domenica, novembre 27, 2011

L'intricata condizione di uno che scrive di vino ma lo vende pure

Sono un wine blogger esondante. Fornisco prestazioni d'opera ad Intravino, a l'Unità, ho collaborato con altri editori, e probabilmente se "Svegliatevi!" dei Testimoni di Geova mi chiedesse un post, non direi di no. M'è capitato di negare la mia collaborazione a qualche editore, ma quasi sempre per pigrizia o mancanza di tempo. Poi dispongo di questo blog, che leggete adesso, che ormai è la cosa meno mainstream che faccio, o la più egoriferita, personale. E' tornato ad essere, credo, quello che doveva essere in partenza, il bollettino digitale di una bottega ai tempi della comunicazione autoprodotta. Per questo, oggi, intrattengo i miei piccoli fan su un argomento polposo e personale: il conflitto di interessi.

Dunque, cercando di farla quanto più breve possibile (e non ci riuscirò), io sono in una condizione non facilissima. Finché ero il bloggarolo di Diario enotecario e basta, ci stava perfettamente che io disperdessi il seme della mia conoscenza, relativa a ciò che vendo: era parte del pacchetto completo, diciamo. Trattavasi di enotecaro che aveva nel blog il prolungamento digitale della comunicazione analogica autoriferita. Tradotto dal sanscrito: uno usa Internet anche per vendere, sia sé stesso che il prodotto che rappresenta, nei modi peraltro virtuosi ed aperti del due punto zero: l'interazione, l'orizzontalità, e tutte quelle altre belle robe che - do per scontato - dovreste conoscere a memoria. Già questo poteva configurare qualche tipo di conflitto, ma solo agli occhi del vecchio barbogio (scusate). Soltanto il vecchio barbogio, oggi, manca di cogliere gli elementi rivoluzionari e libertari della comunicazione autoprodotta, per incaponirsi in banalissimi puntigli del tipo "prova a chiedere a l'oste se è buono il vino". Purtroppo (per me che sono l'oste) il tempo nel quale affermavo che il vino è buono, senza contraddittorio, è finito. Morto. Non torna più. Ora, chi non comprende questo meccanismo elementare è vecchio, è barbogio, è, per usare una coppia di termini presi a prestito, sommerso. Tutti gli altri sono i salvati: ci stiamo lasciando indietro una lunga serie di sommersi, forse dovremmo approfondire questo punto (c'è materia per un altro post) ma siccome il flusso è veloce i sommersi sono tanti, e - scusate - a 'sti punti sono anche un po' cazzi loro, sia perché sono degli incapaci, sia perché sono delle teste vuote, e proprio non riescono a starci dietro. Va be', l'ho detto, di questo ne riparliamo.

Il problema del conflitto di interessi, secondo me, può sorgere e diventare più serio quando comincio a scrivere del mio ambito commerciale in una sede editoriale diversa da quella autogestita. Quando un blog che fa migliaia di visite al giorno, o peggio un editore nazionale chiedono, a me, di produrre contenuti che includono una valutazione qualitativa, riferibile a quello che è l'oggetto del mio commercio, il rischio è evidente. Chiaro, è piacevole essere richiesto per fornire quei contenuti. E' altrettanto chiaro che questa popolarità è resa tanto più facile quanto più questi servigi vengono forniti gratis - perché a darla via allegramente si ottiene sempre qualche tipo di attenzione. Qui il problema diventa (ancora) altro, riguarda i professionisti dell'informazione che si ritrovano tra le palle quelli come me che apparentemente fanno un lavoro simile ma nella realtà forniscono un tipo di performance alquanto difforme, perché noi veniamo da Marte e quelli vengono da Venere (o viceversa, fate un po' voi). Loro si incazzano, noi ce ne freghiamo (purtroppo per loro) e tiriamo dritti. In fondo, tutto questo smottamento alluvionale non è mica colpa nostra, succede, sarebbe meglio non perdere tempo a discutere tra di noi e spicciarci che qui viene giù tutto: volete essere sommersi o salvati? La risposta la sapete, credo.

