giovedì, dicembre 31, 2009

Liveblogging

Ore 19.15, ancora a bottega. Mi godo gli ultimi clienti ritardatari, i più sperduti, i più bisognosi di un enotecaro comprensivo. Alcuni non sanno bene cosa desiderano: "vorrei..." - ed io: "uno spumante?". "Sì!!".
Pure indovino.
Be', auguri.

sabato, dicembre 19, 2009

Due assaggi due

E adesso nevica pure. Come se non bastasse il tracollo dell'economia occidentale - che è la vera cosa memorabile di questa fine decennio - ci si mette pure la neve a tenere i clientes alla larga. Non è un buon motivo per darsi all'alcol (non esiste un buon motivo) ma in questo caso certamente aiuta.

Cominciamo dalla bollicina rosé del momento, in enoteca: Voirin-Jumel. Ecco uno Champagne rosé come non te lo aspetti. Non è per niente fighetto, scordatevi i toni olfattivi da ribes; qua pare che il pinot noir addizionato per generare questo bizzarro cromatismo da ginger tiri fuori nuance aromatiche baldanzose, spiazzanti, cripto-minerali. In apertura sembra riottoso poi concede effluvi di carne, macelleria (!). Spiazzante, sorprendente, pure un bel po' difficile. Sicuramente non ecumenico (pazienza, non si può piacere a tutti). In bocca continua con qualche durezza, probabilmente un po' di affinamento in vetro lo renderà più cauto e conciliante. Per ora esagera e percuote la papilla senza ritegno. Vogliamo trovarci un difetto? La lunghezza; non si allunga. Però, però, quel naso così irrituale! Lo perdono per quello. 79/100.

E ieri sera, ho riaperto il Rosso di Montalcino 2007 di San Lorenzo. Oh, ma quanto è buono questo Rosso? E' perfino difficile descriverlo, perché ti escono parolacce tipo "vibrante", "profondo", "setoso" - insomma tutto quel vocabolario da assaggiatore serio che non basta a rendere onore a questo sangiovese ilcinese. Poi i Rosso di Montalcino nel mio cuore enofilo stanno sostituendo i Chianti - e ti credo, almeno lì a Montalcino il sangiovese non s'immischia coi cabernet (quasi mai, via). E i Chianti, invece... mah. Ma non è di questo che volevo parlare. Dicevo, il Rosso di San Lorenzo: è perfino meno rustico/bizzoso di come lo ricordavo, ha aggiustato i tannini ed ora sembra un campione di equilibrio e armonia. Sarà la fase evolutiva, immagino. E poi questa cioccolatosità discreta, spalmata e lunga. Bella storia. Per me, un 85/100. Ebbene sì.

domenica, dicembre 13, 2009

Il menù oggi prevede: Chianti farlocco


Non vorrei dire "noi l'avevamo detto" ma - indovina? - noi l'avevamo detto. E dico "noi" perché eravamo un bel numero. Ora che va in scena l'ennesimo tarocco sul Chianti, nessuno è sorpreso. E' tutto molto triste.

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mercoledì, dicembre 09, 2009

Brivido francese


E oggi abbiamo questa coppia di clienti, eleganti e proprio belli. Ma soprattutto abbiamo la signora, che parlando con lui rivela inequivocabilmente la sua origine: è francese. L'accento, il modo in cui arrota la erre, non c'è dubbio, la provenienza è quella. Il brivido arriva quando ti chiedono uno Champagne. Ecco, vendere Champagne ad un francese, l'enotecaro è già nel marasma. Oltretutto sono il genere di clienti poco loquaci, accennano ad un loro amico a cui piacciono le bollicine rosate, e così vorrebbero acquistare un rosé. Ma sono vaghi e quasi reticenti. I clienti più difficili, quelli che non parlano. Infatti l'enotecaro si figura d'avere in bottega un master of wine, perché comunque io ho una specie di pregiudizio favorevole sui francesi, me li figuro enofili al cubo. Insomma, timore reverenziale.
Attacco a descrivere le maison con le quali lavoro cercando disperatamente di non sbagliare gli accenti: maison, récoltant, cuvée, grand cru. Io che il francese non lo afferro. Speriamo bene.
Finalmente parla lui, e arriva il soccorso: ricorda a lei come si chiama quella bollicina rosata che piace tanto all'amico: Mateus.
Improvvisamente il cielo si rischiara, e la salivazione si normalizza. Ce la posso fare.

domenica, dicembre 06, 2009

Rende l'idea


Il "percorso umano" salta gli anni intorno ai quaranta. Non serve dire cosa beviamo, lì.

mercoledì, dicembre 02, 2009

Ewine Secure Pack: funziona

La foto che vedete ritrae alcuni lavori in corso in enoteca stamattina: sto preparando una spedizione per un cliente. Da qualche giorno adopero gli imballi EWSP, che hanno mandato in pensione i vecchi pacconi di polistirolo. Bene, dopo qualche giorno di prova, siam pronti per la recenza alternativa (non la solita etichetta, oggi recensisco pacchi): questo sistema di imballo mi pare notevolmente efficace.
Innanzitutto: pochissimo ingombro. Gli imballi, piegati prima dell'uso, sono assai più razionali del polistirolo che, per una pari capacità, richiederebbe un hangar. Invece 250 imballi da tre, richiusi, occupano un'area pari a quella di un bancale. Quindi, molto razionale. Gli imballi sono facili da montare, soprattutto i due elementi interni che costituiscono l'invenzione vera e propria si incastrano veloci, bastano un paio di tentativi e la pratica arriva immediatamente.
Il cartone è di buona qualità, solido, perfino un po' pesante, trasmette una sensazione di forza e affidabilità. Benché molto rigido non ha parti taglienti (tagliarsi con gli imballi è un classico natalizio), e reca in esterno la scritta "vetro, fragile" (evviva, ci voleva tanto?). Il cartone esterno è comunque liscio, e questo facilita la presa del nastro da pacchi e delle buste adesive in cui inserire i documenti di trasporto; un cartone troppo poroso favorisce il distacco degli elementi adesivi.
Ed infine, la parte più importante: le bottiglie, con questo sistema, non si rompono. Ho già svariate consegne in corso, e zero problemi. Un po' presto per trarre bilanci, ma il sistema funziona davvero. Ho venduto alcuni pezzi di imballo ad un collega (ebbene sì, faccio pure questo genere di servizi) ad un prezzo di 2,50 euri a scatola (più IVA) e questo m'ha spiegato che costano pure poco, rispetto a simili in vendita alle Poste. Evvai. Si apre un nuovo business, le scatole vuote: zero seccature con l'etilometro, finalmente.

venerdì, novembre 27, 2009

Se non sei su Google non esisti (credo)


Allora, siamo in fase d'assaggio Champagne. S'avvicina quel periodo dell'anno nel quale sembra lecito bere Champagne - che roba, dovrebbe essere sempre quel periodo dell'anno. Insomma qui c'è un bel traffico di pre-beta-campionature. Giorni fa un big distributore (in sostanza Heineken, in sostanza Partesa) mi annuncia garrulo che pure lui ha uno Champ da farmi assaggiare. Evvai.
Epperò (c'è sempre un epperò) cerco su gùgol il nome della maison, e ciccia. Non c'è un piffero. Nada di niente, manco un assaggio, nemmeno una homepage. Che mi trafigge il pensiero tecnogeek-duepuntozero: ma se questi non stanno su Google, esistono davvero? O saranno una maison messa assieme con un bel nome di fantasia, etichettando una cuvée di cantina cooperativa? E infatti il prezzo è stracciato - o meglio, come direbbe un venditore serio: "adotta una politica commerciale aggressiva". Insomma, come al solito senza fare nomi, Louis Constant Champagne non l'ho ancora assaggiato, ma aspetto fremente. Chi sa parli (o taccia per sempre).

