martedì, ottobre 09, 2007

A walk on the wild side


Tutto inizia con un invito a cena da amici carissimi, sere fa. E l'amico carissimo, gourmet quanto basta, di ritorno dal viaggio ha portato il souvenir. Chi torna dalla Toscana porta il Chianti, chi torna dalla Grecia porta la retsina (peste lo còlga); lui tornava dall'Argentina, e che poteva portare? Chardonnay. Ora, chi mi conosce sa che ho una pericolosa predilezione per i barriconi internazionaloni; per i vini-frutto, per le robe ammiccanti e roboanti, sopra le righe, sovraconcentrate, sovramaturate, sovrastrutturate.
Pero', pero'. Probabilmente sto invecchiando.
Com'era questo Chard? Mettiamola cosi': cattivo non era. Mi e' piaciuto? Ecco, ancora ci sto pensando. A descriverlo francamente non saprei dove iniziare: va bene l'eccesso, ma questo era al di la' del bene e del male; e' parecchio tempo che non assaggio nulla di seriamente internazionale (Cile, California), e cosi' ero un po' fuori allenamento; scansionavo l'effluvio di input ai recettori palatali e retronasali, ma era come cercare di mettere ordine in uno schedario scosso da un tornado. Ari-mettiamola cosi': immaginatevi un succo d'ananas (avete presente) aggiunto di vodka; praticamente un cocktail alcolico, molto dolce, e molto alcolico; buono al gusto, certo, quel dolciastro unito al timbro secco della vodka, pardon, dell'alcol, era tutt'altro che sgradevole.
Solo che non era vino. Era qualcos'altro, una citazione, un'evocazione del concetto, una rilettura, una rielaborazione, probabilmente un esercizio di stile ("guarda cosa so fare - senza mani!"). Ti veniva da applaudire ammirato, dopo: ma guarda un po' questi, che giocolieri.
Temo che non lo comprerei. Ma appunto, probabilmente sto invecchiando.

[Chardonnay 2004, Bodega La Rural - Rutini - Argentina]

lunedì, ottobre 08, 2007

Quando pensi di averle viste tutte


Quando pensi di averle viste tutte, o perlomeno quasi tutte, scopri che il vino di Gesu' Cristo sarebbe Cabernet Sauvignon.

giovedì, ottobre 04, 2007

Bere Barolo

Il caldo africano dell'estate 2003 condiziona i Barolo di quell'annata ora sul mercato; la vendemmia ha dato uva supermatura e con poca acidita', sbilanciando il vino a favore della sfericita', cioe' a dire morbidezza e frutto, senza punte di durezza, ovvero di acidita', che servono ad armonizzare e rendere complesso, stratificato (e pure piu' longevo) il prodotto di tanti fattori. Per farla breve: questi vini sono morbidi ma a rischio marmellata, e non dureranno i decenni. E allora che si fa? Se riusciamo a vedere il bicchiere mezzo pieno anche in questo frangente, potrebbe essere la volta buona che il Barolo si beva pure, oltre che a iconizzarlo come una divinita', che in quanto tale e' intangibile. Qualche giorno fa assaggiavo la vendemmia 2003 di Bartolo Mascarello, cantina ipertradizionalista e iconica (questa si) del comune omonimo; i vini di Bartolo sono la quintessenza della tradizione, quindi della longevita' associata a questo rosso; l'assaggio da giovane ha un valore estremamente relativo (normalmente si definisce "infanticidio") e serve piu' che altro ad avere un'idea della caratura generale, ed a scrutare nella sfera di cristallo come potra' evolvere nei secoli a venire. Eppure, l'assaggio del 2003 m'ha sorpreso in quanto molto, molto buono; intendiamoci, normalmente i Barolo di Bartolo Mascarello sono tali; ma dopo un decennio dalla vendemmia, minimo. Invece, sorpresa: questo 2003 cosi' serico e fruttato (ebbene si', l'ho detto: fruttato) ha buone possibilita' di essere aperto da giovane senza far gridare all'infanticidio.
Che poi, diciamolo, ecco il limite vero di questo immenso vino: tutti lo idolatrano ma a berlo sembra che siano quattro enofili in croce; il destino di questa etichetta, per le masse, e' di finire su uno scaffale (se va male, in piedi alla luce) ad affrontare i decenni in attesa del mitico momento giusto nel quale aprirlo (che e' sempre di la' da venire, ovvio). A perenne monito di tale sciagurato comportamento io a bottega tengo questa vecchia bottiglia di Bareul Vej (ah, i bei tempi in cui le denominazioni d'origine erano autoprodotte) del 1958. Il sedicente Barolo appartenne ad una vecchia, amata zia che lo conservo' come una reliquia in attesa del gia' citato momento giusto per aprirlo; la zia passo' serenamente a miglior vita, ed io ereditai la bottiglia; questa ora e' un caro cimelio, e serve a ricordarmi che le bottiglie non dovrebbero, mai, sopravvivere al loro padrone; a parte il fatto che il vino si fa tutti gli anni, e non si da in natura che l'umanita' resti priva di Barolo, e' comunque troppo triste vivere una vita aspettando chissa' che per godersi il Barolo. Adesso, con l'annata 2003, abbiamo la scusa buona per non aspettare.

martedì, ottobre 02, 2007

Hai trovato quello giusto


Ed ecco lo spammer-of-the-day: "...abbiamo provveduto ad essere presenti nei locali di maggiore affluenza: [...] Billionaire". Clic.

venerdì, settembre 28, 2007

La rabbia


Maledetti rappresentanti.
Adesso vi racconto come funzionano alcuni venditori; i baroni della rappresentanza sono quattro o cinque vecchi culi di cemento che assommano qualcosa come duemila mandati a testa; hanno il meglio del meglio non per meriti personali ma per incomprensibili fenomeni di baronia (per cui se sei agente di -esempio- Ferrari diventi pure agente di Gaja, Antinori, e via griffando). Questi vecchiacci attaccati alle rendite non vanno mai in pensione, pure a novant'anni, ma continuano a vivere di vendite siglate rispondendo al cellulare sdraiati sotto l'ombrellone. Questi fenomeni parastatali della rappresentanza se ne fregano altamente di girare coi listini, che tanto il prodotto viene elargito soltanto alla categoria di clienti che e' simile a loro, cioe' i baroni della ristorazione e delle enoteche (similia cum similibus; oppure: chi si somiglia si piglia). Per inciso, i baroni tra gli enotecari sono sempre quei quattro o cinque vecchi eccetera eccetera, gli unici a cui la stampa fa riferimento quando parla di enoteche della tua citta'; per cui se il Gambero Rosso fa un articolo sulle enoteche di Genova, gia' sai dove andra' a parare. Io, nemmeno a dirlo, non appartengo a quel numero di baroni, e date le premesse spero ardentemente d'essere ignorato per il resto della mia esistenza.
E veniamo al motivo di tanto giramento.
Prima dell'estate sbarcava nella mia bottega, probabilmente per sbaglio o perche' aveva forato una ruota, il collaboratore di un barone; dìcesi collaboratore il giovane di bottega del culo-di-cemento, cioe' quello che per una percentuale esigua dell'intermediazione gira come un dannato col listino del capo, mentre questo fuma il suo Havana assieme all'altro enotecaro barone, sotto l'ombrellone eccetera (ci siamo capiti, ormai). Il giovane di bottega ha comunque tra i 40 e i 50 anni (si e' giovani a 50 anni, si sa). Da parte mia, ho scrutato il listino pochi secondi, quanto basta per rendermi conto che l'occasione andava afferrata al volo. E siccome qui non si fanno nomi, ma solo cognomi, diro' che il listino sul quale ho fatto il sorriso da pescecane era quello di Giacomo Conterno. Commetto pero' un errore atroce (il primo di una serie) e lo congedo pregandolo di rifarsi vivo a settembre, per un ordine. Contavo sul fatto che ci fossimo capiti: io paria dei bottegai, tu paria dei venditori, uniamo le nostre solitudini in un connubio tra perdenti.

Piccolo inciso: io avevo in cuore di passare a Monforte, presso il produttore in questione, da circa duemila anni; il suo prodotto e' quel che si dice un must, ma non in quanto griffone fighetto; e' proprio un gran vino, del genere memorabile. Il Barolo Monfortino, pure nel suo prezzo stellare, segna da sempre un punto di riferimento per la produzione dell'area; ricordo la prima volta che l'assaggiai, dal Pescatore; il boss Antonio Santini aveva il Monfortino fuori carta dei vini, in quanto affermava fosse sua fornitura personale; ma gentilmente accetto' la nostra richiesta.

