giovedì, novembre 27, 2008

Se lo sa Silvio


Naturalmente la notiziola per la quale (grazie al sempiterno resveratrolo) nel vino si celi l'elisir di lunga vita, non me la faccio sfuggire. Ma cerco di evitare l'ottimismo sfrenato. Quoting:
"A new insight into the reason for aging has been gained by scientists trying to understand how resveratrol, a minor ingredient of red wine, improves the health and lifespan of laboratory mice. They believe that the integrity of chromosomes is compromised as people age, and that resveratrol works by activating a protein known as sirtuin that restores the chromosomes to health".

lunedì, novembre 24, 2008

Umoristi a bordo


Ma io mi domando: fossi tu al posto del patron di Air Dolomiti, faresti servire, a bordo dei tuoi aerei, un vino che si chiama Rompicollo?

domenica, novembre 23, 2008

La carta (stampata) ed io

Pippone domenicale dove si dice che io sono stupendo ed il resto del mondo al massimo arranca. Qualora tu approvi, e desideri saltare il pippone, vai dritto ai commenti e scrivi pure "sei stupendo". Grazie.

Nei mesi scorsi, durante un riordino del magazzino più tellurico del solito, ho affidato al cassonetto differenziato della carta il poco che restava delle riviste specializzate che compravo. Non ho il feticcio del collezionista, e nei vecchi numeri del Gambero Rosso (ma pure di Wine Spectator, pensa tu che gusti avevo) non c'era nulla che meritasse d'essere accatastato su qualche scaffale. Ma l'aspetto curioso che ora mi va di annotare è che tanta lettura, tanti acquisti cartacei, sono compresi in una specie di arco temporale, che va dall'inizio degli anni '90 (quando ho cominciato a fare sul serio con questo mestiere) e si chiude, all'incirca, con la fine dello stesso decennio. Dal 2000 i miei acquisti cartacei si sono via via ridotti, sino a diventare prossimi allo zero. Probabilmente il mio comportamento si presta a più di una critica, e verificando questo fatto, cioè la sparizione degli acquisti cartacei, io stesso, tra uno svuotamento di cartoni e l'altro, ero alquanto sorpreso e perplesso riguardo tale accadimento; ad un certo punto, quasi inconsapevolmente quindi (spero) incolpevolmente, ho smesso di spendere denaro per settimanali, mensili, guide: qualcosa è successo, e non aveva a che fare con la finanziaria prudenza dei liguri.

La Rete aveva sostituito la stampa nella mia gerarchia delle fonti, perlomeno quelle riferibili al mio àmbito lavorativo; le conversazioni reperibili su Internet avevano preso il sopravvento sugli operatori professionali dell'informazione, in un modo quasi subdolo, visto che, a un certo punto, ho ritenuto superfluo passare dall'edicola per leggere Civiltà del Bere, per citarne una - ed ancor oggi mi chiedo che diamine ci trovassi mai, nel 1993, in quella roba. Di fatto la natura e la qualità dell'informazione orizzontale, o dal basso come si ama dire, aveva in sé così tanti e tali elementi di superiorità, freschezza, veridicità rispetto a gran parte della stampa di settore, che abbandonare certi acquisti si è rivelato naturale, indolore, e perfino testate che hanno fatto la storia della cultura enogastronomica in Italia (il solito Gambero Rosso, intendo) hanno perso, ai miei occhi, ogni genere di appeal.

Oggi per chi scrive quella gente? Da come la vedo, la funzione comunicativa di questa stampa di settore non è più rivolta, in misura ristretta, all'utenza critica; parla, semmai, in misura massiva e (scusate) un po' fuffosa a lettori con scarse capacità di focalizzare gli elementi; mi pare che la stampa stia derivando nello stesso tragico precipizio in cui è sprofondata la televisione: ho difficoltà a trovare umani senzienti che delegano la funzione di reperire notizie e conoscenza al TG1, o al TG4, - e se li incontrassi, consiglierei loro un buon medico. Per venire poi al mio settore, quando la televisione parla di vino o cibo lo fa (o deve farlo) nei famigerati tempi televisivi che, tra uno spot e l'altro, comprimono ogni elemento di approfondimento serio fino ad azzerarlo, e riducono il racconto di cosa sia un vino ad una sarabanda di bicchieri roteanti e tre-parole-tre del guru di passaggio. Conoscenza? Zero. Sembra proprio che questa comunicazione fuffosa e superficiale sia inevitabile, dati i limiti del mezzo e dato il fatto che si "deve" raggiungere un'audience quanto più vasta; tuttavia guardare la televisione è evitabilissimo, e certamente obbligatorio se, per esempio, vuoi sapere qualcosa di food-and-wine. E allora ci sarebbe, appunto, la stampa specializzata. Forse questa si dimostra adatta all'utenza allargata, ma succede, come dicevo, che la Rete sorpassi a destra, per freschezza, velocità e possibilità interattive, gran parte dei più volenterosi giornalisti di settore.

