Questo è un blog enoico. Il vino è un alimento totalmente diverso da qualsiasi altro: evolve, ha carattere ed è imprevedibile (come l'umanità, insomma). Per questo è interessante. E non è industriale.
martedì, maggio 31, 2005
Arte ad Ama.
La visita di ieri, al Castello di Ama, oltre a riportarmi nel mio amato Chianti(shire), mi ha messo a contatto con l'eccezionale personalita' di Marco Pallanti, l'enologo di Ama (enologo dell'anno, per la guida del Gambero).
Potrei parlare dei suoi vini, e ci sarebbe davvero assai da dire: solo l'Apparita meriterebbe post chilometrici. Tuttavia, quello che mi rimane piu' impresso oggi e' stato il discorso intorno all'arte che Pallanti ci ha fatto, mentre raccontava la genesi della presenza di molte opere d'arte (moderna) ad Ama, nel borgo, presso le vigne, e pure nelle cantine.
Pallanti vive a Firenze, una citta' piena di arte; e' pero' un'arte risalente, e lui quasi lamenta che oggi pochi facciano quello che molti hanno fatto nel passato, cioe' aprire gli spazi quotidiani di vita e lavoro alle "installazioni" dell'arte contemporanea; se questo accade, a detta di Marco, si ottiene (tra l'altro) di "fecondare" il mondo attorno a se' con semi di cui godranno le generazioni a venire.
Ho sempre avuto qualche perplessita' assistendo ad operazioni del genere "arte in vigna"; le suggestive motivazioni portate da Marco Pallanti mi fanno vedere la cosa, oggi, con una prospettiva del tutto diversa.
Qui potete leggere un'interessante intervista a Marco, dal sito del Castello di Ama.
Qui maggiori approfondimenti sulle opere d'arte moderna presenti al Castello.
mercoledì, maggio 25, 2005
Lo vuole sparkling o still?
Stamattina, leggendo su it.hobby.vino, mi capita un interessante post sulla London Wine Fair; e, ancora piu' interessante, l'osservazione che fa romanob sulla triste elencazione delle varieta' presenti per nazione: se i francesi ne hanno sedici, quelle italiane si riducono a due: sparkling e still; cioe' con le bollicine, e fermi.
Preferivo il Tetris.
Dal sito cellulari.it, un utile gadget: l'etilometro mobile.
"L'etilometro a portata di telefonino: si chiama Sobriomobile ed è un software utilizzabile per calcolare il proprio stato di ebbrezza. Il software Java J2Me può essere scaricato attraverso connessione wap e installato sul cellulare: dopo aver inserito i propri dati e la quantità di alcol ingerita, il programma calcolerà se si può guidare senza problemi oppure se è meglio lasciare il volante a un amico."
lunedì, maggio 23, 2005
Off Topic 2/Pesce d'Aprile ritardato.
Stamattina la home di Macchianera si presenta modificata. Ma nel codice html si legge, tra l'altro:
"Non me ne voglia Gianluca Neri che me ne dà lo spunto:
ma posso dire che una ricorrenza così sfigata e stupida come il primo aprile - che
istituzionalizza la sovversione: cioè prescrive che ogni anno lo stesso
giorno sia lecito e spiritoso fare un bello scherzone - non credo esista,
nemmeno la festa dei nonni? (Oddio, anche il carnevale se la batte).
Il vero mattacchione colpisce il 23 maggio, a sorpresa."
"Non me ne voglia Gianluca Neri che me ne dà lo spunto:
ma posso dire che una ricorrenza così sfigata e stupida come il primo aprile - che
istituzionalizza la sovversione: cioè prescrive che ogni anno lo stesso
giorno sia lecito e spiritoso fare un bello scherzone - non credo esista,
nemmeno la festa dei nonni? (Oddio, anche il carnevale se la batte).
Il vero mattacchione colpisce il 23 maggio, a sorpresa."
sabato, maggio 21, 2005
Assaggiare con lentezza.