Nonostante tanta premessa, non ho mai trovato il tempo (e forse la voglia di sentirmi dire "no") per visitare Conterno. Avrei dovuto farlo, se non altro perche' aspettare la visita del suo agente equivaleva ad aspettare Godot. Secondo errore.
Insomma, arriviamo allo showdown. Ieri il mio venditore paria mi illustra le disponibilita' del listino; io non mi accontendo di annunciargli che sono interessato all'acquisto, aggiungo pure che passerei lunedi' prossimo a Monforte, per ordinare direttamente in cantina dopo una visita. Tutto molto bello, vero? Un po' troppo.
In serata mi avvisa, il simpatico venditore, che il prodotto desiderato (Monfortino e Barbera Cascina Francia) non e' disponibile. E allora, chiedo, perche' giri col listino? Mah, non lo so, tanto questi non me li chiede nessuno perche' sono troppo cari, dice lui.
Ora dimmi tu se non dovrei essere mangiato vivo dalla rabbia.
Ma mica contro il venditore. No, io sono arrabbiato con me stesso. Dopo ere geologiche che spaccio vino, ancora non so che certa roba va prenotata? Ancora non so che ci sono delle liste d'attesa? Ma quanto sono stato fesso? Come ho potuto credere che esistesse Babbo Natale, e che facesse il collaboratore di un agente barone?
Gran finale: lunedi' prossimo niente visita in azienda, hanno troppo da fare per la vendemmia e poi il prodotto non e' disponibile, che vieni a fare?
Ora dimmi tu se non dovrei essere mangiato vivo dalla rabbia.

martedì, settembre 25, 2007

Il club dei tre ettari


Di ritorno dal Festival del Franciacorta; poche righe per segnalare un'iniziativa esemplare, per l'ottimo livello generale dimostrato; questa capacita' di associare qualita' di prodotti con competenza comunicativa ed organizzativa e' diventata, a mio modo di vedere, la cifra qualificante di (quasi) qualsiasi cosa rechi il nome di Franciacorta. Pure avendo un paio di quelle bollicine a listino, non e' stato difficile scovare altre tentazioni; volendo segnalare almeno un nome su tutti, indicherei Borgo La Gallinaccia (Via IV Novembre, 15 - 25050 Rodengo Saiano BS - Tel. 030/611314-3531506); l'azienda ha presentato una sola etichetta, un Brut, che nei miei personali appunti ha prevalso su tutti. Il prezzo in cantina e' allineato verso l'alto (oltre dieci euri, piu' IVA), ma e' un sacrificio che consiglio volentieri. Curiosamente, e' il secondo produttore che incontro, nell'arco di pochi mesi, ad avere una superficie vitata decisamente piccola, tre ettari, che lo inserisce nel numero dei produttori omeopatici; come il mio Brunello del cuore, Macioche, che sara' probabilmente il prossimo wine-of-the-day per Kelablu. Stay tuned.

venerdì, settembre 21, 2007

I famosi contenuti


Tanto per proseguire nel tema del post precedente: quando hai un contenuto globalizzato, magari un po' anonimo, magari un po' amorfo, (e soprattutto, se non hai uno straccio di vitigno autoctono) la meglio cosa da fare e' affidarsi al contenitore, ovvero la forma prima della sostanza. Non potendo contare sull'appeal del vino, tanto vale profondere ogni energia sull'etichetta, cercando di scovare la combinazione visuale o cromatica piu' abbacinante. Preciso che la qualita' dell'etichetta e' un tema che angustia piu' di un produttore, pure il piu' serio, ed io non sono l'interlocutore piu' adatto a valutare i loro encomiabili sforzi, siccome continuo un po' ingenuamente a credere che il winemaker dovrebbe concentrarsi sul vino e non sull'etichetta; ma credo, appunto, di essere minoritario in questa opinione, quindi ininfluente. Oggi (esempio) inutilmente sbuffavo su questo sito dove si esibisce una galleria di etichette che dovrebbero, a loro dire, fare colpo. Ma certo, come negarlo, mettere Marilyn (non Manson) in etichetta e' una gran cosa; soprattutto se il vino sara' sui 55/100 di punteggio, almeno ti consoli con l'immagine. Poi ecco la felice nemesi: un magistrato in Alto Adige avrebbe sequestrato le sciagurate bottiglie con Hitler in etichetta, non so se avete presente il genere. Il produttore di tanta meraviglia peraltro mette in etichetta Mussolini, Che Guevara, Napoleone, Lenin, Stalin, Marx, insomma un ecumenismo parcondiciante dell'etichetta esecrabile. Sfortuna vuole che Adolf sia stato giudicato appena un po' troppo apologetico dei noti reati. Come diceva quel tale, ci sara' pure un giudice a Berlino.

mercoledì, settembre 19, 2007

Vini noiosi

Essere alternativi paga: ho sempre pensato che fornire proposte inedite (nel limite del possibile, e del fruibile) fosse vincente. L'orticello enoico nel quale, professionalmente, curo il raccolto, non fa gran che eccezione; nello specifico, ho sempre concordato con quanti individuano nel vitigno autoctono, nostro ed inimitabile, una specie di risorsa imbattibile contro il famigerato livellamento globalizzante (lèggasi chardonnay-merlot-cabernet-barrique). Cosi' oggi, leggendo questo articolo del Seattle Times, non ho potuto fare a meno di sorridere: "vini noiosi? L'Italia vi salva. Mentre il mondo e' inondato di varieta' internazionali, chardonnay merlot e cabernet in particolare, in Italia i viticoltori si dedicano a far vino con rari - e raramente assaggiati - vitigni indigeni". Segue un interessante elenco della spesa alternativa, dove si segnalano pignoletto, lugana, aglianico. Per finire, trionfalmente, col Barolo chinato.

lunedì, settembre 17, 2007

Monster Blue


Dunque pure Microsoft ha il suo vino aziendale; non e' in commercio, ma e' destinato solo ai regali aziendali (che fortunelli) il "Monster Blue", un vino griffato MS ma proveniente da colture sudafricane: "come rivela oggi il Financial Times, la Microsoft ha creato un'etichetta di vini destinati ai dipendenti da diffondere all'interno del colosso di Redmond. L'etichetta, chiamata Monster Blue è stata realizzata da un produttore sudafricano per conto di Microsoft e sarà regalata soltanto ai dipendenti Microsoft e ai loro collaboratori e non sarà mai messa in vendita all'esterno del gruppo. Già il titolo dell'etichetta «Monster Blue» vuol essere un tentativo di ironizzare sulla visione che gran parte del mondo esterno ha di Microsoft, vista come una sorta di azienda mostro". [link]
Mah. Io ho trovato azzeccato, piu' che il termine monster, il colore blue, in quanto assai attinente al marchio; blue screen, mai sentito?

venerdì, settembre 14, 2007

Spirito natalizio (a settembre)


Quando il resto dell'umanita' fa la prova costume, a giugno, il bottegaio e' gia' intento a preparare il lavoro natalizio, e contempla patinate pubblicazioni di scatole, cartoncini, fiocchi e simili ammennicoli. Quando e' agosto e siamo tutti abbronzisti, sulla scrivania ci sono le renne, i babbi natale, gli alberi innevati. A settembre siamo in pieno spirito natalizio, che quasi ci sentiamo piu' buoni; e pianifichiamo di imitare il nostro commesso di riferimento, Rowan Atkinson.

martedì, settembre 11, 2007

Maledetti piratacci


Non so se pure a voi sono venuti a noia i filmati contro la pirateria; non siete soli, pare.
A proposito, il mio sito del cuore per scaricare (o vedere in streaming) film in lingua originale, resta joox.net. Buona visione.

Sangiovese democristo


Il moscato e' diessino, il prosecco e' leghista: sulla Stampa odierna, amena presentazione di un libro di Andrea Scanzi.
Piccolo estratto: "il sangiovese, non me ne voglia, è democristiano. Ha sempre la maggioranza. Piace a tutti, lo trovi ovunque e il suo governo (alla Toscana) non cade mai, a conferma del vecchio detto per il quale moriremo democristiani. Come i reduci scudocrociati, dopo Tangentopoli - che per il vino è stato Metanopoli - si è scisso in partiti e partitini. Il sangiovese toscano, a sua volta spezzettato in vari tronconi (Brunello, Morellino, Nobile…), si è diviso tra Partito Popolare (Chianti Classico) e Forza Italia (i Supertuscans imparentati con cabernet e merlot). In Umbria, più austero e meno disposto al dialogo, sarà un teodem associato a Rocco Buttiglione (mi scusino gli amici del Torgiano Rosso Riserva). Nelle Marche, più aggraziato, si sposerà con il Montepulciano d'Abruzzo per garantirsi un allargamento della base elettorale, come il partito di Pier Ferdinando Casini".
Ovviamente non tutto e' condivisibile; io sono un bevitore compulsivo di prosecco, senza militare nelle camicie verdi.

