E' estate, le ferie imminenti sono necessarie, visto che ci si diverte pure cosi'.
(Via Gustoblog)
Questo è un blog enoico. Il vino è un alimento totalmente diverso da qualsiasi altro: evolve, ha carattere ed è imprevedibile (come l'umanità, insomma). Per questo è interessante. E non è industriale.
mercoledì, luglio 27, 2005
giovedì, luglio 21, 2005
Le parole sono importanti.
Il Mio Vino mi arriva gratis in enoteca. Quindi, in via di principio, devo essere grato a questi signori che mi regalano qualcosa che altri pagano. Tuttavia mi e' capitato, e mi capita, di parlarne molto male; ci starebbe pure che l'editore dicesse "ma senta, lei e il suo stupido blog, ci riprendiamo la rivista, e se la vuole rivedere se la compra in edicola come tutti gli altri". Ne avrebbe titolo, e non c'e' altro da aggiungere.
Fatta questa premessa riequilibratrice del karma, parliamo male de Il Mio Vino.
E' vero, noi assaggiatori abbiamo un linguaggio orribilmente colorito, e tendiamo ad esagerare nella prosa descrittiva. Il Mio vino spara sulla Croce Rossa e nella sua rubrica "Il piu' bel fior ne colse" non perde occasione di sghignazzare dell'oratoria enoica. Cosi' (per esempio) trova risibile il modo in cui Tigulliovino.it parla di un Lugana: "Il colore è un biondo brillante con sfumature verdine, e il profumo elegante e fresco di pesca, mandorla, fiori di campo, madresilva torna in bocca con accenti più fruttati e bella sapidità, che si accompagna ad una gradevolezza persistente grazie ad un corpo leggero ma non evanescente..."
Ecco, madresilva non me lo doveva dire. E che e' la madresilva? Magari, se uno usasse Google, troverebbe che l'etimo e' errato (errore di battitura?), e si parlava di madreselva; il Paravia rimanda a caprifoglio. Vabbe', capisco, tutta 'sta ricerca e' un lavoraccio.
Vediamo invece come Il Mio Vino intende la corretta descrizione.
Pagina a caso, 61: si parla del Sangiovese di Toscana di Cecchi (per inciso, in copertina Il Mio Vino si annuncia "alla scoperta di grandi vini sconosciuti"; Sangiovese Cecchi, vabbe') ed ecco come lo descrive: "colore intenso e sapore delicatamente fruttato". Fine.
Ora, scusatemi, ma "colore intenso e sapore delicatamente fruttato" descrive alternativamente la CocaCola, il Tavernello e circa il settanta per cento dei vini commercializzati sul pianeta.
Sarebbe meglio dare un buon esempio di scrittura enoica. Ecco la folgorante descrizione di Vinography a proposito del Nero d'Avola: "wines that are capable of calling one back to an earlier time and atmosphere, filtered with afternoon sunlight and redolent with the smells of fresh coffee, dirt from the fields, and someone's mother's cooking from down the cobblestone streets".
Traduco liberamente: "vini capaci di riportarti indietro ad atmosfere antiche, filtrate nella luce solare del pomeriggio, nei profumi di caffe' fresco e terra dei campi, con l'odore di cucina che sale da strade lastricate".
Bello, eh? Si, certo, si poteva comunque dire "colore intenso e sapore delicatamente fruttato".
Se ti accontenti.
Fatta questa premessa riequilibratrice del karma, parliamo male de Il Mio Vino.
E' vero, noi assaggiatori abbiamo un linguaggio orribilmente colorito, e tendiamo ad esagerare nella prosa descrittiva. Il Mio vino spara sulla Croce Rossa e nella sua rubrica "Il piu' bel fior ne colse" non perde occasione di sghignazzare dell'oratoria enoica. Cosi' (per esempio) trova risibile il modo in cui Tigulliovino.it parla di un Lugana: "Il colore è un biondo brillante con sfumature verdine, e il profumo elegante e fresco di pesca, mandorla, fiori di campo, madresilva torna in bocca con accenti più fruttati e bella sapidità, che si accompagna ad una gradevolezza persistente grazie ad un corpo leggero ma non evanescente..."
Ecco, madresilva non me lo doveva dire. E che e' la madresilva? Magari, se uno usasse Google, troverebbe che l'etimo e' errato (errore di battitura?), e si parlava di madreselva; il Paravia rimanda a caprifoglio. Vabbe', capisco, tutta 'sta ricerca e' un lavoraccio.
Vediamo invece come Il Mio Vino intende la corretta descrizione.
Pagina a caso, 61: si parla del Sangiovese di Toscana di Cecchi (per inciso, in copertina Il Mio Vino si annuncia "alla scoperta di grandi vini sconosciuti"; Sangiovese Cecchi, vabbe') ed ecco come lo descrive: "colore intenso e sapore delicatamente fruttato". Fine.
Ora, scusatemi, ma "colore intenso e sapore delicatamente fruttato" descrive alternativamente la CocaCola, il Tavernello e circa il settanta per cento dei vini commercializzati sul pianeta.
Sarebbe meglio dare un buon esempio di scrittura enoica. Ecco la folgorante descrizione di Vinography a proposito del Nero d'Avola: "wines that are capable of calling one back to an earlier time and atmosphere, filtered with afternoon sunlight and redolent with the smells of fresh coffee, dirt from the fields, and someone's mother's cooking from down the cobblestone streets".
Traduco liberamente: "vini capaci di riportarti indietro ad atmosfere antiche, filtrate nella luce solare del pomeriggio, nei profumi di caffe' fresco e terra dei campi, con l'odore di cucina che sale da strade lastricate".
