
L'anno scorso, al Critical Wine genovese, tra qualche puzzone vinovero deprecabile, ho assaggiato un produttore doglianese che, per gli standard esibiti, e' entrato a listino velocemente. Eraldo Revelli produce un bel Dolcetto(ne) di Dogliani, e dopo una visita in azienda ed i giusti riassaggi, e' diventato mio fornitore. Tuttavia il Dogliani DOCG (adesso il Dolcetto Superiore si chiama Dogliani DOCG - rinunciate a capire, e' una perdita di tempo) e' un rosso che, come si dice, esprime il meglio di se' quando si avvicina alla maturita'; da giovane esibisce fieramente i tannini archetipici del dolcetto, e pure una chiusura olfattiva che ti fa dire: aspetta, qualcosa sara'. Cosi', rimembrando il trascorso Critical Wine, stasera ho portato a casa il Dogliani Autin Roca 2005 (il cru aziendale), che avevo a scaffale da un po'; si chiama appunto "prelievo di scaffale" il controllo periodico che l'enotecaro fa del prodotto che ha in vendita. Questo, siccome il vino diviene, e' mutabile, eccetera eccetera eccetera; anzi, a pensarci bene, "prelievo di scaffale" potrebbe essere una categoria di questo blog; detto, fatto. Noi preleviamo dallo scaffale per avere un'idea del misterico divenire, sfuggente ed imperscrutabile, per poi narrarlo al cliente.
Stasera l'Autin Roca di Revelli e' in forma olimpica; il naso e' uscito piano ma poi e' diventato assertivo, con una liquirizia spettacolare: hai presente la rotella Haribo', una liquirizia deliziosa, che poi ha lasciato spazio alla stratificazione, dalla prugna alla viola; il colore ha quel vello tenebroso da poca filtrazione, la fluidita' e' densa; questa sera l'Autin Roca strappa un bel 88/100.
Tra le mille possibili considerazioni che un simile vino ispira, una su tutte: il mio pensiero e' andato ai tristi vini internazionali; a quei rossi banali e prevedibili, peggio che industriali: globalizzati; al peperone da cabernet identico a se' stesso ovunque, soporifero e deja-vu. Ce l'avranno mai, quei vini, questa liquirizia? Riusciranno mai, quei tentativi enoici, a far alzare almeno un sopracciglio?
Affari loro. Il Dogliani ce l'abbiamo noi, ci spiace per gli altri.
[Update del 5 novembre: qui Franco Ziliani recensiva Revelli, nel 2003]
molto buoni, in effetti, i Dolcetto di Dogliani di Eraldo Revelli (e famiglia: anche la figlia più giovane collabora ed é molto brava), molto schietti, molto veri, molto vin de terroir.
RispondiEliminaNe scrivevo quattro anni fa su WineReport, in questo articolo:
http://www.winereport.com/winenews/vino_settimana/scheda.asp?IDCategoria=-1&IDNews=215
ciao
Franco