venerdì, settembre 07, 2007

Essere solerti

Com'e' noto, ai minorenni non si vende alcol. Negli States sono ultrarigorosi, controllano i documenti prima dell'acquisto, se l'acquirente puo' pure vagamente apparire minorenne; cosi' e' accaduto a Farmington, nel Maine, che la signora Barbara Skapa, non avendo con se' la carta d'identita', non ha passato il controllo del commesso presso la catena di supermercati Hannaford: niente vino nel carrello, per la signora. Dove sta il problema? Eccolo: la signora Skapa ha 65 anni. Quando si dice "portarli bene"; oppure, essere solerti. [link]

mercoledì, settembre 05, 2007

Orgoglio bottegaio

Succede questo: un'associazione di consumatori francesi se ne esce affermando che la denominazione d'origine dei vini, cosi' com'e' accrocchiata, non garantisce minimi standard qualitativi, ormai da tempo; qui c'e' il riferimento online, in francese (vi tocca). La stampa, quella inglese per ora, mi pare abbia accolto il fatto con un gusto perfino troppo zuzzurellone-sciovinista, del tipo "sacre bleu, il vino francese e' una truffa" (vedi Scotsman News, ma pure Telegraph, o Daily Mail). Il fatto e' che, tra l'altro, i test d'assaggio che stanno dietro al conferimento delle AOC (le DOC francesi) sono, a detta de l'Union fédérale des consommateurs, una roba totalmente inattendibile e raffazzonata, visto che "slack controls saw 99 per cent of all candidate wines awarded their AOC label in 2005".
Insomma: la DOC non e' garanzia di standard qualitativo nemmeno in Francia. E qui da noi? In Italia non avremmo gran che da sghignazzare sulle polemiche apparentemente autolesioniste dei cugini; le commissioni d'assaggio per le DOC sono da tempo fonti di barzellette, meglio che la Benemerita Arma; urge autocitazione.

Siamo tutti consumatori; non so se hai presente, "nasci, consuma, crepa". Nella fase intermedia, in attesa di quella finale, mi piacerebbe avere qualche punto fermo, che so, una minima garanzia di qualita'; per questo parlo di orgoglio bottegaio, perche' mi sto infilando in una dichiarazione biecamente autoreferenziale, anzi peggio, vado a lodarmi e sbrodolarmi.

Visto che ogni norma che attiene il vivere civile dipende da Lorsignori, c'e' poco da essere ottimisti; a volte e' meglio cercare una via autoprodotta alla certificazione (di qualsiasi tipo). Ecco, tanto per fare un esempio, parliamo di vino. Io, essendo bottegaio, assaggio e riassaggio tutto, sempre (e poi sputo, tranqui). Che ci sia la DOC oppure no, sinceramente, m'interessa poco: deve piacermi. Poi, lo rivendo. Nel farlo, ci metto la faccia, il nome, il cognome, l'indirizzo ed il numero di telefono; non ho la residenza a Londra, pago le tasse qui, e se ti vendo una roba deprecabile torni da me, mi prendi per la camicia e mi dici "Fiore, che razzo m'hai venduto?" (oddio, non m'e' ancora capitato, ma rende l'idea). Capisco che sarebbe meglio la sacerrima normazione omniregolante, ma almeno questo abbiamo, e non e' poca cosa. Alternativamente, esiste l'opportunita' (lo ricordo sempre) di comprare direttamente dal produttore, e pure qui si ripete il meccanismo: il piccolo produttore con nome e faccia e' garante di se' stesso, del suo lavoro, e del suo prodotto. Normalmente, se tradisce le aspettative, ci rimette in prima persona (a fronte di un consumatore critico; ma per questo sarebbe necessario un post a parte, siccome essere critici, in senso positivo, diviene necessario).
Bene, spero d'aver brillantemente dimostrato, partendo da una notizia di qualche interesse, che chi scrive indossa l'armatura luccicante del cavaliere senza macchia eccetera; tutto cio' fa molto entertaining.

martedì, settembre 04, 2007

Tutto aumenta


Non e' vero che l'informazione mainstream, massificata e appena un po' superficiale, sia tutto questo gran male; prendi per esempio la notizia del giorno: la produzione vendemmiale e' in calo, ergo i prezzi aumenteranno (Ansa e Il Sole 24 Ore, per citarne un paio). Ecco, queste si che sono informazioni interessanti. Tanto per non perder tempo, io vado a ritoccare tutti i listini, eh?
No, vabbe', scherzavo.
La colpa e' del bioetanolo. Ma si, e' colpa dell'UE che rastrella 200.000 ettolitri di stoccaggi invenduti per trasformarli in carburante, pensa tu. Gli imbottigliatori di Chianti da due euri sono gia' nel panico. Almeno quello potrebbe aumentare.

venerdì, agosto 31, 2007

Inedito my balls


Alitalia e' in picchiata libera, soliti problemini di improduttivita', debiti, eccetera; qui, si sa, non ci si occupa di numeri, bilanci, politiche del lavoro e altre cose appassionanti; si scrive di vino. Dimmi che vino bevi, eccetera eccetera; quindi leggo oggi che Alitalia serve Citra, simpatico industrione amato, come Ansa ricorda, da Wine Spectator, "rivista cult del settore enologico" (c'e' poco da ironizzare, quelli sono cult, e io no). Il vino della compagnia di bandiera e' servito "con tappo stelvin, un tappo-vite richiesto in modo particolare dai mercati scandinavi e Nord-Americani". E qui un po' il ciglio si solleva, pazienza. Ma e' apprendendo che il vino e' un "inedito cuvee Merlot-Sangiovese" che, liberatoriamente, premi il pulsante Indietro.

lunedì, agosto 27, 2007

Carabinieri e Madonne


Spiace esibire tanta pigrizia, ma la vacanza procede. Probabilmente un'improduttivita' cosi' prolungata contagia pure l'attivismo digitale, e qualche occhiata all'enomondo online dopo la scorsa settimana di quasi-disintossicazione da monitor e' appena sufficiente a destare l'attenzione; Alder, per esempio, riprende questa vicenda dei Carabinieri che vanno a lezione dall'AIS, e diplomatisi sommelier combatteranno il crimine enoico con rinnovate competenze; all'estero forse sopravvive una visione dell'Arma allineata con quella di certe fiction; la realta' sfortunatamente (per noi) e' altra cosa; comunque siamo a posto, adesso questi con un assaggio mettono in riga tutti i trafficanti di bolle di carico per DOC fasulle; capisci amme'.
Consoliamoci; il vino ispirato da Madonna viene via per soli $39.99: sull'etichetta c'e' la sua firma, quella del di lei papi, e le foto dell'ultimo tour; ma quant'e' grande questa etichetta?

giovedì, agosto 16, 2007

La classe non e' acqua

Nell'ambiente si ripete da sempre: ah, i francesi, quelli si che sono bravi a vendere. Ora, il luogo comune e' abusato, ma risentendo l'allarmante notizia (un po' ferragostana, dai) dello Champagne che si sta esaurendo, viene proprio da pensare: ah, questi francesi, che geni del marketing.

mercoledì, agosto 15, 2007

Cosi' ero capace anch'io

Questo e' Zucchero (Il Kilo)
free music


E questi sono The Roots (The Seed)
free music


Postfazione nr.1: il titolo del post e' bellamente copiato da questo post di Macchianera.
Postfazione nr.2: leggendo di caviale e champagne a Cala di Volpe, e di Zucchero, e di varie ed eventuali, eccoci arrivati alla sinapsi.

lunedì, agosto 13, 2007

Decidersi prego


Il Ministro Turco: "l’alcol è un grave problema sociale". [link]
Nel frattempo: "Calici di stelle - Oltre 500 mila le bottiglie di vino stappate". [link]

sabato, agosto 11, 2007

Almeno fingi di amarmi

Rito pre spiaggia: controllo posta. Gli spammaroli sono sempre deprimenti ma se sei in vacanza pure di piu'. Poi, se leggi un testo cosi' impostato, la depressione aumenta: "se siete interessati a distribuire vino GAVI e GAVI di GAVI docg potete contattarci - If you are interested to distribute wine GAVI and GAVI of GAVI docg you can contact to us". Ora, a parte l'inglese migliorabile (diciamo), il punto e': ma insomma, io sono italiano, perche' mi spammi bilingue? Diciamo la verita', nemmeno ti prendi la briga di vedere chi spammi, nemmeno fingi di amarmi, da me vuoi solo una cosa; non una parola dolce, un gesto gentile.
Avendo in altissima considerazione la privacy di chicchessia non riveleremo, come al solito, il nome del mittente, ma solo il cognome: Cantina Produttori del Gavi. Sul loro, ennesimo, sito in flash, non aggiungeremo nulla a quanto gia' assai bene detto altrove.

martedì, agosto 07, 2007

Buon compleanno, Rete

Oggi, 7 agosto, l'amata Rete festeggia il compleanno. Ma se siete in vena di commozione, leggetevi questo, siccome per qualcuno il vero compleanno sarebbe il 6 agosto. Dettagli, poca cosa, rispetto alla grandezza dell'evento. Auguri a tutti (noi).

giovedì, agosto 02, 2007

Tu chiamale (se vuoi)

Quando spiego come si fa a valutare criticamente un vino, spesso ricordo che il tempo e' un ingrediente. Il tempo, cioe' il suo fluire, agisce sul nostro liquido modificandolo e caratterizzandolo; aggiunge elementi di complessita', per cui ne diviene ingrediente; ed il tempo e' misura di qualita', siccome la capacita' di reggere al passare del tempo e' spesso proporzionale alla caratura complessiva del vino. La maturita' del vino e' quella fase evolutiva nella quale si rivelano pienamente gli effetti del tempo; tuttavia càpita abbastanza raramente di cogliere un vino in questa fase, si ha piuttosto la tendenza ad aprire bottiglie giovani e fresche, per le quali il passare del tempo non ha ancora svolto la sua funzione di sedimentazione delle sensazioni. Quando accade di aprire una bottiglia nella piena maturita', puo' essere davvero emozionante; per questo, partecipando al vino dei blogger numero nove, narrero' di un simile assaggio.

