mercoledì, novembre 30, 2005

Mi stavo preoccupando.

Il vino non è tra i prodotti a rischio per quanto riguarda l'annoso Itx dei Tetra Pak. Il club del tavernello fa festa.

domenica, novembre 27, 2005

Nestle', latte, infanzia, e cospiracy.

Sono indubbiamente OT a parlare di latte, ma questa notiziola fornisce una spiegazione dei noti ultimi eventi in chiave molto cospiracy. Quindi, per me, perfettamente convincente.

venerdì, novembre 25, 2005

Contiene solfiti, what?

L'ufficio complicazioni affari semplici e' sempre attivo; da domani e' obbligatorio segnalare in etichetta la presenza di solfiti nel vino; tuttavia, sembra che la cosa da noi presenti qualche complicazione.
Innanzitutto, gioverebbe semmai sapere quanti solfiti ci sono: suggerisco la lettura di questo post di Tigulliovino.it per approfondire.

Nell'articolo tratto da Agenews.it si legge pure: "La norma che contribuisce certamente a migliorare l’informazione ai consumatori e a tutelarne la salute è fortemente criticabile dal punto di vista applicativo perché - sostiene la Coldiretti - ostacola la commercializzazione di vino in Europa. I singoli produttori che - continua la Coldiretti - intendono esportare il vino nei diversi Paesi europei dovranno farsi carico a priori, al momento dell’imbottigliamento, di indicare nelle etichette la presenza di solfiti nelle diverse lingue senza sapere se l’obiettivo commerciale sui nuovi mercati sarà o meno raggiunto". Beh, uno pensa, e allora? Scriviamola in inglese, pure, e che valga come lingua comunitaria. E invece no :"Solo la Francia - riferisce la Coldiretti - ha infatti indicato come lingue utilizzabili nel proprio Paese anche l’inglese, ma altri paesi sono arroccati sulla propria lingua, come l’Italia che, con il D.Lgs. del 6 settembre 2005, ha stabilito che per tutti i prodotti - compreso anche il vino - le informazioni destinate ai consumatori devono essere almeno in lingua italiana". Ah, ecco, si sentiva la mancanza di un D.Lgs che venisse ad allietarci la vita. Coldiretti ha pronta la soluzione: "quella di utilizzare un semplice “pittogramma”, un logo o un simbolo o la stessa formula chimica dell’anidride solforosa (SO2) in tutti i Paesi".

Tanto per esemplificare, un pittogramma e' una roba così:


Il mio augurio, a questi punti, e' che non si scelga un pittogramma del tipo:

giovedì, novembre 24, 2005

Report, che problema c'è?

La puntata di Report dello scorso 20 novembre ha innervosito un po' tutti.

Un aspetto abbastanza seccante della vicenda e' il tono complessivo del discorso, incapace di andare a fondo rispetto ai problemi evidenziati; io temo che il giornalismo generalista abbia qualche difficolta' a maneggiare argomenti che richiederebbero la presenza di giornalisti del settore, con una buona competenza specifica. Basterebbe seguire cosa dice il giornalista che, all'inizio, parla con Veronelli; pronuncia l'acronimo DOCG "docciggì", nemmeno "di-o-ci-gi" come qualsiasi addetto ai lavori. Se ne esce con frasi tipo "le grandi industrie... cioe', quelle che fanno il vino da tavola? Cos'e' vino da tavola?" -- notate che la trascrizione riportata qui e' imprecisa, provate a risentire la puntata, qui. Ho avuto la tragica impressione che il giornalista non sapesse bene di che parlava; e non lo dico certo per difendere le grandi industrie.

Probabilmente mi sto allenando al facile esercizio di chi vede il problema ma non conosce la soluzione; e' chiaro che non si puo' pretendere, da una redazione giornalistica, competenze degne di un nobel per ogni argomento affrontato; quindi, bisogna rassegnarsi a questo tono tra lo scandalistico ed il superficiale. Ho avuto quasi tenerezza per il giornalista, che sembrava il consumatore-tipo: tra frodi e mosto concentrato, boh, non ci capisco niente; il messaggio che trasmette e' tutto qui.
Ha ragione pure Aristide quando afferma che "esistono truffe e contraffazioni ancora in atto (per es. la vicenda delle DOC contraffatte in Toscana di solo qualche settimana fa) e la redazione di Report, un anno dopo la loro prima inchiesta, non ne parla assolutamente". E del resto, chi ne ha parlato diffusamente? Io ne sono venuto a conoscenza attraverso un blog straniero, mica dal sito di Repubblica.
E' mancato un lavoro di approfondimento delle notizie, con la conseguenza di trasmettere un messaggio relativo al consumo del vino alquanto magmatico ed informe. Frasi come "Quindi quando c’è scritto “imbottigliato da”, il vino è di imbottigliatori o commercianti. E questo ci porta diritti alle frodi" sono francamente deprimenti.

