sabato, luglio 03, 2021

La situ a Ponente, nel senso della Riviera

Il mese appena trascorso ha visto un bel po' di assaggi che riguardano la prossima Guida essenziale ai vini d'Italia di Daniele Cernilli, per la quale curo la Liguria. Con l'occasione una mini trasferta di due giorni a Dolceacqua è stata utile per ripassare la lezione: che aria tira a Ponente? Ecco un riassunto per sommi capi.

Terre Bianche
Succede che il Rossese di Dolceacqua 2020 by Filippo Rondelli coincide col 150° anniversario della fondazione aziendale. In questa annata l'azienda non ha prodotto le vigne singole, quelle che si chiamano Menzioni Geografiche Aggiuntive, e le uve sono tutte confluite nel Rossese classico - mai dire base, prendete nota, Rossese base è una parolaccia e da quelle parti vi cacceranno via dalla cantina col fucile caricato a sale. Il Dolceaqua 2020, dicevamo: saranno le uve delle MGA che sono comprese nel blend, sarà che a Terre Bianche dopo centocinquant'anni hanno affinato qualche tipo di abilità a fare vino, ma quel Rossese è una bomba a tempo: nel senso che già adesso è esplosivo, ma con due-tre anni di affinamento farà il botto. Quanto al loro Pigato 2020, sempre un bel lavorino, solito trionfo di erbe aromatiche e citrino il giusto. La verità è che Terre Bianche è una specie di sicurezza, quassù.
(Di Terre Bianche in enoteca vendo il Rossese di Dolceacqua, sui venti euro)


Un vigneto e la cantina da Terre Bianche

Maccario Dringenberg
È interessante notare che per un Terre Bianche che stavolta non produce MGA, c'è una Giovanna Maccario che ha letteralmente il culto della sottozona, arrivando a produrre un numero consistente di Menzioni Geografiche Aggiuntive, ognuna col suo bel perché: chi ha ragione? Boh, per me tutti e due. A me piace, in Maccario, questa attenzione al genius loci, vabbè scusate il latino - era per dire: attenzione al particolare. Ogni MGA ha il suo caratterino definito, la sua dettagliata bellezza. Comunque, i 2019 di Luvaira, Curli, Posaù Biamonti (che è una sotto-sottozona di Posaù, ecco ve l'avevo detto) sono semplicemente commoventi, sono quintessenziali per capire cosa sia Dolceacqua oggi: finezza, bellezza, eleganza, facilità di beva e complessità stratificata messi assieme. Il Rossese Classico 2020, molto promettente, era ancora nella botte d'acciaio (solo acciaio per i Dolceacqua di Maccario). A proposito: visitare la (piccola, ovviamente) cantina di Giovanna, nel borgo di San Biagio della Cima, vale il prezzo del biglietto di andata, ritorno, e pure soggiorno.


Gli assaggi da Maccario


Un angolo della cantina di Maccario


Giovanna in cantina


La botte che contiene 7 Cammini, la nuova MGA di Maccario

Ka' Manciné
A me i vini di Maurizio Anfosso fanno impazzire: sempre un po' ruvidi, riottosi, si concedono poco e si aprono piano, poi dagli quel po' di tempo e te ne innamori. Esiste qualcosa di più ligustico, nel senso di territoriale, ligure, di questo? A partire dal suo bianco, il Tabaka 2020, che nel bicchiere spande un effluvio che il bravo assaggiatore creativo descrive così: belin che sei salito a fare fin qua su? Ma tornatene in spiaggia. E invece, se lo fai respirare - esattamente come il suo rosato - si diventa amiconi. Il Dolceacqua Galeae 2020 poi è uno dei migliori mai assaggiati, bel lavoro davvero. Se pianificate una visita in cantina, questa è un'altra destinazione per la quale dovete controllare bene, prima di partire, freno frizione e gomme dell'auto. Che sì, la scalata è lunga e ripida, sopra Soldano.


Gli Assaggi da Kà Manciné


La vista da Soldano


Una parte della cantina di Kà Mancinè

Testalonga Perrino
Antonio Testalonga Perrino la tocca piano, dice sottovoce: io ormai ho sessanta vendemmie alle spalle. Questo signore, che per sessant'anni ha prodotto Rossese, ora affiancato da Erica, sua nipote, è un'icona vivente a Dolceacqua. Al netto del fatto che i suoi vini sono alquanto introvabili, prodotti in misura davvero omeopatica, vi segnalo che il 2020 assaggiato in botte, nella micro cantina aziendale, si annuncia grandioso. Vi suggerirei l'acquisto compulsivo - a trovarlo. Particolarmente rilevante il suo bianco a base vermentino, se fossi uno di quei giovinastri che bevono vini naturali vi direi che è orange ma siccome sono una persona di una certa vi dico solo che è una pietra miliare di carattere e rocciosità. Delle delizie del Rossese 2019 non vorrei parlarne troppo, ne ho comprato una dose ridicola per l'enoteca e sta già finendo, lasciate perdere, bevete altro, va bene?


Alcuni assaggi


Le botti col Dolceacqua 2020 in affinamento


Vecchie etichette


Il signor Perrino racconta


La targa sulla porta della cantina

Extra bonus: Daniele Ronco
A Ranzo c'è questo giovine promettente. E a Ranzo che vuoi produrre? Ma Pigato, ovviamente, e pure un po' di Granaccia. Due ettari di vigna solamente, i latifondi in Liguria sono così. Assaggio ben tre annate di Pigato, '20 '19 e '18, tutte encomiabili (la mia preferita è la 2019 adesso) e pure la Granaccia, da un vigneto alto, a 500 metri, è tesa ed elegante, niente affatto seduta sul fruttone. Dario produce in proprio da poco, la sua famiglia fa uve da anni e annorum ma ha sempre conferito ad altre cantine. Le premesse e le promesse, dicevo, sono buone con tendenza all'ottimo.
(Di Daniele in enoteca vendo le ultime due annate di Pigato, sui sedici euri, e la Granaccia che sta a venti)


Assaggi da Daniele Ronco, Pigato di 3 annate e Granaccia


Il Borgo sopra Ranzo che porta alla cantina di Daniele


Daniele nel vigneto