"I liquidatori di Nuova iniziativa editoriale spa in liquidazione, società editrice de l'Unità, a seguito dell'assemblea dei soci tenutasi in data odierna comunicano che il giornale sospenderà le pubblicazioni a far data dal 1 agosto 2014".
Il linguaggio dei contabili è scarsamente poetico: significa che non ci sono soldi e chiude un altro giornale. Ma uno di quelli grossi, storici, stavolta. Siccome l'Unità ha già avuto rovesci simili io non credo, per essere sincero, che tutto andrà veramente malissimo (e certamente me lo auguro per quelli che ci lavorano). Ma insomma, è un gran brutto giro di boa questo. Siccome io con l'Unità ci avrei pure a che fare, dal momento che ci scrivo (o scrivevo, boh) un altro wine blog, il dispiacere è doppio. Staremo a vedere.
Nel frattempo, togliamoci un sassolino. L'orgia di commenti di quelli che si rallegrano per la chiusura (in definitiva) di un'azienda, è il simbolo fulgido della crisi della sinistra. La sinistra, cioè, ha fallito nel dare ai lavoratori una coscienza di classe minimamente diffusa. Invece, pare, la regola del "tanto peggio tanto meglio" sembra l'unica che caratterizzi le torme di abbruttiti che ora si rallegrano per la sorte di altri che sarebbero lavoratori come loro. L'Unità non si chiama (o si chiamava, boh) con questo nome per caso. Ma appunto, ormai chi se lo ricorda più.
Questo è un blog enoico. Il vino è un alimento totalmente diverso da qualsiasi altro: evolve, ha carattere ed è imprevedibile (come l'umanità, insomma). Per questo è interessante. E non è industriale.
mercoledì, luglio 30, 2014
martedì, luglio 22, 2014
Della morte e resurrezione dei blog (segnatamente wineblog) e della prevalenza del permalink
Ci sono settori che assecondano i flussi tecnologici con qualche ritardo. Il mondo del vino pare uno di questi. Quando lo strumento del blogging era un fatto maturo, a metà degli anni duemila, è arrivato da noi. Non so come mai nel nostro giro ci sia questa specie di delta nello spaziotempo per cui tutto accade un po' dopo, probabilmente dipende dal fatto che chi fa vino è più o meno un contadino e ha poco tempo. Comunque sia, dopo la fase di innamoramento per la piattaforma comunicativa bloggish, sono arrivati anche i social network (quasi unicamente Facebook) e gran parte delle conversazioni sono migrate di là. Al punto che adesso le reti sociali servono anche a rilanciare il concetto che il blog, ossia il wine blogging, è morto, o moribondo.
Anche questa coscienza arriva tardi. Fuori dal nostro giro ci si rende conto che non solo le reti sociali non sostituiscono decentemente le conversazioni via blog, ma finiscono per essere un ambiente peggiore sul piano dell'utilità. E' quindi alquanto affrettato, e probabilmente nemmeno raccomandabile, dire che il (wine) blogging è morto. La blogosfera, fuori dal quartiere eno, ha passato la prova dei social in quanto concorrenti e ne è uscita migliorata, meno affollata di prima, e (credo) con un bel po' di rumore di fondo in meno. Spiace dirlo, ma io trovo che il chiasso risieda stabilmente su Facebook. Le reti sociali hanno in un certo senso migliorato i blog, aiutando gli autori a focalizzarsi sugli aspetti di rilevanza e utilità della piattaforma.
Per segnalare un punto di vantaggio del blog sulla rete sociale cito ad esempio un fatto recente. Seguivo una conversazione di grande interesse su Facebook, dove un argomento posto da un produttore di vino di importanza nazionale aveva provocato prese di posizione e interventi di rilievo: l'essenza delle conversazioni online, cioè. La lettura è continuata qualche giorno, poi anche gli alert della piattaforma non mi hanno più avvertito circa nuove interazioni. Ben presto la conversazione ha rivelato il destino comune ad ogni altra, su quel social network: era destinata ad essere perduta, perché la timeline su Facebook è appunto un (pescosissimo) fiume che scorre col tempo, noi lo seguiamo, peschiamo un bel po' di cose, ma inevitabilmente finiamo per lasciarci dietro il flusso trascorso.
