lunedì, luglio 31, 2006

Farsi del male (con orgoglio, e pure con creativita')

Pronti per le vacanze, si? Qui siamo gia' vacanzieri, nemmeno a dirlo, agosto e' il mese della latitanza.
Comunque, il blog non va del tutto in ferie, complice la tecnologia gprs, il bluetooth, e molte altre diavolerie geek; poi, non e' che manchi la materia su cui bloggare.

Eccone una, via Manteblog. Probabilmente vi ricordate delle annose vicende relative al portale (turistico) Italia.it. Circa 40 milioni di euri che avrebbe pagato il passato governo, grazie al ministro Stanca, ex Ibm -- euri destinati a (indovina un po') Ibm, per un sito che e' tutt'ora under construction.

Ma tranqui, in mancanza del portale turistico possiamo contare su una nuova originale iniziativa governativa: Turistiprotagonisti.it. Funziona cosi': gli italiani che vanno in vacanza all'estero, una volta tornati, dovrebbero mandare un mail al neonato portalino allo scopo di dirci comemai hanno scelto una meta turistica straniera, e magnificarcene le qualita': "raccontateci le vostre vacanze all’estero per migliorare le vacanze di tutti in Italia" recita il siterello.
Insomma, riassumendo: il governo italiano finanzia un sito per dare voce ai turisti italiani che preferiscono mete straniere, affinche' questi giustifichino, motivatamente, la loro scelta; e questo, nelle intenzioni, dovra' migliorare il turismo italiano.
Nessuno nota qualche lieve contraddizione?

mercoledì, luglio 26, 2006

Epifania di uno scuotitor di vini


Pausa pranzo, ore tredici e trenta; tavolo all'aperto nella via del passeggio, all'ombra a cercare un po' di fresco; piccoli piaceri della vita, bere Chablis nel tuo bicchierone da enosnob accompagnando una piadina, degno lunch da winebar modaiolo. Mi godo il bianco (inevitabilmente) minerale e osservo la varia umanita' che transita.
Il patron mi porta al tavolo un bicchiere di rose': "dimmi che te ne pare..". Ma certo, una consulenza, e' un piacere soloneggiare, figurati poi se ti chiedono per favore di farlo.

Mi rigiro il rose' nel bicchiere, trattenendo la base del calice tra il pollice e l'indice, very profèescional; sono movimenti che ogni assaggiatore compie senza pensare, automatici; giro, rigiro, giro ancora, tuffo il naso, olfazione, rotazione, altra olfazione; comincio a farmi un'idea del rose'. Pausa, poi di nuovo olfazione, rotazione, vista, naso, altra rotazione, potrei andare avanti cosi' per un'ora; d'altra parte ti chiedono gentilmente un expertise, il minimo che fai e' impegnarti.

A questo punto, noto qualcosa di strano. I passanti che, data la loro essenza, passano, mi osservano tutti con aria incuriosita. Alcuni insistenti, alcuni sorpresi, tutti che passano e mi fissano; ci metto un po' a notarlo, oh, ma che avete da guardare? Mi aggiusto la maglietta, mi rigiro, niente, quelli passano e mi fissano con aria severa.
Quando capisco cosa non va, ormai e' tardi: sono l'iconografia dell'esecrato scuotitor di vini.

martedì, luglio 25, 2006

Parla come mangi

Una delle prime letture della mattina sfortunatamente e' stata irritante. Ringrazio Elisabetta Tosi per la segnalazione, ma quest'articolessa porthosiana sui blog e' cosi' piena di vecchiume, di pseudo contrapposizioni tra stampa e blog, e pure di puzza sotto il naso, che francamente getta nello scoramento. Soprattutto perche' proviene da Porthos, dal quale mi aspetto cose immense e non questi scivoloni. Insomma, alle solite, riequilibriamo il kharma con un antico esercizio: parla come mangi, l'immortale e mai abbastanza rimpianta rubrica di Cuore. (Prima il testo originale poi, in grassetto, la mia traduzione; have fun).