Aggiornamento del 15 Dicembre: finalmente assaggiato. Appena aperto poco esuberante al naso, ma con una spuma notevole. In bocca ha un dosaggio zuccherino un bel po' largo, e questa piccola morbidezza è la marcia in più, lo rende giuggioloso. Corto ma ludico. Secondo me, un buon acquisto.

mercoledì, novembre 18, 2009

Spammer sì, ma ecologista


Tra le tante raccomandazioni demenziali lette in calce alle mail di spam, questa mi mancava: "non stamparmi, a meno che non sia proprio necessario" (ma quando mai). Immagino che sia una cosa ecologica.

martedì, novembre 10, 2009

Bel post

Bel post, come usa dire tra bloggaroli, di Francesco Arrigoni. Parlando della Fiera di Merano, infila uno dei miei concetti preferiti:
"I produttori quando parlano del loro vino si adoperano per spiegarti quanto è diverso dagli altri, quali sono gli aspetti distintivi, i caratteri. Qualcosa che lo rende più riconoscibile. Ma puntare sulla diversità, se vogliamo ben vedere, non premia i vini in assoluto i vini più buoni, ma i vini più originali. Un po’ come lo strabismo di Venere che fa premio sulla bellezza in assoluto".
Vero è che il carattere conta, per me, ormai parecchio di più della perfezione. Si parla di vino, ma come al solito ci potremmo riferire pure ad altri ambiti.

venerdì, novembre 06, 2009

Times online, mica cotiche

L'annata del secolo a Bordeaux. Bah. Anche il Times Online è scettico, e pure caustico: "il clima eccezionale ha prodotto uva così buona che i cani diventano vegetariani, per mangiarla".

sabato, settembre 19, 2009

Domande seriamente esistenziali

Io devo capire perché la sciura col SUV Mercedes mi chiede preoccupata come mai il vermentino è aumentato di un euro rispetto all'ultima volta che l'ha preso (un anno fa). E il ragazzetto con lo scooter paga due Dom Ruinart senza batter ciglio (e ringrazia pure). Mah.

sabato, settembre 12, 2009

Atti giudiziari

E' sera. Dopo defatigante giornata a comunicare il vino, rientri a casa e nella cassetta delle lettere trovi una busta verde. "Consegna atti giudiziari". E che cavolo, pensi. Tra la posta c'è pure un altro biglietto con su scritto "lasciato avviso di consegna atti giudiziari nella posta" - che significa: il postino ti ha lasciato l'avviso di ritiro nella busta verde, e l'avviso della busta verde. Non chiedere perché, dev'esserci sicuramente un buon motivo. Fatto sta che hai dieci giorni di tempo per andare all'ufficio postale a ritirare l'atto giudiziario. Dieci giorni? E se ero in ferie? E se fossi uno che fa le ferie intelligenti a settembre? Fortuna che non sono intelligente.

Quindi stamattina sei alla posta in coda, tra i vecchietti, a ritirare il plico. C'è la linea gialla per star lontani, sai, la praivasi.
Arriva il tuo turno.
Cribbio, era ora, mo' vediamo chi mi vuole morto, che diavolo sarà.
L'impegata mi guarda male, ovvio, se uno ritira atti giudiziari ci sarà un motivo.
L'atto non si trova.

Impiegata (urla con tutto il fiato che ha nei polmoni verso una collega): "Ioleeeee??? DOVE SONO GLI ATTI GIUDIZIARIII?"
Addio praivasi. Un vecchietto osserva un suo simile con un'occhiata tipo "te l'avevo detto che quello lì mi pare uno poco raccomandabile".

Finalmente si trova il plico. Gigantesca busta verde formato A4 contenente una decina di fogli.
E sai cosa c'è dentro? Conteggi di tasse di successione. Ecco. Atti giudiziari.

sabato, settembre 05, 2009

C'è grossa crisi (nella comunicazione dei listini)


C'è questo produttore che mi invia il primo mail scritto in capslock. Tutto maiuscolo. Ora, avete presente i mail scritti tutti in lettere maiuscole, tipo nigerian scam; non sto a fare la maestrina e non rispondo, a che serve, mica è il 1997 questo, la regola non andrebbe nemmeno spiegata.
Poi rimanda lo stesso mail, questa volta scritto normale. Be', gli rispondo: mi interessa, mandami il materiale aziendale e i listini, dai, ci sto.
E quello manda la brochure e l'elenco dei prodotti per posta ordinaria. Ma perché? Hai il pulsante "allega file" rotto? Bah.
E indovina adesso che c'è: apro la busta con il listino delle referenze, e non ci sono i prezzi.
Che faccio, glielo dico?

venerdì, settembre 04, 2009

Amici degli amici (nel senso buono, eh)


Leggo con piacere che un amico descrive - bene - i vini di un altro amico. Precisamente, Michele Marziani parla, qui, di Cascina Garitina, il mio barberista d'Asti di riferimento.

[La foto è di Marco Salzotto]

Qualche lavoretto grafico

Giusto per togliere un po' di polvere, si ritorna al lavoro limando il layout. Come dicono quelli seri.

sabato, agosto 15, 2009

La mia bottiglia di Ferragosto


La mia bottiglia di Ferragosto è il Fosarin 2004 di Ronco dei Tassi. E' un'etichetta con un bella storia, vino dell'anno 2005 per il Gambero, tre bicchieri, prezzo piccolo quindi molto discusso. Ho tenuto qualche bottiglia per me, per riassaggiarlo. La domanda classica, per vini così, è: come reggerà al tempo? E' davvero questo gran vino?

Bene, a cinque anni dalla vendemmia, avevo voglia di verificare cosa è diventato questo mitico Fosarin 2004. Diciamo subito: abbastanza bene. Non momumentale, certo, ma interessante. Il naso è offuscato, forse appesantito, da note legnose-tropicali, sul genere vaniglia e ananas. Si apre con qualche lentezza, e fatica a scrollarsi via quel timbro butirroso. Durante l'assaggio il giudizio oscilla continuamente: a momenti mi pare banale, ma scavando escono sensazioni più sotterrate e complesse - lontane dall'ossidativo, sia chiaro; comunque mostra un naso all'inizio controverso. Le erbe aromatiche sul genere della salvia arrivano dopo un bel po' (ma ha avuto momenti in cui sparava il ginger), e risollevano le sorti. La bocca purtroppo segna il lievissimo amarore da fine corsa, cioè denota una maturità compiuta, che non dovrebbe consentire ulteriori evoluzioni. Questo gli fa mancare punteggi più seri, e lo attesta su 87-88/100. Dalla sua resta un curioso appeal invitante, induce ad essere ribevuto, perché svela ad ogni sorso qualche nuance inedita.

lunedì, luglio 27, 2009

Avverto una vibrazione nella Forza

Dice: "nel web si parla anche tanto, forse troppo, a vanvera e poche volte senza entrare nel cuore delle questioni miliari legate al vino". Questa è un'opinione, che io rispetto. Forse sono io che ho il gusto del paradosso, ma trovo molto ironico che questa opinione si trovi esattamente nel web.

Poi accade che oggi cercassi info su Rossese Style, una degustazione alla quale ho partecipato. E ho trovato questo:



Tanto per la cronaca: non sono quella cosa lì.

venerdì, luglio 10, 2009

Questo è il miglior post che io abbia mai scritto


Il miglior post che io abbia mai scritto, nella mia lunga carriera di bloggarolo, non sta qui su Diario enotecario, ma alloggia sui server di Intravino, ed è questo. Ora, io posso cercare molti modi per definire il senso di quanto sta scritto in quel post, ma gira e rigira non riesco a trovarne uno migliore: quel post è una gigantesca cazzata. E' una delle peggiori cazzate che si possano fare, cioè mettersi a correggere qualcun altro, e scoprire che il qualcun altro aveva ragione, e tu invece torto: come vedete, mueller thurgau è perfettamente corretto.

Quel post è la quintessenza, è il più puro, cristallino distillato delle dinamiche virtuose riferite alle conversazioni in rete. E' la prova provata che scrivere idiozie su internet non ti concede scampo, se chi commenta liberamente può intervenire a ristabilire la verità; perché, com'è ovvio, la parte seria del post, in questo caso, sta solo nei commenti. L'errore contenuto nel post ha avuto un correttore eccezionale, Fabio Rizzari de L'espresso (a proposito: grazie, Fabio) che ha precisato, tra l'altro: "l’uso dei digrammi ae, oe, ue in luogo di ä, ë, ü, è considerato da sempre accettabile". Anche Andrea, con le sue parentele tedesche, ha le sue buone ragioni: "la mia metà di famiglia germanica conferma che MUELLER è dizione corretta come sempre quando non è tipograficamente possibile mettere l’umlaut - ma fiorenzo non si consulta con i germanisti in redazione…"

Il commento di gran lunga più interessante però è quello di Vuggì, che (a parte qualche risentimento personale) focalizza il punto più importante: "quale sarebbe il proposito nel fare i maestrini dalla penna rossa? Trovare un giorno un lavoro vero e candidarsi per lavorare all’ANSA ? Torna a stupà i butiglun da quel bun. Và là".

