giovedì, marzo 26, 2009

Momenti febbrili


Riemergo da due-tre giorni di febbrone inenarrabile; ho addirittura abbandonato la mia creatura (l'enoteca) per fare il fannullone, come direbbe qualcuno, cioè per curarmi a casa. Incredibile, Brunetta ha reso appetibile lo status del commerciante: puoi stare a casa se sei malato (e perdi qualche euro, come fossi un impiegato comunale) ma non te ne importa nulla della visita del medico fiscale: sei liberissimo di tracollare. Quindi, allegria.

Pochi giorni di blackout accumulano subito un corposo arretrato. Ho del tutto perso questo succulento dibattito sulla funzione (tra l'altro) dell'enotecaro, che vi consiglio di leggere; ho prodotto (oddio, termine un po' forte) unicamente questa bella pensata su Dissapore, e per il resto mi sono lagnato.

Ma tra tanti arretrati, devo subito eliminare un malefico sassolino nella scarpa. Cari produttori di vino, parliamo del Vinitaly. Ora, io mi sono infilato, da un bel po', in un curioso tunnel: spesso acquisto da produttori che non hanno rete vendita; quindi, col passare del tempo, le visite dei rappresentanti da me si sono rarefatte fino a diventare zero, perché tanto, nella loro immaginazione, io li aborro. E probabilmente li terrifico pure, boh. Di fatto, ora che si avvicina il Vinitaly, mi ritrovo (pure quest'anno) quasi senza biglietti per l'ingresso: e sapete perché? Perché voi, cari i miei produttori, fornite i biglietti solo ai rappresentanti! Basta, disintermediate, e mandateli direttamente a me. Anziché spammarmi, per dire, mai uno che mandi un biglietto aggratis. Poi dite dei genovesi, eh?

Dura la vita dell'enoblogger. In fiera non si entra in quanto blogger, e nemmeno in quanto commerciante; questa è la volta buona che, come forma di protesta, pago il biglietto.

venerdì, marzo 20, 2009

Il famoso rapporto prezzo/prestazioni

Tra le mani mi sto rigirando la fattura annua del contratto di manutenzione relativa al mio registratore di cassa: 139 euri. Si tratta di una delle circa seimila tasse occulte, o gabelle medievali, che sono di pertinenza di ogni bottegaio che voglia operare nella legalità (o che perlomeno ci prova). E' sempre molto rischioso, e difficile, valutare il rapporto prezzo/prestazioni del lavoro altrui; di fatto, per centotrentanove euri, una volta all'anno, un tecnico della locale concessionaria Olivetti si fa un giro attorno al registratore di cassa, lo guarda, guarda me, mette un adesivo, lo firma, e se ne va. All'incirca sei minuti di lavoro, al lordo dei saluti e al netto dei mavaffa che mi tengo in tasca. Tutto ciò vale quella cifra? L'ho detto, è difficile da definire. Io sono un mercante, e so valutare, nello specifico, il prezzo di una bottiglia di vino, riferito al suo valore qualitativo; al di fuori di questo, appunto, ogni giudizio si fa rischioso.

Quindi, facciamo un esempio con qualcosa di più consono alle mie competenze. L'altroieri ho acquistato sei bottiglie di Pedro Ximenez, un vino rosso ambra cupo (da uve bianche) dolce, fortificato (liquoroso) proveniente dalla zona di Jerez. Si tratta, nello specifico, di una delle espressioni più esaltanti del concetto di vino da meditazione; un vino sontuoso, immenso in abbinamento col cioccolato. Questa è la home dell'azienda produttrice. Circa la produzione, la faccio breve: per ottenere una bottiglia di questo nettare serve il lungo metodo soleras, con percentuali di vino-base affinate oltre vent'anni. E veniamo al punto: una cassa di sei bottiglie costa, fatturata, euri 106,32.
Da come la vedo io, la manutenzione del registratore di cassa cosa all'incirca cento euri più del suo valore reale. E questa cifra rappresenta, semplicemente, un esborso privo di giustificazione.

lunedì, marzo 16, 2009

Dissapore, con parole mie

Abbiamo cercato di parlarne, tutti quanti, il più possibile; abbiamo dato qualche anticipazione, abbiamo giocato all'annunciazione virale, insomma, ci siamo sbattuti un po'. Tuttavia è possibile che a qualche contemporaneo sia sfuggita una news così fondamentale: oggi nasce Dissapore, un nuovo luogo virtuale a tema wi-fu (wine-food, ci siamo capiti). Si sente il bisogno di un nuovo coso così? Certo che yes.

