Il penultimo fine settimana di luglio 2022 me lo ricorderò per il caldo africano, come molti di voi, e per la ricorrenza festosa dei 50 anni dalla DOC del Rossese di Dolceacqua. Il 22, 23 e 24 luglio nonostante la calura torrida (s'è capito che faceva caldo?) nell'ameno paesino della Val Nervia ci sono state una serie di iniziative (cene, convegni, spettacoli, banchi di assaggio) che hanno degnamente ripercorso un periodo storico apparentemente lungo, ma comunque parziale: il Rossese a Dolceacqua è un fatto ancora più risalente dell'età della sua DOC. Questi racconti, narrazioni, storytelling - fatemi essere contemporaneo - hanno accompagnato queste giornate, assieme ai numerosi assaggi, quindi insomma non ci si lagna anzi grazie ai produttori di Dolceacqua che mi hanno invitato, manco fossi un influencer che danza su TikTok. E come direbbe pseudo Dante: per trattar del ben che vi trovai, dirò delle cose che vi ho scorte.
Lo stato di molti assaggi (ad una cena)
Si dice sempre, non si pratica mai abbastanza: il vino si valuta a tavola. Per dirla bene, chi sa e chi ricorda cita Sangiorgi, "il vino è il ministro della tavola". Abbinato a preparazioni local estreme (tipo capra e fagioli), oppure a piatti delicati, il Dolceacqua dimostra una versatilità di abbinamento che non è facile trovare in altre denominazioni. A questo aggiungo che i numerosi assaggi hanno da subito presentato produttori altrettanto numerosi accomunati - e questo secondo me è rilevante - da livelli qualitativi costantemente alti, e vale pure per etichette meno note: per fare un semplice esempio, Maixei è una realtà cooperativa che produce tra l'altro Dolceacqua, e pure la cantina sociale non sfigura, anzi, mette nel bicchiere un rosso convincente, succoso, con la tensione e leggiadria tipica. Se mi passate il momento sciovinista, se sei enofilo e sei ligure non puoi che essere contento di verificare tutto questo.
La sala del convegno
"No, il dibattito no!" (Pseudo Nanni Moretti)
“Il Rossese di Dolceacqua: ieri, oggi, domani” - Conferenza presso la sede dell’ex Comunità Montana, recita il programma di domenica mattina. Uno cita Nanni Moretti per un fatto politico, siccome la conferenza ha visto, purtroppo, una folta apparizione di personalità politiche regionali e nazionali, sulle quali chi scrive dovrebbe evitare di mugugnare per non apparire il solito guastafeste. Ma siccome io non so bene evitare questa, diciamo, funzione, devo dire: era meglio farne a meno. E non mi riferisco ai sindaci, che sono comunque rappresentanti politici che col territorio, per la loro funzione specifica, hanno a che fare. Mi riferisco ai capataz che hanno infarcito lunghe prolusioni di supercazzole come "fare sistema" e altre vacuità. Soprattutto, hanno evocato concetti difficili da maneggiare, come un supposto salvifico enoturismo di massa che, credetemi, collide con una DOC prodotta in quantità omeopatiche, su un territorio ristretto, in una regione in cui le infrastrutture che dovrebbero veicolare queste masse sono patetiche: sulla qualità disastrosa delle autostrade liguri c'è una vasta letteratura che spazia tra la fantascienza e il surreale, ma niente: si deve per forza indicare negli spostamenti massivi un tipo di veicolo promozionale decente, lasciando fuori dal discorso un'altra parolina, sostenibilità, che potrà essere utilizzata comunque in altri ambiti, con voluttuosa abbondanza. Vabbè, arrivati a questo punto della lagna uno dice "ma parliamo di vino che è meglio", ed in effetti la conferenza ha avuto pure momenti di notevole interesse, per esempio quando Matteo Gallello (autore su Porthos, Verticale) ha parlato della versatilità di abbinamento del Rossese di Dolceacqua di cui sopra: dalla cucina locale, alle preparazioni semplici fino a quelle più complesse, citando anche cucine orientali e/o etniche.
Per chi lo desidera, ed è dotato di spirito di sacrificio, ho caricato su Youtube il video intero della conferenza, peraltro scippato dalla pagina Instagram degli organizzatori ma io continuo a preferire YT, sono antico.
Per chi lo desidera, ed è dotato di spirito di sacrificio, ho caricato su Youtube il video intero della conferenza, peraltro scippato dalla pagina Instagram degli organizzatori ma io continuo a preferire YT, sono antico.
Ma parliamo di vino che è meglio
Nel pomeriggio di domenica, sul tardi quando il calore era meno africano, in piazza a Dolceacqua c'erano un bel po' di tavoli di assaggio, con un buon numero di produttori, qualcuno anche poco noto e a me sconosciuto. È il genere di dettaglio che aumenta il mio interesse. Dopo aver assaggiato tutti, modestamente, potrei fare, anziché una lunga serie di appunti di degu, una specie di stato generale del Dolceacqua, sotto forma di classifica. Nel senso che: c'è un nocciolo duro di produttori, sempre quelli, che per me rappresentano l'eccellenza. Diciamo i primi cinque della classifica. C'è il gruppo degli inseguitori, altri cinque, che stanno facendo un ottimo lavoro. C'è un terzo gruppo, di nuovi, giovani, outsider, troppo piccoli per uscire dall'area produttiva, che lo stesso mi facevano dire ad ogni assaggio: ma che bravo, questo.