Tutto vero. Questo commento serve a ricordare, a me e chiunque altro, che scrivere in rete non fornisce alcun privilegio, se non qualche minima credibilità smontabile in qualunque momento, non appena chi legge è in grado di dimostrare che sei in errore. Nello specifico, mi rammenta la mia essenza di bottegaio, cioè uno che nella sostanza compra e vende vino, con l'unico orgoglio che deriva dall'essere una delle tante rotelle di questo ingranaggio. E' il mio lavoro vero, e quel commento mi ricorda cosa sono. Considerando cosa ho scritto nel post precedente a questo che state leggendo, è un bel passo avanti.

Scrivere su un blog o da qualsiasi altra parte deve essere un costante esercizio di umiltà. Ogni volta che penso d'aver fatto chissacché, vado a prendere il mocio Vileda e lavo il pavimento, per tornare sulla terra. Pure ora, alla fine di questo post.

martedì, giugno 23, 2009

Nuove cose

La creatura-Intravino è al secondo giorno di vita; quando un neonato è così piccolo lo guardi e lo riguardi, cercando d'afferrare se va tutto bene; in realtà ci vuole tempo per capirlo, ma intanto, eccolo qua: attenzione ad ogni singolo vagìto, e cambiare i pannolini con cura ed amore.
Diario enotecario, invece, s'avvia al quinto anno di vita. Quando ho cominciato a trafficare col team Dissapore, ho pensato che avrei chiuso questo blogghe; ma il pensiero è durato poco; son troppo sentimentale, ed un blog corporate per la mia bottega, capirete, serve sempre. Come dico spesso, a volte guardo la mia carta d'identità per ricordarmi cosa sono: c'è scritto commerciante, ma, ora più che mai, è solo una parte di ciò che faccio, e di quel che sono.

giovedì, giugno 18, 2009

Ma chi ti scrive i testi


Appena arriva il primo caldo, che tu sia enotecaro o wine-bloggarolo, non c'è scampo, scivoli sulla celebrazione banale intitolata ad una qualche birra. La notizia è: ho un momento banale. Iersera vinto dalla calura mi sono premiato con l'Erika di Baladin, che tra gli ingredienti ostenta, pensa tu, il miele d'erica Thun. La presenza del miele potrebbe far pensare ad una birra che viri sul dolce, ed invece la nota mielosa è molto composta, per nulla prevalente, e contribuisce semmai a levigare l'amaro conferendo complessità, direi addirittura grandezza; il naso restituisce elementi affumicati e tamarindo. Una birrona gloriosa, difficilmente dimenticabile. 85/100 in punteggio, per euri 12,50 (bottiglia da 75 cl).

Due paroline sul sito di Baladin; la bellezza di una homepage finisce sempre per essere soggettiva, quindi il fatto che io lo trovi di una certa bruttezza è relativo; purtroppo Baladin.it è una discreta sòla pure sul piano dell'informazione: accedendo alla pagina che illustra la birra da me provata si ottengono info alquanto visionarie: "collaborando con la Natura l'Augusto chiama accanto a sé miele e melata, le api e gli afidi: una vera sinergia da sballo!" - insomma, qualunque roba sia, passatela.

[Volendo poi fare il rompi, nell'url, http://www.baladin.it/birra/beer-slowfood-italy-bottle-erika.html, e' di qualche significanza la parola "slowfood". Vuoi forse dirmi qualcosa?]

mercoledì, giugno 10, 2009

Qualche tipo di lavori in corso


Una delle migliori rassegne del settore enoico è Terroir Vino: l'edizione 2009 va in scena il prossimo lunedì a Genova, Palazzo Ducale (fatevi un appunto) con ingresso dalle 11 per gli operatori, e dalle 15 per il pubblico. Durante la giornata di domenica i più geek, ed io tra questi, saranno impegnati nell'inedita un-conference (una roba a metà tra una conferenza ed un incontro tra amici) alla quale sono iscritto, con un intervento intitolato "elementi confusi di comunicazione". Ci si vede lì, non troppo confusamente, spero. L'occasione sarà propizia per parlare dei nuovi, mirabolanti progetti del team Dissapore.

mercoledì, maggio 27, 2009

Io, e quell'altro


Allora, succede che la mia enoteca si chiami La Botte Piena. Erano i primi anni novanta, ed io ero ancor più faceto di adesso, che non è poco. Poi avevamo le botti, vendevamo vino sfuso, ed avevo probabilmente il perverso scopo di finire nella rubrica botteghe oscure di Cuore.
Succede, poi, che da queste parti tutti stanno aprendo enoteche, sembra che non abbiano di meglio da fare; ma perché non aprite una fonderia, piuttosto.
E succede, infine, che una enoteca da poco avviata a Voltri (quartiere genovese a pochi chilometri da me) abbia scelto di chiamarsi, in dialetto locale, A Botte Pinn-a 2. Arrivato al terzo cliente che m'ha chiesto se avessi aperto un altro punto vendita, mi sono francamente seccato. Il nome del'enoteca-clone non è esattamente identico, ma quel numero "due" che segue l'intestazione è ambiguo. Possibile che esista una "Botte Pinn-a 1", oppure è possibile che sia una precisazione in qualche modo evocativa: di me stesso. Quasi quasi ci sarebbe di che vantarsi.
Ebbene, adoperiamo il blogghe per la comunicazione ufficiale: quello non sono io. La mia azienda fu, era, è, sempre sarà una one-man-band.

Quanto al collega privo di fantasia, mi domando come procedere. Possibili vie:
1. Gli faccio causa per dieci milioni di euri (poi divido con voi, prometto).
2. Lascio perdere, e ciao.
Che fare?

domenica, maggio 24, 2009

C'è un Abisso


Piccoli geni del marketing crescono: scordatevi quel giuggiolone di Farinetti, noi abbiamo Bisson, che affonda 6500 bottiglie di spumante al largo di Portofino per affinare meglio; il vino, manco a dirlo, si chiamerà Abissi. Non so in quale misura la geniale trovata influenzerà la presa di spuma del metodo classico - quel che è certo, è che la stampa si è tuffata (ahem) sulla notizia.

[Bonus link autoreferenziale: alle solite, non si inventa mai nulla].

giovedì, maggio 21, 2009

Flettere i muscoli


E allora diciamolo: flettere i muscoli è in ribasso. Enoicamente parlando, perlomeno.
Tra le cosine raccolte nel mio tour in Valtellina ho una specie di innamoramento (oggi, ché volubile come solo domani cambio amore) per il Rosso 2006 di Ar.Pe.Pe. Il colore di questo nebbiolo valtellinese è pallidino, scolorito, quasi quasi ti verrebbe voglia di comprargli un rotomaceratore, al cantiniere. Il naso è peposo, con spezie mixate al frutto non esorbitante. Bocca perfettamente equilibrata, cioè con un ingresso pieno ma senza esagerare, all'insegna dell'armonia; veramente una delizia, perché sotto sotto cova carattere e personalità, ma senza esibizionismi, appunto. Noterella: gran parte di questo 2006 è destinato all'estero, quindi, chi lo trova si affretti a comprarlo. Quanto a me, non posso rubricare questa degu sotto i prelievi di scaffale perché ne ho pochissimo, nemmeno inserito a listino. Ad occhio e croce, verrà destinato tutto ad autoconsumo.

venerdì, maggio 15, 2009

Nel culto della bugìa

Aranciata senza arance. Ma anche "formaggio prodotto utilizzando cagliate, polveri o caseinati al posto del latte e il vino senza uva, realizzato dalla fermentazione di frutta, dai lamponi al ribes". E cioccolato senza cacao, vino rosato ottenuto da miscela di bianco e rosso; se la guerra all'aranciata fasulla sembra vinta, resta la pesante impressione che le modifiche apportate, ex lege, a quel che ingoiamo, servono a legalizzare la bugìa. Nell'articolo si legge, pure, che "l'abbassamento della qualità dell'alimentazione è diventato un pericolo reale che colpisce soprattutto le classi economicamente più deboli, costrette a risparmiare sul cibo e per le quali la spesa incide sempre più sul budget familiare". Quest'osservazione, interessante, è da collegare ad altre forme di progressiva compressione dei nostri standard; non è casuale incrociare questa con altre notizie: "protesta delle mamme: beffate sulla scelta del tempo pieno"; comincia ad essere chiaro che le storie sul mantenimento degli standard relativi alla scuola, dopo il decreto Gelmini, erano appunto storie. Oppure questa: "crolla il Pil in Italia: -5,9%". La distanza dal primo argomento è solo apparente; in realtà stiamo finendo dritti in un disastroso restringimento dei livelli minimi garantiti, e sembra che pure il cibo debba seguire le sorti, direi finanziarie, di questo declino. Su tutto, poi, prevale la menzogna degli annunci per i quali nulla cambierà, le cose verranno mantenute, eccetera. Storie, appunto.