La creatura neonata è un blog, ma ha assai alte aspettative; aspira ad essere un posticino dove reperire notizie (o contribuire a crearle, nello spirito del contenuto generato dall'utente) relative al nostro garrulo mondo; che è un luogo di lavoro, ed è sede di passioni. E' una capace barca comandata da un capitano (mio capitano) di lungo corso, con un bell'equipaggio motivato e competente. Io sono tra quelli. Sono in ottima compagnia, con un gruppo di persone che condivide con me (oltre che il mestiere e la passione) l'amore per il linguaggio irrituale del mezzo internettiano - altrove saremmo definibili come "redazione". E siccome credo che questo mezzo costituisca gran parte del futuro legato alla comunicazione, sono alquanto orgoglioso di essere un associate editor (e diciamolo chiaramente, questo era un titolo che mai mi sarei sognato di vedermi affibbiato). Per questo, e per altri motivi così, questa è una giornatina memorabile.

Da quando ho preso seriamente in considerazione di modificare il mio mestiere, questo è il primo, vero passo verso qualcosa di nuovo. Ma siccome ci si muove su territori vergini ed alquanto oscuri, e siccome sono bradipico nei miei salti nel vuoto, è assai presto per dire che "faccio un altro lavoro". In realtà credo d'aver capito (almeno) una cosa, nel tracollo delle certezze economico/finanziarie degli ultimi tempi: il lavoro cambia fino a diventare qualcosa che, chiaramente, non è quasi più riassumibile con nessuno dei precedenti descrittori. Mi avvio a non essere più un "commerciante", ma sto diventando una specie di "commerciante comunicante"; ecco, ve l'avevo detto, i termini falliscono nell'impresa di descrivere questo magma. Eppure, questa totale incertezza, questa mancanza di parametri, ha in sé qualcosa di incomprensibilmente buono. Appena lo afferro con chiarezza, giuro che ve lo spiego.

venerdì, marzo 13, 2009

Cronaca vera

Chi legge Il Mio Vino non lo confessa, ma la prima pagina che apre è quella della rubrica "la grande delusione" (magari poi non legge altro, ma questo è un discorso da snobboni, quorum ego). E' un esercizio tra il sadico ed il vojeuristico, e in fondo, diciamolo, chi di noi non ha mai sfogliato Cronaca Vera, dal barbiere: vogliamo vedere il sangue, la zuffa. La rubrica in questione prende un vinone a caso, trebicchierato o pentagrappolato o comunque multipremiato, e lo sbertuccia senza pietà. Nell'ultimo numero in edicola tocca al Moscato d'Asti De Miranda, di Contratto; un Asti assai sui generis, giacché è una rara versione nella quale la presa di spuma avviene con il lento ed elaborato metodo classico, e non con l'abituale Charmat; un vino di notevole spessore qualitativo, per quello che è il mio ricordo; gli assaggiatori de Il Mio Vino invece l'hanno infilzato senza pietà: troppo corto, troppo dolce, troppo disarmonico. Lasciamo però gli assaggiatori al loro destino di fustigatori: io mi concentrerò su un aspetto secondario ed accessorio.

I redattori del mensile hanno segnalato un notevole divario di prezzo tra diverse enoteche nelle quali hanno acquistato i campioni; come d'uso, e come da immagine qua sopra, hanno riportato gli scontrini. Si va da 22 Euro, fino a 34, per arrivare ai 44 Euro come prezzo massimo - e per la stessa bottiglia! In un colpo solo Il Mio Vino riesce nel meritevole compito di malmenare Contratto, e tutta la casta degli enotecari (bella performance) con i loro incomprensibili ricarichi - ed in effetti, tale divario è pure per me alquanto misterioso.

