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Oh, ognuno ha i suoi culti delle sue personalità, che volete farci.
Ma veniamo alla sostanza della notiziola: non serve che ripubblichi tutto il testo, se come sempre altri già l'hanno fatto; posso solo registrare brevemente l'aspetto centrale dell'assunto: "occorre individuare una formula che consenta agli artigiani di esprimere nei loro vini la straordinaria dignità del Sangiovese e di poterla dichiarare in etichetta rendendo così riconoscibile la loro fedeltà al 100% della varietà, ed ai produttori di grandi volumi di poter operare con maggiore elasticità: e tutti e due i vini debbono potersi fregiare del nome Brunello di Montalcino".
Traduzione: si adoperino vitigni migliorativi (caberlot, et similia) per i grossi industriali che hanno vigne poco vocate, e alla fine si evidenzi, in qualche modo in etichetta, chi e' purista e chi no.
Commenti possibili: il primo che mi andrebbe di rimarcare ora, è: io l'avevo detto che finiva così. Secondo commento possibile: io sono un post-maroniano bevitore di supertuscan e barriconi rotoconcentrati, quindi mi faccio andar bene pure il Brunello taroccato al cab. Però, pure un modernista come me ha avuto quel mezzo minuto di serietà tale da discernere che la fama del Brunello attuale è dovuta al prodotto tradizionale, non alle derive moderniste. Quindi, abbracciare questo genere di stravolgimenti finisce per essere pericoloso; per il futuro business legato al Brunello, credo.
Terzo commento possibile. Beh, sapete che c'è? Io mi arrendo; rinuncio a capire, ma soprattutto ad avere un'opinione in merito. Serve forse a qualcosa? Come moltissimi enoappassionati ho seguito, da brunellopoli in poi, il dibattito si/no/forse legato ai cambiamenti possibili sul rossone ilcinese; ho pure una mia idea, che coincide con quella di altri "tradizionalisti", ma pure questo ormai mi pare inutile; dirò di peggio, io mi sento orrendamente fuffoso ora; ma leggete cosa ho scritto fin'ora, ma che valore avrà mai questo fuffosissimo post, quando i giochi sono comunque fatti e decisi da corazzate finanziarie del calibro di Banfi e Gaja. Ma chi sono io, chi siamo noi, per pensare di avere qualche speranza di fermare questa specie di valanga? Forse è giusto arrendersi, lasciar perdere, così come ci si rassegna all'inevitabile e, piuttosto, cercare di guadagnare qualche genere di rifugio per salvarsi da quest'onda di piena, incontenibile, perché oltre ai potentati enofinanziari si somma pure la quasi totale, temo, insensibilità al "problema" delle masse di clienti potenziali, i quali probabilmente hanno altro di cui dolersi. Io dico che bisogna arrendersi, quando capisci che alla fine solo i possenti meccanismi finanziari sono quelli in grado di dominare e determinare lo stato delle cose: la discesa in campo di Gaja mi ha fatto un'impressione di già visto, come se qualcuno che davvero, e veramente, conta qualcosa nel nostro vago (eno)mondo, fosse sceso a dirci che la ricreazione è finita.
Come dicevo, si parla di Brunello, ma pure di altro.