[S'approssima il Vinitaly. Ne avrete sentito parlare, forse, si? Giacche' si moltiplicano i consigli per l'uso, pure io contribuisco; ma i consigli, qui, sono rivolti agli espositori]
Nella fiera per antonomasia dell'enosettore esiste, come in ogni àmbito dello scibile, una stratificazione gerarchica nei visitatori degli stand. Io ho sempre pensato che alla sommita' della piramide ci fosse il buyer, cioe' chi estrae cartamoneta; credo che rivedro' l'assunto, piazzando la figura del giornalista in cima alla categoria; il primo della classe dovrebbe essere (condizionale, non ho certezza) chi si occupa di comunicazione; segue comunque, a ruota, l'utente professionale. Tra gli utenti professionali, a loro volta, le gerarchie si moltiplicano; primo l'importatore/distributore affermato, secondo l'importatore/distributore sedicente; segue il ristoratore stellato, lo sforchettato, il trattore e il mulo da soma; poi arrivano gli enotecari, sempre in rigoroso ordine di censo.
Dice: a che serve conoscere la gerarchia? Benedetta ingenuita': serve a comprendere il migliore, o peggiore, trattamento presso lo stand espositore riservato, di volta in volta, alle torme di visitatori; quindi, come spero sia evidente, tanto maggiori sono le potenzialita' finanziarie evocate dal visitatore, tanto piu' rosso sara' il tappeto steso dall'espositore; ecco perche', in definitiva, al Vinitaly ogni anno tocca assistere a scene deplorevoli, nelle quali i paria della categoria-visitatori vengono umiliati con sguardi truci, vaffa, spernacchi, lancio di pietre ed altri metodi intimidatori. I paria sono i perditempo, quelli che non hanno proprio nulla di professionale, sono semplici appassionati del settore; sono, normalmente, quelli che comprano il vino e, per somma sfiga, magari hanno pure pagato il biglietto d'ingresso al Vinitaly (ma si puo'??). Questi, in visita allo stand magari modaiolo e trebicchierato, vengono squadrati da qualche commerciale, apostrofati con "scusi, lei e' un addetto...?" - ed al diniego che segue, volentieri vengono consegnati al braccio secolare per le meritate fustigazioni.
Ebbene, io qui ora vorrei spendere due paroline in difesa di quella sfortunata categoria, sotto forma di umili consigli ai vari espositori che avessero la bonta' di leggermi.
Siate gentili coi perditempo. Il primo valido motivo forse vi parra' surreale ma, tanto per cominciare, considerate che la virtu' e' premio a se' stessa; ovvero, se intorno a voi diffondete vibrazioni positive, queste vi ritorneranno a favore; e' il kharma, come saprete.
Se questo non sembra abbastanza convincente (ammetto, era un po' metafisico) tenete presente pure un altro aspetto.
Viviamo tempi strani, difficili, di sfuggente conoscibilita'; non ci si capisce piu' niente. Prendi Internet, per esempio: qui ormai tutti scrivono, tutti commentano nei blog e nei forum, signora mia che tempi; una volta tutto era piu' chiaro, uno ce l'aveva segnato in fronte chi era e cosa valeva, ma adesso in questo mondo cosi' due-punto-zero non sai mai chi hai davanti: e se fosse uno che scrive? E se fosse un commentatore di blog? Quello ci mette tre secondi a crocifiggerti in rete: l'azienda pincopallo fara' pure buoni vini, ma allo stand sono antipatici e m'han cacciato via. Bum! Mesi, anni di pierre, consulenti aziendali, brochure, azzerati da due righe su un forum. Eh si perche', vedete, accade che molti tra di noi, ultimamente, diano assai piu' peso al linguaggio irrituale e spietato delle conversazioni in rete, piuttosto che a certi improbabili, roboanti annunci brochureschi. Personalmente, poi, mi capita spesso di avviare qualche utile rapporto commerciale con aziende segnalate da appassionati perditempo.
