martedì, dicembre 03, 2013

Com'è fatto un vino a zero solfiti (lo assaggiamo, così vediamo, ecco)

Il vino a zero solfiti aggiunti, cioè il vino al quale non è stata aggiunta alcuna percentuale di SO2 (in sostanza, un conservante e antisettico), è un must tra le produzioni associabili alla galassia dei vini naturali. La solfitazione in effetti può arrecare disturbo ai soggetti che manifestano intolleranza specifica, e comunque chi fa vino naturale desidera in ogni modo evitare le addizioni chimiche che, anche di poco, allontanano il vino dall'idea che questi produttori hanno: un vino naturale, appunto.

Domenica ero a Piacenza, come annunciato, a risentire i vini di vecchi amici e cercare cose nuove da proporre agli amati clientes. Chi pensa al lavoro dell'enotecario come ad una specie di Indiana Jones del vigneto, a caccia di inarrivabili tesori enoici in lande perigliose, per una volta potrà cambiare idea: mentre aggiornavo al cellulare il mio status Facebook un produttore che mi ha tra gli amici, vedendomi in fiera, mi ha mandato un messaggio del tipo "potresti venire ad assaggiare il mio vino". Siccome era circa ad una cinquantina di metri da me, è così che ho scoperto i vini del signor Cascina Boccaccio. Facile, no?

Dei vini presentati da Roberto, tutti interessanti, almeno due erano davvero notevoli: un rosato a base dolcetto, molto profumato e succoso, e Celso Zero, un Dolcetto di Ovada, appunto a zero solfiti aggiunti. Comprato al volo quest'ultimo, ora sta a bottega aperto per gli assaggi: bellissima frutta, intenso, gioioso. Insomma, se uno vuole sapere com'è un vino a zero solfiti, può togliersi lo sfizio. Secondo me, per dire, non è il fatto di essere zerosolfiti a renderlo buono. Credo c'entri, soprattutto, la mano di chi lo fa.

Quanto alla qualità legata allo zerosolfitismo, già ne scrissi qui.


mercoledì, novembre 20, 2013

Appunti per la prossima fiera che non devi mancare

Tra tante fiere del vino che bazzico con ardore una delle preferite ormai è quella della Federazione Italiana Vignaioli Indipendenti a Piacenza. Date, come da immagine qua vicino. Forse l'elemento più interessante, per tutti, è che questa è una formula riuscita, anche sul piano logistico, di mostra-mercato: è cioè una fiera nella quale potete comprare il vino direttamente dai produttori, a prezzi un bel po' più bassi della filiera delle enoteche (e se lo dico io, fidatevi).

A proposito di logistica azzeccata, oggi leggo sulla pagina Facebook della Fiera che i visitatori/compratori potranno "disporre di un corriere espresso direttamente all'interno della fiera. Infatti I-DIKA, partner di Fivi per il Mercato, avrà un corner dove potrete recarvi col vostro carrello, parlare con gli operatori e predisporre la spedizione delle bottiglie acquistate direttamente a casa vostra". Ottima idea, secondo me.

(Con l'occasione tengo a dire che questo è un post in conflitto di interessi triplo con salto carpiato all'indietro: la Fiera in questione è apparentemente mia concorrente, perché vende cose che vendo io. Ma io sono convinto di due fatti: la diffusione virale del vino di qualità è un fatto squisitamente pro domo mea, e soprattutto io sono più simpatico di quelli, a vendere, ergo vinco io).

sabato, novembre 16, 2013

Le parole per dirlo

Io indulgo nell'usare il termine bottegaio: mi piace perché è antico e descrive quello che sono. Oggi per la verità ha smesso di essere antico siccome lo usano i presidenti di grosse società per azioni perché non hanno la dignità di chiamarsi col loro nome (presidente di una SpA, appunto) e scippano il termine desueto per darsi un'aria rassicurante. Ma quelli non sono bottegai, sono fuffa. Il bottegaio è quello che alla fine della giornata spegne la luce, riordina, e chiude la saracinesca a chiave. La mattina dopo riapre alzando la stessa saracinesca e accende le luci e spazza il tratto di strada davanti alla porta: io sono quello, e chi usa la parola ma non apre una saracinesca da una vita non è come me.

