui nei consumi, erano 80 a testa nel 1985 e sono scesi a poco più di 50 a testa nel 2005 e milioni di ettolitri di produzione annua, era poco più di 60 milioni nel 1985 ed è stata circa di 50 milioni nel 2005".
Insomma, a vent'anni dal metanolo, le sorti sono magnifiche e progressive; oggi la probabilita' di trovare metanolo nel vino (scadente) e', credo, inferiore allo zero per cento; chi desidera vendere roba di bassissimo livello non ha bisogno di adulterare, e' sufficiente che compri gli stoccaggi invenduti di certe cantine cooperative, a prezzi ridicoli: mette cosi' in vendita un prodotto perfettamente legale -- sfortunatamente, scadentissimo. Pazienza.
mercoledì, febbraio 15, 2006
E fu pesto (ma pure trofie).
Era tutto vero. Be', non che ne dubitassi.
La rece? Bene le trofie, rivedibile il pesto. Tsk-tsk, noci e anacardi...
domenica, febbraio 12, 2006
My 2 cents sul sistema di valutazione a punteggio.
[Post ispirato da questa interessante discussione su Vinography]
Per farla breve: sono favorevole a dare punteggi ai vini, al fine della valutazione. Nello specifico, io uso il sistema dei punteggi centesimali. La brevita' e' raccomandabile in ogni argomento per il quale sono gia' scorsi fiumi d'inchiosto, e difatti la diatriba punteggio si/punteggio no e' uno degli argomenti piu' dibattuti in ambito enoico. Quindi evitero' di elencare gli argomenti (alcuni dei quali suggestivi, ammetto) portati a suffragare la causa dei contrari ai punteggi; mi limito ad elencarne un paio a favore.
Il voto centesimale e' rapido. Quando assaggio in batteria dieci-venti Brunello e prendo appunti, scrivo poche note per ogni etichetta ma la parola finale e' sempre il voto. Sopra gli 83/100 piazzo normalmente l'eccellenza, sopra gli 88/100 significa "comprare"; riutilizzando gli appunti a distanza di tempo la facilita' "iconografica" del punteggio serve pure per la consultazione rapida.
Il voto ha pure maggiore obbiettivita'; le note gustative sono contingenti, dato il fatto che il vino diviene; il punteggio fotografa abbastanza bene il livello qualitativo assoluto (perlomeno, io tendo a dare il voto anche tenendo presente il livello in divenire).
E infine, diciamolo, il voto e' amato dal consumatore entry level, che, piaccia o no, rappresenta circa il 90% degli enofili. C'e' pure la minoranza schiacciante dei porthosiani, se proprio non sopportate i voti e avete il tempo di leggere chilometriche schede di degustazione che si concludono (che stress) senza un vincitore ed un vinto; vi toccherebbe assaggiare tutti i recensiti pure a voi, per avere un'idea di chi eccelle. Certo, io sono un famelico lettore di Porthos, ma non si puo' mica essere d'accordo sempre su tutto.
Cio' detto, amo il sistema a punteggio centesimale, ma apprezzo un po' meno il sistema a simboli: due stelle, tre bicchieri, sette pizze, avete presente. Troppo schematico, pure per me.
Per farla breve: sono favorevole a dare punteggi ai vini, al fine della valutazione. Nello specifico, io uso il sistema dei punteggi centesimali. La brevita' e' raccomandabile in ogni argomento per il quale sono gia' scorsi fiumi d'inchiosto, e difatti la diatriba punteggio si/punteggio no e' uno degli argomenti piu' dibattuti in ambito enoico. Quindi evitero' di elencare gli argomenti (alcuni dei quali suggestivi, ammetto) portati a suffragare la causa dei contrari ai punteggi; mi limito ad elencarne un paio a favore.