Circa tre mesi fa ho “innestato” i Really Simple Syndication (RSS) sul mio browser: sono in alto a destra, estrema destra, tra i link veloci. Da allora sto diventando parzialmente orbo. Nessuna malattia, ma come strategia difensiva ho cominciato ad osservare il browser offuscando la vista di quell’angolo specifico di monitor. C’è la scritta RSS
Mi tocca leggere un sacco di roba di cui non mi frega niente. Per giunta non capisco una cippa di feed.

Non basta perchè ogni difesa custodisce l’anima di un disagio, un disagio che è evidentemente altrove. La domanda ora è: ci sono veramente così tante cose importanti da comunicare, da dover commentare?
A parte me, chi altro possiede un'anima?

Certo potrei difendermi da questa epidemia grafomaniacale semplicemente ignorandone i frutti e riferendo la mia attenzione a firme “garantite”
Io vi ignoro tutti, brutti grafomani.

Mi mette in crisi, non lo posso negare.
Sono in crisi (oh cribbio, l'ho detto!)

Si scrive troppo e spesso lo si fa per motivi troppi lontani dalla voglia di comunicare. La ricchezza di possibilità che il mezzo internet offre, permette a chiunque di occuparsi di qualsiasi cosa: bello, molto bello. Legittimo e condivisibile fino a quando chi scrive è un libero pensatore; tendenzialmente irresponsabile quando chi lo fa si presenta come un professionista che vuol essere un riferimento per i lettori perché La comunicazione, prima superstizione del nostro tempo, ci viene proposta come la risorsa capace di regolare tutto – in particolare i conflitti in seno alla famiglia, alla scuola, all’impresa e allo stato. Le viene assegnato il ruolo di grande pacificatrice. Si incomincia però a sospettare che la sua stessa sovrabbondanza provochi una nuova forma di alienazione, e che i suoi eccessi imprigionino le menti anziché liberarle. (Ignacio Ramonet, La seconda rivoluzione da Il Mondo che non vogliamo, 2002)
Io ho letto un sacco di libri e voi no; chi vi credete di essere? Irresponsabili.

Qualsiasi forma scelta per proporre il proprio pensiero dovrebbe contemplare quindi implicitamente una forte responsabilità nella scelta dei modi e delle forme e una rigorosa disciplina etica nella selezione degli argomenti, per evitare di sfinire la funzione sociale della comunicazione stessa. Per operare una corretta e distaccata analisi dei contenuti e del loro ruolo, non si può quindi prescindere dall’indagine delle motivazioni che sono all’origine dell’atto stesso dello scrivere.
Voi scrivete a vanvera, io no. Vi vedo, sapete?

I blog, in modo particolare, stanno svelando nell’uso compulsivo che molti ne fanno, la loro reale ragione di essere. Spesso originati da più o meno condivisibili interessi economici, necessitano di un’asfissiante e costante presenza di nuove micro informazioni che sembrano ripetere al lettore “ricordati che esisto ed esiste chi mi paga… quindi leggimi e butta un occhio allo sponsor”. Molto più spesso però si manifestano come forma di alienazione e coatta risposta telematica alla solitudine. In alcuni casi contano anche più di dieci nuovi “pensierini” al giorno ed è facile immaginare che i rispettivi autori compiano ogni gesto della propria vita quotidiana con l’ossessione di renderlo degno di essere raccontato e con la presunzione di giudicarlo sempre e comunque tale: un urlo di disperazione.
Siete dei disperati onanisti. E smettetela di urlare.

Il mondo dell’editoria grande e piccola, di settore e generalista soffre e raramente riesce a far altro dall’inseguire in maniera scomposta l'apparente successo di queste nuove forme di comunicazione. In alcuni casi assorbe i “punti di aggregazione telematica” di maggiore tendenza snaturandone di fatto la natura originaria, altre volte ne crea di nuovi mortificando i propri redattori costretti a produrre come vacche da latte.
Oddio, non sarete mica voi il futuro? Noo!

