Dunque, succede che ho fatto il cameriere, per un paio di sere. Un amico ristoratore aveva una di quelle serate Slowfood, durante le quali si servono quattro-cinque vini a testa, durante la cena, in abbinamento al menù; pienone per due sere, e carenza di personale: cosi', per il servizio dei vini, ho dato una mano io, e mi sono esibito nelle vesti di sommelier.
E' stata un'esperienza di notevole utilita'. Tralascio la questione vini, l'esperienza e' stata significativa sotto altri aspetti: soprattutto e' utile, ogni tanto, cambiare prospettiva.
Nei confronti dei ristoranti io mi pongo essenzialmente come utente; per la maggior parte dei gourmet, degli aficionados, e' cosi' e basta; per questo e' utile, una tantum, passare dall'altra parte della barricata e sperimentare la fatica di chi lavora: camerieri, cuochi, il personale, insomma.
La fatica, quella fisica intendo, e' l'aspetto che piu' mi ha colpito. Mi ha ricordato, curiosamente, un'altra fatica fisica gia' provata, quella della vendemmia. Questo lavoro richiede una discreta preparazione, quasi atletica direi. Stare in piedi per molte ore, correre spesso, apri, versa, girati, abbassati, solleva, posa: e' una prova di resistenza muscolare; credo mi abbia soccorso il mio passato di palestra e jogging, alla fine. E poi, alla fatica fisica, si aggiunge quella psicologica: il lavoro dell'ospitalita' consiste nel creare un'atmosfera quanto piu' possibile confortevole, per il cliente; quindi si da il massimo, si cerca di essere disponibili, sorridenti, professionali, sereni, e poi didattici, esplicativi, seri con chi e' formale e spiritosi con chi e' piu' rilassato (facendo attenzione a non invertire le modalita' per errore), e comunque sempre gentili: anche con i clienti poco gentili.
Ecco, questo e' un aspetto al quale ero poco preparato. In situazioni come queste, sorprendentemente, si trova pure il commensale che tratta il cameriere in modo sgarbato, poco elegante. A tale situazione ho reagito in automatico, una specie di default genetico fatto di generazioni di bottegai che mi hanno preceduto: "il cliente ha sempre ragione" e cosi' ho moltiplicato le gentilezze e le attenzioni per chi ha rudemente lamentato "troppe spine nel piatto" (effettivamente c'erano, quella preparazione di mare lo rendeva inevitabile) -- ho considerato che la lamentela, pure se formalmente poco gentile, era fondata dal punto di vista del cliente, e cosi' ho fatto fronte, come dicevo, mostrando infinita gentilezza, comprensione, "mi scusi, ha ragione, provvedo immediatamente", eccetera. Sinceramente, non so dove sia il confine tra l'essere troppo accondiscendenti o essere semplicemente professionali, altri piu' bravi di me potrebbero dirmelo, ma io ho fatto come mi andava di fare, e alla fine della serata chi mi ha corretto bruscamente perche' ho servito il vino alla sua sinistra (cribbio, aveva ragione! Ma come ho fatto a sbagliare?) si e' rivelato piu' amichevole di altri.
Insomma, morale della vicenda: e' utile infilarsi nei panni altrui, ogni tanto. Credo che sia la morale piu' banale mai scritta, e comunque ci sono dovuto passare dentro per verificare quanto fosse vera. Anzi, consiglio un'esperienza simile a chi ancora non l'avesse fatta.
Questo è un blog enoico. Il vino è un alimento totalmente diverso da qualsiasi altro: evolve, ha carattere ed è imprevedibile (come l'umanità, insomma). Per questo è interessante. E non è industriale.
lunedì, ottobre 03, 2005
venerdì, settembre 30, 2005
Tre Bicchieri 2006.
Di seguito, la trepidantemente attesa lista dei trebicchierati del Gambero. Non ho nessun merito, avendo biecamente copia-incollato il post di alis sul forum.
Pare, dico pare, che sia affidabile.
Valle d'Aosta
Anselmet Valle d'Aosta Chardonnay Élevé en Fût de Chêne ‘04
Les Crêtes Valle d'Aosta Chardonnay Cuvée Frissonnière Les Crêtes Cuvée Bois ‘03
Piemonte
Marziano ed Enrico Abbona Dolcetto di Dogliani Papà Celso ‘04
Gianfranco Alessandria Barolo S. Giovanni ‘01
Giovanni Almondo Roero Bric Valdiana ‘03