Bello, eh? Si, certo, si poteva comunque dire "colore intenso e sapore delicatamente fruttato".
Se ti accontenti.
sabato, luglio 16, 2005
What is your favorite wine?
Justcurio.us e' il mio passatempo del giorno.
Volevo inserire la domanda "quale e' il vostro vino preferito", ma qualcun altro ha gia' avuto l'idea. Indovinate chi ha risposto "Barolo from Josetta Saffirio", pero'.
Volevo inserire la domanda "quale e' il vostro vino preferito", ma qualcun altro ha gia' avuto l'idea. Indovinate chi ha risposto "Barolo from Josetta Saffirio", pero'.
giovedì, luglio 14, 2005
Digital divide.
Il termine digital divide (si pronuncia divàid) indica la differente penetrazione sociale della cultura digitale, a seconda delle aree geografiche. E' quella cosa per la quale, facendo un esempio che circolava un po' di tempo fa, nell'isola di Manhattan ci sono piu' connessioni ad Internet che nell'intera Africa.
Se vogliamo divertirci ad allargare il concetto al campo enoico, tra noi (Italia) e loro (Stati Uniti d'America) le differenze passano pure attraverso cose come le copertine di WineX. Date un'occhiata all'immagine qua a fianco: non sono copertine di Rolling Stone, e' una rivista che parla di vino.
Piccolo inciso, non sono il primo a rilevare la forza comunicativa alquanto innovativa (trasgressiva?) di WineX. Per esempio, meglio di me Fermentations in questo post.
In Italia, a mio avviso, esiste solo una rivista che comunica bene alle masse, ed e' il Gambero Rosso. Dietro al Gambero, poche cose. Porthos e' l'unica che leggo avidamente, pure se e' fatalmente indirizzata ad un pubblico gia' competente di suo; non e' entry level e non lo vuole essere, direi. Poi, notti e nebbie: cose come Civilta' del Bere, e poi giu' giu' a Il Mio Vino, sono quasi imbarazzanti.
Sicuramente dimentico qualcuno, Slow e pochi altri, pero'.
In America pare non sia cosi', se dietro ai giganti tipo Wine Spectator (evito di citarli tutti) stanno cose che riescono a parlare di vino in termini meno paludati, rivolgendosi a consumatori giovani, eccetera.
Ora, sto parlando di sensazioni, ma dal panorama che si vede mi pare che anche qui esistano delle forme di divisione, non digitale stavolta, ma enoica, difficilmente colmabili. Probabilmente gioca a nostro sfavore la differente massa di utenti potenziali, pochi da noi e sterminati da loro; certo e' che pubblicazioni come WineX da noi sono di la' da venire.
Se vogliamo divertirci ad allargare il concetto al campo enoico, tra noi (Italia) e loro (Stati Uniti d'America) le differenze passano pure attraverso cose come le copertine di WineX. Date un'occhiata all'immagine qua a fianco: non sono copertine di Rolling Stone, e' una rivista che parla di vino.
Piccolo inciso, non sono il primo a rilevare la forza comunicativa alquanto innovativa (trasgressiva?) di WineX. Per esempio, meglio di me Fermentations in questo post.
In Italia, a mio avviso, esiste solo una rivista che comunica bene alle masse, ed e' il Gambero Rosso. Dietro al Gambero, poche cose. Porthos e' l'unica che leggo avidamente, pure se e' fatalmente indirizzata ad un pubblico gia' competente di suo; non e' entry level e non lo vuole essere, direi. Poi, notti e nebbie: cose come Civilta' del Bere, e poi giu' giu' a Il Mio Vino, sono quasi imbarazzanti.
Sicuramente dimentico qualcuno, Slow e pochi altri, pero'.
In America pare non sia cosi', se dietro ai giganti tipo Wine Spectator (evito di citarli tutti) stanno cose che riescono a parlare di vino in termini meno paludati, rivolgendosi a consumatori giovani, eccetera.
Ora, sto parlando di sensazioni, ma dal panorama che si vede mi pare che anche qui esistano delle forme di divisione, non digitale stavolta, ma enoica, difficilmente colmabili. Probabilmente gioca a nostro sfavore la differente massa di utenti potenziali, pochi da noi e sterminati da loro; certo e' che pubblicazioni come WineX da noi sono di la' da venire.
lunedì, luglio 11, 2005
Devianze.
Ci sono sei canali televisivi inguardabili, i tre Rai, e i tre Mediaset. Poi ci sono canali, o parti di questi (cioe', trasmissioni) miracolosamente ben fatti, siccome presumibilmente minoritari o invisibili. Tra questi, io stasera mi sono goduto Absolutely 90's su Mtv. Andy, ex Bluevertigo, e' un deejay perfetto, in dieci secondi mixa "My name is" (Eminem) con "Would you go to bed with me?" e infine con "Hey boy hey girl" (Chemical Brothers); tutto in un mix brevissimo, non piu' di quindici secondi.
Consideraziono devianti: l'arte e' cosi': come uno chef, che mescola pochi ingredienti perfetti, in una preparazione leggera in un piatto poco abbondante, giusto un assaggio, affinche' appena finito ti resti quel po' di voglia residua che fa risaltare la classe dell'esecutore. Poco e' buono e pure bene.
Consideraziono devianti: l'arte e' cosi': come uno chef, che mescola pochi ingredienti perfetti, in una preparazione leggera in un piatto poco abbondante, giusto un assaggio, affinche' appena finito ti resti quel po' di voglia residua che fa risaltare la classe dell'esecutore. Poco e' buono e pure bene.
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