...nella stragrande maggioranza dei casi, un giornale online non ha né redazione né capo redattori e le “obsolete” pratiche del confronto, delle correzioni di bozze e simili perdite di tempo non sono state mai neanche prese in considerazione. E' come se si partisse dal presupposto che c’è sempre tempo per scremare, per correggersi, per decidere a cosa dare ancora spazio, perché tanto si può sempre rispondere alle obiezioni nel forum appositamente dedicato alla notizia in questione, rilanciarla nel blog... Una proliferazione di inutili sovrapposizioni, ripetizioni che si sta lentamente trasformando in un ormai irrinunciabile mezzo di mediazione; un grande pacificatore, che permette di poter trovare, aggiustamento dopo aggiustamento, comunque un'accordo tra tutti su tutto... la costruzione del pensiero unico
Noi almeno correggiamo le bozze (ma scriviamo un accordo con l'apostrofo, pazienza) -- voi siete troppi, ma costruite il pensiero unico [Ndt: ??]

Questo è il devastante scenario dell’editoria on-line in cui gli autori/editori hanno persino il coraggio di lamentare uno scarso interesse da parte degli inserzionisti, che ben si guardano dall’investire in questo settore. Ma perché dovrebbero se la qualità offerta è così poco controllata e garantita?
Chi scrive in rete ci devasta la raccolta pubblicitaria. Per giunta, non siete DOCG come me, non lamentatevi.

P.S.: in queste ultime ore i miei RSS sono cresciuti di 15 unità. Le nuove notizie le ho messe assieme alle altre…
P.S.: continuo a fregarmene di voi, tse'.

lunedì, luglio 24, 2006

Cerchi concentrici, piramidi, ed altre geometrie

Una prefazione (alle solite)
Quando frequentavo i sinistri ambienti di Lotta Comunista, mi capitava di rimanere sorpreso dalla eterogenea umanita' che componeva quella community; piu' precisamente, non capivo che ci facevano, in un gruppo che mormorava borborigmi rivoluzionari, gente che apparteneva agli ultras della curva sud, e non andava al di la' di slogan da stadio; un militante mi spiego', allora, che la cosa andava capìta secondo la teoria dei cerchi concentrici: al centro ci stavano i militanti acculturati, e ai margini, progressivamente, le masse incolte; era comunque utile associare elementi apparentemente estranei, nella prospettiva di illuminarli, ed avvicinarli al centro.
Spesso mi càpita di riapplicare questa teoria al giulivo mondo degli enofili, che non mi sembra sfuggire a questa schematizzazione, per quanto attiene la conoscenza ed il linguaggio utilizzato. Qui, qui, ma pure qui il dibattito sul linguaggio del vino (cioe' sulle parole che usiamo per comunicare la nostra passione) ha attraversato diversi blog del settore, e pure io proverei a dare un contributo.

Cerchi, non piramidi
La massa degli enofili, enosnob, enocuriosi, andrebbe considerata per cerchi concentrici, dove al centro stanno gli ipercompetenti e a volte insopportabili soloni che aprono bottiglie spaventose, hanno la lingua asfaltatissima, e una conoscenza enciclopedica; sono utenti assolutamente degni di stima, rispetto ed ammirazione, ma sono pochi. A mano a mano che il cerchio si allarga, ci si allontana dal centro: le periferie sono piu' popolate, e l'atmosfera si fa fortunatamente piu' rilassata; tuttavia si beve pure peggio, piu' acriticamente, si esibisce meno conoscenza. Alcuni abitanti dei cerchi periferici puntano decisamente al centro, altri si sperdono e si lasciano portare via per sempre attratti da altre sirene. Ora, se io fossi un editore, poniamo, se io fossi l'editore del Gambero Rosso (dovendo fantasticare, tantovale farlo in grande) non mi curerei troppo dei pochi, incontentabili enosnob del centro, e punterei alle masse bisognose di essere illuminate. E' un ragionamento essenzialmente commerciale, dato che ha senso indirizzare un prodotto ad un target quantitativamente non esiguo.
Se poi fossi un giornalista, poniamo un giornalista del Gambero Rosso (come sopra) cercherei di non farmi venire lo spleen da "oddio, che e' successo, qui tutti scrivono di vino" -- cercherei di non vedere l'enomondo come una piramide, dove in cima stanno quelli che "io ho comiciato nel '71, quando nessuno conosceva la parola tannino", e sotto ci stanno i barbari, che ogni due parole dicono mineralita'. Come dicevo, cerchi, non piramidi.

