Una prefazione (alle solite)
Quando frequentavo i sinistri ambienti di Lotta Comunista, mi capitava di rimanere sorpreso dalla eterogenea umanita' che componeva quella community; piu' precisamente, non capivo che ci facevano, in un gruppo che mormorava borborigmi rivoluzionari, gente che apparteneva agli ultras della curva sud, e non andava al di la' di slogan da stadio; un militante mi spiego', allora, che la cosa andava capìta secondo la teoria dei cerchi concentrici: al centro ci stavano i militanti acculturati, e ai margini, progressivamente, le masse incolte; era comunque utile associare elementi apparentemente estranei, nella prospettiva di illuminarli, ed avvicinarli al centro.
Spesso mi càpita di riapplicare questa teoria al giulivo mondo degli enofili, che non mi sembra sfuggire a questa schematizzazione, per quanto attiene la conoscenza ed il linguaggio utilizzato. Qui, qui, ma pure qui il dibattito sul linguaggio del vino (cioe' sulle parole che usiamo per comunicare la nostra passione) ha attraversato diversi blog del settore, e pure io proverei a dare un contributo.
Cerchi, non piramidi
La massa degli enofili, enosnob, enocuriosi, andrebbe considerata per cerchi concentrici, dove al centro stanno gli ipercompetenti e a volte insopportabili soloni che aprono bottiglie spaventose, hanno la lingua asfaltatissima, e una conoscenza enciclopedica; sono utenti assolutamente degni di stima, rispetto ed ammirazione, ma sono pochi. A mano a mano che il cerchio si allarga, ci si allontana dal centro: le periferie sono piu' popolate, e l'atmosfera si fa fortunatamente piu' rilassata; tuttavia si beve pure peggio, piu' acriticamente, si esibisce meno conoscenza. Alcuni abitanti dei cerchi periferici puntano decisamente al centro, altri si sperdono e si lasciano portare via per sempre attratti da altre sirene. Ora, se io fossi un editore, poniamo, se io fossi l'editore del Gambero Rosso (dovendo fantasticare, tantovale farlo in grande) non mi curerei troppo dei pochi, incontentabili enosnob del centro, e punterei alle masse bisognose di essere illuminate. E' un ragionamento essenzialmente commerciale, dato che ha senso indirizzare un prodotto ad un target quantitativamente non esiguo.
Se poi fossi un giornalista, poniamo un giornalista del Gambero Rosso (come sopra) cercherei di non farmi venire lo spleen da "oddio, che e' successo, qui tutti scrivono di vino" -- cercherei di non vedere l'enomondo come una piramide, dove in cima stanno quelli che "io ho comiciato nel '71, quando nessuno conosceva la parola tannino", e sotto ci stanno i barbari, che ogni due parole dicono mineralita'. Come dicevo, cerchi, non piramidi.
Buon divertimento
Quanto ai nuovi arrivati nel nostro allegro consesso, perplessi nel leggere il giornalista Tizio che demolisce il vino trebicchierato dall'editore Caio, vorrei dire: tranquilli, questo e' parte del divertimento; esistono molti conventi, scuole di pensiero, idee ed ideologie; se il trebicchierato e' un merlottone barricone modernista ed il giornalista critico e' un tradizionalista, cosa vi aspettate che dica? Ci sta pure che lo affossi; ma, appunto, il dibattito e' parte del divertimento. Non fatevi atterrire, e soprattutto, non esagerate a prendere tutto troppo sul serio (slogan mai abbastanza abusato, ma pazienza). Il dibattito e' aperto per tutti, sia tra gli utenti, che tra gli addetti all'informazione, in una contraddanza dove tutti dibattono con tutti e, di sicuro, non ci si annoia. La buona notizia e': pure tu puoi partecipare. La cosa e' meno caotica di quel che sembra, e non e' un invito alla chiacchiera in liberta': l'enofilo che abbia completato uno qualsiasi dei tanti corsi sul vino che si trovano in giro, ma pure l'autodidatta, che per cerchi concentrici si avvicina dalle periferie al centro, ha titolo per partecipare: buon divertimento.
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