Il bravo assaggiatore, che ha frequentato corsi e seminari, sa che si assaggia con lentezza. Cioe' a dire, sa che la valutazione del vino nel bicchiere si deve protrarre per un tempo spesso non breve, molti minuti, ma talvolta decine di minuti, mezz'ora. Questo, per dare il tempo alla creatura nel bicchiere di liberarsi del fardello di sensazioni olfattive 'chiuse', da bottiglia, ed aprirsi conseguentemente con i minuti che passano, alla percezione olfattiva dell'assaggiatore.
Bene, tutto vero. Io, benche' mi atteggi a bravo assaggiatore, sono afflitto da assaggio precox, e devo dare un giudizio del vino appena aperto dopo nemmeno un minuto. Non so che cosa sia, e' una maledizione, e' piu' forte di me, e non riesco a smettere di cascare in questo errore abbastanza madornale. Lo so e lo dico, nel tentativo di autoesorcizzarmi, si sa mai che la smetta prima o poi.
Comunque, cronaca di ierisera: a casa, finita la giornata, relax.
Ultimamente ho aumentato le frequentazioni con i produttori bio, parolina che dice poco ma che dovrebbe far capire al colto e all'inclita un po' di dettagli produttivi: nessun utilizzo di chimica in vigna, niente lieviti selezionati, rigoroso rispetto del territorio. Mi capita di assaggiarne parecchi, ultimamente, e la stragrande maggioranza non mi conquista. Tuttavia, quando trovo cose come il rosso di ierisera, credo di aver trovato la quadratura del cerchio; parlo di Feudo Felice 2002, il Nero d'Avola affinato da Caiarossa.
Assaggiato tempo fa, e innamorato. Riassaggiato ieri sera. E naturalmente, e' piu' forte di me, appena stappato affondo il naso nel bicchiere; e che esce fuori? Un ridotto spaventevole, puzze di stalla (ma poco arieggiata), sentori animali feroci.
Oh, no, mi dico. Ma come ho fatto a sbagliarmi cosi' quando l'ho assaggiato la prima volta.. ecco, naturalmente ci sono nel mezzo, un bell'attacco di assaggio precox, ma tant'e', ho gia' stilato la sentenza: puzze da ossidoriduzione.
Pazienza. Nella mente dell'assaggiatore che e' pure bottegaio passano svariati pensieri, del tipo "e adesso questo a chi lo vendo" che, mi rendo conto, non sono tanto nobili; medito e rimedito su quanto ci sia di ridotto e quanto ci sia di bio in tutto cio'. Passano i minuti, passono le mezz'ore, continuo ad aggirarmi per casa con il mio calice mezzo vuoto, continuando le rotazioni e le olfazioni; moglie e figlio ti guardano perplessi, ma ormai nemmeno loro ci fanno piu' caso.
Ad un'ora dall'apertura del vino, capisco di esserci cascato un'altra volta.
Nel bicchiere escono fuori sensazioni spiazzanti, ma spettacolari; il ridotto lascia il posto a profumi di cacao molto amaro, un fondente nobilissimo; e' una lama sottile e precisa, che taglia via ogni nota spiacevole per far emergere un corredo di aromi davvero notevoli. Insomma, ad un'ora e mezza dall'apertura, mi sto divertendo a riconoscere le sensazioni aromatiche piu' articolate possibili.
A questo punto potrei pure chiudere qui, risparmiandovi la descrizione tecnica dell'assaggio. Tuttavia questo post sembra destinato ad essere prolisso come i tempi ideali d'assaggio di Feudo Felice. E siccome la Rete e' grande, vi incollo qui il lavoro gia' fatto da altri.