Elio Altare - Cascina Nuova Barolo Vigneto Arborina ‘01
Antoniolo Gattinara Vigneto S. Francesco ‘01
Azelia Barolo Bricco Fiasco ‘01
Produttori del Barbaresco Barbaresco Vigneti in Montefico Ris. ‘00
Enzo Boglietti Barolo Brunate ‘01
Boroli Barolo Villero ‘01
Braida Barbera d'Asti Bricco dell'Uccellone ‘03
Ca' Viola Langhe Rosso Bric du Luv ‘03
F.lli Cavallotto Barolo Bricco Boschis Vigna S. Giuseppe Ris. ‘99
Quinto Chionetti & Figlio Dolcetto di Dogliani Briccolero ‘04
Tenute Cisa Asinari dei Marchesi di Gresy Barbaresco Camp Gros ‘01
Domenico Clerico Barolo Ciabot Mentin Ginestra ‘01
Elvio Cogno Barolo Ravera ‘01
Giacomo Conterno Barolo Cascina Francia ‘01
Conterno Fantino Barolo Vigna del Gris ‘01
Coppo Barbera d'Asti Pomorosso ‘03
Giovanni Corino Barolo Rocche ‘01
Damilano Barolo Cannubi ‘01
Einaudi Barolo Costa Grimaldi ‘01
Gaja Langhe Nebbiolo Conteisa ‘01
Langhe Nebbiolo Sorì S. Lorenzo ‘01
Filippo Gallino Roero Sup. ‘03
Attilio Ghisolfi Barolo Bricco Visette ‘01
Bruno Giacosa Barbaresco Santo Stefano ‘01
Barolo Falletto ‘01
Silvio Grasso Barolo Bricco Luciani ‘01
Elio Grasso Barolo Gavarini Vigna Chiniera ‘01
Hilberg – Pasquero Nebbiolo d'Alba ‘03
Giovanni Manzone Barolo Le Gramolere Ris. ‘99
Poderi Marcarini Barolo Brunate ‘01
Marchesi di Barolo Barolo Riserva Grande Annata ‘99
Franco M. Martinetti Barolo Marasco ‘01
Bartolo Mascarello Barolo ‘01
Mauro Molino Barolo Vigna Gallinotto ‘01
Fiorenzo Nada Langhe Rosso Seifile ‘01
Andrea Oberto Barolo Vigna Albarella ‘01
F.lli Oddero Barolo Vigna Rionda ‘00
Paitin Barbaresco Sorì Paitin Vecchie Vigne ‘01
Luigi Pira Barolo Vigneto Marenca ‘01
Prunotto Barolo Bussia ‘01
F.lli Revello Barolo Rocche dell'Annunziata ‘01
Giuseppe Rinaldi Barolo Brunate-Le Coste ‘01
Bruno Rocca Barbaresco Maria Adelaide ‘01
Podere Rocche dei Manzoni Barolo Vigna Cappella di S. Stefano ‘01
Flavio Roddolo Barolo Ravera ‘01
San Fereolo Langhe Rosso Austri ‘03
Luciano Sandrone Barolo Cannubi Boschis ‘01
La Spinetta Barbera d'Asti Sup. Bionzo ‘03
Barolo Campè della Spinetta ‘01
G. D. Vajra Barolo Bricco delle Viole ‘00
Mauro Veglio Barolo Vigneto Arborina ‘01
Vietti Barolo Rocche ‘01
Vigna Rionda – Massolino Barolo Vigna Rionda Ris. ‘99
Liguria
Bruna Riviera Ligure di Ponente Pigato U Baccan ‘03
Lombardia
Bellavista Franciacorta Gran Cuvée Pas Operé ‘00
Ca' del Bosco Franciacorta Cuvée Annamaria Clementi ‘98
Ferghettina Franciacorta Extra Brut ‘98
Enrico Gatti Franciacorta Satèn ‘01
Majolini Franciacorta Electo Brut ‘00
Monsupello OP Brut Cl. Cuvée Ca' del Tava
Monte Rossa Franciacorta Brut Cabochon ‘01
Nino Negri Valtellina Sfursat ‘02
Cascina La Pertica Garda Cabernet Le Zalte ‘03
Mamete Prevostini Valtellina Sforzato Albareda ‘03
Conti Sertoli Salis Valtellina Sforzato Canua ‘02
Uberti Franciacorta Brut Comarì del Salem ‘00
Trentino
Cavit Trento Altemasi Graal Brut Ris. ‘96
Ferrari Trento Giulio Ferrari ‘96
Foradori Granato ‘03
La Vis/Valle di Cembra Ritratto Rosso ‘03
Alto Adige
Abbazia di Novacella A. A. Valle Isarco Kerner Praepositus ‘04
Cantina Gries/Cantina di Bolzano A. A. Moscato Giallo Vinalia ‘03
Elena Walch A. A. Gewürztraminer Kastelaz ‘04
Gumphof - Markus Prackwieser A. A. Sauvignon Praesulis ‘04
Franz Haas A. A. Pinot Nero Schweizer ‘02
Tenuta J. Hofstätter A. A. Gewürztraminer Kolbenhof ‘04
Kuenhof - Peter Pliger A. A. Valle Isarco Sylvaner V.T. ‘04
Manfred Nössing – Hoandlhof A. A. Valle Isarco Sylvaner ‘04
K. Martini & Sohn A. A. Sauvignon Palladium ‘04
Cantina Convento Muri-Gries A. A. Lagrein Abtei Ris. ‘02
Pacherhof A. A. Riesling ‘04
Hans Rottensteiner A. A. Lagrein Ris. ‘02
Cantina Produttori San Michele Appiano A. A. Sauvignon St. Valentin ‘04
Cantina Produttori Santa Maddalena/Cantina di Bolzano A. A. Lagrein Scuro Taber Ris. ‘03
Cantina Terlano A. A. Lagrein Porphyr ‘02
A. A. Terlano Pinot Bianco Vorberg Ris. ‘02
Cantina Produttori Termeno A. A. Gewürztraminer Nussbaumer ‘04
A. A. Stoan ‘04
Tenuta Unterortl - Castel Juval A. A. Valle Venosta Riesling ‘04
Veneto