Il voto centesimale e' rapido. Quando assaggio in batteria dieci-venti Brunello e prendo appunti, scrivo poche note per ogni etichetta ma la parola finale e' sempre il voto. Sopra gli 83/100 piazzo normalmente l'eccellenza, sopra gli 88/100 significa "comprare"; riutilizzando gli appunti a distanza di tempo la facilita' "iconografica" del punteggio serve pure per la consultazione rapida.
Il voto ha pure maggiore obbiettivita'; le note gustative sono contingenti, dato il fatto che il vino diviene; il punteggio fotografa abbastanza bene il livello qualitativo assoluto (perlomeno, io tendo a dare il voto anche tenendo presente il livello in divenire).
E infine, diciamolo, il voto e' amato dal consumatore entry level, che, piaccia o no, rappresenta circa il 90% degli enofili. C'e' pure la minoranza schiacciante dei porthosiani, se proprio non sopportate i voti e avete il tempo di leggere chilometriche schede di degustazione che si concludono (che stress) senza un vincitore ed un vinto; vi toccherebbe assaggiare tutti i recensiti pure a voi, per avere un'idea di chi eccelle. Certo, io sono un famelico lettore di Porthos, ma non si puo' mica essere d'accordo sempre su tutto.
Cio' detto, amo il sistema a punteggio centesimale, ma apprezzo un po' meno il sistema a simboli: due stelle, tre bicchieri, sette pizze, avete presente. Troppo schematico, pure per me.
Olimpiadi invernali (brrr).
Certe letture, certi punti di vista, non si trovano sulla cosiddetta stampa mainstream.
Bisogna per forza cercare in luoghi cosi'. Si parla delle olimpiadi dello sponsor fastfood: "Uno spreco offensivo di risorse, un inutile sfarzo tristemente illusorio, una patetica coreografia ispirata solo a se stessa, cercavano in tutti i modi di ravvivare un sogno del quale conosciamo ormai troppo bene i risvolti più crudeli: la grandiosità di cartapesta, la felicità a comando, il benessere a tutti i costi - la grande menzogna veicolata dal televisore - hanno da tempo lasciato nelle nostre anime lo spazio ad altri pensieri, molto meno illusori e molto più ingombranti".
[Foto: Luogocomune.net]
giovedì, febbraio 09, 2006
Indovina chi ti boicotto questa settimana.
Prima Grillo, poi il Papero Giallo. Ma pure Indimedia, tra gli altri: la nuova legge sulla droga introdurrebbe (anche) il concetto di proibizionismo legato al vino. Che dire? Tutte le frasi fatte che servono a qualificare l'opera di questo governo sono state consumate: robe del tipo "hanno toccato il fondo, poi hanno cominciato a scavare" non rendono l'idea. Ci vorrebbe qualcosa di piu', qualcosa di originale. Una cosa forte, una provocazione: tipo cominciare a boicottare i produttori di vini della CDL. Sei produttore di vino, ma pure deputato di Forza Italia, o di Alleanza Nazionale? E io ti boicotto.
Parliamo di provocazione, eh, sia chiaro. Si, si, tranquilli.
Parliamo di provocazione, eh, sia chiaro. Si, si, tranquilli.
martedì, febbraio 07, 2006
Mai un attimo di relax.
Non fai a tempo a rilassarti un attimo su uno dei soliti adult site, che arriva il banner di Giordano.
[Link non consigliabile sui luoghi di lavoro, specie se il capo e' nelle vicinanze]
Buon compleanno, Punto Informatico.
Dieci anni fa nasceva Punto Informatico, pubblicazione online di riferimento per quanti vogliono capire qualcosa di questo strano ordigno. Per avere un'idea di come stavamo messi, informaticamente parlando, dieci anni fa, il sommario del numero uno di PI, datato 7 febbraio 1996, e' qui.
All'inizio del '96 usavo ancora Windows 3.11 -- e settavo la connessione ad Internet con Netscape 2. Pagavo alla Sip (o era gia' Telecom? Boh) una roba tipo quattrocento mila lire a bimestre di scatti telefonici, con una connessione dialup a 14.4. E pure un canone annuo al mio provider. Ah, ricordi.