Eppure la vita dell'enotecaro non sembra tutta rose e fiori. Diamo un'occhiata da vicino ai tre scontrini.
Lo scontrino più basso, 22 euro, reca il numero progressivo 3, ed è stato battuto alle ore 17,21: solo il terzo scontrino emesso quando ormai è tardo pomeriggio. Lo scontrino intermedio, 34 Euro, ha numero progressivo di emissione 2, ma viene emesso alle ore 9,59: parrebbe che nella seconda enoteca gli affari vadano, di poco, meglio che nella prima. Il terzo scontrino, il più esoso, ha pure lui numero progressivo 3, ma è emesso nel primo pomeriggio. Cosa si evince da questo studio degno dei Ris di Parma? Primo: a condurre enoteche non ci si arricchisce. Secondo: l'enoteca più conveniente ha anche la performance più fallimentare. Buona partita Iva a tutti.

giovedì, marzo 12, 2009

Tutta gente che non parla da sola

Giulia è la regista; Francesca voleva sposare Incisa (maddai, che gusti). Tutta gente che non parla da sola: Dissapore is coming.



mercoledì, marzo 11, 2009

Non ci voleva poi molto


Lo spammer del giorno ha finalmente capito cosa serve, per convincere i clienti.

[Update del giorno dopo: con colpevole ritardo, solo oggi leggo questo fondamentale post di Stefano Berti].

martedì, marzo 10, 2009

Addio solipsismi

Oppure: della solitudine del bloggarolo. Assomigliamo a strani tipi che parlano da soli? Ma non sempre, e comunque, non questi due, quassotto, che hanno smesso.



venerdì, marzo 06, 2009

Se lo dice Gùgol


Passatempo per sfaccendati: giocare con i risultati suggeriti nel campo per la ricerca di Google; ad esempio, PTWG ci ha provato con "alle donne piace" (con risultati assai interessanti). Se avvii la ricerca digitando "il vino fa", ecco una serie di suggerimenti su cui elucubrare.

[Update: leggo ora l'imperdibile notiziona: "le donne stregate dal 'rosso' hanno una sessualità complessiva migliore rispetto alle astemie", e già mi consolo].

mercoledì, marzo 04, 2009

Titoli tossici


Wall Street Journal titola duro: A Waning Affair With Barolo. Critica la vendemmia 2004 (che jella, a Montalcino era l'annata del secolo) e pure i prezzi. Piccolo estratto:
Darn it. They really just weren't that impressive. You can't imagine our shock and disappointment. Flight after flight left us cold. They weren't bad. They were pleasant enough. But with wine after wine, we used a word that should never be used to describe Barolo: simple. It's not that they were made in more of an "international" style, with softer tannins and a smoother taste, though that was sometimes the case. It's that the bar, overall, seemed lower than it has been. The wines lacked soul and intensity. We expect greatness, or at least a reach for greatness, from Barolo.
Noi, per fortuna, abbiamo Il Sole 24 Ore che controtitola: Guerra dei vini: il Wsj attacca il Barolo ma sbaglia la mira. Dove tra l'altro Cernilli afferma:
Per quanto ne sappia il Barolo 2004 è un vino che dà soddisfazione. Lo confermano i 30 nomi a cui abbiamo assegnato il punteggio massimo dei tre bicchieri. Non vorrei pensare male, ma ho l'impressione che il giudizio di Gaiter e Brecher, che peraltro conosco personalmente, fosse una sorta di risposta non al Barolo ma ai degustatori loro antagonisti.
Si poteva pure fare la battuta sui giornali finanziari, e sulle loro capacità di discernimento ultimamente un po' appannate, ma era troppo facile.

martedì, marzo 03, 2009

Cassiera, e Grande Fratello


La signora è alla cassa del market, sta per pagare, ma la cassiera obietta: per chi è quel vino? La signora ha 46 anni, ma con lei c'è la figlia quattordicenne. E, sfortunatamente, la giovane non ha alcun documento che provi la parentela. La cassiera è irremovibile: niente vino per la coppia, non si sa mai, magari lo sta comprando la ragazzina.
La signora si lamenta, s'indigna, e poi si arrende. Esce, lascia la figlia in auto, ritorna, e finalmente sola compra la pericolosa bevanda (oh, tanto attaccamento al market meritava quasi uno sconto, ma vabbe'). Morale: quando vai al supermercato, ricordati di lasciare la figlianza a casa (oppure dotala di documenti). Tanto zelo accade alla Tesco di Portsmouth; da noi dubito, ma se si diffonde, sai che bello.

lunedì, marzo 02, 2009

Antialcolismo: you're doing it wrong


Terrificati da quest'immagine, ai primi del novecento masse di americani hanno optato per l'alcol. A volte gli esperti di marketing hanno qualche ragione, parlando di testimonial.

[Sull'immagine in questione, qui qualche dettaglio]