Allegrini La Poja ‘01
Roberto Anselmi Capitel Croce ‘03
Cav. G.B. Bertani Amarone della Valpolicella Cl. ‘98
Brigaldara Amarone della Valpolicella Case Vecie ‘00
Tommaso Bussola Recioto della Valpolicella Cl. BG ‘03
Ca' Rugate Soave Cl. Monte Fiorentine ‘04
Giuseppe Campagnola Amarone della Valpolicella Cl. Caterina Zardini ‘01
Coffele Soave Cl. Ca' Visco ‘04
Corte Sant'Alda Amarone della Valpolicella ‘00
Romano Dal Forno Amarone della Valpolicella Vigneto di Monte Lodoletta ‘00
Masi Amarone della Valpolicella Cl. Campolongo di Torbe ‘00
Leonildo Pieropan Soave Cl. Calvarino ‘03
Prà Soave Cl. Monte Grande ‘04
Giuseppe Quintarelli Amarone della Valpolicella Cl. ‘97
Tenuta Sant'Antonio Valpolicella Sup. La Bandina ‘01
Serafini & Vidotto Il Rosso dell'Abazia ‘02
F.lli Speri Amarone della Valpolicella Cl. Vigneto Monte Sant'Urbano ‘01
Suavia Soave Cl. Monte Carbonare ‘04
F.lli Tedeschi Amarone della Valpolicella Cl. Capitel Monte Olmi ‘01
Vigneto Due Santi Breganze Cabernet Vigneto Due Santi ‘03
Viviani Amarone della Valpolicella Cl. Casa dei Bepi ‘00
Friuli Venezia Giulia
Bastianich Vespa Bianco ‘03
Borgo San Daniele Friuli Isonzo Pinot Grigio ‘04
Eugenio Collavini Collio Bianco Broy ‘04
Girolamo Dorigo COF Pignolo di Buttrio ‘02
Le Due Terre COF Merlot ‘03
Livio Felluga COF Rosazzo Sossò Ris. ‘01
Fiegl Collio Pinot Grigio ‘04
Gravner Ribolla Anfora ‘01
Edi Keber Collio Bianco ‘04
Lis Neris Lis ‘03
Masut da Rive Friuli Isonzo Tocai Friulano ‘04
Miani COF Merlot ‘02
Isidoro Polencic Collio Tocai Friulano ‘04
Doro Princic Collio Pinot Bianco ‘04
Dario Raccaro Collio Tocai Friulano ‘04
Rocca Bernarda COF Picolit ‘03
Ronco dei Tassi Collio Bianco Fosarin ‘04
Ronco del Gelso Friuli Isonzo Rive Alte Tocai Friulano ‘04
Russiz Superiore Collio Sauvignon ‘04
Franco Toros Collio Tocai Friulano ‘04
Vie di Romans Dut'Un ‘02
Le Vigne di Zamò COF Rosazzo Pignolo ‘01
Villa Russiz Collio Merlot Graf de La Tour ‘02
Collio Tocai Friulano ‘04
Vistorta - Brandino Brandolini d'Adda Friuli Grave Merlot Vistorta ‘03
Volpe Pasini COF Sauvignon Zuc di Volpe ‘04
Emilia Romagna
Castelluccio Ronco dei Ciliegi ‘02
Drei Donà Tenuta La Palazza Sangiovese di Romagna Sup. Pruno Ris. ‘01
San Valentino Sangiovese di Romagna Sup. Terra di Covignano Ris. ‘03
La Stoppa C. P. Malvasia Passito Vigna del Volta ‘03
Fattoria Zerbina Sangiovese di Romagna Sup. Pietramora Ris. ‘03
Toscana
Castello d' Albola Acciaiolo ‘01
Castello di Ama Chianti Cl. La Casuccia ‘01
Vigna l'Apparita Merlot ‘01
Avignonesi Vin Santo Occhio di Pernice ‘93
Castello Banfi Brunello di Montalcino Poggio all'Oro Ris. ‘99
Biondi Santi - Tenuta Il Greppo Brunello di Montalcino Ris. ‘99
Boscarelli Nobile di Montepulciano Nocio dei Boscarelli ‘01
Brancaia Brancaia Il Blu ‘03
Ca' Marcanda Magari ‘03
Fattoria Casaloste Chianti Cl. Don Vincenzo Ris. ‘01
Casanova di Neri Brunello di Montalcino ‘00
Brunello di Montalcino Cerretalto ‘99
Casanuova delle Cerbaie Brunello di Montalcino Ris. ‘99
Castelgiocondo Brunello di Montalcino ‘00
Castellare di Castellina I Sodi di San Niccolò ‘01
Centolani Brunello di Montalcino Tenuta Friggiali Ris. ‘99
La Cerbaiola Brunello di Montalcino ‘00
Ciacci Piccolomini D'Aragona Brunello di Montalcino Vigna di Pianrosso Ris. ‘99
Le Cinciole Chianti Cl. Petresco Ris. ‘01
Tenuta Col d'Orcia Olmaia ‘01
Tenimenti Luigi D'Alessandro Cortona Il Bosco ‘03
Fanti - San Filippo Brunello di Montalcino ‘00
Fattoria di Felsina Maestro Raro ‘01
Castello di Fonterutoli Siepi ‘03
Tenuta Fontodi Chianti Cl. Vigna del Sorbo Ris. ‘01
Tenuta di Ghizzano Nambrot ‘03
Greppone Mazzi – Tenimenti Ruffino Brunello di Montalcino Ris. ‘99
Isole e Olena Cepparello ‘01
Melini Chianti Cl. La Selvanella Ris. ‘01
Il Molino di Grace Chianti Cl. Ris. ‘01
Tenuta dell'Ornellaia Bolgheri Sup. Ornellaia ‘02
Il Palazzone Brunello di Montalcino Ris. ‘99
Fattoria Poggiopiano Rosso di Sera ‘03
Poliziano Le Stanze ‘03
Fattoria Le Pupille Saffredi ‘03
Castello dei Rampolla D'Alceo ‘03
La Rasina Brunello di Montalcino ‘00