Molti anni fa, oltre dieci, ero in visita pastorale, in compagnia di colleghi e venditori, alle cantine Bertani, produttori di mitici Amarone. Azienda non piccola, ma saldamente in mano alla famiglia, che meritava una visita solo per ammirare la villona simil-palladiana (credo che ogni villa veneta con qualche appeal si definisca "palladiana") e le cantine sotterranee, dove giacciono ormai inutilizzate, in quanto monumento, gigantesche botti in legno grandi come monolocali; di quella visita conservo pure il ricordo della graticciaia per la passitura delle uve, che com'e' noto e' pratica preliminare alla produzione dell'Amarone. Data la stagione i vasti solai ospitavano graticci vuoti, senza uve; eppure quei locali erano letteralmente impregnati del profumo dell'uva essiccata, cosi' che percorrendoli si veniva sopraffatti da quel sentore mieloso e penetrante, ed in un certo senso fantasmatico, visto che uva non ce n'era; ne restava solo un ricordo olfattivo, ma cosi' vivido da rendere irreale la visione di quelle stanze vuote.

Non mancavano, quindi, gli elementi di suggestione che normalmente concorrono a modificare i parametri di giudizio dell'assaggiatore. Arrivati agli assaggi di rito, i nostri ospiti ci consentirono un excursus di notevole interesse sulla loro vasta produzione; ma fu al momento di aprire le etichette piu' risalenti che l'assaggio si fece davvero memorabile. Aprendo un Amarone del '63 (l'azienda mantiene a listino molte vecchie annate) avemmo tutti modo di confrontarci con la maturita' del vino. Prima ancora che il colore reso tenue dagli anni, normalmente e' la terziariarizzazione del corredo aromatico a colpire di piu', in questi casi.

[Breve nota: dìcesi terziariarizzazione aromatica la fase di maturita' avanzata nella vita evolutiva del vino, e specificamente del suo corredo aromatico; si caratterizza per la presenza di profumi che vanno dalla polvere di cacao al caffe'; lo so, il Maiale Ubriaco s'era raccomandato: "niente eno-chic etno-trend dandy-snob freak-abbestia", ma che ci posso fa'].

Comunque, si diceva: stavamo assaggiando un vino che mostrava caratteristiche di notevole maturita', ma comunque vigore ed infinita personalita', tale da non potersi dire certo arrivato al capolinea del suo cammino evolutivo; mentre discutevamo tra noi degli infiniti spunti forniti dal bicchiere, tutti entusiasmanti, io mi fermai a considerare un fatto, apparentemente marginale. Pure se avevo qualche esperienza come assaggiatore (era la prima meta' degli anni novanta) mi accorsi che era la prima volta che assaggiavo un vino prodotto prima che io nascessi. Mai successo prima. Ora, quando questo accade, e prima o poi accade ad ogni assaggiatore, sperabilmente, questo e' un momento emozionante. Il giudizio del vino diviene purtroppo assai meno profèscional, sopraffatto com'e' di elementi emozionali che poco hanno a che fare coi tecnicismi dell'assaggiatore; cominci a pensare a questioni alquanto piu' trascendenti e metafisiche, che probabilmente hanno pure a che fare col vino in quanto espressione del susseguirsi delle stagioni e delle annate, ma attengono piu' che altro ad aspetti di natura, direi, filosofica, che non pensavi di trovare in un bicchiere di vino, almeno fino ad un minuto prima.
Quando si discute sul perche' il vino ha attorno a se' tanto hipe, tanta chiacchiera, io credo che si debba tenere presente la capacita' evocativa e a volte pure emotiva di certi assaggi; e' anche per questo che si versano fiumi d'inchiostro sul vino, e non sulla Cedrata Tassoni.

mercoledì, agosto 01, 2007

Bum


Probabilmente il prossimo autunno le norme sulla circolazione di bevande negli aeroporti saranno meno severe: "la Commissione europea ha deciso di rendere meno rigida la normativa che regola il trasporto di liquidi per chi viaggia in aereo. Il portavoce del Commissario europeo ai Trasporti spiega cosa cambierà: - I nostri esperti valuteranno la situazione presente nei paesi terzi per verificare se le misure di sicurezza adottate nei loro aeroporti siano compatibili con le nostre. In caso positivo i liquidi comprati in quegli stati non saranno sequestrati".
Con buona pace della (assai) probabile infondatezza di quel castello di carte.

martedì, luglio 31, 2007

Ferie

Piccola comunicazione di servizio: la bottega chiude le serrande ad agosto, ci si rivede il primo settembre.
Questo vale per la real life, visto che il blog in ferie non ci va mai davvero; arcani ordigni come bluetooth, umts, ipaq, e vari altri, mi terranno in qualche modo pluggato al flusso della conoscenza.

giovedì, luglio 26, 2007

Quotes

Mai piu' senza: una breve collezione di citazione enoiche. La mia preferita: "se vinci, ti meriti di bere Champagne; se perdi, ne hai comunque bisogno". Lettura in inglese, ma siamo tutti skilled.

mercoledì, luglio 25, 2007

Possibile soluzione?


Se ne parla da tempo, ed ora qualcuno si sta attivando: si sperimenta la produzione di auto dotate di etilometro, che impedisce l'avvio del motore in caso di test positivo; dal sito di Nissan: "if the system detects the presence of alcohol above the specified level, the ignition will be disabled through an interlock mechanism".

[Via Punto Informatico]

martedì, luglio 24, 2007

Il prossimo vino dei blogger(z)


Il tema lanciato dal maiale ubriaco sul prossimo vino bloggarolo mi piace assai e quindi mi accodo: "parlateci di un vino che vi ha emozionato, entusiasmato, di un vino che è legato ad un ricordo particolare, ad una persona, ad una situazione, ad un luogo. Va bene qualsiasi tipologia: bianco, rosso, rosato, liquoroso, spumante, novello, biologico, sfuso, legno o acciaio, autoctono o meno, provato da botte o consumato al ristorante, mignon o magnum... l'importante è che abbia emozionato e lasciato qualcosa nella memoria, nel bene o nel male". Questo mi dà modo di ribadire un caro concetto, e cioè che la valutazione di un vino a volte è fatalmente condizionata dal contesto in cui si beve. Dìcesi bravo assaggiatore colui il quale riesce a valutare il vino ignorando questi aspetti, diciamo, di contorno; ma in questo blog coltiviamo l'imperfezione.

giovedì, luglio 19, 2007

Ma come fanno i contadini

Di ritorno dalle assolate campagne ilcinesi. Il lavoro dell'enotecaro e' essenzialmente questo: assaggi, valuti, se va bene compri, e rivendi. Come dico spesso e' tutto qui, tràttasi di mercante, il (secondo) lavoro piu' antico del mondo. Pero', adesso, tornato nel mio antro pluggato in banda larga, mi andrebbe di parlare d'altro, di qualcosa di assai piu' moderno: l'essere connessi (ad Internet, intendo).
Mi sono bastati tre giorni a Montalcino, connesso col mio portatile al mio ISP (Internet Service Provider) mobile, cioe' Vodafone, per ricordarmi cosa vuol dire essere disconnessi dalla rete; Montalcino (che, enologicamente parlando, non e' Borgo Tre Catapecchie, e' uno dei cuori pulsanti dell'italica produttivita') non ha una copertura UMTS decente; dove alloggiavo io, arrivava una banda striminzita in Gprs che consentiva di navigare a velocita' prossime allo zero; parlando in giro, ho appreso che l'Adsl in Montalcino ci sarebbe pure, ma solo in centro e non nei dintorni. Insomma, domanda: come fanno i contadini? Come fanno i produttori ad essere connessi in misura dignitosa? Risposta: non fanno; Internet e' quasi del tutto preclusa, per loro.
Se, come me, frequentate luoghi geek (o nerd, o fate voi) sul genere Punto Informatico saprete pure che il digital divide italiano e' una tragedia irrisolta; io pero' vorrei, qui, soffermarmi sull'ambito che conosco meglio.
Spesso nei dibattiti enoici in rete si lamenta la scarsa partecipazione di coloro i quali, meglio di molti, potrebbero apportare elementi importanti al dibattito stesso: latitano, cioe', coloro i quali il vino lo producono; il fatto e' che costoro vivono in un mondo a parte, un mondo nel quale, per aprire la pagina di un forum o di un blog, si aspetta tre, quattro, cinque minuti; per non dire del download della posta, ed eventuali feed dal client (si va sul difficile, lo so), che esaspererebbe il piu' zen tra di noi. E' un fatto, nell'anno di grazia 2007 la rete e' preclusa ai contadini; e sono tutte persone alle quali la rete servirebbe, eccome. Non e' il caso di spiegare quanto sia utile la comunicazione che passa per questo mezzo: se siete qui ora, e' perche' un'idea gia' ce l'avete; mi interessa semmai ribadire che oggi l'accesso alla rete e' un'esigenza primaria per chiunque, come l'acqua corrente o l'elettricita': deve (dovrebbe) essere disponibile illimitatamente e a prezzi simbolici; cio' che, verosimilmente, non vedremo per chissa' ancora quanto tempo. Sui motivi di questa grottesca arretratezza non serve soffermarsi, tanto gia' si sa: strapotere Telecom da una parte e totale incapacita' politica dall'altra. Il risultato e' una arretratezza generalizzata nel campo della comunicazione e della partecipazione al dibatitto in rete che, pure da noi, tra sovrumante difficolta' sta comunque attivandosi. Molti tra quelli che restano tragicamente fuori da questo mondo due-punto-zero finiscono per essere del tutto giustificati.

