Passata la
fiera, messi in ordine gli appunti (
uno,
due, e
tre, per dire) mi porto dietro da un po' di giorni una orrenda cogitazione che ora cerco di rielaborare. Riguarda alcuni prezzi. Dopo aver molto parlato di
prezzo sorgente (che combinazione) sempre ai soldi sto a pensare. Cos'è successo in definitiva a Terroir Vino che meriti qualche altra discussione?
Ho trovato alcuni prezzi sorgente assurdamente alti. Per lo più con una sola giustificazione, che mi ha fatto letteralmente cadere le braccia: "faccio poche bottiglie, le vendo tutte in azienda, il prezzo è questo e ciaopepp".
La sostanza è: come faccio, io che sono anarchicamente, caoticamente favorevole a qualsiasi tipo di manifestazione di prezzo sorgente (compreso il suo collegato disposto, la vendita diretta), come faccio ora a criticare il prezzo sorgente senza sembrare matto? Ci provo lo stesso.
Tanto per cominciare non è semanticamente esatto dire che criticherò il prezzo sorgente. Semmai mi interessa evidenziare the dark side of prezzo sorgente, insomma un elemento contraddittorio. Se qualcuno pensa che la vendita diretta delle aziende, con l'esibizione del prezzo sorgente (che a 'sti punti passa del tutto in secondo piano) apra la via ad acquisti a buon mercato, quel qualcuno farà meglio a ricredersi. O perlomeno a
valutare caso per caso.
Ora sarò almeno un po' autoreferenziale, ma credetemi quando dico che tra le cose che sono in grado di fare c'è valutare un vino. E con questo intendo dire che so fornire un parametro di
valuta. Quando assaggio, sono spannometricamente in grado di dire "questo vale cinque euri". O quindici, o cinquantacinque - ho reso l'idea.
Non formulo questo valore in base a costi aziendali, ma in base ai prezzi medi reperibili per quel livello qualitativo. Poi diversi elementi accessori (territorio, rarità, costi di esercizio) influiscono profondamente sulla dinamica dei prezzi. Ecco perché, per fare un esempio, un bianco delle Cinqueterre che abbia un livello eccellente (un 84/100) costa dal doppio al triplo di certi pari punteggio veneti. Fin qui dovremmo essere tutti d'accordo. Bene.
Questa dinamica prezzo/valore, dal mio punto di vista, presenta elementi contraddittori a volte non giustificabili. Perché un Gavi (è un altro esempio) di un produttore magari bloggarolo, twitterato, due-punto-zero, venditore diretto, costa in cantina 12 euro, come un Gavi di un oscuro contadino disconnesso, ma reperibile
a quel prezzo in enoteca (e di pari punteggio, ovvio)? Dove sta il bug, il baco, il difetto? E' possibile che sia solo questo: il primo produttore (manco fosse un enotecaro qualsiasi) ci vuole guadagnare. Che, com'è noto, è del tutto legittimo. Ma il famoso vantaggio della vendita in azienda dove va a finire? Insomma, occhio ragazzi cari, non è tutto oro quello che luccica.
(E questo, per concludere, è solo uno dei punti deboli del mio peraltro glorioso post sulla libertà del prezzo sorgente. Ce ne sarebbero almeno un altro paio, ma col piffero che i miei colleghi enotecari son stati capaci di scovarli. Al massimo hanno mugugnato di valore aggiunto e di percentuali lecite o illecite di ricarico, perdendosi, come al solito, in un bicchiere d'acqua. Io quei punti deboli li so ma non ve li dico, arrangiatevi).