Commento di Antonio Tombolini a queste notizie:
"Il caso dell'uva e dei pomodori pugliesi: i locali agricoltori non sanno a chi venderli. E che ti fanno? Si chiedono come mai? Macché. Facciamo così: blocchiamo le strade, facciamo un po' di casino, e chiediamo che lo Stato ci dia un risarcimento. Se no? Se no facciamo casino.
Com'è andata a finire? Ovviamente lo Stato (coi miei soldi) darà un risarcimento (de che?) a costoro, premiando la loro insipienza e la loro violenza. E tutti a battere le mani, alla destra e alla sinistra unite, con le facce di bronzo di Alemanno e Vendola a simboleggiare questa italietta che continua a ballare sul Titanic."
Davvero sottoscrivibile. Segue, in lontano ordine di sgradevolezza, la seccatura derivante dal fatto che volevo dirlo pur'io, acci.
Questo è un blog enoico. Il vino è un alimento totalmente diverso da qualsiasi altro: evolve, ha carattere ed è imprevedibile (come l'umanità, insomma). Per questo è interessante. E non è industriale.
mercoledì, agosto 31, 2005
venerdì, agosto 26, 2005
domenica, agosto 14, 2005
Per la serie...
Per la serie "qui si spara sulla Croce Rossa", oggi tocca al Tavernello.
Certo, aver appena visto la pubblicita' in TV con Fazzuoli e lo spot finto-dibattito non ci catalizza il buonismo. Comunque, mi faccio un giro sul loro sito e gioco con la tracciabilita', parolina magica che serve a chissa' cosa, visto che si parla di Tavernello: e' come dire "mi hanno tamponato, ma so che era una Volvo: era tracciabile". Ecco, il Tavernello bianco e' tracciabile, quello rosso no, non si sa perche', comunque non c'e' da recriminare, per i miracoli ci stiamo attrezzando, eccetera. Provo ad inserire dati casuali nel macchinoso form della tracciabilita', e mi aspetto che esca fuori un responso tipo "ehi, ma che scrivi, non ha senso!" -- e invece, ecco cosa ottengo: "Spiacente, il sistema è in aggiornamento e non può fornire il dato richiesto."
Oh, che peccato, non mi si traccia.
Certo, aver appena visto la pubblicita' in TV con Fazzuoli e lo spot finto-dibattito non ci catalizza il buonismo. Comunque, mi faccio un giro sul loro sito e gioco con la tracciabilita', parolina magica che serve a chissa' cosa, visto che si parla di Tavernello: e' come dire "mi hanno tamponato, ma so che era una Volvo: era tracciabile". Ecco, il Tavernello bianco e' tracciabile, quello rosso no, non si sa perche', comunque non c'e' da recriminare, per i miracoli ci stiamo attrezzando, eccetera. Provo ad inserire dati casuali nel macchinoso form della tracciabilita', e mi aspetto che esca fuori un responso tipo "ehi, ma che scrivi, non ha senso!" -- e invece, ecco cosa ottengo: "Spiacente, il sistema è in aggiornamento e non può fornire il dato richiesto."
Oh, che peccato, non mi si traccia.
venerdì, agosto 12, 2005
Mare, mare, mare, voglio annegare.
Lo dice anche il boss del Gambero, prima di lui Peperosso: gira male, insomma c'e' crisi, c'e' meno gente in giro, eccetera eccetera. Il prodotto-Italia, turisticamente parlando, e' fuori prezzo.
Stamattina sotto l'ombrellone leggo Vizzari su L'espresso che magnifica un ristorante spagnolo: "Eccezionale, non ho altri aggettivi per definire la mia ultima esperienza al Celler de Can Roca". Sono termini insolitamente entusiastici per un critico normalmente sobrio, se non severo.
Insomma, bisogna andar fuori dall'Italia per essere felici? Possibile che un settimanale italiano a ferragosto mi debba parlar bene di un ristorante spagnolo? E' seccante ammetterlo, ma pare di si.