Posto quindi che viviamo in un mondo caotico ed inconoscibile, tantovale rassegnarsi e prendere quello che c'e' di buono. In primo luogo, se trionfa la gentilezza e l'amore, come detto, tutti ne trarremo un kharmatico vantaggio (e Internet salvera' il mondo, non e' il caso che ve lo faccia notare ulteriormente). Se poi l'espositore avra' di fronte un visitatore rompiscatole e poco educato, che si apra un blog e ce lo racconti: a quel punto sara' uno-a-uno, e palla al centro.
Questo è un blog enoico. Il vino è un alimento totalmente diverso da qualsiasi altro: evolve, ha carattere ed è imprevedibile (come l'umanità, insomma). Per questo è interessante. E non è industriale.
venerdì, marzo 28, 2008
giovedì, marzo 27, 2008
Traminer (yawn)
Puo' venire a noia un vino? Possibile mai che, assaggio dopo assaggio, l'enofilo sbadigli sorseggiando Traminer aromatico? In Alto Adige ed in Trentino sembra che si siano passati la voce: ragazzi, facciamo come in Alsazia, un sacco di alcol ma, soprattutto, un possente residuo zuccherino. Cosi', ogni volta che stappi Gewurztraminer, nessuno sembra sfuggire alla regola (qualcuno ci sara' pure, semmai avvisatemi); a parte il potente naso floreale, di rosa, e "potente" e' un eufemismo, in bocca trionfa una piacioneria goliardica ed una dolcezza imbarazzante. D'accordo: il vitigno aromatico vuole un po' di morbidezza, siccome l'assenza di residuo zuccherino enfatizza l'amaro. Ma, appunto, càpita ultimamente di assaggiare release come il Traminer Aromatico Trentino 2007 di Roeno, dove la dolcezza e', francamente, annoiante; che si fa di un vino cosi'? Prima di pensare all'abbinamento a tavola, devi per forza pensare all'abbinamento sociale: questo e' un vino entry-level, e' un vino dedicato all'enofilo niubbone (newbie) per il quale l'esplosione aromatica e la morbidezza asfaltante sono una specie di trionfo sensoriale; il niubbone era rassegnato a vinacci bianchi sovracidi e olfattivamente ignobili, ma, miracolo: col Gewurztraminer si schiude un mondo. Cio' detto, evitate il mio errore di abbinamento vino/cibo, cioe' servire il vinone giuggiolone sui bianchetti bolliti (mai distrarsi su queste cose) e magari associatelo a preparazioni piu' complesse: carni bianche, idealmente.
giovedì, marzo 20, 2008
Quale modernita'
[Si inizia con questo post una nuova categoria di elucubrazioni, di natura -se possibile- ancor piu' ombelicale; da che reggo le sorti del mio blogghe, ho resistito qualche anno a parlare di fatti miei, ma ultimamente, confesso, ho meno ritegno. Benvenuti nell'umbilicus mundi.]
Ierisera, tornando a casa da bottega, ho forato il pneumatico anteriore del mio adorato scooter. Con lodevole tempistica, l'ho fatto davanti alle saracinesche chiuse del mio gommista; l'ho quindi relitto nel suo parcheggio, e mi son attrezzato per rientrare a casa; erano le otto e mezza, tardino, e non avevo voglia di aspettare il bus; d'altronde per coprire il mio tragitto casa-lavoro dovrei prendere due autobus, quindi ho chiamato un taxi. Stamattina, per tornare al lavoro, ugualmente ho dovuto fare ricorso allo stesso mezzo giacche' non potevo rischiare di far tardi (prima dovevo passare dal gommista, appunto). L'intera sciagura ha avuto i suoi bei costi, come si puo' immaginare; ma l'aspetto curioso e' che i taxi sono stati di gran lunga il trauma finanziario maggiore: andare e tornare da casa e' costato 23 euro, per un tragitto complessivo di una ventina di minuti; la riparazione della gomma, per la quale inopinatamente paventavo un leasing, 5 euro. Ora, delle due, l'una: o i gommisti lavorano sottocosto, o il prezzo dei taxi, da queste parti, e' da rivedere.