La volatilità dei dati su Facebook è probabilmente il male peggiore. Le conversazioni che avvengono lì sono difficilmente rintracciabili, o perlomeno richiedono smanettamenti infiniti e non sempre efficaci. Twitter è afflitto dallo stesso problema, tranne per i tweet salvati nei possibili storify della comunità quando le conversazioni raggiungono un livello di rilevanza molto alto. (Non ho esperienza di ricerche di conversazioni su Linkedin e nemmeno ci tengo, confesso). Insomma, sui social va così quando, invece, io sono in grado di rintracciare e linkare in qualunque momento un post scritto dieci anni fa. Basta Google, per ottenere il risultato. A confronto, una conversazione di due anni fa su Twitter è a rischio vaporizzazione.
A costo di apparire ora come qualcuno che è convinto di comporre scritti fondamentali, io credo che chi si cimenta nella comunicazione autoprodotta farebbe bene a darsi un sistema, ed un ambiente, in grado di rendere fruibili quei contenuti nel tempo. L'ambiente a cui affidare quei contenuti non è Facebook, non sono le reti sociali, ma sono i cari vecchi blog, con la loro prevalenza del permalink. A meno che l'interesse di chi scrive su Facebook non sia quello, appunto, di attirare l'attenzione su un fatto che nel giro di poche ore si affianca a molti altri, e nel giro di pochi giorni svanisce.
Quanto a me, mi auguro che passi rapidamente l'attuale fase de "il wine blogging è morto", affinché ci si renda bene conto, come succede fuori di qui, che il bloggare ha un senso, quando compone e rilancia elementi rilevanti. Per il cazzeggio invece sembra più adatto Facebook - il che va benissimo, ma: mica si può cazzeggiare tutto il giorno. E lo dico in quanto heavy user di Facebook.
Anche questa coscienza arriva tardi. Fuori dal nostro giro ci si rende conto che non solo le reti sociali non sostituiscono decentemente le conversazioni via blog, ma finiscono per essere un ambiente peggiore sul piano dell'utilità. E' quindi alquanto affrettato, e probabilmente nemmeno raccomandabile, dire che il (wine) blogging è morto. La blogosfera, fuori dal quartiere eno, ha passato la prova dei social in quanto concorrenti e ne è uscita migliorata, meno affollata di prima, e (credo) con un bel po' di rumore di fondo in meno. Spiace dirlo, ma io trovo che il chiasso risieda stabilmente su Facebook. Le reti sociali hanno in un certo senso migliorato i blog, aiutando gli autori a focalizzarsi sugli aspetti di rilevanza e utilità della piattaforma.
Per segnalare un punto di vantaggio del blog sulla rete sociale cito ad esempio un fatto recente. Seguivo una conversazione di grande interesse su Facebook, dove un argomento posto da un produttore di vino di importanza nazionale aveva provocato prese di posizione e interventi di rilievo: l'essenza delle conversazioni online, cioè. La lettura è continuata qualche giorno, poi anche gli alert della piattaforma non mi hanno più avvertito circa nuove interazioni. Ben presto la conversazione ha rivelato il destino comune ad ogni altra, su quel social network: era destinata ad essere perduta, perché la timeline su Facebook è appunto un (pescosissimo) fiume che scorre col tempo, noi lo seguiamo, peschiamo un bel po' di cose, ma inevitabilmente finiamo per lasciarci dietro il flusso trascorso.