Tenuta San Guido Bolgheri Sassicaia ‘02
Talenti Brunello di Montalcino Ris. ‘99
Tenuta di Trinoro Tenuta di Trinoro ‘03
Tua Rita Redigaffi ‘03
Vitanza Brunello di Montalcino ‘00
Marche
Aurora Barricadiero ‘03
Belisario Verdicchio di Matelica Cambrugiano Ris. ‘02
Bucci Verdicchio dei Castelli di Jesi Cl. Villa Bucci Ris. ‘03
Coroncino Verdicchio dei Castelli di Jesi Cl. Sup. Gaiospino ‘03
Fausti Vespro ‘03
Fazi Battaglia Verdicchio dei Castelli di Jesi Cl. Sup. Massaccio ‘03
Oasi degli Angeli Kurni ‘03
Poderi Capecci - San Savino Quinta Regio ‘01
Fattoria Le Terrazze Rosso Conero Sassi Neri ‘02
Umani Ronchi Verdicchio dei Castelli di Jesi Cl. Plenio Ris. ‘02
Velenosi Rosso Piceno Sup. Roggio del Filare ‘02
Villa Pigna Rozzano ‘03
Umbria
Arnaldo Caprai - Val di Maggio Montefalco Sagrantino Collepiano ‘02
Rosso Outsider ‘03
La Carraia Fobiano ‘03
Còlpetrone Montefalco Sagrantino ‘02
Lungarotti Torgiano Rosso Vigna Monticchio Ris. ‘01
Castello delle Regine Merlot ‘03
Castello della Sala Cervaro della Sala ‘03
Lazio
Falesco Montiano ‘03
Abruzzo
Agriverde Montepulciano d'Abruzzo Plateo ‘01
Luigi Cataldi Madonna Montepulciano d'Abruzzo Malandrino ‘03
Dino Illuminati Montepulciano d'Abruzzo Colline Teramane Pieluni Ris. ‘01
Masciarelli Montepulciano d'Abruzzo Villa Gemma ‘01
Valentini Montepulciano d'Abruzzo ‘00
Valori Montepulciano d'Abruzzo Vigna S. Angelo ‘03
Villa Medoro Montepulciano d'Abruzzo Colline Teramane Adrano ‘03
Campania
Colli di Lapio Fiano di Avellino ‘04
Feudi di San Gregorio Fiano di Avellino Pietracalda ‘04
Serpico ‘03
Galardi Terra di Lavoro ‘03
Cantine Gran Furor Divina Costiera Costa d'Amalfi Furore Bianco Fiorduva ‘04
Luigi Maffini Cilento Aglianico Cenito ‘03
Mastroberardino Greco di Tufo Novaserra ‘04
Taurasi Radici ‘01
Salvatore Molettieri Taurasi Vigna Cinque Querce ‘01
Montevetrano Montevetrano ‘03
Puglia
Cantele Amativo ‘03
Tenuta Coppadoro Radicosa ‘03
Leone de Castris Salice Salentino Rosso Donna Lisa Ris. ‘01
Rivera Castel del Monte Nero di Troia Puer Apuliae ‘03
Conti Zecca Nero ‘03
Sicilia
Benanti Etna Bianco Sup. Pietramarina ‘01
Cusumano Noà ‘04
Sàgana ‘04
Donnafugata Contessa Entellina Milleunanotte ‘02
Firriato Harmonium ‘03
Morgante Don Antonio ‘03
Salvatore Murana Moscato Passito di Pantelleria Creato '76
Palari Faro Palari ‘03
Planeta Burdese ‘03
Cometa ‘04
Tenute Rapitalà Solinero ‘03
Tasca d'Almerita Contea di Sclafani Cabernet Sauvignon ‘03
Sardegna
Antonio Argiolas Turriga ‘01
Attilio Contini Pontis ‘00
Ferruccio Deiana Ajana ‘02
Cantina Sociale di Santadi Carignano del Sulcis Sup. Terre Brune ‘01
Pare, dico pare, che sia affidabile.
Valle d'Aosta
Anselmet Valle d'Aosta Chardonnay Élevé en Fût de Chêne ‘04
Les Crêtes Valle d'Aosta Chardonnay Cuvée Frissonnière Les Crêtes Cuvée Bois ‘03
Piemonte
Marziano ed Enrico Abbona Dolcetto di Dogliani Papà Celso ‘04
Gianfranco Alessandria Barolo S. Giovanni ‘01
Giovanni Almondo Roero Bric Valdiana ‘03
Elio Altare - Cascina Nuova Barolo Vigneto Arborina ‘01
Antoniolo Gattinara Vigneto S. Francesco ‘01
Azelia Barolo Bricco Fiasco ‘01
Produttori del Barbaresco Barbaresco Vigneti in Montefico Ris. ‘00
Enzo Boglietti Barolo Brunate ‘01
Boroli Barolo Villero ‘01
Braida Barbera d'Asti Bricco dell'Uccellone ‘03
Ca' Viola Langhe Rosso Bric du Luv ‘03
F.lli Cavallotto Barolo Bricco Boschis Vigna S. Giuseppe Ris. ‘99
Quinto Chionetti & Figlio Dolcetto di Dogliani Briccolero ‘04
Tenute Cisa Asinari dei Marchesi di Gresy Barbaresco Camp Gros ‘01
Domenico Clerico Barolo Ciabot Mentin Ginestra ‘01
Elvio Cogno Barolo Ravera ‘01
Giacomo Conterno Barolo Cascina Francia ‘01
Conterno Fantino Barolo Vigna del Gris ‘01
Coppo Barbera d'Asti Pomorosso ‘03
Giovanni Corino Barolo Rocche ‘01
Damilano Barolo Cannubi ‘01
Einaudi Barolo Costa Grimaldi ‘01
Gaja Langhe Nebbiolo Conteisa ‘01
Langhe Nebbiolo Sorì S. Lorenzo ‘01
Filippo Gallino Roero Sup. ‘03
Attilio Ghisolfi Barolo Bricco Visette ‘01
Bruno Giacosa Barbaresco Santo Stefano ‘01
Barolo Falletto ‘01
Silvio Grasso Barolo Bricco Luciani ‘01