Ierisera, tornando a casa da bottega, ho forato il pneumatico anteriore del mio adorato scooter. Con lodevole tempistica, l'ho fatto davanti alle saracinesche chiuse del mio gommista; l'ho quindi relitto nel suo parcheggio, e mi son attrezzato per rientrare a casa; erano le otto e mezza, tardino, e non avevo voglia di aspettare il bus; d'altronde per coprire il mio tragitto casa-lavoro dovrei prendere due autobus, quindi ho chiamato un taxi. Stamattina, per tornare al lavoro, ugualmente ho dovuto fare ricorso allo stesso mezzo giacche' non potevo rischiare di far tardi (prima dovevo passare dal gommista, appunto). L'intera sciagura ha avuto i suoi bei costi, come si puo' immaginare; ma l'aspetto curioso e' che i taxi sono stati di gran lunga il trauma finanziario maggiore: andare e tornare da casa e' costato 23 euro, per un tragitto complessivo di una ventina di minuti; la riparazione della gomma, per la quale inopinatamente paventavo un leasing, 5 euro. Ora, delle due, l'una: o i gommisti lavorano sottocosto, o il prezzo dei taxi, da queste parti, e' da rivedere.
mercoledì, marzo 19, 2008
Gay wines
Non ho mai creduto gran che a cose come "il vino da donne"; sfortunatamente, pare che ci sia chi crede ai vini (o al cibo) per gay. Via Tom Wark, in sostanza si tratta di "stereotypes that work as a form of communication that can be used in marketing". Per inciso, il vino in questione sarebbe rose', e con residuo zuccherino. E con questo ho esaurito il mio numero di "mah!" giornalieri.
Food anch'io
Io sono un lettore affezionato di Carmilla (e se ancora tu non lo sei, siilo). Oggi scopro con piacere che pure Carmilla ha un tralignamento food (a questo mondo c'e' sempre bisogno di nuovi food-writer): "Carmilla, nel suo eclettismo, inaugura una rubrica di culinaria, Il miglior ristorante in città. Gli autori saranno vari, la periodicità incerta. La inaugura Filippo Casaccia, uno degli autori del programma televisivo Le Jene, che qui e ora è nominato esperto di cucina della nostra testata".
Da leggere, per (ri)scoprire che esiste un mondo di gastronauti (riluttanti?) appassionati di cannelloni formaggio e prosciutto, oppure di spezzatino di vitello, con buona pace del nostro mondo Adria'-filo. Sospetto che costoro siano la stragrande maggioranza.
martedì, marzo 18, 2008
Un po' di assaggi (tanto per variare sul tema)
La mia citta' ha una tradizione risalente di importatori e distributori, sia di vini che di distillati, dall'Europa e pure dal resto del mondo; a Genova il Whisky, il Cognac, il Rum, e lo Champagne, sono di casa: sia per la vocazione portuale, che per le specifiche competenze di appassionati selezionatori, che qui hanno la sede. Col passare degli anni molti mega-importatori sono spariti, altri si sono trasformati, ma permane un interessante numero di "piccoli", iperqualificati interpreti del nostro gaio enomondo. La giornata di ieri, lunedi', e' stata dedicata ad un pressante tour-de-force (vitaccia) nei magazzini di uno di questi, Moon Import. L'azienda, da piccola (o forse piccolissima) sta conoscendo, a detta del suo dir-comm, un esaltante periodo di sviluppo; in tempi di crisi e lamentii, fa sempre un certo effetto conoscere una realta' di successo; a margine, i motivi di tale successo si prestano a qualche analisi di tipo sociale: secondo Moon la polarizzazione nel censo dei clienti (draconianamente divisi, o nuovi poveri, o arricchiti) ha favorito la proposta iperqualitativa (manco a dirlo, ipercostosa) a vantaggio di coloro i quali sono saldamente nell'ambito che potremmo barbaramente definire "luxury". Per la verita', qui, non ho gran che voglia di addentrarmi in tale analisi; preferisco, semmai, raccontare cosa s'e' assaggiato, tanto per focalizzare l'attenzione sui prodotti, e, magari, sulla conseguente fondatezza delle affermazioni che avete letto. Soprattutto per consigliare, a tutti gli addetti ai lavori, una visita in questi magazzini, assai somiglianti ad una vinosa grotta di Alì Babà, dati i tesori che vi sono rinchiusi; di tanto in tanto si organizzano degustazioni e presentazioni di nuovi prodotti quindi, consiglio personale, agganciate il locale rappr di Moon Import e cercate d'esserci.