Questo e' un vero peccato, perche' Report, nell'ora precedente, ha raccontato vicende ben piu' gravi con un piglio notevole; e Milena Gabanelli, alla fine, si congeda cosi': "Premesso che nessuno di questa redazione è astemio e nessuno demonizza il bicchiere di vino, è bene ricordare i dati dell’organizzazione mondiale della sanità: l’alcol è il responsabile diretto del 10% di tutte le malattie. L’Istituto superiore di Sanità segnala che quasi un milioni di adolescenti sotto ai 16 anni beve abitualmente alcolici fra i quali il vino, e questo rappresenta, fra i giovani, il primo fattore di rischio di invalidità, mortalità prematura e malattia cronica. E’ bene saperlo e ricordarlo. E mi prendo la libertà di ricordare all’ On. Collavini, che è sicuramente una brava persona, di non considerare il mestiere di deputato un secondo lavoro e una perdita di tempo. Perché lo paghiamo noi".
Ecco, questa chiusura, almeno, e' condivisibile.

mercoledì, novembre 23, 2005

Momenti di benaltrismo.

Se avete frequentato ambienti dove si discute di politica, assemblee, dibattiti pubblici, forse vi sarete imbattuti nel benaltrista. Quando la discussione arriva ad individuare il problema, quando riesce a focalizzare il punctum dolens, normalmente salta su qualcuno che dice, eh no, cari compagni (o camerati, o amici, o fratelli muratori, non so che giri frequentiate) -- eh no, il problema e' ben altro. Dopodiche', il benaltrista devia del tutto dal discorso fin li' seguito, e vi squaderna altri orizzonti.

Ora, qualche giorno fa e' toccato a me, ho avuto momenti di benaltrismo.
Probabilmente sapete che il mondo degli enofili si divide in due grandi sette contrapposte, i modernisti ed i tradizionalisti. Io, se ancora fosse sfuggito, sono un modernista. I modernisti sono (normalmente) simpatici, tolleranti, aperti al dibattito, e bevono (per esempio) il Merlot di Firriato. I tradizionalisti sono (spesso) dei tromboni irascibili e tritazebedei, gente che, come dice Albanese, confonde la serieta' con la tristezza; se potessero, darebbero fuoco a tutte le barrique di Firriato.
Di solito nessun modernista spiega al tradizionalista cosa e' bene e cosa e' male bere; mentre e' pieno di tradizionalisti che, se ti pizzicano con un cabernet californiano nel bicchiere, ti cazziano a morte. Sfortunatamente per me, giorni fa ero di fronte ad un tradizionalista arrabbiato, ed avevo in mano un bicchiere di qualcosa assai simile ad un cab from Cali; e' stata un'esperienza dolorosa. Io ho provato, per quanto possibile, ad abbozzare, ad infarcire la mia loquela di "a mio modo di vedere", "secondo il mio punto di vista", "personalmente ritengo che" -- ma niente, ho dovuto incassare e sorbirmi la lezioncina. Finalmente, son riuscito a far cambiare discorso al maestro; cosi', con altrettanta acrimonia, questo mi racconta del suo socio del ristorante che lo ha buggerato, dei colleghi dell'AIS che non capiscono quanto e' bravo, fino ad arrivare alla moglie che lo ha mollato; insomma, un quadro melodrammatico.
Al che, ho avuto l'illuminazione. Il problema del tizio non deriva dal fatto che e' un tradizionalista, il suo problema e' ben altro: e' proprio insopportabile. Quasi un punto a favore dei tradizionalisti.

sabato, novembre 19, 2005

Letture rilassanti.