Disclaimer: si tratta di una lettura di quelle che attirano sugli assaggiatori i frizzi e i lazzi di chi ci prende per storditi, data la terminologia usata. Non e' Maroni, ma ci siamo vicini; una cosa che Massimo Bernardi catalogherebbe, che so, come il fumo fa male, ma che a me sembra perfetta e perfettamente descrittiva del mio assaggio; ecco a voi:
"Non tanto e non solo per quel rubino spesso, di bella naturalezza e densità, con il quale ti si para davanti, quanto per il naso umorale, sferzante, sgranato, genuino, bellamente spigoloso, artigiano che ne intuisci la forza comunicativa e la diversità. Ti accorgi subito che c'è qualcosa di particolare in lui, di non scontato, di irrimediabilmente attraente. Nel frattempo, alla prim'ora, sono note di amarene, terra e nocciola a variegare il quadro selvaggio della sua appartenenza mediterranea. Il dinamismo e la capacità di cangiare fanno il resto, via via che prende aria: solo respirando quel quadro si placa e si distende su umori più fragranti e sentimentali di ribes rosso, mirtillo, erbe aromatiche, capperi, eucalipto e sottobosco, ed in loro nome si fa più armonico, modulato e struggente.
Ma ancor di più al palato strappa oggi i sogni ai sognatori: per la grande articolazione e la dolcezza, la spinta e la vibrazione. Su trame alcoliche d'erbe selvatiche, emana un calor buono di amichevole tepore. Eppure non una ridondanza, non un appesantimento nei paraggi. Si acquieta malvolentieri e solo più tardi su un mare tannico felpato, carezzevole e rinfrescante. Non fa della finezza la sua bandiera, questo no, ma ben oltre veleggiano la sua autenticità, la sua trasparenza, la sua veracità. Con questi attributi, e con tanta generosità, si concede ai suoi amanti, ponendo il sigillo su un probabile, radioso futuro da nero d'Avola finalmente figlio della propria terra. Una "ventata liquida" di sicilianità..."
mercoledì, maggio 18, 2005
lunedì, maggio 16, 2005
Mo' t'ho capito.
Capita che assaggi per anni i vini di un produttore, e non ti fai un'idea chiara sulla sua filosofia aziendale (sopportate, le aziende possono avere una filosofia). Non ti convinci del tutto se il produttore, ed i suoi prodotti, ti piacciono o no.
Esempio: Castello di Fonterutoli. Ci sarebbero svariati motivi per farselo piacere: basterebbe visitare quel borgo, per contrarre quel mal di Toscana che, forse, assomiglia al mal d'Africa in scala e che mi porto dietro da sempre. Alcuni vini del Castello, come alcune annate '90 di Ser Lapo, il loro Chianti Riserva, o del Siepi, tipico supertuscan, dovrebbero farmi decidere in fretta: si, mi piace.
Poi capita pure di assaggiare prodotti piccoli decisamente commerciali, della stessa azienda, in cui non capisci bene che c'entra, che roba e', perche' lo fai, insomma. Vini piccoli e meno in linea con le aspettative che il produttore innesca (e qui lo so, se ho delle aspettative ci sta pure che son io a sbagliarmi, pazienza).
Insomma, passano gli anni e tu assaggi, assaggi, e non hai ancora deciso se e' amore o no.
Poi arriva un bel giorno, e leggi una notizia come questa, ripresa pure su questo interessante thread dal forum del Gambero: dove leggi che il big boss di Fonterutoli afferma, tra l'altro: "il disciplinare dovrà cambiare con l'inserimento di qualche altro vitigno a maturazione veloce, con particolare attenzione verso alcuni siciliani e un vitigno sperimentale che fino a ora si è rilevato ottimo in Maremma".
Vitigni siciliani nel disciplinare del Chianti. E arrivi alla conclusione: ho capito, non mi piace.
Esempio: Castello di Fonterutoli. Ci sarebbero svariati motivi per farselo piacere: basterebbe visitare quel borgo, per contrarre quel mal di Toscana che, forse, assomiglia al mal d'Africa in scala e che mi porto dietro da sempre. Alcuni vini del Castello, come alcune annate '90 di Ser Lapo, il loro Chianti Riserva, o del Siepi, tipico supertuscan, dovrebbero farmi decidere in fretta: si, mi piace.