Io sono un blogger: che non ha niente a che vedere col giornalismo. Chi mi chiama giornalista (purtroppo succede) non capisce niente di cosa sia essere blogger e di cosa sia un blog, quindi bisogna ogni volta reinventare la ruota e rispiegarglielo: il blog è un sistema di comunicazione che serve a prolungare in maniera digitale quanto già accade in modalità analogica, cioè raccontare se stessi e dilatare gli orizzonti comunicativi nei modi che sono propri di questo mezzo libertario, anarchico e rivoluzionario. Non ci sono ordini, non ci sono cricche, conventicole, associazioni, esami di stato e cooptazioni: se vuoi essere blogger lo sei, bastano trenta secondi per registrare un account su una piattaforma qualsiasi. Da quel momento in poi funziona solo un tipo di controllo, che è la credibilità che acquisisci ogni volta daccapo, post dopo post, e ti viene accordata da chi ti legge: se sbagli paghi, immediatamente, i commenti sono un sistema di controllo orizzontale spietato. Se menti non avrai seguito. Se fai un refuso qualcuno correggerà. Se diffondi notizie false verrai segnalato come bugiardo, e la tua credibilità in rete diverrà zero. Il blog è (ribadisco) orizzontale e paritario, il giornalismo è verticale, paternalista, trombonesco. Salvo eccezioni che tuttavia confermano la regola.

Io sono un wine blogger: scrivo di vino perché è il mio mestiere e credo di farlo con qualche decenza (sia il mestiere che la scrittura). Questo blog per esempio è nato quasi dieci anni fa come prolungamento digitale del mio lavoro, che è vendere vino, quindi parla quasi sempre dei vini che vendo. Ma siccome io sono anche un mediattivista scrivo di vino in senso lato, quindi anche di vini che non vendo, e del mondo che riguarda il vino. Non me l'ha ordinato nessuno ma mi va di farlo. Da questo skill è nata la mia collaborazione con altri editori che un bel giorno m'hanno chiamato e mi hanno detto: scrivi per me. Ad alcuni ho detto sì, ad altri no. Ho sempre fatto quello che mi andava, perché nessuno mi può dire quel che posso o non posso fare: è Internet, rassegnatevi.

Internet nonostante tutto è un ecosistema.

Così ho partecipato, in questi anni, a tante vicende editoriali in rete: Peperosso, Kelablu (cose che ormai nemmeno esistono). Poi Dissapore, poi Intravino, poi L'Unità, insomma, ho fatto quel che so fare: il wineblogger. Il meccanismo era sempre quello, orizzontale, trasparente e wikizzato. Intravino, poi, l'ho mollato per strada quando non mi andava più, e l'ho ripreso (preciso: mi hanno ripreso loro) quando mi andava di farlo. Ancora una volta, io faccio quel che mi pare: scrivo, racconto, intervengo, smanetto sul tema che mi è caro. Essendo un bottegaio. Se non vuoi leggere, c'è il back button. Puoi partecipare all'ecosistema, puoi imparare a godere dei suoi frutti, ma c'è una cosa che non ti riuscirà: impormi cosa posso o non posso fare.

(Per esempio, oggi mi andava di scrivere su Diario Enotecario, dopo qualche millennio, se non altro per aggiornarvi).

mercoledì, maggio 29, 2013

Dettori in degustazione gratuita (non siamo qui per vendere, ma per regalare)

















I vini di Alessandro Dettori meritano racconti lunghi ed immaginifici, per la carica suggestiva che hanno. Tuttavia questi discorsi hanno migliore accoglienza (diciamo) se questi vini sono nel bicchiere. Per questo nei prossimi tre giorni, giovedì 30, venerdì 31 maggio, e sabato 1 giugno, all-day-long, saranno in degustazione gratuita in enoteca il Renosu Rosso, e il mitico Dettori 2010. Riservato solo ai clienti simpaticissimi. Passate un po' quando volete, noi siamo qui.