La prima parte della giornata e' stata incentrata sugli Champagne; si sono aperti notevoli vini fermi durante la pausa pranzo, ed il pomeriggio e' stato dedicato ai distillati; vista la mole di assaggi, qui mi limitero' agli Champagne. Noterella: prezzi indicativi, in qualche esosa enoteca.
[Nella foto, il Clos Des Goisses, storico vigneto singolo della Champagne; caratteristicamente, la collina si specchia nel lago sottostante, e disegna la forma di una bottiglia. I francesi, che geni del marketing; pure le loro colline].
La prima parte della giornata e' stata incentrata sugli Champagne; si sono aperti notevoli vini fermi durante la pausa pranzo, ed il pomeriggio e' stato dedicato ai distillati; vista la mole di assaggi, qui mi limitero' agli Champagne. Noterella: prezzi indicativi, in qualche esosa enoteca.
Gaston Chiquet Tradition 1er Cru (in magnum). Ancora molto verde, duro, acidita' in grande spolvero, buon inizio pasto/aperitivo. Penalizzato da naso chiuso. 77/100. € 38 (la bottiglia da 75)Considerazioni finali: questi assaggi hanno reso evidente come, ancora una volta, "piccolo e' bello", riferito ai vigneron di Champagne, in questo caso; ed infatti le prove forse meno esaltanti le ha fornite il buon Philipponat, di gran lunga la maison piu' "produttiva" tra quelle schierate da Moon Import; conoscendomi, sarebbe il caso di ripetere la degu in cieca, per evitare i miei biechi pregiudizi. Tuttavia segnalo come perfino il magnum di Clos des Goisses, una delle migliori cuvée di Francia, non mi abbia, questa volta, troppo ammaliato.
Charlier Carte Noire. Bellissimo naso, complesso, ampio, con note sottilmente legnose ma tutt'altro che monocorde, assai cangiante nel bicchiere. Appena maturo, bocca morbida e quasi vanigliosa. 82/100. € 35
Philipponnat Royale Reserve. Questo Champagne, che rappresenta l'importazione piu' "quantitativa" in termini di bottiglie prodotte, viene presentato, didatticamente, in due differenti date di degorgement (normalmente reperibile in retroetichetta). Premesso che io sono un aficionado dello Champagne maturo, l'etichetta piu' risalente ha mostrato, a mio modo di vedere, assai maggiore appeal.
