martedì, maggio 30, 2006

E basta con 'sti trucioli. La facciamo finita?


Avvertenza: ci siete cascati; il titolo del post non ha nulla a che vedere col suo contenuto, e difatti qui-si-continua a parlare di chips. Mi serviva solo un titolo provocatorio, per attirare l'attenzione di chi non ne puo' piu' di questo argomento: ormai ci siete, tantovale che leggiate.

L'ottimo Massobrio viene nel mio carrugio, come si dice a Genova, (cioe', e' su posizioni a me comuni) scrivendo in questo articolo quanto segue:
"Le chips nei vini? Ma nessuno le vuole, ci mancherebbe, non c'entrano con la nostra enologia! Questi sono i commenti che abbiamo registrato dopo il fondo a mia firma sulla prima pagina della Stampa di sabato 13 maggio che inneggiava alla vergogna. Avete presente la metà degli italiani che ha votato per il centrodestra? Sembra scomparsa, o almeno, in pubblico, non è così preponderante come quella del centrosinistra".

E continua, mirabilmente:
"Questo atteggiamento si chiama “topismo” e deriva dall'astuzia dei topi di stare sottocoperta, facendo sempre e comunque gli affari propri ogniqualvolta si presenti l'occasione. Ora, se un organo dell'Unione Europea arriva a varare una proposta che vorrebbe autorizzare la segatura per invecchiare i vini, non si può pensare che sia giunta per un mero contagio aviario. Nella Ue c'è anche l'Italia, che probabilmente manda avanti i topi, quelli che anziché il confronto con la gente, con i produttori di vino e quant'altro, preferiscono le stanze stantie dei ministeri o quelli delle lobby, dove alla fine si prendono le decisioni che calano su tutti. Se poi si ha la fortuna che certe leggi non le colga alcun giornale, meglio ancora: si arriverà tranquilli allo stato di fatto".
Insomma, si ribadisce un punto che mi sta a cuore; fermo restando che questa pratica di mettere in infusione trucioli di legno nel vino e' assolutamente criticabilissima, si puo' sapere quali aziende (italiane) l'hanno cosi' tanto auspicata? E ancora: chi si fa avanti a dire "io c'entro?" [cit.]

Alle mie domande un po' retoriche viene in soccorso, credo, questo post di Franco Ziliani, che a sua volta cita Marco Mancini de Il Corriere Vinicolo. Mancini chiosa: "Intorno al truciolo s’infiamma il settore, quasi una guerra di religione e in quanto tale inutile e ottusa. In troppi continuano a credere che l’economia vitivinicola italiana sia fatta esclusivamente da piccole aziende contadine con qualche decina di barrique in cantina e poche migliaia di bottiglie “che si vendono da sole”. Cerchiamo di aprire gli occhi. Le cose non stanno così, ci sono fior d’imprese che creano ricchezza ed è nostro dovere consentire loro di agire con efficacia su un mercato mondializzato che lancia preoccupanti segnali di sovrapproduzione".

Bene, questo si chiama essere realisti, e, riconosco, parlare con chiarezza. E' un tipo di realismo che, tengo a dire, non mi vede gran che d'accordo: io sono tra coloro i quali guardano con discreto favore alle "piccole aziende contadine con qualche decina di barrique in cantina"; questo intervento di Marco Mancini non serve ancora a dare un nome a quelli che Massobrio definisce "enotopi", ma almeno restringe il campo.

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