domenica, marzo 19, 2006

Parlar bene del Vinitaly.


Quando assaggi un vino, ci sono elementi esterni che ti possono suggestionare e condizionare il giudizio. Se assaggi in vacanza, nella cornice di un paesaggio particolarmente ameno, finisci per caricare di queste favorevoli influenze il tuo giudizio. Parlando del Vinitaly mi accade quasi la stessa cosa: amo la Fiera, non solo perchè nel mio ambito lavorativo mi consente di sviluppare infiniti contatti in pochi giorni, ma pure perchè ritrovo aspetti probabilmente secondari, e probabilmente personali, che alla fine mi fanno dimenticare ogni scomodità e strazio organizzativo. Uno su tutti, mi piace l'aria da grande mercato di paese che si respira. Questo probabilmente perchè molta parte di chi espone appartiene, comunque, ad un certo mondo contadino che si sta estinguendo (evolvendo, diciamo) e che mi ricorda l'infanzia; alla Fiera ritorno un po' alle radici, e le suggestioni dettate dai ricordi di mio padre che trattava con i contadini (fornitori, si deve dire oggi) ha un peso non piccolo: stringere quelle mani e guardarsi negli occhi parlando di vendemmie e lavori in cantina fa scordare ogni ressa o coda. Le contraddizioni tipiche di questa kermesse, per le quali a fianco dello stand del piccolo produttore trovi il megastand del luccicante distributore very terziario-avanzato, con musica e cubiste, finiscono per confermare il colore da mercatone strapaesano extralarge, rivisto secondo i canoni del nuovo millennio: è la fiera del paese, anno duemilasei.

[Questo post originariamente era destinato a Il Rosso e il Nero di Peperosso, la rubrica che condivido con Franco Ziliani. In attesa che si compia la cerimonia del cambio della guardia, facco mille auguri a Massimo, per i suoi nuovi, stellari incarichi che - pare - si profilano]

1 commento:

  1. complimenti a te piuttosto, e a uno stile di scrittura da cui sono rimasto folgorato. See ya soon

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