Ah, i giornalisti di settore, poi. Certo, ci sono quelli bravi, e quelli bravissimi. Poi ci sono tutti gli altri (molti) che se non avessero una sedia calda in una bella redazione, in un giornale tenuto in piedi dai contributi statali, potrebbero solo mettere a frutto le loro competenze lavorando come garzoni dal salumiere (absit iniuria) - oppure potrebbero proprio fare i salumieri, caricandosi sulle spalle la croce di una partita IVA, e così sperimenterebbero, forse per la prima volta, cosa significhi far quadrare i conti senza che arrivino i contribuenti a rimetterti in piedi.
Ma non è questo il punto che mi sta a cuore; non volevo focalizzarmi sul finanziamento agli organi di stampa - anzi, arrivo a dire, io sarei pure favorevole, se serve a tenere in vita una forma espressiva minoritaria ma con elementi di valore storico-culturale. Non facciamo così pure per la lirica? Di nuovo, il punto non è il valore più o meno verificabile della stampa che parla (specificamente) di cibo e vino, ma della sua capacità di dire cose interessanti, della sua efficacia, in contrapposizione ad Internet.

Per non dire, poi, della stampa generalista. Questa settimana L'espresso ritorna a parlare del mio àmbito con un'articolessa che, come d'uso, dice molte cose interessanti frammiste a schiamazzi, strilli di copertina acchiappagonzi, e qualche osservazione discutibile (in quanto inevitabilmente superficiale). Ora, si dà il caso che io sia un affezionato acquirente del settimanale cartaceo, e pure questa settimana la sua copertina mi appaia dal mio cesto delle riviste; tuttavia, per la prima volta in tanti anni, mi sono chiesto perché compro L'espresso: oddio, qualche dubbio era già sorto ai tempi della memorabile copertina "Velenitaly", ma oggi il dubbio si fa quasi certezza: L'espresso ha fatto l'ennesimo scivolone fuffoso, scarsamente efficace in termini di informazione - che poi, voleva informare davvero qualcuno di qualcosa, o voleva semmai fare il solito polverone? La sostanza potrebbe pure, in parte, essere interessante, ma la forma rivela il solito chiacchiericcio un po' superficiale. Quelli come me, abituati ad informarsi attraverso canali forse underground, non trovano elementi di informazione, di conoscenza, di confronto e di dibattito in questo articolo; questo articolo non parla a me, non mi serve. E allora: che compro a fare L'espresso? Due giorni fa pure Franco Ziliani rilevava la discutibile qualità dell'articolo; ma il triste paradosso è che, ancora, la stampa sembra aver rinunciato a dare informazioni chiare, circoscritte, in favore di un sensazionalismo finalizzato solo, probabilmente, a vendere qualche copia in più; ora, chiedo: per cosa pago il prezzo della copertina? Soprattutto (e qui mi ripeto) perché devo usare la Rete per ottenere, davvero, informazione? E, infine: quanto manca, prima che io smetta di comprare L'espresso?

venerdì, novembre 21, 2008

Aperitivo del sabato, anyone?


Come anticipato su Facebook (e se non hai feissbucc, malissimo, ma ora rimediamo) ho un nuovo produttore di Cinqueterre da assaggiare. E' arrivata or ora la pre-release-beta-campionatura, e mi accingerò a valutarlo domani, sabato. Se passi (tu, e pure amici) in enoteca domani, puoi testarlo con me: durante la mattinata sarà disponibile l'aperitivo "in prova", ovviamente gratis. Accorri, manco a dirlo, numeroso.

martedì, novembre 18, 2008

Almeno una segnalazione


Almeno una segnalazione, dopo la gita domenicale a Critical Wine (post quassotto). Tràttasi di segnalazione quasi local e quasi a km. zero, per coerenza: Valle Ponci ha presentato il Pigato ed il Vermentino 2007 in forma notevolissima, due assaggi memorabili; profumi nitidi, assai puliti (e considerando la vinificazione-sulle-bucce, è una notizia) col rinfrancante sentore salmastro-mediterraneo dei bianchi della riviera. Ma l'elemento quintessenziale di questo produttore bio è la sorprendente capacità di affinamento che i loro bianchi dimostrano: era disponibile l'assaggio del Pigato 2004, con spettacolare naso quasi idrocarburico, e tenuta senza compromessi. Produzioni omeopatiche, per una superficie vitata inferiore ai due ettari - che, tra l'altro, non dispone di rete vendita per la mia città e per il levante: quindi segnalazione multipla, se possibile, pure per qualche rappr che desideri inserire a listino un produttore non banale.
Società Agricola Valleponci (pure ristorante, e bed&breakfast)
Valle Ponci, 22 - Finale Ligure (SV)
329/3154169
[Peccato che il blog di Valle Ponci sia defunto nel 2007, ma che, stai a guardare al capello...]