martedì, maggio 12, 2009

Sommelier con problemi di diottrie


Qualche tempo fa Andrea ha segnalato un interessante articolo del Times Online, sull'uso del sommelier. Inteso proprio come "istruzioni per l'uso", rivolto a quanti si ritrovano davanti la ieratica figura del suggeritore di vini, magari al ristorante, e non vogliono sentirsi schiacciati dalla sua esorbitante conoscenza. Esistono problemi peggiori, potremmo dire, ma qua si parla di vino, appunto. La lunga lettura nella lingua di Albione viene opportunamente riassunta, nel blog di Burde, con i quattro punti finali: cose da fare, e da non fare; si deve:
  • informare immediatamente il sommelier del budget che avete deciso per il vino
  • Ricordare che non è solo il prezzo che fa la qualità di un vino ma spesso anche la reputazione e la relativa scarsità di una etichetta per cui spesso sono migliori affari vini che costano meno ma che offrono la stessa soddisfazione a tavola.
E poi, non si deve:
  • accettare un 2005 al posto di un 2006: controllate l’annata che vi viene effettivamente portata e insistete nell’avere esattamente quella che avete indicato perchè spesso una stessa etichetta ha grande variabilità in qualità di anno in anno e anche di prezzo, cosa che spesso non è riportata chiaramente in carta.
  • Rifiutare un vino solo perchè ha un tappo a vite, vi perdete un sacco di occasioni di assaggio di buonissimi vini.
Apparentemente, un insieme di consigli sottoscrivibili. Tanto più interessanti in quanto segnalati da un Sommelier professionista.

Tuttavia devo essermi sbagliato: tornando a rileggere il post, ho notato una serie di commenti assai seccati di altri sommelier, che, inviperiti, commentavano cose tipo: "quando un cliente si presenta e dice al sommelier qual’è il suo budget per il vino mi viene da pensare: o non ha guardato la carta oppure ritiene il sommelier un ladrone" e ancora "lo stesso vale anche per il punto due delle cose da non fare perchè significa che io potrei essere li pronto a rifilare al cliente una bufala, e anche questo lede profondamente il mio modo di pensare e di lavorare". Ma dai? Come se la carta dei vini fosse esibita sempre, ovunque. Come se polemiche di questo tipo non fossero sorte mai.

Insomma, classico esempio di comunicazione non pervenuta: eppure, tutto mi pareva assai chiaro: possibile che qualche sommelier abbia problemi di diottrie? Soprattutto: la lunga lettura del Times (cliccare i link aiuta molto a comprendere) avrebbe consentito di esprimere commenti un po' meno acidi, e, spiace dirlo, assai coda-di-paglia. Da addetto ai lavori, e da frequentatore di sommelier, so benissimo che le quattro, semplici regolette elencate da Andrea non sono, propriamente, legge incisa nella pietra: io ho trovato quel richiamo assolutamente opportuno. O forse la funzione del sommelier è talmente sacrale da non sopportare alcun genere di appunto? Tra l'altro, nessun commentatore del Times Online ha rilevato questa grave, lacerante offesa alla dignità del sommellier.

Propendo per qualche difetto di visualizzazione. Del resto, un commentatore chiosa: "non ho ben capito se tu andrea gori sei o no un sommelier". Ecco, appunto, capire meglio aiuterebbe (il commentatore).

[Piccola postfazione: ovviamente mi fa velo la mia amicizia con Andrea; anzi, colpevolmente, ho rimandato di segnalare che a Firenze da qualche tempo esiste un fighettodromo assolutamente imperdibile, l'Osteria Tornabuoni, in cui il prode Andrea è schierato, pensa un po', in quanto Sommelier. Qui una mirabolante galleria fotografica].

mercoledì, maggio 06, 2009

Scopri l'intruso


Nello stesso articolo, sul Resto Del Carlino, c'è l'intruso. Scoprilo. Nella prima parte si legge:
Sono dei veri e propri esperti di nettare degli dei i ladri che, la notte tra sabato e domenica, hanno messo le mani sugli scatoloni di vino in bottiglia che si trovavano nel rimorchio di un tir.
E poi prosegue:
Preziose bottiglie della ditta Cavit pronte per essere portate a destinazione il giorno successivo.

lunedì, maggio 04, 2009

Veniamo giù dai monti

Ma non è Tirolo; siamo lietamente fuggiti in Valtellina per il finesettimana allungatissimo; e per sentirci meno in colpa abbiamo caricato il bagagliaio di rossi valtellinesi.

Abbiamo visitato - anzi, ho visitato, ebbasta con 'sto plurale majestatis - ho visitato un paio di produttori interessanti, tra un ozio e un abbronzaggio. A parte il must Ar.pe.pe, presso il quale ho fatto solo assaggi di botte (rece prossimamente) ho aggiunto alla wish list Balgera, con tre nebbioloni ipertradizionalisti. Interessante il suo "Riserva del fondatore", un inedito mix delle 4 aree storiche valtellinesi, messo in vendita solo dopo lunga maturazione in legno, e in vetro. La maturità è la cifra stilistica da ricercare nei nebbioli di quest'area montagnosa: il tempo concede alle durezze di diventare carattere; quindi, onore al merito a Balgera, che affina i suoi rossi per periodi non piccoli, prima della commercializzazione. Nella borsa della spesa c'è il suo Sforzato "tradizionale" e quello appena più modernista (barrique quasi irrintracciabile) e sono vini del 1998, e 1999.

Un po' di immagini a corredo di tante fatiche; nella pic#1 le etichette di Balgera; la foto numero 2 ritrae la tipica vigna valtellinese, ripida, scoscesa e impercorribile (è vitivinicoltura eroica, non per niente). L'immagine nr.3 non ritrae la grotta di Alì Babà, ma la cantina di stagionatura degli iperbolici Bitto reperibili presso il mio ospite (quando si dice il caso), l'agriturismo Ribuntà. Infine, l'antro ritratto nella foto 4 è la cantina di Balgera, praticamente un'icona della cave vecchio stile.


martedì, aprile 28, 2009

Afrodisiaci al tempo della crisi

Gli esperti hanno parlato chiaro: "peperoncino e vino rosso più eccitanti di ostriche e Champagne". Di certo, meno costosi.
Per 7 esperti su 10 il legame tra cucina e stimolo sessuale e' fortissimo e ad ''accendere'' il desiderio sono soprattutto gli ingredienti e i prodotti del made in Italy. Altro che ostriche e champagne: i veri interruttori della sensualita' sono le spezie, come il peperoncino (61%), i formaggi, soprattutto quelli italiani (58%), e il vino rosso (25%).

mercoledì, aprile 22, 2009

Sauvignon da niubbone


Ci sono vini tipicamente per niubboni, cioè per novellini, per quelli appena entrati nel consesso degli enofili; sono vini che esagerano a sparare corredo aromatico, principalmente, e colore e magari corpo ciccioso ed ingombrante. Scordatevi "less is more", per il niubbone enoico "more is more". Più ce n'è, più ci si diverte. Col tempo poi si affina il gusto e si finisce per diventare vecchi brontoloni, a rincorrere l'eleganza e la stratificazione, ma agli inizi ci siamo tutti tuffati, garruli, sui novelli o sui Gewürtztraminer (dai, confessate).
Il Sauvignon, quando è duro e cattivo, cioè quando spara la foglia di pomodoro al naso e ti tramortisce di carica aromatica, rientra tra questi. Ora, siccome a me quest'idea di Sauvignon continua a piacere nonostante le ere geologiche che ho passato ad assaggiare, mi reputo ancora un po' niubbo. Eccone uno, da poco arrivato: il Savignon Alto Adige 2007 Puntay, di Erste&Neue, che mi salva dallo svenimento olfattivo (per orgasmo sopravvenuto, sia chiaro) solo perché appena appena affinato; in realtà è ancora un baby, e le note varietali sono miscelate a splendidi picchi salmastri; la bocca ha un salino nervoso, scattante, ed è un piacere totale. Vorrei restare niubbone per sempre, e non crescere mai. 89/100, per euri diciannove.