Buon divertimento
Quanto ai nuovi arrivati nel nostro allegro consesso, perplessi nel leggere il giornalista Tizio che demolisce il vino trebicchierato dall'editore Caio, vorrei dire: tranquilli, questo e' parte del divertimento; esistono molti conventi, scuole di pensiero, idee ed ideologie; se il trebicchierato e' un merlottone barricone modernista ed il giornalista critico e' un tradizionalista, cosa vi aspettate che dica? Ci sta pure che lo affossi; ma, appunto, il dibattito e' parte del divertimento. Non fatevi atterrire, e soprattutto, non esagerate a prendere tutto troppo sul serio (slogan mai abbastanza abusato, ma pazienza). Il dibattito e' aperto per tutti, sia tra gli utenti, che tra gli addetti all'informazione, in una contraddanza dove tutti dibattono con tutti e, di sicuro, non ci si annoia. La buona notizia e': pure tu puoi partecipare. La cosa e' meno caotica di quel che sembra, e non e' un invito alla chiacchiera in liberta': l'enofilo che abbia completato uno qualsiasi dei tanti corsi sul vino che si trovano in giro, ma pure l'autodidatta, che per cerchi concentrici si avvicina dalle periferie al centro, ha titolo per partecipare: buon divertimento.

venerdì, luglio 21, 2006

90% fake wine (complimenti!)


Smettiamola di lamentarci dell'aglianico gabellato per Chianti, c'e' chi sta peggio. Dice la Fao: il 90% del vino prodotto in Georgia e' fasullo, ottenuto da "alcoholic cocktails mixing spirits, colourings and flavours to wines". Non e' la prima volta che scrivo di vini georgiani, ma stavolta l'han fatta grossa, mi sa. Come dice Tom Wark, sarebbe interessante assaggiare questa roba, giusto per farsi un'idea di quanto siano bravi i loro alchimisti.

Proviamo coi fumetti

Sembra che la Proloco di Solopaca abbia sentito il lamento che si leva qui, sul blog di Stefano Bonilli ("parlare di vino è diventato sempre più difficile se si è consumatori normali") e cosi' ci provano coi fumetti: "Enocomix prevede la realizzazione di un fumetto ispirato al vino". Hai visto mai che questo linguaggio sia meno lunare?

martedì, luglio 18, 2006

Giocare al dottore


"Il ministro gioca al dottore" annuncia sarcastico il Giornale, a commento dell'infelice uscita del nostro ministro per le Politiche Sociali, Paolo Ferrero.
Tipica situazione in cui si parte da un argomento condivisibile per scivolare in una specie di autogol: essendo io antiproibizionista, sono d'accordo su quanto afferma il ministro, cioe' che "il consumo di droghe leggere andrebbe depenalizzato". Spiace vedere che si sia usato un paragone facilmente attaccabile: "uno spinello fa meno male di mezzo litro di vino" -- aggiungerei, modestamente, che fa pure meno male di due chili di peperonata e di sei litri d'acqua.
Spiace, nel dettaglio, che sfugga il fatto che il commercio degli stupefacenti e' in mano alla criminalita' organizzata, mentre il vino (o l'acqua, o la peperonata) ancora no. Ci sta pure che l'ambito enoico si risenta, per l'apparentamento.
[Notizia letta stamattina sul blog di Paolo Massobrio]

