Nel dibattito sull'uso dei trucioli nel vino si segnala l'intervento di Angelo Gaja sul blog di Massobrio. E' visibile qui, nel meandro dei suoi irrintracciabili permalink. In breve, Gaja puntualizza che si dovra' creare, ex lege, un sistema di controllo per certificare i vini non-chippati, secondo un originale sistema tipico dell'Ufficio Complicazione Affari Semplici: non solo non si segnalera' (giammai) in etichetta l'uso di questo artificio, ma quelli che non ne fanno uso dovranno in teoria essere controllati, con qualche arcano sistema, affinche' non trucchino le carte. Gaja ritiene che "la messa a punto di questo nuovo metodo, che richiedera’ tempi molto lunghi, non interessi a nessuno, che nessuno ne avverta la necessita’. Con il rischio di estendere sempre piu’ quell’area grigia di regole che non prevedono controlli e verifiche reali". Insomma, una cosa molto all'italiana.
A margine di tutto questo, un paio di considerazioni (a costo di annoiare sul tema, su cui gia' moltissimo s'e' letto). Per quanto mi riguarda, da addetto ai lavori, prendo atto dei si dice, cioe' del fatto che, pare, questa pratica sia attesa, auspicata, pure invocata da non meglio identificati settori della produzione "industriale" del vino. E prendo atto del fatto che, allo stato attuale, non ho ancora letto nemmeno un outing, cioe' una azienda che sia uscita fuori a dire: ecco, noi useremo i chips, e ne siamo orgogliosi; anzi, prego chi ne avesse notizia, di colmare la mia lacuna.
Nel mio piccolo, parlando con vari produttori, sto cominciando a chiedere: e allora, questi trucioli, li usi o no? Fin'ora, naturalmente, solo "no" pure un po' sdegnati. Sicuramente continuero' a chiedere.
La seconda considerazione attiene alla competenza dell'assaggiatore. Come mi hanno gia' fatto notare, bisogna chiedersi come fara' mai l'assaggiatore tecnico a rilevare la differenza tra vino affinato in legno, e vino infuso di trucioli. In via teorica, le "finzioni" in campo enoico non riescono, piu' di tanto, a generare un prodotto genuinamente convincente; nello specifico, l'agire del tempo conferisce una complessita' che (almeno ipoteticamente) la scorciatoia dei chips non potrebbe garantire. Tuttavia qualche preoccupazione e' lecita, in quanto, a mio modo di vedere, la tecnologia negli ultimi anni ha affinato le sue armi in misura sufficiente a confondere pure gli assaggiatori piu' preparati; se ne ha prova, spesso, in certe degustazioni cieche e comparate dove vini di provenienza alquanto standardizzata possono creare sorprese. E si nota pure in certi vini ipertecnici che girano sul mercato: emanano freddezza, ma e' una sensazione rilevabile solo dal palato allenato, e pure un po' soggettiva. Insomma, il mio ottimismo e' un po' appannato.
Condivido il tuo punto di vista, magari con una sfumatura allegra.
RispondiEliminaPensa quante possibilità si aprono all'enologo creativo:
1)Truciolato in botte di acciaio
2)Truciolato in vasca di cemento
3) Truciolato in barrique, per gli uomini veri
4) Truciolato in botte grande, per gli amanti del trans-gender.
Luk