Prima lettura del mattino: "Ogni tanto vi intratteniamo con qualche “dritta” in termini di investimenti alternativi e ce n’è uno che sta ottenendo grandi risultati: l’abbinamento di obbligazioni con bottiglie di vino. Vi segnaliamo l’operazione curata da Unicredito per Rocca di Frassinello, azienda nata in Maremma". Oh, che bello, un po' di informazioni per far soldi col vino, vediamo come continua: "I sottoscrittori dell’emissione hanno potuto acquistare il primis di Frassinello a 15 €, un prezzo da grossisti. Pochi giorni fa, sei bottiglie di questo vino sono state battute all’asta di Pandolfini a Firenze a 116 € l’una. Circa otto volte il prezzo pagato".

Ecco, arrivati a questo punto, ho gia' voglia di lasciar perdere, sono arrivato troppo tardi, pare.
Comunque, resta un po' di irritazione; che diamine, il mio mestiere e' vendere vino e non ho mai sentito parlare di questa Rocca di Frassinello. Onestamente, un po' mi vergogno.

Rimediamo. Ah, interessante, l'azienda e' di Panerai (patron di Castellare, un mito dei super toscani) e dei Rothschild (quelli di Chateau Lafite). Pero', bel sodalizio di potenze economiche. Stranamente questi signori accedono, assieme ad altri bei nomi della produzione enologica nazionale (Zonin, Frescobaldi), ad un finanziamento di 12 milioni di euro, nel 2005; ma come, ti viene da pensare, ti chiami Rothschild e ti fai finanziare dalla Provincia di Grosseto? Mah.
D'altra parte, Rocca di Frassinello ha i suoi bei costi, come ogni azienda che si rispetti. Per dirne una, la costruzione della cantina: nel 2002 affidano la costruzione della loro cantina mica al Geometra De Ponteggis, chiamano solo che Renzo Piano. Eh, si, proprio il più grande architetto del mondo: "sono iniziati i lavori per realizzare le cantine disegnate da Renzo Piano. Un investimento di 20 milioni di euro (terreno, impianto delle vigne e costruzione) per Paolo Panerai, socio di riferimento di Rocca di Frassinello, oltre che amministratore delegato di Class Editori, insieme al noto produttore francese Chateau Lafite-Rotschild. Un edificio in gran parte sotterraneo che si sviluppa per circa 8 mila metri quadrati. Intorno, 500 ettari di cui 125 a vigna. La cantina è un cubo di 46 metri di lato occupato da 2.500 botti di rovere disposte a gradoni concentrici e discendenti come un´arena. All´esterno, un padiglione vetrato, attraversato al centro da due torri: «Un richiamo al modello del villaggio toscano» ha spiegato Renzo Piano, presente in video da Parigi alla presentazione del suo progetto, ad agosto, durante una seduta del consiglio comunale di Gavorrano, che nella stessa riunione ha approvato una variante per le due torri. Tutto l´intervento sarà ultimato nell´estate del 2004, per accogliere la vendemmia e i vini del Monteregio doc." Capite bene che Renzo Piano ha i suoi bei costi.

Alla fine, merita una citazione la chiosa di Tachis: "Benvenute le cattedrali del vino - dichiara infine l´enologo padre del Sassicaia Giacomo Tachis - purché in quelle cantine si ospitino grandi vini. Perché la grande architettura non sta nell´artificio delle cantine, ma nel vigneto. Il vino non dà spettacolo, nasce povero, dà emozioni di sapori, profumi e colori, se poi la cantina è firmata da un famoso progettista, va benissimo".

Il vino nasce povero, avete letto bene. Rothschild, Panerai, Class, Renzo Piano, finanziamenti 12 milioni di euro, poverta'. Tutto chiaro? Spero che il giro di giostra sia stato piacevole. Dedicato con simpatia a quelli che "c'e' la crisi, i prezzi sono esagerati, qui qualcuno si e' montato la testa".

venerdì, novembre 18, 2005

Fenomenologia del vino sfigato.