1) Degorgement 2007: chiuso, nervoso, sovracido, penalizzante. 76/100
2) Degorgement 2006: olfattivamente piu' ampio e complesso, permane, in bocca, un'impressione di maggiore semplicita', quasi concettuale; uno Champagne probabilmente ecumenico, senza troppe caratterizzazioni. 77/100. € 35
Philipponat Grand Blanc 2000. L'ampiezza stratificata del naso e' segnata da una splendida frutta bianca, pesca e banana. Bocca di buona lunghezza, setosa. 83/100. € 85
Gaston Chiquet Blanc de Blancs grand cru 2002. Condizionato da un naso meno appagante (ancora verde?) e' piacione quanto basta; invitante, di buona lunghezza. 82/100. € 55
Gaston Chiquet millesime "or" 1er cru 1999. Possente corredo aromatico salmastro, quasi di bottarga; mutevole, da rigirare per mezz'ora almeno nel bicchiere alla ricerca di nuovi riconoscimenti olfattivi. Saldo, sapido in bocca. 85/100. € 60
Philipponnat reserve millesime 2000. Il naso attacca con forza il tostato (noce e nocciola) e non molla piu' questi riconoscimenti; e' ampio, pure lui piacione; in bocca ha grande armonia. 83/100. € 80
Chiquet Special Club 1998. Note di noce al naso, bocca delicata, sottile. Finezza. 81/100. € 72
Charlier Special Club 2000. Anche qui prevale la lievita', la delicatezza. Bocca conseguente. 80/100. € 55?
David Leclapart "l'Apotre" BdeB 1er cru extra brut. Bum! Nasone viscerale, tostato/floreale; carattere da vendere, ampio, appagante; serissimo champagnone. 87/100. € 110
Philipponat Cuvee 1522. Altro campione, dal naso spettacoloso, con note di erbe aromatiche; la bocca e' ancora assai giovanile ed acidula. 84/100. € 80
Egly-Ouriet V.P. Extra brut grand cru. Naso spettacolare, complessita' esaltante; l'impressione e' quella di avere nel bicchiere una bollicina emozionante, fuori dal comune. 58 mesi sui lieviti, non a caso. 88/100. € 95
[Nella foto, il Clos Des Goisses, storico vigneto singolo della Champagne; caratteristicamente, la collina si specchia nel lago sottostante, e disegna la forma di una bottiglia. I francesi, che geni del marketing; pure le loro colline].
Propostina ina ina
Il numero de Il mio vino professional che ricevo oggi apre con un disperante urlo: "La GDO e i suoi complici". L'articolo (reperibile qui, dopo macchinosa registrazione, uff) descrive le orrende sofferenze in capo agli enotecari che, dopo aver fatto gli opinion leader, vedono il frutto del loro lavoro comunicativo scippato dai malefici supermercati. La storia e' vecchia e stravecchia; l'estensore dell'articolo verso la fine evoca sommessamente la possibile soluzione, cioe' il boicottaggio dei brand che si prestano al triste (ed inevitabile, aggiungo io) gioco.
Io, assai meno sommessamente, vado dicendo da anni e annorum che il dettagliante qualificato deve smarcarsi dalla morsa, cancellando una volta per tutte ogni fornitore che, date le sue misure industriali, e' potenzialmente passibile di tale meccanismo: cioe', concede il prodotto all'enotecaro/ristoratore, attende che il brand si affermi, ed alla fine consente la vendita sottocosto presso la GDO. Questo meccanismo e' assolutamente leggittimo: ognuno, a casa sua, fa cio' che vuole.
Pure noi dettaglianti dovremmo, assieme, praticare tale aureo principio; ma state pur certi che la mia propostina, per una salvifica presa di posizione, non avra' successo, finche' tra i dettaglianti sentiro' litanie del tipo "ma, la signora Pina mi chiede il Berlucchi, e io che faccio?"
Fai che soccombi. Ma almeno fallo in silenzio, senza troppi lamenti.
Io, assai meno sommessamente, vado dicendo da anni e annorum che il dettagliante qualificato deve smarcarsi dalla morsa, cancellando una volta per tutte ogni fornitore che, date le sue misure industriali, e' potenzialmente passibile di tale meccanismo: cioe', concede il prodotto all'enotecaro/ristoratore, attende che il brand si affermi, ed alla fine consente la vendita sottocosto presso la GDO. Questo meccanismo e' assolutamente leggittimo: ognuno, a casa sua, fa cio' che vuole.