Elio Grasso Barolo Gavarini Vigna Chiniera ‘01
Hilberg – Pasquero Nebbiolo d'Alba ‘03
Giovanni Manzone Barolo Le Gramolere Ris. ‘99
Poderi Marcarini Barolo Brunate ‘01
Marchesi di Barolo Barolo Riserva Grande Annata ‘99
Franco M. Martinetti Barolo Marasco ‘01
Bartolo Mascarello Barolo ‘01
Mauro Molino Barolo Vigna Gallinotto ‘01
Fiorenzo Nada Langhe Rosso Seifile ‘01
Andrea Oberto Barolo Vigna Albarella ‘01
F.lli Oddero Barolo Vigna Rionda ‘00
Paitin Barbaresco Sorì Paitin Vecchie Vigne ‘01
Luigi Pira Barolo Vigneto Marenca ‘01
Prunotto Barolo Bussia ‘01
F.lli Revello Barolo Rocche dell'Annunziata ‘01
Giuseppe Rinaldi Barolo Brunate-Le Coste ‘01
Bruno Rocca Barbaresco Maria Adelaide ‘01
Podere Rocche dei Manzoni Barolo Vigna Cappella di S. Stefano ‘01
Flavio Roddolo Barolo Ravera ‘01
San Fereolo Langhe Rosso Austri ‘03
Luciano Sandrone Barolo Cannubi Boschis ‘01
La Spinetta Barbera d'Asti Sup. Bionzo ‘03
Barolo Campè della Spinetta ‘01
G. D. Vajra Barolo Bricco delle Viole ‘00
Mauro Veglio Barolo Vigneto Arborina ‘01
Vietti Barolo Rocche ‘01
Vigna Rionda – Massolino Barolo Vigna Rionda Ris. ‘99
Liguria
Bruna Riviera Ligure di Ponente Pigato U Baccan ‘03
Lombardia
Bellavista Franciacorta Gran Cuvée Pas Operé ‘00
Ca' del Bosco Franciacorta Cuvée Annamaria Clementi ‘98
Ferghettina Franciacorta Extra Brut ‘98
Enrico Gatti Franciacorta Satèn ‘01
Majolini Franciacorta Electo Brut ‘00
Monsupello OP Brut Cl. Cuvée Ca' del Tava
Monte Rossa Franciacorta Brut Cabochon ‘01
Nino Negri Valtellina Sfursat ‘02
Cascina La Pertica Garda Cabernet Le Zalte ‘03
Mamete Prevostini Valtellina Sforzato Albareda ‘03
Conti Sertoli Salis Valtellina Sforzato Canua ‘02
Uberti Franciacorta Brut Comarì del Salem ‘00
Trentino
Cavit Trento Altemasi Graal Brut Ris. ‘96
Ferrari Trento Giulio Ferrari ‘96
Foradori Granato ‘03
La Vis/Valle di Cembra Ritratto Rosso ‘03
Alto Adige
Abbazia di Novacella A. A. Valle Isarco Kerner Praepositus ‘04
Cantina Gries/Cantina di Bolzano A. A. Moscato Giallo Vinalia ‘03
Elena Walch A. A. Gewürztraminer Kastelaz ‘04
Gumphof - Markus Prackwieser A. A. Sauvignon Praesulis ‘04
Franz Haas A. A. Pinot Nero Schweizer ‘02
Tenuta J. Hofstätter A. A. Gewürztraminer Kolbenhof ‘04
Kuenhof - Peter Pliger A. A. Valle Isarco Sylvaner V.T. ‘04
Manfred Nössing – Hoandlhof A. A. Valle Isarco Sylvaner ‘04
K. Martini & Sohn A. A. Sauvignon Palladium ‘04
Cantina Convento Muri-Gries A. A. Lagrein Abtei Ris. ‘02
Pacherhof A. A. Riesling ‘04
Hans Rottensteiner A. A. Lagrein Ris. ‘02
Cantina Produttori San Michele Appiano A. A. Sauvignon St. Valentin ‘04
Cantina Produttori Santa Maddalena/Cantina di Bolzano A. A. Lagrein Scuro Taber Ris. ‘03
Cantina Terlano A. A. Lagrein Porphyr ‘02
A. A. Terlano Pinot Bianco Vorberg Ris. ‘02
Cantina Produttori Termeno A. A. Gewürztraminer Nussbaumer ‘04
A. A. Stoan ‘04
Tenuta Unterortl - Castel Juval A. A. Valle Venosta Riesling ‘04
Veneto
Allegrini La Poja ‘01
Roberto Anselmi Capitel Croce ‘03
Cav. G.B. Bertani Amarone della Valpolicella Cl. ‘98
Brigaldara Amarone della Valpolicella Case Vecie ‘00
Tommaso Bussola Recioto della Valpolicella Cl. BG ‘03
Ca' Rugate Soave Cl. Monte Fiorentine ‘04
Giuseppe Campagnola Amarone della Valpolicella Cl. Caterina Zardini ‘01
Coffele Soave Cl. Ca' Visco ‘04
Corte Sant'Alda Amarone della Valpolicella ‘00
Romano Dal Forno Amarone della Valpolicella Vigneto di Monte Lodoletta ‘00
Masi Amarone della Valpolicella Cl. Campolongo di Torbe ‘00
Leonildo Pieropan Soave Cl. Calvarino ‘03
Prà Soave Cl. Monte Grande ‘04
Giuseppe Quintarelli Amarone della Valpolicella Cl. ‘97
Tenuta Sant'Antonio Valpolicella Sup. La Bandina ‘01
Serafini & Vidotto Il Rosso dell'Abazia ‘02
F.lli Speri Amarone della Valpolicella Cl. Vigneto Monte Sant'Urbano ‘01
Suavia Soave Cl. Monte Carbonare ‘04
F.lli Tedeschi Amarone della Valpolicella Cl. Capitel Monte Olmi ‘01
Vigneto Due Santi Breganze Cabernet Vigneto Due Santi ‘03
Viviani Amarone della Valpolicella Cl. Casa dei Bepi ‘00
Friuli Venezia Giulia
Bastianich Vespa Bianco ‘03