Se dovessi dare un consiglio al compratore indeciso, all'inesperto, a quello che si aggira per gli scaffali di un supermercato con lo sguardo di Cesare-perduto-nella-pioggia, io oggi gli direi di puntare sui vini sfigati.
C'e' un'intera categoria di vini definibili sfigati: sono quelli che nessuno vorrebbe comprare, mai. I motivi sono molteplici; sono passati di moda; sono deja-vu, nessuna novita', roba gia' vista, poco trendy. O sono storicamente mal fatti, sono storicamente robacce industriali prodotte in vigneti con rese di quattrocento quintali per ettaro.
Dice: ma come fa l'inesperto a sapere che e' mal fatto? Non sottovalutare il palato umano; non c'e' bisogno di essere master of wine per registrare una sensazione gustativa spiacevole: se assaggi una, due volte un Moscato d'Asti industriale ti basta e avanza, nessuno e' votato al masochismo, non ne vorrai piu' sapere.

Ecco, facciamo un po' di nomi, tanto per entrare nel dettaglio, vediamo un po' chi e' sfigato, e cosa comporta questo per il consumer. Dicevamo il Moscato d'Asti: questo non e' un vino sfigato, ma sta facendo di tutto per diventarlo; circola una quantita' notevole di robe inqualificabili che si vendono, per inciso, a cifre non comprensibili sotto Natale, due-tre euri; e sta quindi seminando, sta creando il sostrato storico, affinche' si possa dire, presto o tardi, che e' storicamente mal fatto; ancora pero' non e' sfigato.
Un esempio di vino sfigato e' il Gavi. Col Gavi abbiamo un esempio abbastanza calzante, e' stato un vino storicamente mal fatto (apparte quello che fu La Scolca, vabbe') durante gli anni ottanta, e comunque oggi e' irrimediabilmente fuorimoda. Durante gli anni novanta i produttori che si sono intestarditi a fare Gavi, dei sopravvissuti probabilmente votati al suicidio, hanno cominciato a lavorare come matti pur di mettere sul mercato dei Gavi decenti. Anzi, piu' che decenti: oggi capita di bere Gavi assai buoni, complessi e longevi, per giunta a prezzi commoventi; e nessuno, caspita, nessuno che mi chieda mai un Gavi: eccolo, e' lui, l'archetipico vino sfigato; e' uscito dal tunnel della mediocrita', ma ciccia, nessuno se lo fila.

Gli esempi potrebbero continuare, prendetelo come se fosse un gioco. Il Grignolino, to'. Vuoi essere fulminato da un'occhiata d'odio del cliente? Proponigli un Grignolino. Poco importa che ci siano delle cose ottime a base Grignolino, coerentemente col principio che e' girata troppa roba inqualificabile con questa denominazione, e quindi chi lo produce oggi ha solo una possibilita', se vuole sopravvivere, cioe' mettere in giro Grignolino decente. Niente, resta sfigato. Un altro Esempio? Soave. Ecco, prendi ad esempio il Monte Fiorentine 2004 di Ca' Rugate; e' un trebicchierato, giusto? E' il numero quattro nella classifica dei migliori bianchi d'Italia, giusto? "Eh, vabbe', ma e' un Soave". Che sfigato.

Insomma, spero di aver reso l'idea. Il nostro Cesare-perduto-nella-pioggia, che avevamo lasciato tra l'alluminio della GDO, faccia un gesto di coraggio. Se intravede un Soave, osi.
Che poi si sa, la bottiglia, quando e' chiusa, e' come la scatola di cioccolatini (e come la vita) in Forrest Gump, non sai mai cosa ti capita. Ma questo e' un altro discorso.

martedì, novembre 15, 2005

Tristezza (per favore vai via).

Ero un po' triste, per una congerie di sventure mi son perso il Wine Festival di Merano. Questa lettura del Franco Tiratore e' consolante, sembra che non mi sia perso gran che; ma dopo la lettura la tristezza resta. Per altri motivi.

[Aggiornamento serale: leggo ora che pure Aristide ci va giu' bello pesante]

sabato, novembre 12, 2005

Google, chi?