venerdì, aprile 17, 2009

Prove tecniche di teletrasporto


Non è tratto da Star Trek, ma dall'intervista a Il Salvagente, di Sandro Sangiorgi:
"Qualche giorno fa mi è arrivata la newsletter di un’azienda straniera del biotech che proponeva una tecnica per scomporre il vino e poi ricomporre gli elementi per ottenere un prodotto differente"
L'intervista non manca di altri notevoli elementi d'interesse; spicca la descrizione del vino de-alcolato:
"Ha un sapore agghiacciante, e la parola non è casuale. Un vino è come una materia vivente: l’alcol è come il sangue, l’acidità è la spina dorsale, gli estratti sono muscoli e ossa, i profumi sono il talento; senza alcol il prodotto perde il fluido che fa circolare tutte le sostanze. È freddo come un morto".

giovedì, aprile 16, 2009

Panacea


"Una volta pensavo che uno degli argomenti su cui scrivere, sarebbe stato l'effetto salutista del vino. Ben presto mi sono accorto che quello poteva diventare un lavoro a tempo pieno". Alder dixit, e questo è scolpito nella pietra; nelle ultime settimane i miei feed mi hanno narrato di molteplici, ulteriori effetti salutisti (ma pure no) a getto continuo. Un paio a caso: già i faraoni dell'antico Egitto si curavano col vino; oppure: i nutrizionisti (ri)spiegano perché il vino fa bene. C'è pure qualcuno che arriva a rovinare la festa, tipo gli oncologi francesi che collegano il vino all'insorgere di tumori - e manco a dirlo i viticoltori francesi non la prendono benissimo: "French winemakers and grapegrowers are furious over a pamphlet published by the country's Health Ministry that directly links wine consumption to cancer".

Comunque, la notizia salutista del giorno è quella segnalata dal già linkato Alder, sugli effetti anticarie dello Chardonnay, e nel mio blogghe già ne scrissi. In mezzo a tante notiziole, ricordiamoci un aspetto su cui dovremmo tutti concordare: l'alcol va assunto con moderazione totale, tutto il resto è folklore.

giovedì, aprile 09, 2009

Non ci voleva poi molto/2


Finalmente quello che serve veramente nel wineblogging: un blog con le donne nude. Un faro che illumina nuove vie di comunicazione: HoseMaster of Wine.

[Grazie Andrea per la segnalazione]

mercoledì, aprile 08, 2009

Fatti privati

Carissimi giramondo che conoscete-i-posti-giusti, mi servirebbe un bed&breakfast in zona Castione Andevenno (Sondrio) per il periodo del primo maggio. Certo, potevo googlare, ma mi fido assai più di voi (per non dire della pigrizia). Quindi, suggerimenti ben accetti. Si vince tutta la mia stima.

[Update: anche un'idea su quale cantina valtellinese vedere, alternativa, non sarà disprezzata]

domenica, aprile 05, 2009

Di ritorno sulla Terra


Facciamo un buon proposito per il giorno: niente resoconti di fiere. Mi basta ricordare il senso di pace celestiale che respiro ogni volta che mi addentro in Alto Adige. L'ultima tornata di assaggi l'ho saviamente (mi complimento con me stesso) dedicata a Summa 2009, che dopo il Vinitaly è un po' come cambiare pianeta; più che assaggiare, mi sono rigenerato a far quattro passi per un paesino che pare uscito da uno spot; ci mancava solo Petar e Heidi; le caprette e tutto il resto già c'erano. Altoatesini, una piccola raccomandazione: per favore, continuate così.

Poi, ci sta pure la nota nella lista della spesa: su tutti, ricordarsi di ordinare un clamoroso Pinot Nero performato dal mio moscatista del cuore, Paolo Saracco. Frutta dolce, stile, balsamo esistenziale. Insomma, m'è piaciuto. Ed ora posso pure dirlo: oggi finisce la mia quattro-giorni-quattro di defatigante lavoro, e da domani torno in vacanza (cioè in bottega).

mercoledì, aprile 01, 2009

Qualche tipo di comunicazione di servizio

Da domani, l'enotecario tenutario trasloca a Verona; quindi la bottega chiude, e riapre martedì prossimo. Ci sono buone probabilità che sia superfluo precisarlo, ma siamo in fase Vinitaly.
Quest'anno la fiera sarà in qualche modo bloggata live, assieme alla crew di Dissapore, e soprattutto via Twitter. Quindi aggiornate i bookmark, e stay tuned.

[Sì, confermo: vengo pagato ad inglesismi. Più ne uso, più guadagno]

giovedì, marzo 26, 2009

Momenti febbrili


Riemergo da due-tre giorni di febbrone inenarrabile; ho addirittura abbandonato la mia creatura (l'enoteca) per fare il fannullone, come direbbe qualcuno, cioè per curarmi a casa. Incredibile, Brunetta ha reso appetibile lo status del commerciante: puoi stare a casa se sei malato (e perdi qualche euro, come fossi un impiegato comunale) ma non te ne importa nulla della visita del medico fiscale: sei liberissimo di tracollare. Quindi, allegria.

Pochi giorni di blackout accumulano subito un corposo arretrato. Ho del tutto perso questo succulento dibattito sulla funzione (tra l'altro) dell'enotecaro, che vi consiglio di leggere; ho prodotto (oddio, termine un po' forte) unicamente questa bella pensata su Dissapore, e per il resto mi sono lagnato.

Ma tra tanti arretrati, devo subito eliminare un malefico sassolino nella scarpa. Cari produttori di vino, parliamo del Vinitaly. Ora, io mi sono infilato, da un bel po', in un curioso tunnel: spesso acquisto da produttori che non hanno rete vendita; quindi, col passare del tempo, le visite dei rappresentanti da me si sono rarefatte fino a diventare zero, perché tanto, nella loro immaginazione, io li aborro. E probabilmente li terrifico pure, boh. Di fatto, ora che si avvicina il Vinitaly, mi ritrovo (pure quest'anno) quasi senza biglietti per l'ingresso: e sapete perché? Perché voi, cari i miei produttori, fornite i biglietti solo ai rappresentanti! Basta, disintermediate, e mandateli direttamente a me. Anziché spammarmi, per dire, mai uno che mandi un biglietto aggratis. Poi dite dei genovesi, eh?

Dura la vita dell'enoblogger. In fiera non si entra in quanto blogger, e nemmeno in quanto commerciante; questa è la volta buona che, come forma di protesta, pago il biglietto.

venerdì, marzo 20, 2009

Il famoso rapporto prezzo/prestazioni

Tra le mani mi sto rigirando la fattura annua del contratto di manutenzione relativa al mio registratore di cassa: 139 euri. Si tratta di una delle circa seimila tasse occulte, o gabelle medievali, che sono di pertinenza di ogni bottegaio che voglia operare nella legalità (o che perlomeno ci prova). E' sempre molto rischioso, e difficile, valutare il rapporto prezzo/prestazioni del lavoro altrui; di fatto, per centotrentanove euri, una volta all'anno, un tecnico della locale concessionaria Olivetti si fa un giro attorno al registratore di cassa, lo guarda, guarda me, mette un adesivo, lo firma, e se ne va. All'incirca sei minuti di lavoro, al lordo dei saluti e al netto dei mavaffa che mi tengo in tasca. Tutto ciò vale quella cifra? L'ho detto, è difficile da definire. Io sono un mercante, e so valutare, nello specifico, il prezzo di una bottiglia di vino, riferito al suo valore qualitativo; al di fuori di questo, appunto, ogni giudizio si fa rischioso.

Quindi, facciamo un esempio con qualcosa di più consono alle mie competenze. L'altroieri ho acquistato sei bottiglie di Pedro Ximenez, un vino rosso ambra cupo (da uve bianche) dolce, fortificato (liquoroso) proveniente dalla zona di Jerez. Si tratta, nello specifico, di una delle espressioni più esaltanti del concetto di vino da meditazione; un vino sontuoso, immenso in abbinamento col cioccolato. Questa è la home dell'azienda produttrice. Circa la produzione, la faccio breve: per ottenere una bottiglia di questo nettare serve il lungo metodo soleras, con percentuali di vino-base affinate oltre vent'anni. E veniamo al punto: una cassa di sei bottiglie costa, fatturata, euri 106,32.
Da come la vedo io, la manutenzione del registratore di cassa cosa all'incirca cento euri più del suo valore reale. E questa cifra rappresenta, semplicemente, un esborso privo di giustificazione.

lunedì, marzo 16, 2009

Dissapore, con parole mie

Abbiamo cercato di parlarne, tutti quanti, il più possibile; abbiamo dato qualche anticipazione, abbiamo giocato all'annunciazione virale, insomma, ci siamo sbattuti un po'. Tuttavia è possibile che a qualche contemporaneo sia sfuggita una news così fondamentale: oggi nasce Dissapore, un nuovo luogo virtuale a tema wi-fu (wine-food, ci siamo capiti). Si sente il bisogno di un nuovo coso così? Certo che yes.