E soprattutto, che ci faccio ancora in Italia?
Postato col sottofondo di Battiato ad accrescere lo spleen.
Stamattina sotto l'ombrellone leggo Vizzari su L'espresso che magnifica un ristorante spagnolo: "Eccezionale, non ho altri aggettivi per definire la mia ultima esperienza al Celler de Can Roca". Sono termini insolitamente entusiastici per un critico normalmente sobrio, se non severo.
Insomma, bisogna andar fuori dall'Italia per essere felici? Possibile che un settimanale italiano a ferragosto mi debba parlar bene di un ristorante spagnolo? E' seccante ammetterlo, ma pare di si.
E soprattutto, che ci faccio ancora in Italia?
Postato col sottofondo di Battiato ad accrescere lo spleen.
lunedì, agosto 08, 2005
Chissa' perche'.
Chissa' perche' se vuoi leggere notizie che non sembrino veline ti tocca andare su certi blog. Col GPRS, in vacanza, uno dovrebbe evitare di caricare le pagine della Repubblica, del Corriere, eccetera. E andare dritto dritto qui.
Cronache elbane.
L'Isola d'Elba assomiglia alla Liguria, perlomeno dal punto di vista enoico. La quantita' di produzione locale e' quella che e', non sterminata; la richiesta pero' e' alta, visto l'afflusso dei turisti. E noi simpatici turisti, qui all'Elba, educati al divino insegnamento, che chiediamo? Vini del territorio, naturalmente. Il territorio pero' produce quantita' limitate; otteniamo cosi' di bere vini che, se locali, sono se va bene passabili ("passabile" non e' un complimento); esistono, curiosamente, "vini veri" nel senso di veramente locali, che costano guardacaso quasi il doppio di quelli indirizzati alle masse. Probabilmente si tratta di coincidenze, ma a pensar male a volte si indovina, come avrete sentito dire.
venerdì, agosto 05, 2005
Pubblicita'? Regresso.
Quasi in contemporanea, oggi, Mantellini e Tombolini parlano di pubblicita' (male, come e' sacrosanto) e della crisi della pubblicita'. Consiglio la lettura; curiosamente, ho appena finito di lottare con una videocassetta di Walt Disney che impone dieci minuti di pubblicita' prima del film. D'accordo, c'e' il fast forward, ma provate a premere FFW col figlio treenne che vuole vedere ogni singolo fotogramma pubblicitario. Poi uno dice che si scaricano i Divx, eh?
Vabbe'. Ti soccorre il pensiero che nel nostro orticello enoico la pubblicita' non e' quella roba demenziale che siamo costretti a subire altrove; nessun produttore si sognerebbe di dire che il suo vino e' "ciucio inciorno a tei". Certo, ogni tanto capita di sentire discorsi sul fatto che il vino non e' adeguatamente "targettizzato" (bleah), ma il linguaggio odioso della pubblicita' non serve a questo ambito; semplicemente, qui, chi produce roba seria viene premiato dal mercato e a fine anno ha esaurito le scorte; a meno che non sia un industriale (ho usato volutamente un termine generico, non volevo citare per nome il solito Zonin).
Vabbe'. Ti soccorre il pensiero che nel nostro orticello enoico la pubblicita' non e' quella roba demenziale che siamo costretti a subire altrove; nessun produttore si sognerebbe di dire che il suo vino e' "ciucio inciorno a tei". Certo, ogni tanto capita di sentire discorsi sul fatto che il vino non e' adeguatamente "targettizzato" (bleah), ma il linguaggio odioso della pubblicita' non serve a questo ambito; semplicemente, qui, chi produce roba seria viene premiato dal mercato e a fine anno ha esaurito le scorte; a meno che non sia un industriale (ho usato volutamente un termine generico, non volevo citare per nome il solito Zonin).
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