venerdì, marzo 31, 2006

L'angolo dell'umorismo.

[Premessa - era un po' che non facevo premesse ai post, che quasiquasi ne sentivo la mancanza. Comunque, premessa: si avvicinano le elezioni e andiamo un po' OT. Ma siccome ultimamente ci son lette robe serissime, querele e cose cosi', partiamo in modalita' light.]

Si potrebbe mettere in questi termini: e' un emulo di Cangini Palmiro o un vero politico? Indovina.
[Clicca sul pulsante play per vedere il filmato. Via Macchianera]

giovedì, marzo 30, 2006

Chips in Francia: The Beginning of the End?


Vinography riprende la notizia di Businessweek.com, secondo cui in Francia si avviano ad autorizzare pratiche enologiche normalmente tipiche di aree extraeuropee, come l'uso di chips (trucioli) di legno immessi in infusione nel vino; come e' noto agli addetti, questi sistemi servono a dare la "sensazione di legno" ai vini, senza utilizzare le botti, cioe' servono, in sostanza, a risparmiare tempo e denaro, con effetti spesso deprimenti.
Come scrive Alder, "le reazioni vanno dall'approvazione allo sdegno" e, ironicamente, titola il suo post: "e' l'inizio della fine?"

mercoledì, marzo 29, 2006

Censurami questo/2.


Qualche considerazione accessoria alla vicenda della querela Levi vs. Bonilli. Non e' certo la prima volta che càpita nella blogsfera italiana, ma e' probabilmente la prima volta che càpita ai foodblog.

Non ho mai pensato che definire la grappa di Levi "alcol metilico" significhi dire che e' velenosa. Nel post incriminato, per ora ancora visualizzabile sulla cache di google, si legge: "bere un sorso della grappa di Romano Levi vuol dire bere un sorso di alcol metilico"; significa solo che la distillazione e' mal fatta, che la percentuale di metilico e' troppo pungente.

Dalla distilleria, via email, a suo tempo si sono affannati a scrivermi (testualmente) quanto segue: "La nostra grappa non contiene zuccheri aggiunti di nessun genere e l’alcool metilico è inferiore a tutti i distillati esistenti, la differenzia tra altri prodotti e che molta gente ha perso il palato di come può essere un buon distillato (sempre secco) e tante case che vendono grappe approfittano con l’aggiunta di zuccheri per coprire i difetti che potrebbero avere inizialmente e per renderlo bevibile anche ai profani senza problemi".

Ebbene, il punto non e' questo.
Il punto e' che la vostra grappa e' sgradevole al gusto. Il punto e' che dirlo e' leggittimo: la percentuale di metilico nella vostra grappa, lo giuro, e' inferiore ai limiti di legge; eppure il sapore e' pungente e sgraziato.
Il punto e' che potevate precisare quel che vi pareva sul blog di Bonilli e avete preferito querelare, con provvedimento d'urgenza. Il punto e' che quel che si dice circa la distilleria Levi, tra gli addetti ai lavori, e' solo un millesimo di quello che ha detto Bonilli: nemmeno ve lo immaginate. Il punto e' che pochi giorni prima Linea Verde di Raiuno era a casa di Levi a fare la solita informazione generalista (cioe' a dire, non informava) mentre Bonilli, ahilui, ha fatto informazione. Il punto e' che potevate postare un commento sul blog di Bonilli, guadagnandovi l'ammirazione (e magari la comprensione) di infiniti addetti ai lavori che leggono Bonilli, ed invece con una sola mossa sbagliata ve li siete giocati tutti.

Il punto e' che la rete non e' per voi. Ma infierire e' troppo.

martedì, marzo 28, 2006

lunedì, marzo 27, 2006

Pare, dico, pare...


Pare - dico - pare, che Mandino Cane non abbia ceduto le vigne ad Altavia (tanto per non far nomi). Tràttasi di voci di corridoio, ma attendibili. Per la cronaca, si parla di Rossese di Dolceacqua.

sabato, marzo 25, 2006

Te la do io la quota rosa.

Camillo Langone s'e' stancato di sentir parlare di donne del vino: bevono (producono) tutte robe marmellatose e moderniste, sul genere merlot barrique: "Che barba le donne del vino. La retorica del vigneto rosa si è fatta insopportabile da quando risulta evidente, statistiche alla mano, che il conformismo enologico è femmina. Stappate una bottiglia di donna del vino e 9 volte su 10 berrete Cabernet o Merlot, 99 volte su 100 annuserete sentori di legno, mille volte su mille vivrete un'esperienza insignificante.
Dispiace dirlo, ma dietro le emozioni forti dell'Italia vinosa (i vitigni minori, i vini veri, i vini estremi, l'acciaio, il piede franco…) c'è sempre un uomo, un solido vignaiolo che non si lascia incantare dagli enologi alla moda come spesso accade alle colleghe femmine". Amen, con buona pace delle quote rosa.