mercoledì, aprile 10, 2013

Vinitaly e dintorni in un'immagine sola













Vabbe', in realtà le immagini sarebbero due. A destra Natalie Oliveros, da sempre mia ammirata attrice (in arte Savanna Samson) e produttrice di Brunello di Montalcino, alla sua postazione Vinitaly. A sinistra il monaco georgiano del Monastero di Alaverdi, al suo stand a Cerea. Di quei vini georgiani (e di altro) parlo più diffusamente qui. Quanto al resto, non ricordo se oggi ho ancora detto che l'enomondo presenta discese ardite (e risalite) da capogiro. Lo dico, allora. (E chiaramente tutto ciò mi piace).

mercoledì, aprile 03, 2013

Post di servizio. Scarica la mappa di Vinitaly 2013













La mappa degli sterminati stand del prossimo Vinitaly è disponibile, sul loro sito, in formato PDF. Stampandola, però, resta comunque di dimensioni un po' piccole; quindi ho pensato ad una soluzione adatta a noi anziani ipovedenti: ho zoomato il pdf, estratto una sezione jpg di dimensioni maggiori, e l'ho piazzata qui affinché possiate scaricarla. Contiene quasi tutto quello che serve. Quando la stamperete, fate in modo di stamparla in formato landscape, cioè in orizzontale, altrimenti sarete daccapo (avrete un'immagine piccola). Con il visualizzatore di foto in Windows 7, per dire, la funzione di stampa orizzontale è automatica (ma togliete la spunta alla voce "adatta l'immagine al frame").

martedì, marzo 26, 2013

Deve esserci certamente un senso














All'inizio della settimana che precede Pasqua, che un enotecaro immagina densamente lavorativa, qualcuno ha deciso di riasfaltare le strade attorno (e davanti) l'enoteca. Quindi l'accesso è impossibile, per i clienti e per i fornitori. Certo, siamo al tempo del chilometro zero ed i clientes accorreranno sicuramente a piedi (attenti alle macchine operatrici), ma una cosa così lascia ugualmente perplessi.

Di fatto, la situazione un po' lunare qui attorno è quella che vedete nelle foto. Del resto la mia è ormai l'ultima attività commerciale in questa parte della via (tutto il resto sono box auto). Deve esserci un qualche genere di messaggio recondito, un senso oscuro. In definitiva: chissenefrega dei commercianti.

martedì, febbraio 05, 2013

Riceviamo e volentieri pubblichiamo










Cominciamo con un disclaimer come fossi Enofaber: Enogea m'ha regalato la copia digitale della classifica dei Cru di Barbaresco, e io volentieri rilancio. Dall'altra parte.

venerdì, febbraio 01, 2013

Cose scritte altrove

Mi capita spesso di ritrovare contenuti di qualche interesse nei commenti ai post, oltre che nei post della blogosfera che frequento. Questa volta, in un surplus turbo autoreferenziale si tratta di un commento mio. Peraltro vado dicendo da sempre che nei commenti, almeno, uno dovrebbe essere conciso, salvo poi scrivere un papiro come quello che srotolo qua sotto - parafrasando il poeta, ho dato il consiglio giusto, non sapendo dare il buon esempio.