Lui e' un bel tipo; ha sui cinquantacinque anni, massimo sessanta, ed e' un manager.
Sia il look che il modo di fare evocano uffici moderni ai piani alti di palazzi di vetro e acciaio, arredi high tech, e segretarie e aerei da prendere e altre cose urgenti, tutte molto executive. Ha un modo di fare assertivo ed educato nello stesso tempo, si vede che e' abituato a comandare eppure riesce ad essere affabile, rilassato; con lui ci sono due tizi piu' giovani, sui trentacinque; sono un po' piu' casual nel vestire, ma si capisce che sono della stessa nobile stirpe, solo piu' giovani; e i due sono stranieri, americani dall'accento; si parla inglese, quindi. Il manager parla un ottimo inglese, del resto. Si chiacchiera a lungo di vino, e uno dei due giovani fa i suo acquisti, e pure il manager anziano. Come e' normale in un ambito come questo, si racconta di bottiglie assaggiate, di emozioni e di ricordi di etichette passate; anzi il manager mi racconta di quel rosso formidabile assaggiato mesi fa, il Vignataldeitali, e mi chiede se, per caso, lo avessi disponibile; no, purtroppo no, mai avuto; mi complimento con lui per le sue frequentazioni enoiche, pero', perche' mi piacerebbe venderlo, il Vignataldeitali.
Il manager mi racconta che, in effetti, quella bottiglia non riesce a trovarla da nessuna parte. Nemmeno attraverso Internet? Dico io. Nemmeno su Internet, dice lui: "ho inserito www.vignataldeitali.it e non c'era niente". In un attimo, realizzo che il manager non usa google per cercare, ma inserisce un nome di dominio plausibile nella barra dell'URL. E' solo un attimo, il tempo di vedere i due giovani che si scambiano, non visti, un'occhiata; il primo alza il sopracciglio, il secondo sorride appena.

mercoledì, novembre 09, 2005

Il vino? Va a ruba.

Altro che crisi, il vino va a ruba. "Oltre trentamila euro di vino pregiato, per i palati più fini, sono stati rubati, la scorsa settimana in due ‘‘colpi’’ messi a segno a Santa Marinella e Civitavecchia".
Non mancano particolari comici: "Anche mezza torta nuziale è risultata mancare all’appello nell’inventario del gestore del locale che la mattina successiva ha trovato l’amara sorpresa, anche se il dolce potrebbe essere stato rubato per sviare le indagini". Piu' che sommelier, in effetti, i ladri sembrano essere la Banda Bassotti.

lunedì, novembre 07, 2005

De Novellibus.

Nel caso si sentisse la necessita' di un altro parere sui Novelli, il mio e' qui.

venerdì, novembre 04, 2005

E, a proposito di polli...


Grande Altan sull'ultimo Espresso.

Tango bonds, tango wine.

Avete preso l'imbarco, come si dice in termine tecnico, con i bond argentini? Allegri, ecco un rimedio inedito. Vinonovo, azienda vinicola del trevigiano, propone lo scambio con vini argentini, e cileni; in particolare, propone "di acquistare tali vini pagando in obbligazioni argentine convertite (le nuove, quindi) valutate fino al 75% del loro valore nominale. I vecchi bond non apportati all'offerta di scambio, invece, sono valutati tra il 50% e il 60%"

Dunque, vino argentino in cambio di deprecati titoli argentini. Dov'e' il pacco (altro termine tecnico finanziario)? L'Aduc ci illumina: "qualcosa non quadra: i vecchi bonds scambiano sul mercato a 30 o poco piu': se li valutano 60 vuol dire che la differenza e' implicita nel prezzo di vendita del vino, altrimenti non li pagherebbero il doppio del loro valore attuale".

Ciliegina sulla torta, sempre via Trend-online.com: "vari quotidiani, tra cui IlSole24Ore, conclude l'Aduc, hanno riferito dell'offerta ma nessuno ha sottolineato come si trattasse di una sollecitazione abusiva. Gli organi di informazione specializzati, quando si tratta di prevenzione, continuano a latitare".

giovedì, novembre 03, 2005

Venti milioni di bottiglie di ottima qualità.

Bel titolo, eh? Che uno lo legge e dice: "oh, ma che roba è?". Tranquilli, si parla di novello. Cosi' titola Sardegna Oggi, annunciando il novello (pure quello sardo) prossimamente disponibile. E' una bella fortuna, per me, che ne ho in arrivo un po'. Comunque, un breve estratto: "Quest’anno, per la prima volta, secondo la Cia, la Confederazione italiana agricoltori, si produrranno più di 20 milioni di bottiglie quando erano state meno di 5 milioni nell’87 e quasi 18 milioni lo scorso anno. I prezzi, da 2 a 6 euro la bottiglia sono stabili o in lieve calo e la qualità è ottima".
Spero che questo metta a tacere in anticipo ogni stucchevole polemica sui novelli. Sono venti milioni di bottiglie, e tutte di ottima qualita'.