venerdì, novembre 14, 2008

Critical (again)


Riponi la pashmina e tira fuori la kefiah, è nuovamente tempo di Critical Wine a Genova. Io farò un giro nel pomeriggio di domenica. Per quanti si chiedono che genere di umanità si incontri in questa rassegna, viene in soccorso il video qua sotto; la prima produttrice intervistata è la mia fornitrice di Dogliani di riferimento. Ammirate, per il resto, il tranche-de-vie di vera cultura contadina; con buona pace del mai-abbastanza-citato fighettodromo reperibile altrove.
Spero non serva precisarlo, ma il mondo Critical-qualchecosa ha la mia stima.

mercoledì, novembre 12, 2008

La dura vita dell'enosnobbone


Via Alder, stamattina, l'elenco dei vini più bevuti dal consumatore medio americano. Nella lista, come si vede, il terzo classificato è un italiano; il Pinot Grigio di Cavit.
E' dura la vita dell'enosnob; il mondo ovviamente non si nutre di esosi brunelloni ma di abbordabili prodotti quotidiani. Questi, per dire, sono la colonna portante del fatturato di molte aziende; probabilmente, sono pure la fonte finanziaria che consente loro qualche excursus lassù, dove si respira l'aria rarefatta delle altissime vette enoiche.
Giorni fa, intervenendo nella trasmissione radiofonica di Davide Paolini, il vostro bloggarolo del cuore si è lanciato in una difesa delle sorti del vino novello - anzi, a questo proposito, ecco il podcast, siccome qui si indulge nell'autocitazione autoreferenziale iperombelicale.
Dovendo dire bene del novello, alla fine ho fatto rilevare un elemento assolutamente a-enoico, ma quasi totalmente finanziario; saranno i tempi cupi, ma io osservo che qualunque wine expert, pur aborrendo l'incompiuto novello, oggi deve riconoscere la capacità di questo vino di generare cash; per le aziende il novello rappresenta un fattore di veloce guadagno e quindi, piaccia o non piaccia, bisogna parlarne bene. E' appunto la dura vita dell'eno-evoluto, che coltiva la poesia ma adopera la prosa, che sogna ad occhi aperti ma poi si scontra con la dura realtà; è la solita metafora trasferibile dall'enomondo a molti altri mondi possibili.

martedì, novembre 11, 2008

Come a Paperopoli

Mediobanca dice che "il vino di qualità è un bene rifugio, in tempo di crisi". Tuttavia, provate a mostrare la vostra collezione di Yquem al vostro direttore di banca: per concedervi il mutuo preferirà, comunque, una ricca pila di titoli di stato. Inutile illudersi.
Semmai, è interessante annotare che, come fosse Paperopoli, il nome dell'economista enofilo e' Gabriele Barbaresco.

La ritrovata utilità di feissbucc


Circa Facebook, devo riconoscerlo: agli inizi sono stato troppo severo. Lo sto usando sempre di più, ed indubbiamente mostra notevoli elementi di utilità. Come da capture.

mercoledì, novembre 05, 2008

The color orange


A proposito di crollo delle certezze: Alder mette giù una rece superpositiva per l'Ageno; vino controverso che molti ricordano come un simpatico puzzone aranciato; e combinazione, cosa è piaciuto, tra l'altro? "Orange wines aren't easy to come by, but to my mind they represent some of the most exciting wines being made on the planet".
Ci ritiriamo nelle nostre stanze a meditare pensosi sui nostri errori.

lunedì, novembre 03, 2008

Contrordine, il novello piace

Fresco di lettura su Kela, circa l'ormai indifendibile novello, inciampo nella roboante Reuters: "Vino Novello: ripresa made in Italy, ora piace anche a esperti". E che diamine, mai una certezza a questo mondo. Noi simpatici soloni tromboni enosnobboni faremmo meglio ad abbassare lo sguardo, visto che "gli appassionati che finora tendevano a snobbarlo iniziano a ricredersi: per il 38% degli amanti del buon bere acquistare e degustare una bottiglia di novello è diventata una consuetudine dell'autunno". Vabbè, ci tocca dire che ci eravamo sbagliati.
Se poi uno volesse avere chiaro, davvero, cosa sia endorsabile in quanto novello, tenga presente che, come qualcuno opportunamente disse da qualche parte, il novello italiano può essere prodotto da uve solo parzialmente sottoposte a macerazione; questo non implica che è ammissibile l'aggiunta di vini di precedente annata, ma differenzia sostanzialmente il novello italiano dal nouveau francese. La parola magica è macerazione carbonica al 100%, ovvero vino prodotto col sistema di macerazione preventiva delle uve, tutte, dell'ultima annata. Cosa che accade raramente, e che quasi tutti si dimenticano di precisare.