Comunque. Tanto per restare in topic rosa, Panorama prosegue con la notizia piu' arcaica in tema di gossip enoico degli ultimi sei mesi, la vicenda della pornostar che fa vino. Della cosa ne parlava, per dire, Franco Ziliani a gennaio, qui. Da mesi il Forum del Gambero inanella thread assolutamente boccacceschi a commento della cosa, con irripetibili giochi di parole sugli effetti erettivi di questo vino (uno su tutti, l'enologo si chiama Cipresso, immaginatevi i frizzi e i lazzi). Ora, siccome Panorama arriva tardi senza aggiungere nulla di nuovo, io arriverei tardi aggiungendo qualcosa di utile: il sito ufficiale della tipa (savannahardcore.com) e' stato allegramente craccato. La login e la password circolano in rete. Se serve, basta chiedere.

venerdì, marzo 24, 2006

giovedì, marzo 23, 2006

A proposito di marketing.


"Ass Vertising is based on a simple philosophy: if you want to be seen, go where people are already looking."
Magari i creativi trovano qualche spunto, per la prossima campagna Tavernello.
[Via Mantellini]

mercoledì, marzo 22, 2006

Reverse engineering, Brunello di Montalcino, e tracciabilità.


Il reverse engineering, o ingegneria inversa, e' la pratica secondo la quale, dato un meccanismo, io lo smonto, capisco come funziona e lo riproduco a mio piacere. Tanto per darvi un esempio scenografico, il governo americano, quando si e' ritrovato tra le mani un velivolo alieno a Roswell, l'ha smontato e ne ha riutilizzato la tecnologia che e' riuscito a comprendere per svariati scopi; quando usate ordigni tipo forno a microonde o navigatori satellitari, e' probabile che stiate usando tecnologia aliena.

Se vi siete ripresi dallo shock per quanto appena appreso, sarete altrettanto sorpresi di sapere che l'ingegneria inversa si applica validamente pure alla tracciabilita' del Brunello di Montalcino, attraverso il loro sito. La notizia la leggo, oggi, sulla copia (cartacea, ahime') de Il Mio Vino Professional (leggasi profééscional). Siccome non ne trovo copia online, mi tocca (di nuovo) fare il duro lavoro dell'amanuense digitale, quindi vi ricopio: "Povero Brunello - Questa tracciabilita' aiuta i falsari, non i consumatori". L'articolo dimostra infatti come, attraverso un semplice giochetto da reverse engineering informatico, si possono produrre falsi, rivelando che "proprio grazie alla pubblicazione online dei numeri di serie delle fascette, sara' possibile produrre bottiglie perfettamente clonate alle quali il sito fornira' un beffardo attestato di autenticita'. Il meccanismo e' di una semplicita' sconfortante: le fascette di garanzia del consorzio sono identificate da tre lettere, che indicano la serie, seguito da un numero progressivo di otto cifre. Partendo da un'unica bottiglia noi stessi siamo stati in grado di identificare i blocchi di numeri assegnati a diversi imbottigliatori di Brunello: basta andare per tentativi sostituendo qualche cifra".

Naturalmente, ci ho provato subito. Armato di un Brunello La Fuga '99, inserisco i dati sulla fascetta AAF 00649521, nel form, ed ottengo correttamente la traccia dell'azienda che lo imbottiglia. Basta cambiare due cifre a caso, immettendo 77 al posto di 95, ed ho i dati relativi ad uno (sconosciuto) Camigliano Srl imbottigliatore. Opps.

domenica, marzo 19, 2006

Parlar bene del Vinitaly.