domenica, luglio 16, 2006

L'unico enotecaro buono

Oggi leggo sul Secolo XIX, foglio locale, la notiziola che riguarda l'enoteca Susto, nel centro storico della mia citta': il Comune (o l'Unesco, non ho letto bene) l'ha dichiarata negozio storico, o patrimonio dell'umanita', una cosa cosi'.
E' una buona notizia, siccome la vecchia Susto e' un'icona tra le bottiglierie di Genova; ed ora che e' veramente storica, finalmente ottiene il riconoscimento meritato.
Peccato che il Secolo, nel pezzullo che annuncia il prodigio, riesce a sbagliare per due volte il nome dell'enoteca: nel titolo, e nel pezzo, l'enoteca diventa Sisto.
Leggo, e mi stropiccio gli occhi: ma com'e' possibile? Pure i sassi conoscono l'enoteca Susto di Vico Casana; tutti la conoscono, tranne il giornalista che ne deve scrivere, in occasione di questo tardivo riconoscimento. Questo non sembra nemmeno piu' un premio, sembra uno sgangerato necrologio; l'unico enotecaro buono, e' un enotecaro morto.

giovedì, luglio 13, 2006

Sicuramente pure voi

Sicuramente pure voi ricevete (al lavoro, argh!) quelle noiosissime unsolicited call dell'operatore telefonico di turno, che vi propone incomprensibili, ma risparmiosissimi, nuovi piani tariffari scritti in sanscrito. Quella che segue non e' una reazione consigliabile, d'accordo. Ma qualchevolta l'ho sognata.



[Fine della deriva OT, scusate, si torna alle cose serie]

Questione di tempo


Probabilmente e' solo una questione di tempo, prima che la scienza entri (ancora piu' pesantemente) nelle dinamiche biologiche del fare il vino. Questa notizia e' alquanto interessante: "Ridurre di un terzo il tempo di fermentazione necessario alla produzione del vino e apportare una vera rivoluzione nel campo dell’industria vinicola. E’ quanto potrebbe attuarsi a breve in base ai risultati che stanno emergendo dalle ricerche condotte da Carlo Bruschi sui meccanismi di controllo dei processi replicativi dei lieviti".

Non essendo un biologo, posso solo immaginare che l'aspetto legato ai tempi di fermentazione sia solo una delle molte (infinite?) variabili che si aprono, quando si decide di intervenire in questo meccanismo delicato (la fermentazione) con gli strumenti della bioingegneria. Come al solito, non guardo a questi fenomeni con atteggiamento oscurantista; considero, semmai, che un certo tipo di progresso inarrestabile contribuisce a rendere altrettanto inarrestabile il divenire del gusto. Tuttavia, confido pure che l'uso della scienza non si riveli un abuso, e non si vada verso il vino-Frankenstein.

mercoledì, luglio 12, 2006

Truciolopoli, tanto per cambiare

Notizia Agi letta oggi: "Il Consiglio provinciale di Asti ha approvato, all'unanimita', un ordine del giorno proposto dalla Giunta, relativo all'impiego dei trucioli di legno nella produzione del vino. Con il documento l'assemblea provinciale ha espresso la netta contrarieta' all'utilizzazione dei frammenti di legno di quercia nell'elaborazione dei vini a denominazione d'origine controllata e controllata e garantita astigiani, la cui produzione e' fortemente legata al territorio e alla tradizione".

Un paio di commenti a margine, per la gioia di chi non si annoia ancora, sui trucioli.

1. Come sarebbe a dire, "nell'elaborazione dei vini a denominazione d'origine controllata e controllata e garantita"?? Scusate, ma io davo per scontato che i perfidi trucioli non entravano nelle DOCG prestigiose. A parte l'aspetto semicomico derivante dal fatto che la maggiore DOCG astigiana che viene in mente e' l'Asti Spumante, per il quale il legno non serve, viene da chiedersi che senso abbia questa strana proibizione circoscritta; in sostanza, per i vinacci da tavola si usi pure il truciolo; che, guardacaso, serve proprio a quelli, affinche' riescano meglio a scimmiottare le prestigiose DOC, e DOCG.