All'inizio del '96 usavo ancora Windows 3.11 -- e settavo la connessione ad Internet con Netscape 2. Pagavo alla Sip (o era gia' Telecom? Boh) una roba tipo quattrocento mila lire a bimestre di scatti telefonici, con una connessione dialup a 14.4. E pure un canone annuo al mio provider. Ah, ricordi.
lunedì, febbraio 06, 2006
Alcuni imprescindibili doveri del buon enotecaro.
[Prefazione: essendo io un buon enotecaro, amando il mio lavoro e ancora di piu' la mia affluente clientela, ho sempre provveduto a cambiare le bottiglie afflitte dal tappo. Dìcesi sempre, in ogni caso, per qualsiasi cifra]
Ha ragione lavblog: la bottiglia bouchonee va cambiata all'istante. Ha pure ragione il suo commentatore, va cambiata anche se l'enotecaro non riesce a rivalersi sul produttore (produttori, nota razza tirchia; il mondo sara' salvato dalla razza filantropa degli enotecari). Ma non basta, perche' limitarsi, e' giusto introdurre qualche altro dovere in capo all'enotecaro. Eccone due o tre tra quelli rilevanti.
Diritti di rimborso connessi al tappo/1
Non basta rimborsare la bottiglia. Pure la benzina per tornare in bottega, e che diamine.
Diritti di rimborso connessi al tappo/2
Non basta la benzina. Pure il lavaggio del parabrezza dell'auto, e che diamine. (Performato dall'enotecaro in persona, dotato di regolare attrezzo lavavetri).
Diritti di rimborso da danneggiamento.
Se stappando la bottiglia si macchia il soffitto (avete presente, certi Lambrusco molto frizzanti) l'enotecaro deve re-imbiancare la stanza.
Diritto di rimborso amoroso.
Se compri una bottiglia per indurre la tipa ad amorosa accondiscendenza (effetto vasodilatatore dell'alcol, sapete) ma le cose vanno per il verso sbagliato, l'enotecaro deve provvedere la fornitura di una professionista del settore allo scopo di ripristinare le aspettative. (Non e' chiaro se tale obbligo sussista solo per la clientela maschile, oppure possa allargarsi specularmente a quella femminile. La cosa e' variamente dibattuta).
[Postfazione: quanto sopra accade solo in enoteca. Sfortunatamente il consumo di vino avviene, per oltre il 70%, attraverso i supermercati. Qualora proviate a riportare una bottiglia aperta e difettosa per il malefico tappo alla copp-sei-tùù, otterrete probabilmente quello che si descrive come "gesto dell'ombrello"]
Ha ragione lavblog: la bottiglia bouchonee va cambiata all'istante. Ha pure ragione il suo commentatore, va cambiata anche se l'enotecaro non riesce a rivalersi sul produttore (produttori, nota razza tirchia; il mondo sara' salvato dalla razza filantropa degli enotecari). Ma non basta, perche' limitarsi, e' giusto introdurre qualche altro dovere in capo all'enotecaro. Eccone due o tre tra quelli rilevanti.
Diritti di rimborso connessi al tappo/1
Non basta rimborsare la bottiglia. Pure la benzina per tornare in bottega, e che diamine.
Diritti di rimborso connessi al tappo/2
Non basta la benzina. Pure il lavaggio del parabrezza dell'auto, e che diamine. (Performato dall'enotecaro in persona, dotato di regolare attrezzo lavavetri).
Diritti di rimborso da danneggiamento.
Se stappando la bottiglia si macchia il soffitto (avete presente, certi Lambrusco molto frizzanti) l'enotecaro deve re-imbiancare la stanza.
Diritto di rimborso amoroso.