venerdì, luglio 13, 2007

Bocca dinamica

Pausa pranzo. Spiaggia, ombrellone, lettino, sciabordìo di onde; il riposo dell'enotecaro pigro. Poi e' pure venerdi', quindi lieta lettura de l'Espresso nuovo. Tutto induce al distacco, poi apri una pagina a caso e c'e' l'articoletto di Fabio Rizzari, a ricordarti che neppure qui sfuggi al tuo destino di letture enoiche e relative meditazioni. Copio fedelmente, e pure illegalmente, temo, ma chissene: "anche se chi scrive di vino passa per uno che si prende molto sul serio, e' il primo a considerare ridicoli molti dei termini della professione. Tra espressioni equivoche (naso chiuso e reticente, bocca carnosa), aggettivi (evoluto, primario, terroso) e stranezze (caratteriale, fine bocca), passare per esperti e non per comici e' difficile".
Un bell'incipit, penso, mette le mani avanti. Poi, infatti, attacca a descrivere il vino in oggetto, e si lascia andare: "naso nitido e floreale, bocca succosa e dinamica, dai tannini di buona grana e finale composto".
Giudizio finale (mio): bravo Fabio, ben detto; quando un vino ha la bocca dinamica e' inutile girarci intorno, va detto in questi precisi termini.

mercoledì, luglio 11, 2007

Programma di lavoro


I primi giorni della prossima settimana (lunedi', martedi' e forse mercoledi') sarei in Toscana, in giro per aziende. Questo post ha la molteplice funzione di allertare i miei clienti lettori (tre, probabilmente quattro) della mia latitanza a bottega; ma pure di consentire a qualche produttore di farsi avanti, mandandomi un mail per segnalarmi la sua disponibilita' e/o invito e/o profferte. Da ultimo, chiunque abbia suggerimenti, e' ben accetto: nel limite del possibile, volentieri li aggiungero' alla mia lista.

martedì, luglio 10, 2007

Chi beve birra (eccetera)

Ultimamente tratto le news a base di dati numerici con una certa cautela: purtroppo non sono come la mia autorita' di riferimento, quindi maneggio le cifre con qualche approssimazione; fatta la premessa (cioe', messe le mani avanti) annoto questa notiziola via Reuters: "gli italiani bevono 30 litri di birra a testa all'anno, e i consumatori della celebre bevanda al malto sono in continuo aumento, superando in alcune circostanze quelli di vino". M'e' sembrata una cosa di cui rallegrarsi; siccome considero la birra una bevanda alquanto industriale (una tantum nel senso buono del termine, cioe' riproducibile serialmente tranne rari casi di artigianato) trovo che, piuttosto che bere un vino industriale (brik, o simili nefandezze) sia assai meglio bere birra; una semplice birra, pure senza pretese, e' di gran lunga un miglior bere rispetto ad un vino mediocre; inoltre, se questo sorpasso della birra sul vino low-level significa che, mediamente, il consumatore prestera' maggiore attenzione al vino di qualita' significativa, tanto meglio. Da ultimo, la birra e' un prodotto che si presta abbastanza bene ad essere autoprodotta in casa, a differenza del vino; m'e' capitato di bere birre fatte-in-casa di assoluta dignita'; e m'e' capitato di bere vini fatti-in-casa, che hanno tragicamente rappresentato il punto piu' basso nella mia carriera di assaggiatore.
[Postilla: la mia birra del cuore, al momento, e' questa]

sabato, luglio 07, 2007

Fenomenologia di Pino Ratto (e di quelli come lui)

Spieghiamo innanzitutto chi e' costui.
Produttore di Dolcetto di Ovada, da due vigne singole della zona collinare di San Lorenzo; due cru storici, Gli Scarsi e Le Olive, amati da Veronelli e da larga parte dell'intellighenzia enoica legata al concetto di vini vecchio stile. I due dolcettoni ovadesi, difatti, si distinguono profondissimamente dalla restante produzione di quell'area, tragicamente vocata a creare vinelli di pronta beva, non svettanti, spesso raso terra, fatte poche eccezioni; i suoi vini sono, innanzitutto, pazzescamente longevi: si bevono a dieci-venti anni dalla vendemmia, che, per un Dolcetto d'Ovada, e' come dire Beaujolais Nouveau Riserva: una contraddizione in termini. I suoi vini sono, pure, orrendamente caratteriali: possono esprimere grandezza in annate fortunate, e nella maturita', ma sanno mostrare tragiche puzze in gioventu', o a seguito di vinificazioni nelle quali qualcosa e' andato storto. Sono vini a-tecnici, irrituali, certo rispettosi del territorio ma totalmente irrispettosi dell'enofilo desideroso (leggittimamente, sia chiaro) di trovare finezza, eleganza, modernita'.
Bisogna salire sulla collina di San Lorenzo, vedere la cascina e la cantina, per capire meglio. Mi càpita spesso di affermare che i vini assomiglino, quasi fisicamente, a chi li fa (un po' come i cani ai loro padroni, per intenderci). Bisogna conoscere Pino Ratto, un contadino che vive da solo e ha superato i settanta (e due compagne, e vari figli, ed infinite vicissitudini), e da solo manda avanti i pochi ettari e vinifica, per comprendere, forse, un po' meglio quei due vini strani, bizzarri, puntuti. Sarebbe d'aiuto, pure, aver letto La luna e i falo', e ricordare come Cesare Pavese descrive la cascina del Valino; oppure rievocare qualche spezzone di Novecento; perche' tutto questo si ritrova quasi intatto quassu', e con questo prego di non mancare di rispetto a nessuno e soprattutto a lui, dicendo che questa cascina cadente, questa cantina che certamente rappresenterebbe bene l'incubo di un enologo, sono un viaggio a ritroso nel tempo, in un tempo nel quale la modernita' attuale era solo un sogno impossibile. Gli Scarsi e Le Olive sono lo specchio di tutto questo.

E poi, sulla strada del ritorno, pensi e ripensi a quello che hai visto e sentito. Ritorni ad un mondo enoico fatto di altre storie. Come questa: "nel progetto della nuova sede dell'azienda vinicola Rocca di Frassinello (del giornalista editore e vignaiolo Paolo Panerai, in società con il finanziere francese Eric Rothschild, proprietario dello storico marchio Chateau Lafite) appena inaugurata, Renzo Piano ha coniugato vocazione industriale e rispetto per il territorio circostante. Con una grande piazza aperta sulle vigne e una suggestiva barriquerie da 2500 botti".
C'e' qualcosa di male nel farsi progettare la cantina da Renzo Piano? No. Ho troppa stima per l'architetto che, dove ha messo mano, ha migliorato infinitamente la mia citta'. E non ho neppure sentimenti pauperistici, non credo che "povero e' bello". Mi limito ad annotare che, pure nel mio enomondo, ci sono vette siderali e profondita' oceaniche; contraddizioni, si potrebbe dire; e la contemplazione di queste differenze e' davvero stupefacente.