Borgo San Daniele Friuli Isonzo Pinot Grigio ‘04
Eugenio Collavini Collio Bianco Broy ‘04
Girolamo Dorigo COF Pignolo di Buttrio ‘02
Le Due Terre COF Merlot ‘03
Livio Felluga COF Rosazzo Sossò Ris. ‘01
Fiegl Collio Pinot Grigio ‘04
Gravner Ribolla Anfora ‘01
Edi Keber Collio Bianco ‘04
Lis Neris Lis ‘03
Masut da Rive Friuli Isonzo Tocai Friulano ‘04
Miani COF Merlot ‘02
Isidoro Polencic Collio Tocai Friulano ‘04
Doro Princic Collio Pinot Bianco ‘04
Dario Raccaro Collio Tocai Friulano ‘04
Rocca Bernarda COF Picolit ‘03
Ronco dei Tassi Collio Bianco Fosarin ‘04
Ronco del Gelso Friuli Isonzo Rive Alte Tocai Friulano ‘04
Russiz Superiore Collio Sauvignon ‘04
Franco Toros Collio Tocai Friulano ‘04
Vie di Romans Dut'Un ‘02
Le Vigne di Zamò COF Rosazzo Pignolo ‘01
Villa Russiz Collio Merlot Graf de La Tour ‘02
Collio Tocai Friulano ‘04
Vistorta - Brandino Brandolini d'Adda Friuli Grave Merlot Vistorta ‘03
Volpe Pasini COF Sauvignon Zuc di Volpe ‘04
Emilia Romagna
Castelluccio Ronco dei Ciliegi ‘02
Drei Donà Tenuta La Palazza Sangiovese di Romagna Sup. Pruno Ris. ‘01
San Valentino Sangiovese di Romagna Sup. Terra di Covignano Ris. ‘03
La Stoppa C. P. Malvasia Passito Vigna del Volta ‘03
Fattoria Zerbina Sangiovese di Romagna Sup. Pietramora Ris. ‘03
Toscana
Castello d' Albola Acciaiolo ‘01
Castello di Ama Chianti Cl. La Casuccia ‘01
Vigna l'Apparita Merlot ‘01
Avignonesi Vin Santo Occhio di Pernice ‘93
Castello Banfi Brunello di Montalcino Poggio all'Oro Ris. ‘99
Biondi Santi - Tenuta Il Greppo Brunello di Montalcino Ris. ‘99
Boscarelli Nobile di Montepulciano Nocio dei Boscarelli ‘01
Brancaia Brancaia Il Blu ‘03
Ca' Marcanda Magari ‘03
Fattoria Casaloste Chianti Cl. Don Vincenzo Ris. ‘01
Casanova di Neri Brunello di Montalcino ‘00
Brunello di Montalcino Cerretalto ‘99
Casanuova delle Cerbaie Brunello di Montalcino Ris. ‘99
Castelgiocondo Brunello di Montalcino ‘00
Castellare di Castellina I Sodi di San Niccolò ‘01
Centolani Brunello di Montalcino Tenuta Friggiali Ris. ‘99
La Cerbaiola Brunello di Montalcino ‘00
Ciacci Piccolomini D'Aragona Brunello di Montalcino Vigna di Pianrosso Ris. ‘99
Le Cinciole Chianti Cl. Petresco Ris. ‘01
Tenuta Col d'Orcia Olmaia ‘01
Tenimenti Luigi D'Alessandro Cortona Il Bosco ‘03
Fanti - San Filippo Brunello di Montalcino ‘00
Fattoria di Felsina Maestro Raro ‘01
Castello di Fonterutoli Siepi ‘03
Tenuta Fontodi Chianti Cl. Vigna del Sorbo Ris. ‘01
Tenuta di Ghizzano Nambrot ‘03
Greppone Mazzi – Tenimenti Ruffino Brunello di Montalcino Ris. ‘99
Isole e Olena Cepparello ‘01
Melini Chianti Cl. La Selvanella Ris. ‘01
Il Molino di Grace Chianti Cl. Ris. ‘01
Tenuta dell'Ornellaia Bolgheri Sup. Ornellaia ‘02
Il Palazzone Brunello di Montalcino Ris. ‘99
Fattoria Poggiopiano Rosso di Sera ‘03
Poliziano Le Stanze ‘03
Fattoria Le Pupille Saffredi ‘03
Castello dei Rampolla D'Alceo ‘03
La Rasina Brunello di Montalcino ‘00
Tenuta San Guido Bolgheri Sassicaia ‘02
Talenti Brunello di Montalcino Ris. ‘99
Tenuta di Trinoro Tenuta di Trinoro ‘03
Tua Rita Redigaffi ‘03
Vitanza Brunello di Montalcino ‘00
Marche
Aurora Barricadiero ‘03
Belisario Verdicchio di Matelica Cambrugiano Ris. ‘02
Bucci Verdicchio dei Castelli di Jesi Cl. Villa Bucci Ris. ‘03
Coroncino Verdicchio dei Castelli di Jesi Cl. Sup. Gaiospino ‘03
Fausti Vespro ‘03
Fazi Battaglia Verdicchio dei Castelli di Jesi Cl. Sup. Massaccio ‘03
Oasi degli Angeli Kurni ‘03
Poderi Capecci - San Savino Quinta Regio ‘01
Fattoria Le Terrazze Rosso Conero Sassi Neri ‘02
Umani Ronchi Verdicchio dei Castelli di Jesi Cl. Plenio Ris. ‘02
Velenosi Rosso Piceno Sup. Roggio del Filare ‘02
Villa Pigna Rozzano ‘03
Umbria
Arnaldo Caprai - Val di Maggio Montefalco Sagrantino Collepiano ‘02
Rosso Outsider ‘03
La Carraia Fobiano ‘03
Còlpetrone Montefalco Sagrantino ‘02
Lungarotti Torgiano Rosso Vigna Monticchio Ris. ‘01
Castello delle Regine Merlot ‘03
Castello della Sala Cervaro della Sala ‘03
Lazio
Falesco Montiano ‘03
Abruzzo
Agriverde Montepulciano d'Abruzzo Plateo ‘01