Se compri una bottiglia per indurre la tipa ad amorosa accondiscendenza (effetto vasodilatatore dell'alcol, sapete) ma le cose vanno per il verso sbagliato, l'enotecaro deve provvedere la fornitura di una professionista del settore allo scopo di ripristinare le aspettative. (Non e' chiaro se tale obbligo sussista solo per la clientela maschile, oppure possa allargarsi specularmente a quella femminile. La cosa e' variamente dibattuta).
[Postfazione: quanto sopra accade solo in enoteca. Sfortunatamente il consumo di vino avviene, per oltre il 70%, attraverso i supermercati. Qualora proviate a riportare una bottiglia aperta e difettosa per il malefico tappo alla copp-sei-tùù, otterrete probabilmente quello che si descrive come "gesto dell'ombrello"]
Fenomenologia del popup inutile.
domenica, febbraio 05, 2006
E Londra rimase senza Champagne.
Proprio cosi', venne pure l'alba del giorno in cui Londra "run out of Champagne", cioe' si trovo' a secco di bollicine (francesi). Vinography riprende Decanter riportando questo tragico evento: "le quantita' di Jeroboam Dom Perignon sono talmente ridotte, da fronteggiare la sparizione"; il consumo smodatissimo dei ricconi della city ha semplicemente messo alle corde le capacita' degli importatori.
Ora, va detto che tale affermazione proviene da un portavoce di Moet, cosi' da far sorgere qualche sospettuccio di viral marketing; e infatti nel blog di Alder i commentatori si lanciano in frizzi e lazzi del tipo "questa fandonia non me la bevo". Pero' Decanter dice che a Londra il consumo di grandi formati di Champagne e' aumentato del 40%.
Maledetta crisi.
[Piccolo update: vedo solo ora che Slawka G. Scarso nel suo blog ha dedicato all'argomento un post lo scorso 3 febbraio]
Ora, va detto che tale affermazione proviene da un portavoce di Moet, cosi' da far sorgere qualche sospettuccio di viral marketing; e infatti nel blog di Alder i commentatori si lanciano in frizzi e lazzi del tipo "questa fandonia non me la bevo". Pero' Decanter dice che a Londra il consumo di grandi formati di Champagne e' aumentato del 40%.
Maledetta crisi.
[Piccolo update: vedo solo ora che Slawka G. Scarso nel suo blog ha dedicato all'argomento un post lo scorso 3 febbraio]
sabato, febbraio 04, 2006
Si blogga per un piatto di pasta.
E poi uno dice che a bloggare non ci si guadagna. Per dire, se sei blogger da almeno sei mesi, San Lorenzo ti regala trofie e pesto.
Il pesto e' il genere di preparazione molto local, oggetto di infinite dispute tra un quartiere e l'altro di Genova (il basilico deve essere di Pra', no, Palmaro, no, pure Voltri va bene; quello ci mette le noci, quell'altro osa l'aglio -- e via accapigliandosi).
Adesso assaggio quello di San Lorenzo (con gli anacardi? Argh!) poi semmai vi dico. Buon appe.
[Via Simplicissimus]
Il pesto e' il genere di preparazione molto local, oggetto di infinite dispute tra un quartiere e l'altro di Genova (il basilico deve essere di Pra', no, Palmaro, no, pure Voltri va bene; quello ci mette le noci, quell'altro osa l'aglio -- e via accapigliandosi).
Adesso assaggio quello di San Lorenzo (con gli anacardi? Argh!) poi semmai vi dico. Buon appe.
[Via Simplicissimus]
Negociant (chi l'ha visto).
Quando scopri un nuovo blog (thank you Peperosso) passi un po' di tempo a leggerti con piacere tutti i post che ti sei perso. Per esempio, questo di acquabblog. Acquabblog e' il corporate blog di Acquabuona.it -- non so bene se si dica corporate ma vabbe', suona cool.
Comunque, dicevamo, il post in questione: che fine ha fatto il pernicioso Volorosso? L'acquablogger va al supermercato e nota che le bottiglie latitano, e si domanda, ma come, prima imperversava, e adesso?