Quando assaggi un vino, ci sono elementi esterni che ti possono suggestionare e condizionare il giudizio. Se assaggi in vacanza, nella cornice di un paesaggio particolarmente ameno, finisci per caricare di queste favorevoli influenze il tuo giudizio. Parlando del Vinitaly mi accade quasi la stessa cosa: amo la Fiera, non solo perchè nel mio ambito lavorativo mi consente di sviluppare infiniti contatti in pochi giorni, ma pure perchè ritrovo aspetti probabilmente secondari, e probabilmente personali, che alla fine mi fanno dimenticare ogni scomodità e strazio organizzativo. Uno su tutti, mi piace l'aria da grande mercato di paese che si respira. Questo probabilmente perchè molta parte di chi espone appartiene, comunque, ad un certo mondo contadino che si sta estinguendo (evolvendo, diciamo) e che mi ricorda l'infanzia; alla Fiera ritorno un po' alle radici, e le suggestioni dettate dai ricordi di mio padre che trattava con i contadini (fornitori, si deve dire oggi) ha un peso non piccolo: stringere quelle mani e guardarsi negli occhi parlando di vendemmie e lavori in cantina fa scordare ogni ressa o coda. Le contraddizioni tipiche di questa kermesse, per le quali a fianco dello stand del piccolo produttore trovi il megastand del luccicante distributore very terziario-avanzato, con musica e cubiste, finiscono per confermare il colore da mercatone strapaesano extralarge, rivisto secondo i canoni del nuovo millennio: è la fiera del paese, anno duemilasei.

[Questo post originariamente era destinato a Il Rosso e il Nero di Peperosso, la rubrica che condivido con Franco Ziliani. In attesa che si compia la cerimonia del cambio della guardia, facco mille auguri a Massimo, per i suoi nuovi, stellari incarichi che - pare - si profilano]

lunedì, marzo 13, 2006

Questo vino e' un pacco.


[Solita premessa. Vado a scrivere una cosa in pieno conflitto di interessi: io detesto la cosiddetta Gdo (Grande Distribuzione Organizzata, vulgo supermercati) e per giunta sono un bottegaio. Tuttavia evitate di contraddirmi altrimenti mi alzo e me ne vado, mugugnando "lei e' violenta-si vergogni"]

Il vino che vedete ritratto nell'incerta foto del mio tremolante smartphone alloggia nella mia dispensa, ed e' un emerito pacco; "pacco" e' termine che, nel vernacolo locale, identifica la fregatura, la sòla, insomma, il raggiro.

Qualche giorno fa l'ho visto sullo scaffale della locale Coop (che sei tu, notoriamente) e mi son ricordato della sua brillante storia. Citiamo (nientemeno che) Carlo Petrini da La Stampa: "Smuovere le acque stagnanti di un mercato asfittico pare esigenza molto sentita tra i vignaioli e c'è chi, meritoriamente, sta provando a immaginare soluzioni innovative per aprirsi a nuove realtà. In quel di Dogliani, un piccolo gruppo di produttori riunito da Nicoletta Bocca di San Fereolo, produttrice in località Valdibà, si è posto il problema di come far approdare le proprie bottiglie alla grande distribuzione. Per i piccoli produttori, il tramite naturale con l'acquirente finale è sempre stato quello di enoteche e ristoranti dato che i numeri di una singola cantina dalle dimensioni ridotte mai potrebbero soddisfare le esigenze di una grossa catena di vendita. Eppure migliaia di persone attraversano ogni giorno le porte dei centri commerciali e parrebbe quasi un non senso non guardare con interesse a questa opportunità.
È nata così l'idea di unire le forze, associarsi in cooperativa e offrire, nelle adeguate quantità, un vino adatto a un mercato, al momento, inesplorato. Anna Maria Abbona, Pecchenino, Poderi Einaudi, San Fereolo e San Romano hanno scelto di conferire una percentuale del proprio vino a una cooperativa costituita per l'occasione attraverso la quale, insieme, provvedono a imbottigliamento e commercializzazione".

Fine della citazione. Cosi', memore di tali premesse, ma soprattutto conoscendo e stimando almeno tre dei cinque componenti questo curioso blend (Pecchenino, Einaudi e Abbona), mi sono fidato e ne ho comprato una bottiglia, curioso di testarlo; non senza gettare nello sgomento i miei familiari che normalmente non mi vedono acquistare vino al supermercato.
Eppero', mi fidavo, come ho detto. I produttori che stanno dietro a questo progetto, quality for the masses, direbbero gli americani, sono gente che ha sempre lavorato su livelli alti. Ci stava pure che, per quasi sei euri (tanto costa la bottiglia) costoro mi fornissero una bella prova.
E invece, tràttasi di pacco.
I profumi di viola, che tipicamente sono caratteristici e caratteriali dei dolcetto significativi, qui latitano. In bocca una vena acida-amara, e niente piu'; zero frutta, scomposto e corto, e' l'archetipo del pacco, una roba da 65/100, a voler essere generosi. Delusione inferiore solo alla rabbia, perche' quello che e' evidente, per me, ora, e' che la banda dei cinque non si e' limitata a non mantenere le premesse; questi si sono messi alla testa dell'ennesimo inqualificabile pacco da supermercati; e' un po' come se i produttori dicessero allo sprovveduto cliente Coop: hai presente i Pecchenino, gli Abbona, quelli che si aggiudicano i Tre Bicchieri per i loro spettacolari dolcettoni? Ora pure tu puoi averli: dammi sei euri, ed e' fatta, pure tu entra nel mondo dei fighetti che bevono roba seria. Sfortunatamente, quanto sopra non corrisponde al vero, resta la netta impressione che si tratti di una operazioncina di basso livello per mettere all'incasso la credibilita' maturata dalle cinque griffe.