La creatura neonata è un blog, ma ha assai alte aspettative; aspira ad essere un posticino dove reperire notizie (o contribuire a crearle, nello spirito del contenuto generato dall'utente) relative al nostro garrulo mondo; che è un luogo di lavoro, ed è sede di passioni. E' una capace barca comandata da un capitano (mio capitano) di lungo corso, con un bell'equipaggio motivato e competente. Io sono tra quelli. Sono in ottima compagnia, con un gruppo di persone che condivide con me (oltre che il mestiere e la passione) l'amore per il linguaggio irrituale del mezzo internettiano - altrove saremmo definibili come "redazione". E siccome credo che questo mezzo costituisca gran parte del futuro legato alla comunicazione, sono alquanto orgoglioso di essere un associate editor (e diciamolo chiaramente, questo era un titolo che mai mi sarei sognato di vedermi affibbiato). Per questo, e per altri motivi così, questa è una giornatina memorabile.

Da quando ho preso seriamente in considerazione di modificare il mio mestiere, questo è il primo, vero passo verso qualcosa di nuovo. Ma siccome ci si muove su territori vergini ed alquanto oscuri, e siccome sono bradipico nei miei salti nel vuoto, è assai presto per dire che "faccio un altro lavoro". In realtà credo d'aver capito (almeno) una cosa, nel tracollo delle certezze economico/finanziarie degli ultimi tempi: il lavoro cambia fino a diventare qualcosa che, chiaramente, non è quasi più riassumibile con nessuno dei precedenti descrittori. Mi avvio a non essere più un "commerciante", ma sto diventando una specie di "commerciante comunicante"; ecco, ve l'avevo detto, i termini falliscono nell'impresa di descrivere questo magma. Eppure, questa totale incertezza, questa mancanza di parametri, ha in sé qualcosa di incomprensibilmente buono. Appena lo afferro con chiarezza, giuro che ve lo spiego.

venerdì, marzo 13, 2009

Cronaca vera

Chi legge Il Mio Vino non lo confessa, ma la prima pagina che apre è quella della rubrica "la grande delusione" (magari poi non legge altro, ma questo è un discorso da snobboni, quorum ego). E' un esercizio tra il sadico ed il vojeuristico, e in fondo, diciamolo, chi di noi non ha mai sfogliato Cronaca Vera, dal barbiere: vogliamo vedere il sangue, la zuffa. La rubrica in questione prende un vinone a caso, trebicchierato o pentagrappolato o comunque multipremiato, e lo sbertuccia senza pietà. Nell'ultimo numero in edicola tocca al Moscato d'Asti De Miranda, di Contratto; un Asti assai sui generis, giacché è una rara versione nella quale la presa di spuma avviene con il lento ed elaborato metodo classico, e non con l'abituale Charmat; un vino di notevole spessore qualitativo, per quello che è il mio ricordo; gli assaggiatori de Il Mio Vino invece l'hanno infilzato senza pietà: troppo corto, troppo dolce, troppo disarmonico. Lasciamo però gli assaggiatori al loro destino di fustigatori: io mi concentrerò su un aspetto secondario ed accessorio.

I redattori del mensile hanno segnalato un notevole divario di prezzo tra diverse enoteche nelle quali hanno acquistato i campioni; come d'uso, e come da immagine qua sopra, hanno riportato gli scontrini. Si va da 22 Euro, fino a 34, per arrivare ai 44 Euro come prezzo massimo - e per la stessa bottiglia! In un colpo solo Il Mio Vino riesce nel meritevole compito di malmenare Contratto, e tutta la casta degli enotecari (bella performance) con i loro incomprensibili ricarichi - ed in effetti, tale divario è pure per me alquanto misterioso.

Eppure la vita dell'enotecaro non sembra tutta rose e fiori. Diamo un'occhiata da vicino ai tre scontrini.
Lo scontrino più basso, 22 euro, reca il numero progressivo 3, ed è stato battuto alle ore 17,21: solo il terzo scontrino emesso quando ormai è tardo pomeriggio. Lo scontrino intermedio, 34 Euro, ha numero progressivo di emissione 2, ma viene emesso alle ore 9,59: parrebbe che nella seconda enoteca gli affari vadano, di poco, meglio che nella prima. Il terzo scontrino, il più esoso, ha pure lui numero progressivo 3, ma è emesso nel primo pomeriggio. Cosa si evince da questo studio degno dei Ris di Parma? Primo: a condurre enoteche non ci si arricchisce. Secondo: l'enoteca più conveniente ha anche la performance più fallimentare. Buona partita Iva a tutti.

giovedì, marzo 12, 2009

Tutta gente che non parla da sola

Giulia è la regista; Francesca voleva sposare Incisa (maddai, che gusti). Tutta gente che non parla da sola: Dissapore is coming.



mercoledì, marzo 11, 2009

Non ci voleva poi molto


Lo spammer del giorno ha finalmente capito cosa serve, per convincere i clienti.

[Update del giorno dopo: con colpevole ritardo, solo oggi leggo questo fondamentale post di Stefano Berti].

martedì, marzo 10, 2009

Addio solipsismi

Oppure: della solitudine del bloggarolo. Assomigliamo a strani tipi che parlano da soli? Ma non sempre, e comunque, non questi due, quassotto, che hanno smesso.



venerdì, marzo 06, 2009

Se lo dice Gùgol


Passatempo per sfaccendati: giocare con i risultati suggeriti nel campo per la ricerca di Google; ad esempio, PTWG ci ha provato con "alle donne piace" (con risultati assai interessanti). Se avvii la ricerca digitando "il vino fa", ecco una serie di suggerimenti su cui elucubrare.

[Update: leggo ora l'imperdibile notiziona: "le donne stregate dal 'rosso' hanno una sessualità complessiva migliore rispetto alle astemie", e già mi consolo].

mercoledì, marzo 04, 2009

Titoli tossici


Wall Street Journal titola duro: A Waning Affair With Barolo. Critica la vendemmia 2004 (che jella, a Montalcino era l'annata del secolo) e pure i prezzi. Piccolo estratto:
Darn it. They really just weren't that impressive. You can't imagine our shock and disappointment. Flight after flight left us cold. They weren't bad. They were pleasant enough. But with wine after wine, we used a word that should never be used to describe Barolo: simple. It's not that they were made in more of an "international" style, with softer tannins and a smoother taste, though that was sometimes the case. It's that the bar, overall, seemed lower than it has been. The wines lacked soul and intensity. We expect greatness, or at least a reach for greatness, from Barolo.
Noi, per fortuna, abbiamo Il Sole 24 Ore che controtitola: Guerra dei vini: il Wsj attacca il Barolo ma sbaglia la mira. Dove tra l'altro Cernilli afferma:
Per quanto ne sappia il Barolo 2004 è un vino che dà soddisfazione. Lo confermano i 30 nomi a cui abbiamo assegnato il punteggio massimo dei tre bicchieri. Non vorrei pensare male, ma ho l'impressione che il giudizio di Gaiter e Brecher, che peraltro conosco personalmente, fosse una sorta di risposta non al Barolo ma ai degustatori loro antagonisti.
Si poteva pure fare la battuta sui giornali finanziari, e sulle loro capacità di discernimento ultimamente un po' appannate, ma era troppo facile.

martedì, marzo 03, 2009

Cassiera, e Grande Fratello


La signora è alla cassa del market, sta per pagare, ma la cassiera obietta: per chi è quel vino? La signora ha 46 anni, ma con lei c'è la figlia quattordicenne. E, sfortunatamente, la giovane non ha alcun documento che provi la parentela. La cassiera è irremovibile: niente vino per la coppia, non si sa mai, magari lo sta comprando la ragazzina.
La signora si lamenta, s'indigna, e poi si arrende. Esce, lascia la figlia in auto, ritorna, e finalmente sola compra la pericolosa bevanda (oh, tanto attaccamento al market meritava quasi uno sconto, ma vabbe'). Morale: quando vai al supermercato, ricordati di lasciare la figlianza a casa (oppure dotala di documenti). Tanto zelo accade alla Tesco di Portsmouth; da noi dubito, ma se si diffonde, sai che bello.

lunedì, marzo 02, 2009

Antialcolismo: you're doing it wrong


Terrificati da quest'immagine, ai primi del novecento masse di americani hanno optato per l'alcol. A volte gli esperti di marketing hanno qualche ragione, parlando di testimonial.

