Riprendo qui, di nuovo, un passaggio dall'ultima newsletter. Riguarda un'azienda che è entrata di recente a listino in enoteca. A Ovada in effetti è in corso una vera e propria rivoluzione, i produttori nuovi, e determinati a riconquistare quote di mercato, usano volentieri l'hashtag #ovadarevolution. Ma è una rivoluzione molto pacifica, e chi ha, come me, legami un po' personali con quel territorio, è ben felice di assistere. E di assaggiare le loro cose, anche.
Il terroir ovadese è da tempo al centro di una rinascenza esaltante. Da quelle parti il dolcetto, un'uva da vini quotidiani, ma pieni di carattere, dopo un periodo un po' opaco sta ricominciando a esprimere cose in grado di sorprendere - grazie ad aziende che sono decise a produrre vini definitivamente convincenti, avendo come vicini-concorrenti aree già affermate (pensiamo a Dogliani, o all'albese). In una configurazione del genere, cioè quando produci un vino dove altri hanno già dimostrato di essere molto bravi, hai una sola via di uscita: o ti danni l'anima a fare vini rilevanti, o semplicemente sei morto. A Ovada sta succedendo la numero uno che ho detto.
A questo si aggiungono elementi di ordine personale: l'ovadese è una zona che conosco abbastanza bene, una delle prime dove ho camminato le vigne (la perifrasi l'ho presa a prestito da Veronelli). È inoltre un'area storica di fornitura di vini rossi a Genova - siamo a 50 minuti d'auto dalle vigne, per dire: Ovada è ormai periferia di Genova, è un satellite, una propaggine, ai tempi della repubblica genovese sarebbe stata roba nostra insomma.
Ce n'è abbastanza per avermi fatto sposare un progetto nuovo: distribuisco, come grossista, i vini di Rossi Contini, che dell'ovadese abita le terre bianche della storicissima collina di San Lorenzo. E inoltre quei vini stanno in vendita disponibili per tutti voi, quindi accorrete numerosi, perché un rosso formidabile come quel dolcetto annata 2016 si aggira sui dieci euro, e dopo direte: mai più senza.