2. Ancora a parlare di territorio? Siamo alle solite: si invoca il territorio, poi non si introducono i pochi, semplici principi per i quali si salverebbe comodamente capra e cavoli, cioe' l'esigenza dell'industria a produrre vino chippato, e le aspettative degli artigiani qualitativi, a veder riconosciuto il loro livello superiore: cioe' a dire, segnalare in etichetta l'uso, o meno, di chip infusi nel vino.

martedì, luglio 11, 2006

In morte di Syd Barrett


Syd Barrett, 1946-2006

Un estratto, dal sito Adn Kronos.

"Nel 1975 i Pink Floyd dedicarono a Barrett lo storico album 'Wish You Were Here', dove ricordavano il loro compagno di band che aveva lasciato nei loro animi un vuoto mai colmato. Durante il periodo di produzione di Wish You Were Here, per l'esattezza nella fase di presentazione dell'album ad amici e parenti, negli storici studi di Abbey Road, si presentò uno strano personaggio, completamente calvo, grasso, e con le sopracciglia rasate, con in mano una busta della spesa, che si aggirava tra i presenti completamente allibiti.
Il primo a riconoscere Syd Barrett in quella figura ormai deturpata dagli abusi della gioventù fu proprio il suo più caro amico tra i componenti dei Floyd, nonché l'elemento che di Barrett aveva preso il posto, ossia Dave Gilmour. Dopo aver ascoltato i brani, Barrett disse sorridente: ''Mi sembra un po' datato, che ne dite?''. E uscì così, come era arrivato, lasciando Gilmour e compagni inebetiti e con le lacrime agli occhi".

lunedì, luglio 10, 2006

Pianeta Terra d.o.c.


Letture da ombrellone: Oliviero Toscani dice che per il vino andrebbe introdotta una Doc Toscana, perche' il brand conferisce forza commerciale al prodotto (la Toscana e' pure un brand, quindi). Sfortunatamente non trovo, online, alcun riferimento alla notiziola, quindi vi tocca crederci; comunque, della D.O.C. "Toscana" se ne parla da tempo, basta vedere quel che scrive, qui, Acquabuona.
Questo e' un classico caso di sdoppiamento della personalita' enoica. Da un lato tutti parlano di territorio, sottozone, cru, poi dall'altro qualcuno rileva che certe aree eterogenee ma, appunto, identificabili in quanto brand possono essere veicolo commerciale; e tanto basta.
Ma se le cose stanno cosi', pure io avrei qualche proposta.

Introduzione della D.O.C. "Roma"
Insomma, se la Toscana e' immaginificamente un marchio, vuoi mettere Roma? Tutti i vini laziali andrebbero rinominati Roma Doc; vai di lupa allattante e Colosseo in etichetta, altro che Lago Trasimeno.

Introduzione della D.O.C. "Italia"
Tantovale esagerare; con la Doc Italia applicata ad ogni vino nazionale, sfrutteremmo pure l'effetto Campioni-del-Mondo. Italia, Enotria, eccetera eccetera: roba da far venire un travaso di bile a quei parvenu dei californiani.

Introduzione della D.O.C. "Pianeta Terra"
Spero sia noto a tutti che, in luoghi come Area 51, da tempo noi si intrattiene ameni e proficui rapporti con entita' aliene; sarebbe opportuno creare una Doc Pianeta Terra, per qualificarci universalmente rispetto alla produzione di aree certamente meno vocate, tipo Zeta Reticuli.

sabato, luglio 08, 2006

Rituali scaramantici?


Ci si prepara all'evento (a meno che non siate appena tornati dal pianeta Zorg, sapete che evento). Ci si prepara pure con strani rituali cabalistici: questo ristorante, per dire, non servira' ostriche e Champagne, per scaramanzia. Ma non e' che magari funziona il contrario? Cosi' come mangiare il fegato ed il cuore del nemico consentiva, ritualmente, di impossessarsi del suo valore, altrettanto dovrebbe valere per lo Champagne: lo berro' preliminarmente; non so se varra' per il rituale, ma almeno mi diverto.