Questi sono i famosi sondaggi fatti nel tinello di casa, e sono autoreferenziali ed ombelicali, quindi mi vanno benissimo. La lettura mi ha fatto ricordare dell'unica volta che mi e' capitato di assaggiare una bottiglia di vino branded Volorosso; pure proseguendo nello stesso stile autoreferenziale-ombelicale, se uno parla di un vino magari con tono critico, sarebbe il caso che l'avesse assaggiato: per quanto mi riguarda, un solo assaggio di una sola tipologia rende il test alquanto limitato, ma ve l'avevo detto, siamo in modalita' assai tinello-di-casa.
Orbene, l'assaggio. A casa di amici, gruppo eterogeneo; tra questi, qualcuno sensibile agli spot televisivi, si fa irretire dalla teribbile rèclame Volorosso (hai presente, quella col tipo io-sono-quello-che-se-ne-intende che ti apostrofa: "occhio a Volorosso!" e cosi' si assaggia una Bonarda Oltrepo'. Seguono note degustative. Tralasciando l'aspetto cromatico, olfattivamente nulla di che (solita mora, ma pure qualche puzza), in bocca e', come dire? Dimenticabile. Fine delle note gustative. Una roba che si situa, in punteggio centesimale, sui 65/100.
Ora, il problema e' il seguente. Lo spot di Volorosso parlava, se ben ricordo, di vini di qualita' elevata; quindi la domanda sorge spontanea, chi e' stato che ha contraffatto questa bonarda? Essi', perche' non so voi, ma io piazzo la qualita' elevata dagli 80/100 in su. Qui ci sono due possibilita', o quella bonarda e' contraffatta (falsificano Sassicaia, hai visto mai che pure Volorosso?) oppure, semplicemente, quello spot racconta fandonie. Mumble-mumble.
Vabbe' dai, mentre meditavo, pensavo pure ad un'altra cosa. In Francia quelli che imbottigliano vini di diversa provenienza, che raccolgono ed assemblano vini magari senza nemmeno possedere vigneti, si chiamano Negociant. Tuttavia, questa cosa non ha la valenza negativa che puo' sembrare, anzi. I Negociant sanno che se selezionano prodotti eccellenti, si qualificano come eccellenti Negociant (semplice, eh?) -- e cosi' in Francia esistono magnifici Negociant che, senza essere Recoltant, ti garantiscono livelli notevoli.
Qui, da noi, le cose pare vadano un po' diversamente: la figura del Negociant alla francese latita. Nell'ambiente usiamo un termine, Imbottigliatore, che non suona affatto onorifico. "Quello e' un imbottigliatore" diceva mio padre quando parlava di un commerciante che ti gabellava non-si-sa-bene che vino, e di che provenienza. Loro hanno i Negociant, noi gli Imbottigliatori.
Per essere come i francesi bisognerebbe lavorare con rigore, raccogliere sempre prodotti iperqualitativi, e farlo continuativamente, magari per decenni. Eh, bisognerebbe.
Comunque, dicevamo, il post in questione: che fine ha fatto il pernicioso Volorosso? L'acquablogger va al supermercato e nota che le bottiglie latitano, e si domanda, ma come, prima imperversava, e adesso?
Questi sono i famosi sondaggi fatti nel tinello di casa, e sono autoreferenziali ed ombelicali, quindi mi vanno benissimo. La lettura mi ha fatto ricordare dell'unica volta che mi e' capitato di assaggiare una bottiglia di vino branded Volorosso; pure proseguendo nello stesso stile autoreferenziale-ombelicale, se uno parla di un vino magari con tono critico, sarebbe il caso che l'avesse assaggiato: per quanto mi riguarda, un solo assaggio di una sola tipologia rende il test alquanto limitato, ma ve l'avevo detto, siamo in modalita' assai tinello-di-casa.