L'allestimento in piazza/1
I soliti bravi
Terre Bianche aveva il Dolceacqua classico 2021 che è riuscito, cosa per me alquanto strabiliante, a superare (forse) il mitico 2020 che venne prodotto usando anche le uve dei cru. Veramente un assaggio notevolissimo. Maccario Dringenberg forse non serve nemmeno presentarla, è una specie di rassicurante certezza. Non esiste una nomeranza di quest'azienda che mostri mai anche un vago cedimento, l'esecuzione è perennemente precisa e giocata su quel mix di nettezza e fisicità che definisce questa DOC unica e desiderabile. Ka' Manciné è tra i miei preferiti perché - nel fare vini pur diversi dai primi due citati - è capace di inserire un profilo di personalità unicissimo che si ritrova nel bicchiere: un rosso zergo, appena burbero, e ugualmente succoso, dalla bevuta invitante. Lo stesso discorso si potrebbe fare per Testalonga Perrino, azienda stracult per la risalenza produttiva (il signor Nino Perrino ha cominciato a far vino ben prima della DOC) e stracult al cubo per la difficoltà a trovare in giro quest'etichetta, prodotta in quantità sempre troppo basse rispetto alla richiesta. Il vino peraltro ha una tensione tutta sua, più terra che frutto, e poi carne e sangue. Da bersi nella maturità, meglio, e del resto il banco di assaggio gestito da Erica Perrino ha consentito di sentire annate un po' indietro, e che festa, difatti. Tenuta Anfosso continua a dare prove notevolissime col Poggio Pini, ma in realtà era sufficiente l'assaggio dell'ultima annata del suo Rossese classico per avere subito la misura di un produttore arrivato, nel senso buono del termine intendo, cioè affidabile.
Anfosso e le sue etichette
Quello che restava di Perrino, alla fine
Giovanna Maccario e un magnum di Sette Cammini
Quello che restava di Perrino, alla fine
Giovanna Maccario e un magnum di Sette Cammini
Gli inseguitori
Qui devo andare un po' più veloce se no mi esce fuori Guerra e Pace (e inevitabilmente qualcuno lo devo tagliare) ma ci sono alcuni produttori che stanno mettendo in giro delle vere delizie, ogni anno che passa un po' di più. Applausi quindi per Mauro Zino con un Superiore Peverelli 2019 dritto e serissimo. Oppure Roberto Rondelli che con Arenaria 2021 prosegue nel segnare la via per la definizione del suo Rossese, coerente. Un altro 2021 memorabile, e piacevolissimo, è quello di Foresti, altro produttore che sta crescendo a ritmo sostenuto. E Gajaudo col Luvaira 2019, scusate il cru pazzesco verrebbe da dire, pure ben giocato col legno che qui a Dolceacqua pare sempre un'arma a doppio taglio. In coda ri-cito Maixei, esemplare cantina sociale che con cose come il Barbadirame Superiore 2019 mi fa pensare che, quando anche la cooperazione esprime risultati così alti, ebbene vuol dire che la denominazione intera ha raggiunto livelli encomiabili.
Il Peverelli di Mauro Zino
Arenaria by Roberto Rondelli
"Luvaira", fa sempre piacere leggere questa nomeranza
La bella etichetta di Maixei
Arenaria by Roberto Rondelli
"Luvaira", fa sempre piacere leggere questa nomeranza
La bella etichetta di Maixei
Attenti a quelli là
Adesso vi piazzo un paio di nomi, poi fate voi. Azienda Agricola Caldi, ettari tipo uno o due, assaggiato Superiore 2020 e Classico 2021, da comprare al volo. Piccolo problema: vino non ce n'è, quel poco è venduto localmente ad aficionados (e qui ometto gli improperi dell'enotecaro). Ascari col Dolceacqua 2021 promette benissimo, considerando che è poco più che un giovane esordiente, quindi again da tenere d'occhio.
Gran finale, in giro per vigne
Lunedì mattina, camminata per Posaù e Luvaira in compagnia di Giovanna Maccario. Potrei ripetere che faceva caldo anzi caldissimo, ma arrivati lassù c'era chi, come il signor Dringenberg, in vigna ci stava lavorando, e allora che faccio: mi lamento, io, che facevo il turista? Del resto vedere quei cru storicissimi e prestigiosi con la guida di Giovanna è stato un fatto glorioso - che in fondo non era nemmeno così caldo, a ripensarci. Come direbbero quelli bravi, ora facciamo parlare le immagini, e da Dolceacqua è (quasi) tutto.
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