Pure noi dettaglianti dovremmo, assieme, praticare tale aureo principio; ma state pur certi che la mia propostina, per una salvifica presa di posizione, non avra' successo, finche' tra i dettaglianti sentiro' litanie del tipo "ma, la signora Pina mi chiede il Berlucchi, e io che faccio?"
Fai che soccombi. Ma almeno fallo in silenzio, senza troppi lamenti.
venerdì, marzo 14, 2008
C'e' chi si allarga
Rientra l'allarme per l'imminente esaurimento delle scorte di Champagne: i francesi hanno pensato bene di allargare i confini della DOC, risalenti al 1927: "thirty-eight communes (village districts) were being named after decades of lobbying and feuding among councils and growers who are excluded from the official boundaries of champagne country. This means that dozens of new producers will be able to market the wine that is now limited to vineyards in 319 communes in four départements mainly around Rheims and Epernay". Facile, no?
giovedì, marzo 13, 2008
Cose da fare la sera, in solitudine
La moglie non c'e', il pargolo gioca tranquillo. Che si fa? Ti porti il lavoro a casa, ovvio. La mezza di Pornassio Passito 2005 di Ramo' giace irrisolta in ufficio da troppo, basta, e' tempo di agire: un bel formaggio erborinato, e opla', la cena e' pronta. Del resto e' sempre cosi' quando hai un vino dolce, ti chiedi: e quando lo bevo? E come? No, ci vuole uno scatto, ci vuole decisionismo; inventiamoci l'abbinamento, soli soletti, che nessuno ci vede; mentre si testa il wi-fi casalingo mi dedico a questo strano passito ligure. A cercare in rete, manco a dirlo, quelli di Tigulliovino hanno la scheda bella-e-pronta (quelli di Tigulliovino hanno gia' assaggiato tutto il mondo mondiale enoico).
Com'e' questo passito? Mica male. Tanto per cominciare, e' poco mieloso e molto vinoso; non esagera con la svenevolezza del dolce, ma insiste, piuttosto, con una vena acida/tannica che lo tiene in piedi alla grande; e' un passito inedito, siccome deriva da uve nere (una clonazione del dolcetto); regge dignitosamente l'attacco duro e selvatico del quasi-Stilton che ho spiattato stasera. Fornirebbe, credo, una prova migliore su una pasticceria secca a base di frutta, ma non sfigura col cacio aggressivo.
Azienda Agricola Lorenzo Ramò
Via Sant'Antonio 9 - 18020 Pornassio (IM)
Tel & Fax 0183.33097
martedì, marzo 11, 2008
Un problema ed una soluzione
Problema: impiantare distributori automatici di vino sfuso, aperti dalle 7 alle 22, secondo qualcuno e' esecrabile - ma pure io esecro, l'idea mi pare discutibile. Soluzione: se tutti i vini costassero come gli imperiali (sei litri) di Ornellaia, cioe' 4.320 euri, l'alcolismo sarebbe un ricordo.
L'ideale, come sempre, sarebbe educare il popolo; senza misure polpottiane, e senza proibizionismi.
L'ideale, come sempre, sarebbe educare il popolo; senza misure polpottiane, e senza proibizionismi.
lunedì, marzo 03, 2008
Ma anche
[Everything you know is false? Tardivo report su BB]
Di ritorno da BB (Benvenuto Brunello) dedicato alla presentazione della vendemmia 2003, avrei un annuncio: in parte e' vero, il prodotto e' un mezzo disastro; ma anche no. Esistono svariati elementi di valore collegati a quel vino, riferito a quella precisa annata; sfortunatamente hanno poco a che fare col livello qualitativo intrinseco dei vini presentati durante la kermesse. Il valore sta altrove.