[Postilla: Totti dice che lo Spumante italiano e' meglio dello Champagne. Probabilmente siamo davvero un paese di sessanta milioni di Commissari Tecnici della nazionale; ma gli esperti di vino non sembrano meno]

martedì, luglio 04, 2006

Guidami tu

Non sono mai stato tenerissimo con Il Mio Vino, il cielo-lo-sa. Tuttavia questa vicenda di Bibenda vs. Il Mio Vino profeèscional, mi intristisce.
Nel caso apparteniate al numero di coloro i quali ne ignorano i contorni (siete rimasti in due o tre, oibo') vi bignamizzo un riassuntino.

Il Mio Vino dice peste e corna di Bibenda. Loro, per tutta risposta, annunciano alle aziende vinicole che non effettueranno recensioni, ne' inserimenti in guida, per quelle aziende che "si avvalgono di messaggi pubblicitari a mezzo testate che [Bibenda] non riconduce a degna professionalità". Cioe', traduco: se fate pubblicita' su Il Mio Vino, dite addio alla guida redatta da Bibenda.
Brutto eh? Oppure bruttissimo, fate voi. Rileggendo pure sul forum del Gambero diversi commenti a margine, mi e' sorta una pensosa elucubrazione.

Che si scrivono a fare le guide -- quelle sui vini, nello specifico? Nella mia mente ingenua io pensavo che chi redige una guida ha essenzialmente un solo scopo, informare il lettore; se fornisce al lettore una serie di dati credibili ed interessanti (magari pure veri) fornisce un prodotto editorialmente appetibile. Pare che le cose non stiano esattamente in questi termini, riguardo alla vicenda; viste le premesse pare che Bibenda scriva la sua guida per fare un favore alle aziende vinicole; se queste si comportano in modo antipatico (tipo finanziano Il Mio Vino, oppure Le Ore, chesso', con la loro pubblicita') scatta il castigo, niente recensioni; se poi l'azienda in questione produce un vino rimarchevole, questo non conta. Con buona pace del lettore, che e' quello che paga la guida (ops).

[Update: Fil ne ha parlato diffusamente, qui]

Dimmi cosa bevi

Di solito funziona cosi': se apri una certa etichetta, magari un po' snob e di lusso, e' pure perche' vuoi identificarti con il mondo che evoca. Accade tipicamente che se apri il Cristal di Roederer e' perche' si capisca che sei uno arrivato; benestante, diciamo. La maison magari e' contenta, ma magari pure no, siccome funziona perversamente pure l'effetto contrario: l'etichetta finisce per identificarsi con la fauna dei suoi bevitori; se il Cristal diviene lo Champagne d'elezione per cupi rapper dal look malavitoso, ecco che la maison Roeder si agita, dice che vabbe', che ci possiamo fare se piace a quella gente li'. Sfortunatamente per Roederer uno di costoro, il rapper Jay-Z, non l'ha presa benissimo, accusando Roederer di razzismo, e decidendo di servire nella sua catena di locali (esistono pure i rapper enotecari) solo Krug e Dom Perignon. Si attendono le reazioni di queste due griffe, adesso.
[link & link]

lunedì, luglio 03, 2006

Derive di un assaggiatore

Di ritorno dalla vacanza, un paio di giorni da amici carissimi. Giusto il tempo di verificare quanto timore incute l'avere a cena un enosnob del mio calibro. Incurante dell'effetto comico, l'amica che ci invita a cena si profonde in scuse per il vino scelto, gia' prima d'averlo aperto, in quanto certamente e pregiudizialmente inadeguato a tanto nobile palato (il mio).
Hai voglia a sdrammatizzare: ma che dici, non e' il caso, va benissmo questo prosecco frizzante: niente, quella e' convinta che, qualunque sia lo sforzo che esibisce, non e' degna di avermi al suo desco. Francamente imbarazzante, ma piu' che altro, buffo.
Mi sento in colpa: cosa ho combinato per essere cosi' deterrente? Sono cosi' trombonesco nei miei giudizi enoici? Per dimezzare la responsabilita', provo mentalmente a redistribuire la colpa sulla categoria. Dove abbiamo sbagliato? Perche' ci temono tanto?