Poi capita pure di assaggiare prodotti piccoli decisamente commerciali, della stessa azienda, in cui non capisci bene che c'entra, che roba e', perche' lo fai, insomma. Vini piccoli e meno in linea con le aspettative che il produttore innesca (e qui lo so, se ho delle aspettative ci sta pure che son io a sbagliarmi, pazienza).
Insomma, passano gli anni e tu assaggi, assaggi, e non hai ancora deciso se e' amore o no.
Poi arriva un bel giorno, e leggi una notizia come questa, ripresa pure su questo interessante thread dal forum del Gambero: dove leggi che il big boss di Fonterutoli afferma, tra l'altro: "il disciplinare dovrà cambiare con l'inserimento di qualche altro vitigno a maturazione veloce, con particolare attenzione verso alcuni siciliani e un vitigno sperimentale che fino a ora si è rilevato ottimo in Maremma".
Vitigni siciliani nel disciplinare del Chianti. E arrivi alla conclusione: ho capito, non mi piace.
martedì, maggio 10, 2005
Oh, mamma.
Mio padre mi ha allevato secondo il noto principio "se non puoi dire qualcosa di gentile, non dire niente". Questo lodevole principio non si adatta benissimo al blogger, ogni qual volta trova qualcosa che non gli piace e vorrebbe bloggarlo ai quattro venti. Cosi', dopo un po' di giorni in cui mi son rigirato tra le dita l'ultimo numero di Panorama (la versione online non riporta l'articolo, vi tocca comprarlo), ho deciso di contravvenire al principio.
Mario Giordano, direttore del Tg di Italia 1, per fustigare l'indigestione catodica che parla di cucina e cibo, afferma (tra l'altro) cose sul genere preferisco la cucina della mamma. Questo e' un caso classico nel quale si potrebbe pure convenire sulle premesse, ma le conclusioni lasciano alquanto perplessi. Il problema non deriva dal fatto che la cucina e' una moda (e che male c'e', tra l'altro), ma riguarda altri aspetti di questo atteggiamento mentale.
Innanzitutto: la cucina della mamma va benissimo; vi piace? bene, buon appetito. In fondo non c'e' nulla di male a non desiderare di conoscere, di apprendere, di allargare le porte della percezione (ammesso che le abbiate gia' aperte). Il problema nasce quando si esibisce la banalizzazione, e la si usa come un manifesto contro quanti (io, per esempio) amano quel genere di cucina complicata e ritualizzata, estrema, di ricerca eccetera eccetera che sembra essere cosi' detestabile per i Giordano-pensanti. Quindi, facciamo un esercizio di conciliazione. Voi tenetevi la cucina della mamma, ma non venite a dirmi che, siccome io invidio gli amici che gia' son stati da Ferrán Adriá, c'e' in me qualcosa di sbagliato. Perche', scusatemi, a me questa cosa del gusto, l'approfondimento delle percezioni sensoriali, la ricerca e la sperimentazione, tutte quelle robe li' insomma, mi piacciono assai. Insomma, cosa mi irrita di quell'articolo? Mi irrita il fatto che uno non si limiti a dichiararsi incompetente, ma lo elevi a metodo.
Ah, per concludere facendo sorridere chi legge: io son tra quelli che si irritano pure quando vedono Albanese che scimmiotta l'assaggiatore.
Ahime'.
martedì, maggio 03, 2005
Off Topic.
Sulla fantasmagorica vicenda del blog di Gianluca Neri, il file Pdf 'censurato', e le reazioni della stampa ufficiale, mi riconosco in quanto scrive Massimo Mantellini, e specialmente in questo: "molta stampa ... non riesce a comprendere che oggi l'informazione viaggia a velocita' molto superiori alla capacita' di controllo di chiunque".
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