Il mestiere dell'enotecaro e', tra l'altro, parlare di vino con la clientela; prendo atto che quando ho parlato di questi produttori, ho (pure io) posto le premesse affinche' la banda dei cinque creasse il vino-pacco con qualche credibilita'; aggiungerei che pure i media che hanno annunciato il miracolo non sono senza colpe (dico, ma l'hanno assaggiato? Vabbe') -- e la comica finale e' che io stesso sono vittima del cortocircuito.

venerdì, marzo 10, 2006

Sex and the City. And the wine, and the expert.


[Premessa. Questo post probabilmente e' altamente illegale, giacche' riporta paro-paro una pagina quasi intera di Donna Moderna; come e' forse noto, cio' e' considerato illecito. Ma siccome amo il rischio ed ho una propensione per il crimine, lo faro' lo stesso. Portatemi le arance in carcere. Oltretutto, non e' copia&incollato, e' proprio ridigitato, una faticaccia; il grassetto e' mio].

Lettera di una lettrice, Erica: "Mi hanno regalato una dozzina di quei bicchieroni che sembrano bicchieri da cognac (ma con lo stelo lungo) che, mi dicono, sono i bicchieri di vino di moda adesso. E' vero? Come si mettono in tavola?"

Risposta della redattrice, Maria Giulia Minetti, giornalista ed esperta di galateo: "E' vero, sono di moda. Non mi garbano troppo, ma nascono con qualche buona ragione. Arrivano dall'America, dove hanno scoperto da poco le delizie del vino, e lo servono in bicchieri alti e panciuti, simili a quelli dei sommelier, perche' il vino, in questo modo, si gusta anche con l'olfatto e la vista, ficcando il naso nel bicchiere prima di berlo, ammirandolo in controluce (i personaggi di Sex and the City, che bevono vino per dimostrare quanto sono sofisticati, lo bevono tutti cosi'). Pero', tanto sproporzionati, meno eleganti di quelli normali, costringono a invertire l'ordine della disposizione a tavola: prima il bicchierone da vino, poi quello da acqua (piccolo, in confronto: ne compri un set fantasia, senza stelo, da affiancare a quelli che le hanno regalato). Li usi solo quando desidera fare assaggiare un vino di gran classe, da gustare in pompa magna. Per mettersi al corrente, e divertirsi, si prenda il dvd di Sideways (2004) dell'americano Alexander Payne, piccolo-grande film sull'amore per il vino. E non solo".

martedì, marzo 07, 2006

Day off.


"Posso accontentare solo una persona al giorno. Oggi non è il tuo. Nemmeno domani sembra che vada bene".
Suggerimento per spiritosi wine-bar con lavagnetta.
[Via Flickr]

Ripensandoci, non fa così male.

Se ricordate l'annosa vicenda dell'Itx, il colorante sui tetrapack dalle dubbie [eufemismo] qualità alimentari, potreste essere sollevati dalla notizia che si legge, tra l'altro, in questo comunicato stampa del Movimento Consumatori: "Lo scorso 16 febbraio, l’Autorità Europea per la Sicurezza Alimentare ha pubblicato un nuovo comunicato sull’ITX (Domande e risposte sull’ITX) in cui, tra le altre cose, si dichiara che nessuno studio verrà condotto dall’AESA sulla tossicità dell’ormai nota sostanza chimica ritrovata lo scorso autunno in alimenti confezionati in Tetrapak" . Insomma, hanno deciso che forse non fa così male.
Il Movimento Consumatori chiede, comunque, che "l’AESA ritorni sulla sua decisione e si impegni a fornire dati certi e completi sul rischio legato all’ITX".

domenica, marzo 05, 2006

Avvisate la Stradale.


"I russi resistono meglio all'alcol", si legge qui. "Lo afferma la professoressa Svetalana Borinskaia, del Laboratorio d'analisi del Genoma presso l'Istituto di Genetica Generale" -- e io che pensavo fosse solo una leggenda metropolitana. Bisogna ritarare gli etilometri.