Si tratta della questione degli accrediti stampa ai blogger per le fiere di settore (lèggasi: ingresso gratis). La questione, spero sia evidente, contiene in sé una contraddizione in termini: se sei blogger, non puoi avere alcun accredito stampa - semmai un "accredito blogger", qualunque cosa sia. Il blogger, nella configurazione antidiluviana del lavoro che vige in 'sto benedetto paese, è fondamentalmente un buontempone. Siccome verosimilmente le caste sono destinate a perpetuarsi per i prossimi mille anni, e la mobilità del lavoro viene usata solo alla stregua dell'ombrello di Altan, la vedo alquanto nera. Del resto avevo anticipato qui, e qui, qualcosa. Da quelle cogitazioni derivava il termine (orrendo, vabbe') di blogger embeddato.
«Sulla questione dell’embedding del blogger: essere embedded, o embeddabile, significa ridursi al livello del giornalista tipico che si muove spesato e rimborsato (essendo uno che fa informazione per lavoro) ma finisce inevitabilmente per copiaincollare i CS degli enti aggiungendo l’incipit “nella splendida cornice”. Cose che abbiamo visto millanta volte e che in definitiva ci hanno fatto voltare le spalle a quelli e ci hanno indotto a leggere i blogger, che per lo più non avevano bisogno di baciare la pantofola a nessuno.
Nel frattempo, gli editori nazionali hanno scoperto che il blogging è un flusso comunicativo un bel po’ più efficace dei baciatori di pantofole, quindi le cose si sono complicate. Io ho cominciato a fornire contenuti ad editori nazionali, credo, ai tempi in cui Kelablu era retto da Massimo Bernardi, e il nostro editore era il Gambero Rosso. Da allora fino ad oggi mi capita in sostanza di fare sempre la stessa cosa, fornire contenuti a editori ben riconoscibili (L’Unità, per dire l’ultimo) eppure io, e quelli come me, restano una specie di buffi perditempo. I miei contributi non hanno alcun valore nemmeno per ottenere la tessera di pubblicista, come è noto, e quindi non sono in nessun modo assimilabile ad una figura che fa informazione – pure se, credo, il mio Linkedin prova il contrario. Questo strabismo, o dovrei dire cecità, trionfa nei form di accredito alle fiere nei quali, inevitabilmente, devo inserire il numero di tessera. Ovviamente è giusto così: perché lorsignori devono sbattersi a capire chi sia blogger, chi perditempo, e chi giornalista? Serve un criterio dirimente, rapido ed efficace. Quello funziona sempre.
All’ultima edizione della Fiera di Merano, per dire, in alternativa all’iscrizione all’ordine, avrei dovuto produrre (secondo loro) una lettera del mio editore nella quale si dichiarava che sì, in effetti redigevo il wine blog de l’Unità. L’idea di dover richiedere un documento cartaceo di quel tipo alla mia indaffarata redazione, da sola, m’ha fatto dire con tutto l’amore possibile “ma andate al diavolo” (a proposito: salve ragazzi). Adesso non so bene che si inventeranno a Verona, ma verosimilmente la musica non cambierà. O forse sì. Saranno, comunque, in ritardo di una decina d’anni. Quand’è che tardi diventa “troppo tardi”? E soprattutto: ci interessa davvero essere embeddati da ‘sta gente?» 

giovedì, gennaio 31, 2013

In ricordo di un amico fraterno

Questo è il genere di post che non avrei mai voluto scrivere, né farvi leggere. Ho sempre pensato che eventi di simile portata, quando sono accaduti a me o alla mia famiglia, fossero troppo enormi per essere condivisi nelle reti digitali dove transita ormai gran parte della nostra vita. Però quando ieri mattina mi hanno comunicato la scomparsa improvvisa e totalmente inaspettata di Sergio Cibelli, agente di commercio nella mia città, e amico fraterno, il dolore è stato talmente intenso e violento, che sento comunque il dovere di parlare di una persona che apparteneva al nostro mondo - e certamente al mio.

Sergio era un venditore competente, un gourmet, un uomo del vino appassionato, ed era un addetto ai lavori amatissimo da tutti i colleghi, miei e suoi, per la sua disponibilità. Potrei narrare infiniti aneddoti sulla sua persona, come è normale per chi (come me) ha condiviso con lui non solo il lavoro ma un percorso esistenziale di almeno vent'anni. Vi basti sapere che per me Sergio era l'uomo, l'amico, a cui affidare il mio negozio in caso di necessità. Quando anni fa mi ritrovai impossibilitato a lavorare per un incidente gli consegnai le chiavi di bottega, come si farebbe con un fratello.

Per questo adesso sono in grado di dire che la sua mancanza è intollerabile, e il vuoto che lascia non si può colmare. Ripensando a cosa è stato per me Sergio, mi rendo conto ora che lui identificava l'agente di commercio nella sua essenza, un elemento di comunicazione sociale preesistente a qualunque rete sociale come la conosciamo, e non sostituibile, date le sue profondissime caratteristiche di umanità. Addio, amico mio amatissimo.

[Quanti volessero far pervenire comunicazioni alla famiglia, possono usare anche la mia casella di posta elettronica, provvederò a inoltrare il vostro messaggio].

giovedì, gennaio 10, 2013

Saluti dal tessuto produttivo del quartiere




Verso la fine del 2010 abbiamo avuto l'alluvione. Sono passati due anni, e uno potrebbe chiedersi: come vanno le cose a quelli colpiti più duramente? Il negozio che vedete nel filmato sta messo così. [Via Facebook]