La volatilità dei dati su Facebook è probabilmente il male peggiore. Le conversazioni che avvengono lì sono difficilmente rintracciabili, o perlomeno richiedono smanettamenti infiniti e non sempre efficaci. Twitter è afflitto dallo stesso problema, tranne per i tweet salvati nei possibili storify della comunità quando le conversazioni raggiungono un livello di rilevanza molto alto. (Non ho esperienza di ricerche di conversazioni su Linkedin e nemmeno ci tengo, confesso). Insomma, sui social va così quando, invece, io sono in grado di rintracciare e linkare in qualunque momento un post scritto dieci anni fa. Basta Google, per ottenere il risultato. A confronto, una conversazione di due anni fa su Twitter è a rischio vaporizzazione.
A costo di apparire ora come qualcuno che è convinto di comporre scritti fondamentali, io credo che chi si cimenta nella comunicazione autoprodotta farebbe bene a darsi un sistema, ed un ambiente, in grado di rendere fruibili quei contenuti nel tempo. L'ambiente a cui affidare quei contenuti non è Facebook, non sono le reti sociali, ma sono i cari vecchi blog, con la loro prevalenza del permalink. A meno che l'interesse di chi scrive su Facebook non sia quello, appunto, di attirare l'attenzione su un fatto che nel giro di poche ore si affianca a molti altri, e nel giro di pochi giorni svanisce.
Quanto a me, mi auguro che passi rapidamente l'attuale fase de "il wine blogging è morto", affinché ci si renda bene conto, come succede fuori di qui, che il bloggare ha un senso, quando compone e rilancia elementi rilevanti. Per il cazzeggio invece sembra più adatto Facebook - il che va benissimo, ma: mica si può cazzeggiare tutto il giorno. E lo dico in quanto heavy user di Facebook.
lunedì, luglio 21, 2014
Vivace o frizzante, nel dubbio tutti e due
Tra i rossi estivi che vendo c'è il Gutturnio di Casa Benna, che è un eterno preferito, per me. L'azienda ha una curiosa tipologia duale di questo rosso-con-le-bollicine: il frizzante e il vivace. Che differenza c'è? Nessuna, dal punto di vista dell'effervescenza: la differenza sta solo nel metodo con il quale si ottengono queste benedette bollicine.
Il vivace è una fermentazione naturale in bottiglia, quindi un Gutturnio vecchio stile con qualche ruvidezza e magari un filo di fondo, al naso appare rustico e molto naif, ma senza mai sbroccare in puzze o robe simili. Il frizzante è invece la versione moderna e pulitina dello stesso vino, che il produttore ha creato - mi raccontava - per venire incontro alle richieste di alcuni suoi clienti, che desideravano appunto il Gutturnio contemporaneo, senza eventuali depositi sul fondo ed altre arcaicità. In effetti appare più succulento e delicato.
Insomma, quale scegliere? Alla fine io amo tutte e due le versioni, e ho preferito non decidere. E' piuttosto una questione di mood del momento, come quando decidi se metterti la t shirt vissuta o la polo da personcina seria. A volte mi va in un modo, a volte nell'altro, ed è il massimo del decisionismo che mi sono dato.
Il vivace è una fermentazione naturale in bottiglia, quindi un Gutturnio vecchio stile con qualche ruvidezza e magari un filo di fondo, al naso appare rustico e molto naif, ma senza mai sbroccare in puzze o robe simili. Il frizzante è invece la versione moderna e pulitina dello stesso vino, che il produttore ha creato - mi raccontava - per venire incontro alle richieste di alcuni suoi clienti, che desideravano appunto il Gutturnio contemporaneo, senza eventuali depositi sul fondo ed altre arcaicità. In effetti appare più succulento e delicato.
Insomma, quale scegliere? Alla fine io amo tutte e due le versioni, e ho preferito non decidere. E' piuttosto una questione di mood del momento, come quando decidi se metterti la t shirt vissuta o la polo da personcina seria. A volte mi va in un modo, a volte nell'altro, ed è il massimo del decisionismo che mi sono dato.
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