[Sull'immagine in questione, qui qualche dettaglio]

mercoledì, febbraio 25, 2009

Schede, appunti, note di degustazione. Sopravvivere ad esse.


Eric Asimov, durante l'ultimo Symposium for Professional Wine Writers, ha criticato la "tirannia degli appunti di degustazione": intimoriscono gli enofili alle prime armi, e non hanno comunque utilità descrittiva. Il mio post, per la verità, riporta quanto ha scritto Alder Yarrow, che era presente al symposium e ha trascritto le affermazioni di Asimov, a cui ora faccio riferimento. Tuttavia, se leggete il post di Vinography e i successivi commenti (lunga lettura) vedrete che l'assunto non è poi troppo sottoscrivibile. Nel vedere perché, vi annuncio che riassumo-il-riassunto di Asimov ad opera di Alder, e ve lo traduco pure. Tranquilli, è meno caotico di quello che sembra.

Eric Asimov, via Alder, afferma:
il maggiore ostacolo all'apprezzamento del vino nel pubblico consiste nell'ansietà dell'enofilo apprendista; questa ansietà deriva dall'idea comune, per la quale bisogna intendersi bene di vino, se vuoi goderlo appieno. E infatti afferma cose tipo: "vorrei capirci qualcosa di più, dovrei fare qualche corso... che libro mi consiglieresti?" - Insomma: molti pensano che bisogna mettersi a studiare, piuttosto che bersi serenamente un bicchiere di vino; gran parte mette il vino su un piedistallo, quasi fosse riservato a pochi. Questo, poi, non avviene certo per ogni ambito di consumo; tuttavia, accade col vino. Da qui derivano una serie di fatti disdicevoli, tipo identificare l'esperto di vino con l'insopportabile snobbone, che nemmeno ti considera se non conosci il tale produttore o la tale annata. Di chi la colpa? Forse (secondo Eric) questo è dovuto al fatto che il consumo di vino non sia (tra gli americani) un fatto di cultura quotidiana, quindi che sia necessario leggere un manuale di istruzioni, prima di avviarsi a questa costumanza. E proprio qui nasce il problema: le pubblicazioni in materia sono piene zeppe di tasting notes, di appunti di degustazione; sembra che i critici del settore sappiano fare solo quello, scrivere veloci schede di degustazione fatte di termini descrittivi lunari, e punteggi, cosicché il vino sembra essere solo questo, ormai. Quasi come se per descrivere un concerto, ci mettessimo a misurarne i decibel. E più la gente legge schede e punteggi, meno riesce a ritrovarsi in questi parametri, e l'ansietà cresce. Per far loro un favore, dovremmo smettere di scrivere schede, e trovare un altro sistema per trasmettere l'esperienza e l'emozione del nostro rapporto col vino.
Ecco, fin qui la critica. Tuttavia, come dicevo, la proposta "zero schede" non vede tutti favorevolissimi.
Credo di poter dire che le affermazioni di principio di Asimov siano, da queste parti, abbastanza recepite; come d'uso indulgerò nell'autocitarmi, ma io, come molti, sento da tempo il bisogno di rifondare gli elementi di descrizione critica del vino; si tratta, in sostanza, di trovare un modo nuovo; si tratta di contestualizzare il prodotto al produttore, e soprattutto di compiere una narrazione di persone e storie, piuttosto che compilare una pagella. Se poi guardo all'ambito comunicativo che frequento di più, quello dei blog, mi pare che questo sia da tempo l'atteggiamento prevalente - e molte sono le voci che chiedono di eliminare una volta per tutte il sistema stesso dei punteggi. Per farla breve, il rigido schematismo da tasting notes non appartiene a chi ha scelto da tempo di raccontare, nel modo più articolato possibile, il vasto enomondo.

Discorso a parte credo si debba fare per la terminologia. E' un dato di fatto che la narrazione di cui sopra passi per elementi di linguaggio che siano descrittivi. Sta a noi, di volta in volta, individuare una terminologia che riesca ad essere tecnica, e nello stesso tempo comunicativa. Si va dalla prosa maroniana al suo opposto (mi viene in mente Il mio vino, che fa un punto d'orgoglio l'uso di termini basilari: buono, non buono). Il punto è che, piaccia o no, a volte bisogna pur descriverlo, questo benedetto vino. Parto dal mio orticello, che mi viene facile: quando un cliente in enoteca mi chiede "com'è questo Lambrusco" significa che io devo lanciarmi in una delle mie funamboliche scene descrittive; e da quel che vedo, l'audience apprezza, ancora non m'è capitato il cliente che trovi ostico "spuma orgogliosa, naso fitto di frutti rossi" (o forse temono la mia stazza, boh).

Due parole infine sui malefici punteggi. Ribadisco quanto già detto, a proposito di una lettura recente. Andrea, dopo Benvenuto Brunello, ha fatto quello che io considero quasi un favore personale: ha elencato su Facebook(*) la lista totale dei Brunello assaggiati, con due-tre parole per ognuno, ed il relativo punteggio centesimale; questo mi ha consentito, praticamente in due minuti, un punto di vista esauriente (e affidabile, per quel che so). Chiaramente, quella lista aveva un valore riassuntivo, da addetti ai lavori; perché appunto la narrazione di tutto il resto, del contesto, delle persone, è cosa ben più lunga.

(*) Se ancora non ti sei dotato di feissbucc, fai lo sforzo.

martedì, febbraio 24, 2009

Bisogni


Il mondo del vino in rete ha bisogno di nuovi portali (delle strade e dei gusti, eccetera). Quello in questione pare ancora traballante - nessuna risposta infilando pigato oppure chianti nella ricerca. In attesa che il megaportalone s'attivi, auguri.

venerdì, febbraio 20, 2009

Sarà un lungo lungo secolo

Questo secolo è appena iniziato, ma io credo d'avere visto già due o tre annate del secolo. O forse è solo un problema di terminologie desuete.

martedì, febbraio 17, 2009

Il modernismo italico (oppure territoriale)

Se c'è una una rissa in cui eviterei sempre di ficcarmi, è quella tra modernisti e tradizionalisti. Potrei dire che sono tendenzialmente pacifico, oppure che sono pigro, oppure che non ho le idee chiare in proposito, siccome in realtà sono lib-lab e ondeggio; oggi sono l'uno, domani sarò l'altro. Quando la voglio spiegare facile ai miei clienti inquisitori, dico che non mi precludo nulla, per prendere il meglio di due mondi. Un po' pilatesco, ma efficace. Il fatto è che pure il termine modernista è vago, e non identifica con precisione un vino; negli ultimi tempi ho assaggiato qualche roba potentemente internazionale (California) ed indubitabilmente modernista; la faccio breve: quel genere di interpretazione enoica m'ha annoiato e non ha acceso in me il sacro fuoco del buyer, quindi niente ordine d'acquisto. Ieri, invece, sono ritornato, per la seconda volta in poco tempo, sul Bric du Luv 2003 di Ca' Viola. Altro modernista. Eppure.

Io credo che esista, per fortuna, una via italica al modernismo. Il vino in questione è composto da Barbera, al 95%, e Nebbiolo per il restante; il vitigno maggioritario segna il prodotto finale, con la sua carica vibrante, resa meno dura dal tempo (parlo di un 2003, dicevo), dove la componente della maturità ha esaltato la stratificazione olfattiva; la modernità non prende il sopravvento sul vitigno, e l'esecuzione non stravolge il territorio (ecco, l'ho detta, la parola magica). Probabilmente questa capacità di esibire carattere, ed identità, rende certo modernismo italico più comprensibile, e per me più gradito. Per inciso, questa bottiglia guadagna facile 87/100, ed in enoteca costa ventisette euri.

[Linx: Beppe Caviola pare non avere un sito proprio, a parte questo. Alcune degu interessanti: qui quella performata da Roberto Giuliani, e qui quella ad opera di Andrea Scanzi].

lunedì, febbraio 16, 2009

Tantovale che me ne sto a casa

Il liveblogging della settimana delle anteprime toscane sta qui. Sì. d'accordo, non è proprio come assaggiare, ma è quasi come.

martedì, febbraio 10, 2009

Quattro pezzi facili

A mano a mano che si avvicinava il mio quarantacinquesimo compleanno, mettevo via la bottiglia che mi pareva adatta a celebrarmi. Però, dopo qualche tempo, le bottiglie esorbitavano il numero del possibile; così si sono accumulate, e sono state libate in un arco di tempo un po' dilatato; come per certi re od imperatori, il mio compleanno è durato una quindicina di giorni. Per alcune di queste etichette, ho serbato gli appunti.