Orbene, l'assaggio. A casa di amici, gruppo eterogeneo; tra questi, qualcuno sensibile agli spot televisivi, si fa irretire dalla teribbile rèclame Volorosso (hai presente, quella col tipo io-sono-quello-che-se-ne-intende che ti apostrofa: "occhio a Volorosso!" e cosi' si assaggia una Bonarda Oltrepo'. Seguono note degustative. Tralasciando l'aspetto cromatico, olfattivamente nulla di che (solita mora, ma pure qualche puzza), in bocca e', come dire? Dimenticabile. Fine delle note gustative. Una roba che si situa, in punteggio centesimale, sui 65/100.
Ora, il problema e' il seguente. Lo spot di Volorosso parlava, se ben ricordo, di vini di qualita' elevata; quindi la domanda sorge spontanea, chi e' stato che ha contraffatto questa bonarda? Essi', perche' non so voi, ma io piazzo la qualita' elevata dagli 80/100 in su. Qui ci sono due possibilita', o quella bonarda e' contraffatta (falsificano Sassicaia, hai visto mai che pure Volorosso?) oppure, semplicemente, quello spot racconta fandonie. Mumble-mumble.
Vabbe' dai, mentre meditavo, pensavo pure ad un'altra cosa. In Francia quelli che imbottigliano vini di diversa provenienza, che raccolgono ed assemblano vini magari senza nemmeno possedere vigneti, si chiamano Negociant. Tuttavia, questa cosa non ha la valenza negativa che puo' sembrare, anzi. I Negociant sanno che se selezionano prodotti eccellenti, si qualificano come eccellenti Negociant (semplice, eh?) -- e cosi' in Francia esistono magnifici Negociant che, senza essere Recoltant, ti garantiscono livelli notevoli.
Qui, da noi, le cose pare vadano un po' diversamente: la figura del Negociant alla francese latita. Nell'ambiente usiamo un termine, Imbottigliatore, che non suona affatto onorifico. "Quello e' un imbottigliatore" diceva mio padre quando parlava di un commerciante che ti gabellava non-si-sa-bene che vino, e di che provenienza. Loro hanno i Negociant, noi gli Imbottigliatori.
Per essere come i francesi bisognerebbe lavorare con rigore, raccogliere sempre prodotti iperqualitativi, e farlo continuativamente, magari per decenni. Eh, bisognerebbe.
venerdì, febbraio 03, 2006
Italia, Forza.
Ci sono giorni in cui la lettura delle notizie e' piu' deprimente di altri; oggi, per esempio, il mondo va in fiamme per colpa di alcune vignette. Dalle nostre parti il senso dell'umorismo e la tolleranza sembrano fortunatamente maggiori, e tantovale approfittarne. Pero' e' un sorriso a denti stretti, se pensi a chi non riesce a sorridere.
[Via Macchianera, a sua volta via svariati altri che non linko per pigrizia]
mercoledì, febbraio 01, 2006
(Auto)citarsi addosso.
Tempo fa mi capito' di parlare di tappi intelligenti, dotati di chip RFID e di possibili crack: la tecnologia wireless si presta assai. Oggi leggo su Punto Informatico che qualcuno e' avanti col lavoro, visto che i malefici RFID sui passaporti olandesi (pure noi dovremo adottarli) sono sniffabili.
Merita di essere riportato un commento letto su PI: "secondo voi perchè io mi sono comprato un kit RFID? 300 € ma ben spesi. Lo uso anche per clonare i badge aziendali e gli skypass".
Skypass? Peccato che il mio doctor m'ha pronosticato zero sci per almeno un anno; ma i tappi RFID, giuro, quelli ci proverei. A craccarli, dico.
Merita di essere riportato un commento letto su PI: "secondo voi perchè io mi sono comprato un kit RFID? 300 € ma ben spesi. Lo uso anche per clonare i badge aziendali e gli skypass".
Skypass? Peccato che il mio doctor m'ha pronosticato zero sci per almeno un anno; ma i tappi RFID, giuro, quelli ci proverei. A craccarli, dico.
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