Una delle prime letture della mattina sfortunatamente e' stata irritante. Ringrazio Elisabetta Tosi per la segnalazione, ma quest'articolessa porthosiana sui blog e' cosi' piena di vecchiume, di pseudo contrapposizioni tra stampa e blog, e pure di puzza sotto il naso, che francamente getta nello scoramento. Soprattutto perche' proviene da Porthos, dal quale mi aspetto cose immense e non questi scivoloni. Insomma, alle solite, riequilibriamo il kharma con un antico esercizio: parla come mangi, l'immortale e mai abbastanza rimpianta rubrica di Cuore. (Prima il testo originale poi, in grassetto, la mia traduzione; have fun).
Circa tre mesi fa ho “innestato” i Really Simple Syndication (RSS) sul mio browser: sono in alto a destra, estrema destra, tra i link veloci. Da allora sto diventando parzialmente orbo. Nessuna malattia, ma come strategia difensiva ho cominciato ad osservare il browser offuscando la vista di quell’angolo specifico di monitor. C’è la scritta RSS
Mi tocca leggere un sacco di roba di cui non mi frega niente. Per giunta non capisco una cippa di feed.
Non basta perchè ogni difesa custodisce l’anima di un disagio, un disagio che è evidentemente altrove. La domanda ora è: ci sono veramente così tante cose importanti da comunicare, da dover commentare?
A parte me, chi altro possiede un'anima?
Certo potrei difendermi da questa epidemia grafomaniacale semplicemente ignorandone i frutti e riferendo la mia attenzione a firme “garantite”
Io vi ignoro tutti, brutti grafomani.
Mi mette in crisi, non lo posso negare.
Sono in crisi (oh cribbio, l'ho detto!)
Si scrive troppo e spesso lo si fa per motivi troppi lontani dalla voglia di comunicare. La ricchezza di possibilità che il mezzo internet offre, permette a chiunque di occuparsi di qualsiasi cosa: bello, molto bello. Legittimo e condivisibile fino a quando chi scrive è un libero pensatore; tendenzialmente irresponsabile quando chi lo fa si presenta come un professionista che vuol essere un riferimento per i lettori perché La comunicazione, prima superstizione del nostro tempo, ci viene proposta come la risorsa capace di regolare tutto – in particolare i conflitti in seno alla famiglia, alla scuola, all’impresa e allo stato. Le viene assegnato il ruolo di grande pacificatrice. Si incomincia però a sospettare che la sua stessa sovrabbondanza provochi una nuova forma di alienazione, e che i suoi eccessi imprigionino le menti anziché liberarle. (Ignacio Ramonet, La seconda rivoluzione da Il Mondo che non vogliamo, 2002)
Io ho letto un sacco di libri e voi no; chi vi credete di essere? Irresponsabili.
Qualsiasi forma scelta per proporre il proprio pensiero dovrebbe contemplare quindi implicitamente una forte responsabilità nella scelta dei modi e delle forme e una rigorosa disciplina etica nella selezione degli argomenti, per evitare di sfinire la funzione sociale della comunicazione stessa. Per operare una corretta e distaccata analisi dei contenuti e del loro ruolo, non si può quindi prescindere dall’indagine delle motivazioni che sono all’origine dell’atto stesso dello scrivere.
Voi scrivete a vanvera, io no. Vi vedo, sapete?
I blog, in modo particolare, stanno svelando nell’uso compulsivo che molti ne fanno, la loro reale ragione di essere. Spesso originati da più o meno condivisibili interessi economici, necessitano di un’asfissiante e costante presenza di nuove micro informazioni che sembrano ripetere al lettore “ricordati che esisto ed esiste chi mi paga… quindi leggimi e butta un occhio allo sponsor”. Molto più spesso però si manifestano come forma di alienazione e coatta risposta telematica alla solitudine. In alcuni casi contano anche più di dieci nuovi “pensierini” al giorno ed è facile immaginare che i rispettivi autori compiano ogni gesto della propria vita quotidiana con l’ossessione di renderlo degno di essere raccontato e con la presunzione di giudicarlo sempre e comunque tale: un urlo di disperazione.
Siete dei disperati onanisti. E smettetela di urlare.
Il mondo dell’editoria grande e piccola, di settore e generalista soffre e raramente riesce a far altro dall’inseguire in maniera scomposta l'apparente successo di queste nuove forme di comunicazione. In alcuni casi assorbe i “punti di aggregazione telematica” di maggiore tendenza snaturandone di fatto la natura originaria, altre volte ne crea di nuovi mortificando i propri redattori costretti a produrre come vacche da latte.
Oddio, non sarete mica voi il futuro? Noo!
...nella stragrande maggioranza dei casi, un giornale online non ha né redazione né capo redattori e le “obsolete” pratiche del confronto, delle correzioni di bozze e simili perdite di tempo non sono state mai neanche prese in considerazione. E' come se si partisse dal presupposto che c’è sempre tempo per scremare, per correggersi, per decidere a cosa dare ancora spazio, perché tanto si può sempre rispondere alle obiezioni nel forum appositamente dedicato alla notizia in questione, rilanciarla nel blog... Una proliferazione di inutili sovrapposizioni, ripetizioni che si sta lentamente trasformando in un ormai irrinunciabile mezzo di mediazione; un grande pacificatore, che permette di poter trovare, aggiustamento dopo aggiustamento, comunque un'accordo tra tutti su tutto... la costruzione del pensiero unico
Noi almeno correggiamo le bozze (ma scriviamo un accordo con l'apostrofo, pazienza) -- voi siete troppi, ma costruite il pensiero unico [Ndt: ??]
Questo è il devastante scenario dell’editoria on-line in cui gli autori/editori hanno persino il coraggio di lamentare uno scarso interesse da parte degli inserzionisti, che ben si guardano dall’investire in questo settore. Ma perché dovrebbero se la qualità offerta è così poco controllata e garantita?
Chi scrive in rete ci devasta la raccolta pubblicitaria. Per giunta, non siete DOCG come me, non lamentatevi.
P.S.: in queste ultime ore i miei RSS sono cresciuti di 15 unità. Le nuove notizie le ho messe assieme alle altre…
P.S.: continuo a fregarmene di voi, tse'.
Ciao,
RispondiEliminacredo di sentirmi solidale con te. Se vuoi, segui i miei blog. Io seguirò i tuoi.