Cascina Scarsi Olive
Loc. San Lorenzo 22
15078 Roccagrimalda - Ovada (AL)
Tel. 0143/831888

venerdì, luglio 06, 2007

Ricordare Claudio Rinaldi


Via Massimo Mantellini segnalo il blog di Claudio Rinaldi, da poco scomparso. Leggevo Rinaldi avidamente, quando era direttore dell'Espresso, e poi collaboratore. Sul blog, i suoi ultimi tre post sono semplicemente perfetti.

mercoledì, luglio 04, 2007

L'indignodromo e' aperto

Tra le molteplici utilita' dei blog, c'e' la possibilita' di potersi liberamente (e liberatoriamente) indignare. Di che ci vogliamo indignare oggi? Basta chiedere, ecco uno spunto facile: "che il vino californiano superi Champagne e Porto per quantità esportata è a dir poco allarmante. Nel 2007 sono quasi raddoppiate (+ 80%), infatti, le importazioni di vino proveniente dagli Stati Uniti che per la prima volta nella storia battono Francia e Spagna e diventano il primo esportatore in Italia. E' la Coldiretti a lanciare l'allarme per chiedere di fare chiarezza su un fenomeno che vede i vini americani superare in quantità sul mercato italiano Champagne e Porto provenienti dai paesi partner comunitari. Le importazioni dagli Usa hanno raggiunto livelli quantitativi che - sottolinea la Coldiretti - vanificano dal punto di vista quantitativo l'aumento delle esportazioni oltreoceano e rendono necessari controlli per fare chiarezza sull'utilizzazione finale di un prodotto importato quasi esclusivamente sfuso". Insomma, per farla breve: importiamo un sacco di sfuso statunitense; nemmeno si sa bene che fine faccia. Mi indigno: e che diamine, forse che ci manca lo sfuso tarocco, da queste parti? E dopo l'indignazione, pure l'autocitazione: consumare prodotto locale sarebbe pure meglio, in quanto piu' ecologico.

venerdì, giugno 29, 2007

Ice ice baby

L'onda lunga (o anomala) del rosso ghiacciato e' montata all'ultimo Vinitaly; praticamente non c'era azienda che non mi presentasse come un oracolo la sua personale interpretazione della neonata moda: il rosso da bere ghiacciato; in alternativa, o in sovrapposizione, il rosso che si abbina al pesce. L'enosnobbone evoluto (quorum ego) a questa bella novita' mostra, in successione, tre fasi reattive. Prima fase: doppio sopracciglio alzato e ostentato disinteresse, "si, certo, e che altro produci?". Seconda fase: sospiro profondo, espressione supina "evabbe', fammi assaggiare". Terza fase: accettazione rassegnata del fenomeno, omologazione (in fondo cosi' male non e') ed infine fatale domanda "e quanto costerebbe..?".
Ed eccoci qua, in attesa del caldo africano, pronti a fiondare in frigo i nostri rossi ghiacciati. Chi fu il primo a iniziare questo uso? Ovviamente, ognuno dei produttori afferma di essere stato lui l'inventore. Questo e' un ulteriore aspetto comico: macche' Fichimori, prima c'eravamo noi.
Ieri, per dire, il mio produttore di Bonarda di riferimento si palesa con due bottiglie di Croatina e relativa brochure: vino rosso da bersi ghiacciato. Ma insomma, pure tu, dico io; ma no, mi dice lui severo, guarda che i nostri vecchi d'estate bevevano la Bonarda ghiacciata bla bla bla.

Vabbe', cerchiamo di fare la spiega, allora, un po' di wine 2.0 for dummies.
Distinguiamo i rossi da abbinare al pesce dai rossi da bere ghiacciati.
I primi, essenzialmente, sono quasi del tutto privi di tannini. L'elemento tannico, tipico del rosso, e' il maggiore ostacolo all'abbinamento con il pesce; l'incontro dei due genera uno sgradevole amarore metallico. Quindi si vinifica con macerazione preventiva delle uve, per ottenere rossi zero tannici; avendo provato (ci tocca) posso dire: funziona. Va detto che i rossi a-tannici abbinabili al pescato vanno bevuti anche a temperatura di frigo.
Altra cosa sono i rossi normalmente tannici, che pure berremmo freddi e/o ghiacciati. Qui il vantaggio della temperatura polare e' un altro, e consente, essenzialmente, di bere un rosso non a temperatura ambiente, quando l'ambiente e' estivo; spiego meglio: il termine temperatura ambiente riferito ai rossi e' essenzialmente un non sense, perche' fa riferimento ad un ambiente ideale (venti gradi centigradi, al massimo); ma se abbiamo temperature esterne prossime ai quaranta gradi, qualsiasi rosso e' semplicemente imbevibile; quindi, l'uso del frigo diventa consigliabile non solo per i rossi-da-bere-freddi, ma per qualsiasi rosso; pure se viene raggelato a dieci gradi, il rosso aperto in un ambiente surriscaldato raggiunge velocemente nel bicchiere la temperatura di sedici-diciotto gradi, che e' la famosa temperatura di cantina alla quale servire idealmente un rosso; pure a ferragosto. Quindi, il consiglio e': osate il frigo con qualsiasi rosso, d'estate. Mica solo col Lambrusco.

martedì, giugno 26, 2007

Now check this out

Sempre parlando di gente troppo avanti: guardate come blogga questo bel tipo. Che poi, uno che fa venticinquemila contatti al giorno, ha ragione a prescindere.

lunedì, giugno 25, 2007

sabato, giugno 23, 2007

Gli americani saranno avanti, ma i francesi non scherzano


Avete presente i siti di dating online? Quelli dove ti registri, inserisci le tue preferenze socioerotiche, e poi ti trovano il/la partner? Ecco, aggiungete un produttore di vin de pays francese, miscelate tutto quanto, ed avete Soif de coeur. Funziona cosi': la retroetichetta del vino contiene un codice che, inserito nel sito previa registrazione, ti mette a contatto con un partner approssimativamente di tuo gusto. I vini, dal packaging sconvolgente, sono un rosso (il solito taglio bordolese), un rose' dello stesso uvaggio, ed un bianco (sauvignon): quanto di piu' global potessero trovare (e del resto, l'amore e' universale), dal costo di tre euri la bottiglia (sempre molto piu' cari di un Chianti da Lidl) e sono in vendita nei supermercati di Francia, Svizzera e Belgio. Da marzo hanno venduto qualcosa come 400.000 bottiglie, e risultano gia' svariati incontri da retroetichetta; in maggioranza gli utenti registrati sono donne, tra i 30 e i 40; risulta pure un ottantenne, ma non si sa bene se al momento abbia concluso.
[Via Reuters]

venerdì, giugno 22, 2007

Oro nero

Pare che nel Chianti(shire) cerchino il petrolio, o comunque idrocarburi gassosi; manco a dirlo, c'e' da sperare che non trovino alcunche'.

Essi vivono


Peperosso is back online. Ma ha ragione Franco, l'archivio sembra defunto. Argh!
[Update: ma no, eccolo qua, l'archivio!]

giovedì, giugno 14, 2007

Souvenir d'Italie


A volte capita di combattere battaglie giuste con eserciti male attrezzati, demotivati e incapaci; ad esempio, Coldiretti dice che bisogna consentire l'acquisto di vino all'autogrill, perche' "la scelta di una bottiglia di vino locale per ricordare un luogo appena visitato e’ uno dei comportamenti piu’ diffusi, che alimenta una fiorente economia territoriale e da’ l’opportunita’ di garantirsi al ritorno dal viaggio un testimone unico per caratteristiche, qualita’ e gusto". Tutto molto bello, giusto e sottoscrivibile; fosse vero. Una domanda: di che prodotti stiamo parlando? Quando penso al livello qualitativo reperibile negli ùrendi autogrill, a me viene in mente solo questo.

martedì, giugno 12, 2007

Alcuni siti inutili (gli americani sono troppo avanti)


Tutto inizia con la storia della produttrice che, per certificare l'autenticita' del suo cabernet, sigilla l'etichetta con un bacio; cioe', intinge le labbra nel rossetto e bacia l'etichetta, avete capito bene: e con questo ha la certezza che la bottiglia sia inimitabile. Cosi', dopo tanta notizia che da sola vale un post, cominci a indagare sulla tipa e trovi questo grottesco sito di WineBabes, con improbabili fotomontaggi di bellezze femminili che producono vino (immaginate una roba simile fatta qui, probabilmente finirebbe a carte bollate). Per amore della par condicio non mancano i sirenetti: imperdibile la foto di Hugh Johnson. Cosi', di link assurdo in link assurdo, ti ritrovi in un blog (ormai chiuso), Women with wine, unicamente intento a ritrarre belle figliole in compagnia di un bicchiere di vino. Il blogger cosi' si presenta: "I search the Internet for beautful women so you don't have to!" -- questo si che e' spirito di servizio.
E mentre noi continuiamo ad accapigliarci sui rotomaceratori o i chips, quelli si divertono; gli americani sono troppo avanti.

domenica, giugno 10, 2007

Contenitori e contenuti


[Cogitazioni marginali innescate da questo post di Franco]

