giovedì, ottobre 23, 2008

Maturità


Il prelievo da scaffale di qualche sera fa è servito a misurare lo stato evolutivo di una piccola partita di Cabreo Il Borgo che ho a magazzino; è un'annata 2000, quindi in una fase di maturità che presumevo non troppo avanzata, ma comunque rilevante; insomma, andava testato. Si è trattato di un assaggio significativo, per vari motivi; il primo, forse, consiste nel fatto che questo rosso toscano è un uvaggio di Cabernet Sauvignon al 30%, e per il restante 70% è Sangiovese: si tratta, cioè, di un matrimonio da molti criticato, una specie di unione impura che stipicizza il Sangiovese a favore di un piglio modernista tipico del Cabreo e di mille altri uvaggi toscani che rientrano nei parametri descritti dal termine supertuscan: legno piccolo, estrazione cromatica, morbidezza, californication, e via modernizzando. Data la caratterizzazione global del concetto enoico, questo è il classico vino da dibattito; tra gli elementi criticabili di tali release c'è spesso la longevità, che non sembrerebbe essere il punto di forza quando la piacioneria immediata è in definitiva la cifra qualificante: da giovane sono giuggiolone e succulento, da maturo bah, chissà. Quindi, ribadisco: l'assaggio già si preannunciava interessante. E comunque, l'aspetto centrale in questi assaggi resta sempre, a mio modo di vedere, l'imprevedibilità del decorso: lo stato evolutivo sulla maturità è spesso inaspettato, scarsamente prevedibile; la bottiglia matura assomiglia alla scatola di cioccolatini di Forrest Gump, non sai mai cosa c'è dentro. Inutile dire che trovo in tutto ciò notevoli elementi di fascinazione.

Il colore è stato il primo punto di forza, credo: assai vivido, con pochissimi cedimenti. Ancora gioviale e giovanile, direi. Olfattivamente l'apertura era dichiaratamente terziaria, con la bella serie di note tostate (caffè e cacao) in prima fila a fare la parata, e la frutta appena nascosta; il godimento maggiore è arrivato con le sensazioni di cuoio, ma soprattutto di foglia di tabacco: sensazioni niente affatto stanche, ma rinfrancanti, caratteriali, eloquenti della maturità raggiunta con successo e con un discreto stile. Un vino forse al culmine della sua vita - e qui sarebbe ammissibile la critica: "ma come, dopo solo otto anni siamo al capolinea?" - ma in realtà il capolinea pare lontano: in bocca ha saldezza acida, solo i tannini si mostrano levigati e assai meno duri del previsto; ma questo favorisce l'armonia, il palato è armonico e segnato da una certa setosità; anche qui, volendo trovare un elemento critico potrei indicare (quasi conseguentemente) la mancanza di imponenza, di elementi asfaltanti. In conclusione l'assaggio ha notevoli punti di piacevolezza, è il genere di test che amo protrarre a lungo, tra olfazioni e riassaggi: lo stato evolutivo è pronto, ma il vino non è al termine delle sue potenzialità. Punteggio: 87/100.

Considerazioni finali. Il produttore è tutt'altro che piccolo, la famiglia Folonari risale attraverso generazioni di veri industriali del vino (potete dare al termine l'accezione che credete). Tra le griffe aziendali c'era la stessa Ruffino, per dire. Ciò premesso, alcune realizzazioni del gruppo continuano a sembrare notevolmente significative, e con un bel rapporto prezzo/prestazioni; l'universo del supertuscanesimo è costellato di vinoni che costano il doppio, o il triplo, rispetto ai 34 euri di Cabreo, magari restando sugli stessi punteggi centesimali.
Terminiamo con una bella orgia di duepuntozerismo: di seguito l'assaggio performato da Andrea sul ben più maturo Cabreo 1985.



E, apoteosi finale, un Carosello Folonari: anni '70, e tappo a vite: troppo avanti!

1 commento:

  1. Penso convintamente che quella pubblicità di Folonari abbia stroncato il mercato del tappo a vite nei vini di qualità nel trentennio successivo.
    Luk

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