Assaggiando qua e la', non potendo assaggiare tutti i Brunello schierati, mi sono dato un metodo: prima ho passato in rassegna i latifondisti (cioe' i megaproduttori tipo Banfi, Col d'Orcia, quelli li', ci siamo capiti). Poi ho selezionato un secondo criterio, i Brunello con produttrici carine (glisso sui nomi). Comunque, esaurito il giro di assaggi, e' un fatto che ben pochi Brunello avevano punteggi superiori ad 83/100 - ho sempre questa manìa del punteggio centesimale, abbiate pazienza. Eppure, assaggio dopo assaggio, si faceva largo in me una curiosa soddisfazione, una specie di senso di serenita' rassegnata ma rinfrancante. Non erano i fumi dell'alcol, come sempre io sputo agli assaggi seriali. Il fatto e' che questo benedetto Brunello 2003, sinceramente, di meglio non poteva fare; l'annata, e' appena il caso di ricordarlo, col caldo africano ha causato un tale stress alla vitis vinifera ilcinese (ma pure altrove) che, francamente, era irreale pensare di trovarsi di fronte all'eccellenza. Questi assaggi hanno reso evidente la natura della bevanda, che e' letteralmente un essere vivente, figlio delle condizioni naturali nelle quali si genera e cresce. Negli assaggi ho ritrovato gli elementi di bellezza, di naturalita' che mi fanno amare il vino: questo non riesce a fingere, nemmeno con pratiche di cantina esasperate, resta figlio dell'annata, cioe' della spontaneita' non serializzata. E siccome la riproducibilita' seriale, fredda, uguale a se' stessa, e' un po' la cifra definitiva di quasi tutti i beni di consumo, trovo che questa ingovernabilita' abbia elementi di grandezza. E proprio la vendemmia 2003, a Montalcino, ha una sua grandezza.
Di ritorno da BB (Benvenuto Brunello) dedicato alla presentazione della vendemmia 2003, avrei un annuncio: in parte e' vero, il prodotto e' un mezzo disastro; ma anche no. Esistono svariati elementi di valore collegati a quel vino, riferito a quella precisa annata; sfortunatamente hanno poco a che fare col livello qualitativo intrinseco dei vini presentati durante la kermesse. Il valore sta altrove.
Assaggiando qua e la', non potendo assaggiare tutti i Brunello schierati, mi sono dato un metodo: prima ho passato in rassegna i latifondisti (cioe' i megaproduttori tipo Banfi, Col d'Orcia, quelli li', ci siamo capiti). Poi ho selezionato un secondo criterio, i Brunello con produttrici carine (glisso sui nomi). Comunque, esaurito il giro di assaggi, e' un fatto che ben pochi Brunello avevano punteggi superiori ad 83/100 - ho sempre questa manìa del punteggio centesimale, abbiate pazienza. Eppure, assaggio dopo assaggio, si faceva largo in me una curiosa soddisfazione, una specie di senso di serenita' rassegnata ma rinfrancante. Non erano i fumi dell'alcol, come sempre io sputo agli assaggi seriali. Il fatto e' che questo benedetto Brunello 2003, sinceramente, di meglio non poteva fare; l'annata, e' appena il caso di ricordarlo, col caldo africano ha causato un tale stress alla vitis vinifera ilcinese (ma pure altrove) che, francamente, era irreale pensare di trovarsi di fronte all'eccellenza. Questi assaggi hanno reso evidente la natura della bevanda, che e' letteralmente un essere vivente, figlio delle condizioni naturali nelle quali si genera e cresce. Negli assaggi ho ritrovato gli elementi di bellezza, di naturalita' che mi fanno amare il vino: questo non riesce a fingere, nemmeno con pratiche di cantina esasperate, resta figlio dell'annata, cioe' della spontaneita' non serializzata. E siccome la riproducibilita' seriale, fredda, uguale a se' stessa, e' un po' la cifra definitiva di quasi tutti i beni di consumo, trovo che questa ingovernabilita' abbia elementi di grandezza. E proprio la vendemmia 2003, a Montalcino, ha una sua grandezza.
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