Il dibattito sull'uso della barrique dovrebbe finire, morire per sempre; e' un dibattito mal posto, che contiene un errore di metodo, comune ad altri ambiti di dibattito: focalizza il problema sul contenitore, anziche' sul contenuto. Questo genere di dibattito e' una perdita di tempo e di energie, risorse preziose che abbiamo in quantita' limitata e non dovremmo sprecare; ogni enofilo appena un po' piu' evoluto rispetto alla media, infatti, appena si infila in questo genere di contesa ideologica e' in grado di giungere velocemente alla conclusione che comunque la barrique non e' un vero problema, il problema e' l'uso che se ne fa, il problema e' la materia che ci sta dentro, se adatta o no, eccetera eccetera; chiunque legga di vino avra' sentito queste considerazioni circa un milione di volte. E' un po' come quando si sente dire che Internet e' pericoloso (o inutile, o dannoso, o vattelapesca). E' ovvio che Internet, in se', non e' ne' buono ne' cattivo; il suo uso, invece, puo' essere l'una o l'altra cosa, dipende in parte da chi produce i contenuti ed in parte da chi ne usufruisce; definire Internet buono o cattivo e', appunto, inutile a far capire l'utilita', o l'opportunita', di Internet stesso. D'altronde altrove nessuno si sogna di richiedere l'abolizione delle autostrade o delle automobili in ragione degli incidenti mortali; e menomale, che senno' l'errore verrebbe reiterato. Ecco perche' il dibattito sul contenitore (e non sul contenuto) andrebbe definitivamente abbandonato; anzi, direi, ignorato; nell'orticello della mia bottega mi accorgo di avere sempre meno simpatia per quelli che chiedono, a prescindere, un vino "che non sia barricato". Questi, che sono in definitiva i famosi conformisti dell'anticonformismo, compiono lo stesso inutilissimo errore di metodo; del resto, che dire? Risulta pure che Chateau d'Yquem faccia parecchia barrique; lo dobbiamo cassare? Date le premesse, io comincero' ad ignorare questo tipo di dibattito; sarebbe bello che si riuscisse ad ignorarlo tutti, una volta per sempre.

venerdì, giugno 08, 2007

Una storiella GDO


Insomma, non sono io che ce l'ho coi supermercati. Sono loro che (si) disegnano cosi'.
A casa decidiamo di pensionare il microonde; e con la famigliola faccio un giretto domenicale nel mega iper store sberluccicante (Media World) presso il locale centro commerciale; per dire, come sempre, che io non avrei pregiudizi ideologici di sorta, son sempre disponibile ad arricchire lorsignori della GDO.
Cerco un microwave, ma chiedo che me lo consegnino a casa e mi ritirino l'usato, non sia mai che io inquini l'universo abbandonando il rottame tra i rifiuti. Ottenuta l'attenzione della tipa addetta, questa col sovrumano scazzo tipico delle sottopagate mi dice che
1) la consegna costa 15 euri, ma non e' in grado di programmare quando consegneranno: "nel pomeriggio, ma non so a che ora, puo' voler dire le due come le sei"; ed inoltre
2) lo smaltimento costa ulteriori 5 euri.
Boh, ci penso un po' su, e decido un rinvio; del resto mica ci possiamo prendere mezza giornata di ferie attendendo una consegna. Comunque, 15 euri significa un costo di consegna pari al 10% del valore del bene, non male per una consegna nell'arco dei cinque chilometri.
Giorni dopo, do un'altra chance ad un'altra megacatena (UniEuro, ricorda qualcosa?). Qui l'ugualmente scazzata tipa annuncia che
1) la consegna costa dieci euri, ma consegnano solo al mattino, sempre ad orario imprecisato, e
2) non ritirano l'usato.
Stamattina, negozietto di elettrodomestici sotto casa; l'addetto (il titolare, manco a dirlo) mi mostra gentile il prodottino, mi annuncia che me lo consegna stasera alle 18, e ritira l'usato; senza sovrapprezzi. Indovina dove ho lasciato i miei amati euri.

giovedì, giugno 07, 2007

Viva la differenza


"Con lo stop ai protocolli per la sperimentazione all'aperto di Organismi Geneticamente Modificati (OGM) per prodotti come vino, olio, agrumi e pomodoro, sono salvi dai rischi di contaminazione i prodotti base della dieta mediterranea". Questo si legge qui, su Puntobar. Ora, probabilmente io ho la tendenza a coltivare troppo il culto della differenza, ma se la produzione alimentare di qualita', vino incluso, continuasse a volersi qualificare per la sua estraneita' ad elementi tristi ed omologanti (chips, ogm), consentirebbe di identificare nel prodotto italiano qualcosa di completamente differente rispetto ad altri concorrenti stranieri. Dove per differente intendo migliore.

mercoledì, maggio 30, 2007

Piu' mosto concentrato per tutti

La UE ci ha fatto ingollare i chips; ora Mariann Fischer Boel vorrebbe far usare il mosto concentrato ai viticoltori francesi, al posto dello zucchero; auguri, quelli hanno la barricata facile.

sabato, maggio 26, 2007

Non so, ma ti spiego


Lettera pubblicata oggi sul giornale della mia citta' (che e' questo, ma la versione delle lettere online non si trova e m'e' toccato ricopiare tutto, che faticaccia).

"Ci sono personaggi che vanno per la maggiore nella nostra TV, si spacciano per cuochi e mettono insieme pseudo manicaretti che non mangerei neppure sotto tortura. Io considero quei piatti un deterrente per topi, piu' che cibo prelibato. Eppure, pensate, non vengono chiamati cuochi, ma addirittura maestri [...] ma questa gente normalmente che cosa mangia per trovare deliziosi questi intrugli?"

La risposta e' affidata a Maurizio Maggiani (mica pizza e fichi). Il nostro, rispondendo, non trova di meglio che rievocare la cucina della mamma (che novita'). Dice Maggiani: "Mia madre era una contadina, ha imparato a cucinare durante la guerra, sapeva cos'era la fame [...] e la sua arte consisteva nel placare la fame con dignita' e buon gusto [...] Era maestra nella raccolta dei sette erbetti di ripa [...] nelle lasagne con il ragu' di funghi poppini". E continua: "ho girato le trattorie del mondo, mi sono applicato con diuturno sforzo, ho avuto piu' di una compagna che ci si e' provata ma da quando lei [la mamma] se n'e' andata a quelle pietanze [...] ho rinunciato. Dunque posso dire che mia madre fosse maestra, modesta e limitata, ma eccellente maestra. Per quanto riguarda i maestri televisivi, non so esprimere un giudizio, non so che fanno perche' non li sto a guardare". Infine conclude: "per un certo periodo ho fatto del giornalismo gastronomico. Ho dovuto cambiare lavoro per gravi disturbi agli organi della digestione, del gusto e dell'olfatto".

Beh, nulla di nuovo sotto il sole, si dira': il solito atteggiamento di rifiuto da eccesso; troppa celebrazione, troppa esibizione, troppo di tutto, segue saturazione.
C'e' pero' una forma di errore di metodo in questo genere di atteggiamento. La critica che nasce dalla dichiarazione piu' o meno esplicita di incompetenza, nasce male. Trovo imbarazzante che qualcuno dichiari in modo evidente di non capire alcunche' su un determinato fenomeno, ma immediatamente pretenda di liquidarlo come sbagliato, eccessivo, magari pure deleterio. Alla base dell'indignazione del lettore, per esempio, c'e' una notevole incompetenza relativa al simpatico mondo gourmet; definire veleno per topi il prodotto di uno chef qualifica la persona che scrive. La risposta, poi, e' altrettanto scoraggiante: Maggiani non sa esprimere un giudizio, ne' sa che fanno questi malefici cuochi, e tuttavia gli tocca liquidarli come indegni della cucina materna. Volendo maramaldeggiare sul commento di Maggiani, diro' che pure io sono incompetente di fisica nucleare, ma non mi son mai permesso di dire che al Cern stiano cazzeggiando. Insomma, sia per il lettore, che per il commentatore: avere una buona competenza su un argomento non e' necessario ne' obbligatorio, ma da questo dovrebbe discendere pure che ogni giudizio relativo a quell'argomento non e' ne' necessario, ne' obbligatorio. Questo non e' voler richiedere chissa' che competenza specifica per avere un'opinione; tuttavia corre una certa differenza tra opinione e scomposta chiacchera da bar; mentre tutti cerchiamo di stare alla larga dalla seconda eventualita', pure i giornali farebbero bene a discernere riguardo alle lettere a cui dare risalto.
Sorvolero' infine sulle sfortune di Maggiani giornalista gastronomico. Qui e' ovvio che la colpa e' stata degli editori, avevano Maggiani a libro paga e l'hanno spedito a recensire le pizzerie di Chernobyl? Che vergogna.

venerdì, maggio 25, 2007

Musica nuova a bottega

Tutto comincia con un post di Mantellini sul compositore Giovanni Allevi. E pensi, chi diamine e' costui. Ti soccorre Blogmusik. Primo risultato: ringrazi il Cielo per la millesima volta, perche' esiste la Rete. Secondo risultato, a bottega oggi c'e' musica. Enjoy.

mercoledì, maggio 23, 2007

Checchè se ne dica, io amo Eataly

Bella fotina, vero? Non e' Lagos, e' l'asfalto fuori dalla mia bottega. L'asfalto della mia citta' e' una tale vergogna che tempo fa qualcuno dedico' un sito apposta allo sfacelo. Qui recentemente il Comune ha disegnato un posteggio per le moto proprio sulla parte piu' malconcia, con sprezzo del buon senso. I motociclisti devono posteggiare dove i cavalletti sprofondano e le moto cadono. A meno che non si usi un saldo cavalletto laterale o la moto non si metta a debita distanza dalle buche, altrimenti l'effetto domino delle cadute (visto svariate volte) e' assicurato.
E fatta la premessa apparentemente innocua, vi dimostro come riesco a infilarci Eataly, con une bel triplo salto carpiato.
Nel post-monstre bonilliano (monstre per il numero di commenti) il padrone di casa riassume cosi' la successione di pro e contro Eataly: "ancora una volta è dimostrato che il nuovo non paga"; dove per "nuovo" assumo si intenda un supermercato che non avrebbe gli schemi "vecchi". Eataly apre a Genova, pare. I politicanti garruli, con uno stile assai "vecchio", sono felici di regalare spazi ed accessi al "nuovo" benefattore dell'umanita'; quanto a me, sono cosi' benevolo nei confronti di questo "nuovo" tipo di supermercati, che mi auguro che apra qui vicino; dopo quindici anni, e' la volta buona che riasfaltano. Ma bene, stavolta.

