Eric Asimov, durante l'ultimo Symposium for Professional Wine Writers, ha criticato la "tirannia degli appunti di degustazione": intimoriscono gli enofili alle prime armi, e non hanno comunque utilità descrittiva. Il mio post, per la verità, riporta quanto ha scritto Alder Yarrow, che era presente al symposium e ha trascritto le affermazioni di Asimov, a cui ora faccio riferimento. Tuttavia, se leggete il post di Vinography e i successivi commenti (lunga lettura) vedrete che l'assunto non è poi troppo sottoscrivibile. Nel vedere perché, vi annuncio che riassumo-il-riassunto di Asimov ad opera di Alder, e ve lo traduco pure. Tranquilli, è meno caotico di quello che sembra.
Eric Asimov, via Alder, afferma:
il maggiore ostacolo all'apprezzamento del vino nel pubblico consiste nell'ansietà dell'enofilo apprendista; questa ansietà deriva dall'idea comune, per la quale bisogna intendersi bene di vino, se vuoi goderlo appieno. E infatti afferma cose tipo: "vorrei capirci qualcosa di più, dovrei fare qualche corso... che libro mi consiglieresti?" - Insomma: molti pensano che bisogna mettersi a studiare, piuttosto che bersi serenamente un bicchiere di vino; gran parte mette il vino su un piedistallo, quasi fosse riservato a pochi. Questo, poi, non avviene certo per ogni ambito di consumo; tuttavia, accade col vino. Da qui derivano una serie di fatti disdicevoli, tipo identificare l'esperto di vino con l'insopportabile snobbone, che nemmeno ti considera se non conosci il tale produttore o la tale annata. Di chi la colpa? Forse (secondo Eric) questo è dovuto al fatto che il consumo di vino non sia (tra gli americani) un fatto di cultura quotidiana, quindi che sia necessario leggere un manuale di istruzioni, prima di avviarsi a questa costumanza. E proprio qui nasce il problema: le pubblicazioni in materia sono piene zeppe di tasting notes, di appunti di degustazione; sembra che i critici del settore sappiano fare solo quello, scrivere veloci schede di degustazione fatte di termini descrittivi lunari, e punteggi, cosicché il vino sembra essere solo questo, ormai. Quasi come se per descrivere un concerto, ci mettessimo a misurarne i decibel. E più la gente legge schede e punteggi, meno riesce a ritrovarsi in questi parametri, e l'ansietà cresce. Per far loro un favore, dovremmo smettere di scrivere schede, e trovare un altro sistema per trasmettere l'esperienza e l'emozione del nostro rapporto col vino.Ecco, fin qui la critica. Tuttavia, come dicevo, la proposta "zero schede" non vede tutti favorevolissimi.
Credo di poter dire che le affermazioni di principio di Asimov siano, da queste parti, abbastanza recepite; come d'uso indulgerò nell'autocitarmi, ma io, come molti, sento da tempo il bisogno di rifondare gli elementi di descrizione critica del vino; si tratta, in sostanza, di trovare un modo nuovo; si tratta di contestualizzare il prodotto al produttore, e soprattutto di compiere una narrazione di persone e storie, piuttosto che compilare una pagella. Se poi guardo all'ambito comunicativo che frequento di più, quello dei blog, mi pare che questo sia da tempo l'atteggiamento prevalente - e molte sono le voci che chiedono di eliminare una volta per tutte il sistema stesso dei punteggi. Per farla breve, il rigido schematismo da tasting notes non appartiene a chi ha scelto da tempo di raccontare, nel modo più articolato possibile, il vasto enomondo.
Discorso a parte credo si debba fare per la terminologia. E' un dato di fatto che la narrazione di cui sopra passi per elementi di linguaggio che siano descrittivi. Sta a noi, di volta in volta, individuare una terminologia che riesca ad essere tecnica, e nello stesso tempo comunicativa. Si va dalla prosa maroniana al suo opposto (mi viene in mente Il mio vino, che fa un punto d'orgoglio l'uso di termini basilari: buono, non buono). Il punto è che, piaccia o no, a volte bisogna pur descriverlo, questo benedetto vino. Parto dal mio orticello, che mi viene facile: quando un cliente in enoteca mi chiede "com'è questo Lambrusco" significa che io devo lanciarmi in una delle mie funamboliche scene descrittive; e da quel che vedo, l'audience apprezza, ancora non m'è capitato il cliente che trovi ostico "spuma orgogliosa, naso fitto di frutti rossi" (o forse temono la mia stazza, boh).
Due parole infine sui malefici punteggi. Ribadisco quanto già detto, a proposito di una lettura recente. Andrea, dopo Benvenuto Brunello, ha fatto quello che io considero quasi un favore personale: ha elencato su Facebook(*) la lista totale dei Brunello assaggiati, con due-tre parole per ognuno, ed il relativo punteggio centesimale; questo mi ha consentito, praticamente in due minuti, un punto di vista esauriente (e affidabile, per quel che so). Chiaramente, quella lista aveva un valore riassuntivo, da addetti ai lavori; perché appunto la narrazione di tutto il resto, del contesto, delle persone, è cosa ben più lunga.
(*) Se ancora non ti sei dotato di feissbucc, fai lo sforzo.