Luigi Cataldi Madonna Montepulciano d'Abruzzo Malandrino ‘03
Dino Illuminati Montepulciano d'Abruzzo Colline Teramane Pieluni Ris. ‘01
Masciarelli Montepulciano d'Abruzzo Villa Gemma ‘01
Valentini Montepulciano d'Abruzzo ‘00
Valori Montepulciano d'Abruzzo Vigna S. Angelo ‘03
Villa Medoro Montepulciano d'Abruzzo Colline Teramane Adrano ‘03
Campania
Colli di Lapio Fiano di Avellino ‘04
Feudi di San Gregorio Fiano di Avellino Pietracalda ‘04
Serpico ‘03
Galardi Terra di Lavoro ‘03
Cantine Gran Furor Divina Costiera Costa d'Amalfi Furore Bianco Fiorduva ‘04
Luigi Maffini Cilento Aglianico Cenito ‘03
Mastroberardino Greco di Tufo Novaserra ‘04
Taurasi Radici ‘01
Salvatore Molettieri Taurasi Vigna Cinque Querce ‘01
Montevetrano Montevetrano ‘03
Puglia
Cantele Amativo ‘03
Tenuta Coppadoro Radicosa ‘03
Leone de Castris Salice Salentino Rosso Donna Lisa Ris. ‘01
Rivera Castel del Monte Nero di Troia Puer Apuliae ‘03
Conti Zecca Nero ‘03
Sicilia
Benanti Etna Bianco Sup. Pietramarina ‘01
Cusumano Noà ‘04
Sàgana ‘04
Donnafugata Contessa Entellina Milleunanotte ‘02
Firriato Harmonium ‘03
Morgante Don Antonio ‘03
Salvatore Murana Moscato Passito di Pantelleria Creato '76
Palari Faro Palari ‘03
Planeta Burdese ‘03
Cometa ‘04
Tenute Rapitalà Solinero ‘03
Tasca d'Almerita Contea di Sclafani Cabernet Sauvignon ‘03
Sardegna
Antonio Argiolas Turriga ‘01
Attilio Contini Pontis ‘00
Ferruccio Deiana Ajana ‘02
Cantina Sociale di Santadi Carignano del Sulcis Sup. Terre Brune ‘01
giovedì, settembre 29, 2005
Buone notizie/2
Ogni tanto mi capita di vedere, sulle porte di vecchie enoteche e vinerie, appesi stralci di giornale con le solite buone notizie del tipo "il vino fa bene" (avete presente, il resveratrolo). Erano (sono) tentativi di blogging ante litteram, in fondo.
Ecco, probabilmente questa notizia farebbe bella figura appesa sulla porta: "Il vino taglia l’effetto serra - Uno studio del Cnr di Bologna dimostra che ogni ettaro di vigneto è capace di assorbire tre tonnellate di carbonio ogni anno. I possibili cambiamenti nelle politiche salva-clima".
Ecco, probabilmente questa notizia farebbe bella figura appesa sulla porta: "Il vino taglia l’effetto serra - Uno studio del Cnr di Bologna dimostra che ogni ettaro di vigneto è capace di assorbire tre tonnellate di carbonio ogni anno. I possibili cambiamenti nelle politiche salva-clima".
mercoledì, settembre 28, 2005
Signori, mi sono innamorato.
Allora, succede che mi sto lentamente innamorando di una blogger -- spero che sia carina.
Maggie, si chiama. Ovviamente non potevo scegliermela italiana, e' americana: The Wine Offesive. E' grandiosa.
Ecco un piccolo estratto pedestremente tradotto: "Questo blog e' dedicato alla gente che serve in tavola, prepara i cocktail e gira le bistecche: siamo noi i veri gourmet, siamo appresso al cibo tutto il giorno ed e' la nostra vita. [...] Il vino e' un mutevole, limitato prodotto agricolo: e' caos controllato, come il formaggio, e percio' cambia continuamente. Non e' un marchio in cui riconoscersi. Se voglio una bevanda industriale, bevo birra".
Thats' ammore.
Maggie, si chiama. Ovviamente non potevo scegliermela italiana, e' americana: The Wine Offesive. E' grandiosa.
Ecco un piccolo estratto pedestremente tradotto: "Questo blog e' dedicato alla gente che serve in tavola, prepara i cocktail e gira le bistecche: siamo noi i veri gourmet, siamo appresso al cibo tutto il giorno ed e' la nostra vita. [...] Il vino e' un mutevole, limitato prodotto agricolo: e' caos controllato, come il formaggio, e percio' cambia continuamente. Non e' un marchio in cui riconoscersi. Se voglio una bevanda industriale, bevo birra".
Thats' ammore.
Destra, sinistra.
Basta con queste discettazioni su destra e sinistra, il vino e' trans-partitico: "quelli considerati più bipartisan, che mettono tutti d'accordo, sono i Supertuscan, generalmente apprezzati a destra e a sinistra, da uomini e donne, intenditori o meno" -- parola di VipLine.it. Fate attenzione al Pinot Nero, pero', che e' cervellotico.