Dunque il problema è: come se ne esce? Sfortunatamente non ne ho idea. Spiace per voi che vi siete sorbiti 'sta lunga pappina e, forse, arrivati qui speravate di trovare la soluzione proposta dal guru di turno (io). Il fatto è che i guru non sono propriamente gli esempi di stile ai quali mi ispiro, e comunque la guraggine, come il padreternismo, sono attitudini in crisi grave. C'è appunto questo tipo di smottamento, di frana, insomma di sommovimento nell'allocazione dell'autorevolezza e della conoscenza: queste si stanno riallocando, come le unità di memoria in un cervello elettronico: dai pochi giganteschi mainframe (l'establishment della cultura, la stampa mainstream, per esempio) stanno passando alla distribuzione wiki, o alla dispersione peer-to-peer, originando una conseguente perdita di elementi di autorevolezza: non perché questi fossero carenti ab ovo, ma solo perché si stanno svuotando, ridistribuendosi su lontanissime cloud. Quindi, dato questo genere di sommovimento, figuratevi se io mi impanco a guru: proprio ora che stanno per finire, quasi tutti, disattivati. Avete presente la morte di Hal 9000? La lenta agonia del mainstream, il travaso di dati dal centro alle periferie infinite sono causa, purtroppo, di qualche instabilità in alcuni passaggi e riallocazioni. Anche qui, cercando di tradurre dal sanscrito, va spiegato chiaramente che questi fenomeni impongono alle periferie, alla base, un dovere di approfondimento, di conoscenza e di raffronto, che sono diventati più onerosi, più massivi quanto più i vertici, con le loro unità centrali di memoria (Hal 9000) sono agonizzanti. Si stava meglio quando si stava peggio? Forse sì. D'altra parte, non abbiamo avuto tutti un attimo (almeno un attimo) di compassione per Hal 9000? Una volta disattivato, David (il protagonista umano) si è ritrovato più libero, ma enormemente più responsabilizzato: da quel momento doveva farcela da solo. Che la scena della morte di Hal 9000 fosse metafora della rivoluzione wiki credo andasse un bel po' al di là delle capacità visionarie di Kubrick. Ma anche questo, è un altro discorso.

Al momento sono riuscito a riallocare solo pochissime unità di memoria. Cioè ho soluzioni parziali e provvisorie: ma siccome la responsabilità del giudizio è ridistribuita, partirò esattamente da questo aspetto. Tempo fa mi è capitato, durante un dibattito, di indicare la trasparenza come primo (ed unico, temo) elemento di attenuazione del conflitto di interessi (di ogni conflitto, potrei pure dire). In mancanza di altro, l'unico mezzo a disposizione è dato dal consegnare, a chi legge, il numero maggiore possibile di elementi di conoscenza, affinché sia chiaro, trasparente, il contesto nel quale (per esempio) uno come me scrive e comunica. Scaricando un vero e proprio overflow di dati in capo a chi legge, a chi si informa e a chi giudica, il loro compito potrà uscirne facilitato. Per fare qualche esempio concreto, riferito al mio caso, dirò che io vivo del mestiere di chi compra e rivende vino: fisiologicamente, narro gli aspetti positivi di ciò che vendo. Sono talmente convinto di ciò che dico, che sono disposto a correre il rischio di acquistare, pagandolo bene, l'oggetto della mia narrazione, per poi rivenderlo. Commercio e narrazione sono due parti della stessa cosa: me stesso. Una volta affermato questo, resta in capo al lettore l'onere (o l'onore? boh) di fidarsi, oppure no, come è peraltro legittimo. Questa specie di scaricamento del barile su chi legge ("sentite, le cose stanno così e così, adesso arrangiatevi") ha, come temo sia evidente, un bel po' di limiti. Tuttavia, come dicevo più su, non m'è venuto ancora in mente nulla che possa aggiustare, con maggior efficacia, il guasto che in via ipotetica, si va a formare. Insomma, non ho ancora trovato una scusa migliore. Tuttavia ho una strana, irrazionale (lo ammetto) fiducia in questo ecosistema. Ho la sensazione (forse è solo speranza?) che si stia avviando, lentamente ma inesorabilmente, ad autoprodurre le sue stesse autodifese, così come mostra, già numerosi ed efficacissimi, gli elementi di bilanciamento ed auto-bilanciamento quando alcuni punti della comunicazione e della narrazione si rivelano errati.

Grande è la confusione sotto il cielo, la situazione è eccellente.

venerdì, novembre 25, 2011

Siamo su feissbucc. Spread the world

Dopo circa un millennio che smanetto con Facebook, mi sono deciso a settare una pagina dedicata all'enoteca. A riprova del fatto che a bottega non abbiamo proprio un piffero da fare. Se vi piace, ditelo agli amici - se no, fatevi i fatti vostri (cit.)
No, seriamente: tutto il cazzeggio che non trova posto nel blog, lo trovate là. E non è poco.

sabato, novembre 05, 2011

La situazione alluvione oggi

Ieri ho chiuso bottega nel primo pomeriggio: nel mio quartiere, a ponente della città, c'era solo una pioggia molto violenta. E' entrata pochissima acqua in ufficio (che è attiguo al negozio vero e proprio), comunque niente di paragonabile a l'anno scorso. Il resto l'ho seguito da casa, in TV e via twitter. Non so quasi nulla, ancora, dei colleghi in centro, il poco che ho saputo finora è raggelante. Teoricamente ora dovrei essere in strada, direzione Merano. Teoricamente dovrei controllare in negozio se tutto è a posto, se nella sera e nella notte scorsa non è successo altro, ma apparentemente la zona è stata risparmiata. Comunque il Comune ha diramato l'ordinanza del divieto di circolazione, per le auto private. Insomma: state a casa.
Visto quel che è successo, sto bene, stiamo bene, ci tocca guardare avanti.
Se non mi capita di peggio, di ieri ricorderò anche quei venti minuti passati in scooter sotto quella pioggia. E' il genere di esperienza che ogni motociclista rischia di fare, almeno una volta. Come diciamo da queste parti, è bello poterlo raccontare.