1. Invecchiare male.
Ah, i bei tempi in cui ero un maroniano militante. Dove sono andati, quei tempi? Che ne è stato del giovine assaggiatore che sbicchierava marmellate? Che ci faccio, ora, con questa bottiglia di Brunello Biondi Santi 1998? La apro e medito sul tempo che passa. Ci sono griffe e griffe: Biondi è il genere di griffe dalla fama meritata; la nobiltà di questo naso vola alto sulle omologazioni vanigliose; il colore, semplicemente, non degna di nessuna considerazione la massa dei vinoni color melanzana. La somma finezza è somma grandezza. Sciapò, inchino, sospiri, e lacrima di commozione. 90/100, per 89 Euros.

2. Di male in peggio.
Non guardarmi storto, o Barolo Riserva 2001 Broglio, di Schiavenza: tu non sei un rincalzo, non sei un ripiego di Biondi; non ti tenevo come ruota di scorta. Tu sei una storia a parte, sei altra cosa, altre vigne e altri vitigni. Certo che questo naso, non lo dimenticherò facilmente. Ma quanto ci starei, sul tuo bicchiere? Quante volte t'ho fatto girare e rigirare, e ogni volta a trovare qualcosa di nuovo? E ogni volta, alla fine, lo stesso pensiero: "ecco perché faccio questo mestiere". Ancora un grande, sontuoso, senza muscoli dopati. 90/100, per 46 euri.

3. Sweet home Alabama Alsazia.
Qualcuno può spiegarmi, per favore, che diamine hanno gli alsaziani? Ma perché devono lasciare nel loro Traminer certi residui zuccherini da stordimento papillare? il Gewurtztraminer Wintzheim 2006 di Zind Humbrecht è una roba da pasticceria secca. Già il colore ti butta giù dalla sedia, quando lo versi: ma che è? Pare ambra liquida. E poi la dolcezza: sì, va bene, non è una cosa tipo passito, ma è ugualmente mieloso; ci vuole quel suo nerbo deciso, salino/minerale, in bocca, a tenerlo in piedi, a giogioneggiare amabilmente su un risotto thai con gamberetti e curry. Dopo lo spiazzamento iniziale, that's ammore. Oh, esageriamo: è pure bio. 88/100, al modico prezzo di Euro 21.

4. Hahaha! Nero d'Avola! No, dai, davvero, cosa bevi...?
Evabbe', alle solite, se uno beve Nero d'Avola pare un mentecatto. Ma il Rosso Eubea 2005 di Adele D'Angelo, appena arrivato, a me piace troppo. Ci risiamo coi rossi a-muscolari, che non vogliono dimostrare nulla, eccetto ciò che sono: naso di frutta rossa finissimo (more), bocca soffice, bottiglia perfetta. 82/100, e costa la bella cifra di euri 8,90.

[Postfazione: per la prima volta nella storia di questo blog, finalmente pure io esibisco una determinante foto presa da iPhone. Ovviamente non mio, io resto ancorato a Nokia]

venerdì, febbraio 06, 2009

Karma police

Qualche giorno fa a bottega ho avuto l'ennesima epifania di due tipi dell'Agenzia delle entrate. La vicenda merita una descrizione approfondita, anche per spiegare, a tutti quelli che sognano un'attività in proprio, cosa sia veramente questo garrulo mondo.

Quando succede che due di questi entrano in negozio, il tempo e lo spazio subiscono una distorsione dimensionale, e tu sei contemporaneamente personaggio di Orwell, Kafka, e Walt Disney. I due non profferiscono altra parola che "siamo dell'Agenzia delle entrate" con tono misto, tra il solenne e l'addolorato, ed in quel momento io penso solo: vorranno comprare del vino. Eh sì, perché io nemmeno per un attimo mi immagino oggetto di ispezioni poliziesche: a chi, a me? Io che sono la bontà personificata? Così me ne esco con un surreale "cosa posso fare per voi?" - mentre quelli hanno già messo mano al tesserino identificativo, tanto per significarmi che non è uno scherzo; un uomo ed una donna: questa, più silenziosa, sembra pure la più dura; l'altro è loquace; comunque, scene già viste svariate volte, l'ultimo controllo risale all'estate scorsa; così, non mi sorprendo poi molto quando ordinano "ci faccia vedere un documento d'identità; ed il registro dei corrispettivi, il registro d'emergenza, il libretto di dotazione del registratore di cassa". Consegno la patente, vado in ufficio, prendo i plichi; comincia la verifica.

Il registro dei corrispettivi è un quaderno su cui va scritto, giornalmente, l'incasso; questo si ricopia da un foglietto da allegare che, alla fine di ogni giorno, il commerciante stampa dal registratore di cassa (difatti si chiama "riepilogo"); il dato risiede, quindi, nella memoria fiscale della macchina, ma va comunque ricopiato su un supporto cartaceo. Evitate di fare obiezioni sul senso della cosa, da adesso dovete cercare di sospendere le facoltà logiche, e comunque dovete farlo sempre, in simili contesti. Il registro d'emergenza serve in caso d'emergenza (l'avevate indovinato, sì?) cioè quando, per un qualsiasi guasto, non posso usare il registratore di cassa, e quindi, temporaneamente, devo segnare le cifre di ogni mancato scontrino. La loro somma va inserita nel registro corrispettivi, poi. Il libretto di dotazione del registratore di cassa, infine, oltre a provare che ne possiedi uno (è quello lì, lo vedi?) serve a riportare gli obbligatori interventi periodici di punzonatura del rivenditore, la manutenzione, e tutta la risma di tasse occulte connesse con tali obblighi.

La verifica procede bene: il più umano dei due scartabella i papiri ed ogni tanto dice "bene, molto bene". Io lo so che faccio tutto per bene, e so pure che, se in uno di quei fogli ho sbagliato una virgola, estrarrà la Luger e mi finirà con un colpo alla tempia. Entra un cliente, vede i due che stilano un verbalone su carta intestata all'Agenzia, sbarra gli occhi e riguadagna l'uscita, balbettando "torno dopo". Scorrendo il registro corrispettivi, il loquace chiede: è aggiornato fino alla fine di gennaio? No, dico io voltando la pagina: vede? E' aggiornato al 3 febbraio.
Ma qualcosa non gli torna: ma scusi, mi dice, al rigo uno (il registro ha le righe numerate) lei ha scritto tre febbraio: doveva scrivere uno febbraio al rigo uno, due febbraio al rigo due... "l'uno febbraio era domenica, ed il 2 lunedì, sono giorni di chiusura in cui non emetto scontrini, quindi non stampo chiusure; non ho nulla da riportare". Ma la cosa non gli piace, si consulta con l'altra, sento che ci siamo. Adesso spara. Considerando che faccio così dal 1991, e che la sanzione si moltiplica per il numero di infrazioni, sono morto. La mia vita mi scorre davanti veloce. Il buono però conclude "mah, è una convenzione, non è obbligatorio... non è sanzionabile" e qui accade un fatto strano: appoggia la sua mano sulla mia, come per confortarmi, poi ripete con un sorriso "non è sanzionabile". Probabilmente il buono sa quanto terrore incutono, si sente in qualche modo responsabile.

La cosa si avvia alla conclusione: viene redatto un lungo verbale in cui si constata che tutto è nella norma, complimenti, sorrisi, e si trova il tempo di parlare di vino (ma pensa un po'). Il buono è reduce da un assaggio tragico, dice lui, un bianco frizzante di una certa cantina cooperativa delle Cinque Terre che evoca De André (di cui non farò il nome, ma solo il cognome: Creuza de mä). Dice che era una schifezza, ma come mai, lui credeva che nelle Cinque Terre il vino fosse buonissimo. Io avvio una breve spiega sulle dinamiche connesse alla banalizzazione del prodotto-vino finalizzato alle più bieche logiche commerciali. Mentre ripongo i registri in ufficio scherzo pure "e magari è stato un regalo..." e lui conferma, era un omaggio natalizio. Io dilago "ecco, e al mittente poi l'avete fatta, una bella verifica approfondita?" Il buono sembra non capire, ma alla fine se ne esce con "eh, no, quelle cose non possiamo farle..."

Quando se ne vanno rientro nella mia dimensione. Sono passati venti minuti, ma potevano essere pure un'ora, o due. Questa polizia tributaria è come il Karma Police della canzone, ristabilisce gli equilibri: ho più chiare le priorità, sono ancora vivo e non ho i ceppi ai polsi; stasera farò ritorno da mio figlio, e domani si ricomincia. In attesa della prossima irruzione.