Oggi buone notizie. Domani non so

Ah, i cari vecchi ricordi. Ricordate le bottiglierie di un tempo, che sulla porta affiggevano ritagli di giornale ad evidenziare gli articoli sul genere "il vino fa bene"? In fondo era pure quella una forma di comunicazione. Bloggavano, ma ancora non lo sapevano. Oggi che abbiamo i link (ed i permalink) attacchiamo la nostra locandina digitale con la buona notizia del giorno: il vino rosso fa bene alla prostata; gran bella notizia, ammetterete. In attesa della prossima contronotizia che ci dira' che no, fa male, non si deve, eccetera. Nello stile (appena un po') contraddittorio, tipico dell'enomondo informativo; oggi va bene, domani chissa'.

sabato, maggio 19, 2007

Le Masse e lo Chardonnay


In California gli enoturisti che passano per American Canyon cominciano a diventare troppi, tutti in auto a caccia di Chardonnay; e per arrivare alla Napa Valley la vecchia strada non basta piu', serve una cosa a sei corsie. "Thousands of wine lovers go through American Canyon to reach the Napa Valley. Now some traffic consultants say the road to Chardonnay will have to be expanded. Highway 29 was once an old country road used mostly by locals, but now sees about 40,000 cars a day".
Povere Masse allo sbando; non bastavano le code da centro commerciale, ora pure le country road sono vittime dell'impazzimento; tutti in fila, a fare quel che ci riesce meglio: consumare.

mercoledì, maggio 16, 2007

La vendemmia su Second Life


Caprai colpisce ancora: dopo i tappi col chip e svariate altre diavolerie, il produttore tecnologico apre la sua cantina su Second Life. Il mio alter ego (Fiorenzo McMahon) ha fatto una capatina, ma l'impressione non e' stata quel gran che; non c'era nessuno in enoteca, e nemmeno nella vigna fuori dal castello; tutto molto desolato; neppure un po' di musica techno, e nemmeno qualche cubista in tenuta sadomaso; il clima pero' era ideale, e direi che su Second Life la vendemmia si prospetta benino; resta da chiedersi: servira' mai a qualcosa questa roba? Molto internettianamente, per ora non serve a nulla; ma domani, chissa'.

Nella foto qua sotto, Fiorenzo MacMahon ammira il tramonto fuori dal castello.

lunedì, maggio 14, 2007

La prossima Sopexa


C'era una volta un produttore italiano che voleva vendere Pinot Nero in Inghilterra; ma siccome la denominazione (Pinot Nero) era sostanzialmente sconosciuta nella perfida Albione, il nostro si decise a malincuore a rinominare il suo vino con un termine assai meglio piazzato quanto a marketing: Pinot Noir.
Ovviamente la favoletta e' una storia vera. E la morale (della favoletta) ha qualcosina a che fare con i nostri simpatici fenomeni parastatali che si occupano di diffondere il verbo. In Francia, per dire, c'e' Sopexa, che tra gli addetti ai lavori ha fama di agenzia parapubblica assai efficiente; dalle nostre parti c'e' Buonitalia, ed i confronti tra la pubblica amministrazione francese e la nostra, si sa, spesso sono spiacevoli; vedi per esempio come si esprime Sartori, big boss dell'Unione Italiana Vini, sempre tratto dalla favoletta di cui sopra: "realisticamente, ci vorranno vent'anni perche' Buonitalia diventi la prossima Sopexa; non vivro' abbastanza per vederlo".
Immettendo Pinot Nero in Google, ottieni 704,000 riscontri; con Pinot Noir, sei a 2,340,000; perfino l'improbabile Black Pinot raggiunge quota 1,340,000. Insomma, per quelli di Buonitalia il lavoro non dovrebbe mancare.

giovedì, maggio 10, 2007

Riceviamo & molto volentieri pubblichiamo

La delegazione genovese dell'Onaf (Organizzazione Nazionale Assaggiatori Formaggio) nella persona del suo big boss locale nonche' amico Riccardo Collu, mi invia l'interessante segnalazione relativa alla Sagra del Formaggio, che si tiene la prossima domenica, 13 maggio, a Rossiglione. Siccome mi pare un programmino ricco e variegato, ve lo ripropongo pari pari. Ci sono proprio tutti, Ais, Onav, Slow Food: che in un gruppo cosi' nutrito, un amico lo trovate di sicuro.
Il nostro appuntamento didattico mensile di Maggio, quest’anno coincide con la “Sagra del Formaggio di Rossiglione”. La manifestazione, ormai giunta alla 5° edizione è un punto di riferimento per gli amanti dei prodotti casari Liguri e limitrofi, da diversi anni la nostra delegazione ha il piacere di collaborare con l’organizzazione. Quest’anno in particolar modo, abbiamo un ruolo di partecipazione attiva a diversi incontri. Siamo presenti al dibattito sul pesto dove incontreremo per la prima volta assieme V. Pronzati, ideatore della scheda e dei corsi di degustatore, P. Uslengo della Confraternita dei cavalieri del pesto, R. Panizza di Palatifini che ha realizzato il campionato mondiale. Non meno interessanti l’analisi sul recupero della formaggetta della Valle Stura, e il seminario sul Vino a cura del prof. M. Giordani, pres. Ais Liguria che considerata la sede sicuramente consiglierà qualche abbinamento caseario. Il percorso durando due giornate ha dato la possibilità di approfondire i molteplici aspetti del nostro territorio, i seminari la Domenica iniziano con la relazione del prof. M. Giordani Vice pres. Tecnico Onaoo sull’olio Ligure. Un aspetto che mi ha sempre affascinato è il legame dei prodotti al territorio, i prodotti ricavati dalle razze locali sono uno degli aspetti più interessanti, soprattutto quando questi contribuiscono a salvaguardare animali in via di estinzione. Abbiamo l’occasione di conoscere due metodi di tutela, la storia e recupero del Vaccino di razza Cabannina assieme al dott. Risso dell’Apa e di sapere come nasce un Presidio con Enrico Sala di Slow Food parlando della Pecora Brigasca. Si concluderà con V. Pronzati che parlerà delle salse al mortaio, in particolare di quelle che utilizzano il formaggio Pesto fra tutte. Chiaramente a tutti i seminari didattici ci sarà la degustazione guidata dei prodotti, qundi, il mio invito e la mia speranza sono quelli di incontrarci alla sagra, che quest’anno si presenta più che mai interessante.
Allegato al mail c'e' pure la locandina dell'evento, quei simpatici 420Kb che fan sempre piacere a vedersi, e che ho posteggiato qui, per voi bandalargati.

mercoledì, maggio 09, 2007

Matcher


Da qualche giorno sto giocherellando con l'ordigno digitale per gli abbinamenti cibo/vino gentilmente offerto da Natalie MacLean.

Come ti sciabolo Clos des Goisses



A qualcuno piace sciabolata: l'apertura dello Champagne, intendo. L'etichetta in questione era questa, in magnum; un grandioso 92/100, per i maniaci dei punteggi.

sabato, maggio 05, 2007

Adotta un Barbaresco (e salvalo dalla vetrinetta)


Gli anni passano, le vetrine invecchiano, i Barbaresco restano invenduti. Siamo ormai al terzo anno del rituale passaggio davanti alla vetrinetta farettata presso la mia Coop di riferimento, e questo benedetto '98 di "Pio Cesari", cribbio, non se lo incolla nessuno; e' sperabile che non sia sempre la stessa bottiglia. Arrivati a 'sto punto, prometto: se l'anno prossimo permane immoto, lo compro io.

venerdì, maggio 04, 2007

Pesce lento


Sono un mangiatore di carne e disdegno il pesce; per meglio dire, lo detesto, da a-salutista praticante. Pero' ho trovato un motivo di curiosita' pure nella genovese kermesse di Slow Fish: la presentazione di Centopassi, il vino militant di Don Ciotti. Allo stand Coop (argh), ma che ci vuoi fare, e' il mondo Slow.