Tutti d'accordo, eh?
Tutti d'accordo, eh?
lunedì, settembre 26, 2005
So sue me.
Il forum di Porthos sarebbe anche interessante, se non avesse quel seccante formato windowed, cioe' in una piccola finestrella, soprattutto per chi tira la risoluzione dei monitor a 2500 per 3400. Pero', smanettando con gli URL, si riesce a visualizzarlo cosi'. Son soddisfazioni.
venerdì, settembre 23, 2005
Buone notizie.
Finalmente Caviro trova un modo migliore di impiegare le eccedenze: basta Tavernello, si produce combustibile. "Bietole e vino per l'energia pulita. Cosi' nasce Alcoplus, joint venture fra due colossi del settore vitivinicolo e bieticolo, Caviro e Alc.Este"
Quindi, e' pure meno inquinante del Tavernello.
Quindi, e' pure meno inquinante del Tavernello.
giovedì, settembre 22, 2005
Ma che blogghi a fare.
Interno sera, ristorante. Personaggi: Fiorenzo (cioè io), amici e colleghi, salesmen, e Mr. Ics, un commerciale delle Tenute XYZ.
Fiorenzo (tono di chi si da un sacco di arie): "...del resto l'ho pure scritto, due settimane fa, su Peperosso..."
Mr. Ics: "Eh?"
Fiorenzo: "...ehm, Peperosso, sai, il blog di..."
Mr. Ics: "Cosa?"
Fiorenzo: "Un blog, hai presente cos'e', su Internet, dai, non leggi mai blog, forum, siti tematici sul vino?"
Mr. Ics: "Ah, si, si, certo..."
Fiorenzo: "Ecco, appunto, ti capita mai di leggere il Blog di Bonilli, per esempio, Papero giallo..."
Mr. Ics: "Eh?"
Fiorenzo (scoraggiato): "Bonilli! Il direttore del Gambero Rosso!"
Mr. Ics: "Ah, si, il Gambero! Hai visto che abbiamo i tre bicchieri con XXX -- abbiamo anche i due bicchieri rossi con YYY!"
Fiorenzo: "Si, si, quella e' la Guida ai vini d'Italia, io dico il mensile... hanno un forum online molto interessante, e il direttore gestisce il suo blog..."
Mr. Ics: "Eh?"
Fiorenzo (definitivamente scoraggiato): "Si, vabbe'. Oh, hai visto che ci hanno messo il Preziosi ai domiciliari..."
Mr.Ics (rianimato): "Ha! Altro che serie C, tra un po' finite in Promozione."
Fiorenzo (tono di chi si da un sacco di arie): "...del resto l'ho pure scritto, due settimane fa, su Peperosso..."
Mr. Ics: "Eh?"
Fiorenzo: "...ehm, Peperosso, sai, il blog di..."
Mr. Ics: "Cosa?"
Fiorenzo: "Un blog, hai presente cos'e', su Internet, dai, non leggi mai blog, forum, siti tematici sul vino?"
Mr. Ics: "Ah, si, si, certo..."
Fiorenzo: "Ecco, appunto, ti capita mai di leggere il Blog di Bonilli, per esempio, Papero giallo..."
Mr. Ics: "Eh?"
Fiorenzo (scoraggiato): "Bonilli! Il direttore del Gambero Rosso!"
Mr. Ics: "Ah, si, il Gambero! Hai visto che abbiamo i tre bicchieri con XXX -- abbiamo anche i due bicchieri rossi con YYY!"
Fiorenzo: "Si, si, quella e' la Guida ai vini d'Italia, io dico il mensile... hanno un forum online molto interessante, e il direttore gestisce il suo blog..."
Mr. Ics: "Eh?"
Fiorenzo (definitivamente scoraggiato): "Si, vabbe'. Oh, hai visto che ci hanno messo il Preziosi ai domiciliari..."
Mr.Ics (rianimato): "Ha! Altro che serie C, tra un po' finite in Promozione."
martedì, settembre 20, 2005
Ma di che sta parlando?
"E in questo appassionante viaggio sarebbe imperdonabile non ricordare, nel curioso gioco della degustazione, le insospettabili acrobazie della lingua che si anima d’amore, più carezzevole della mano, più espressiva degli occhi".
Questo, ed altro, si legge nella presentazione di Eros & Vino, di Jan-Luc Hennig (Sonzogno) "un connubio di voluttà che dagli albori della storia seduce gli uomini di ogni luogo ed epoca, stuzzicandone la mente ed elevando il corpo ai piaceri divini". Quando si dice le contaminazioni.
Questo, ed altro, si legge nella presentazione di Eros & Vino, di Jan-Luc Hennig (Sonzogno) "un connubio di voluttà che dagli albori della storia seduce gli uomini di ogni luogo ed epoca, stuzzicandone la mente ed elevando il corpo ai piaceri divini". Quando si dice le contaminazioni.
venerdì, settembre 16, 2005
A me non piace scrivere di vino.
A me non piace scrivere di vino. Voglio dire, non mi piace gran che elencare descrittivamente colore, aromi e sapore di un assaggio. Motivi? citarsi non è bene, ma qua non ci vede nessuno e lo faccio lo stesso; a parte quel che ho gia' detto sulla caducità degli appunti di degustazione, che sono contingenti vista la condizione del prodotto vino, che diviene quindi è mutevole, a parte quindi il fatto che scrivere appunti di degustazione significa cristallizzare un'entità perennemente in evoluzione (e, alla fine, in devoluzione), a parte tutte queste belle cosine insomma, scrivere e leggere appunti di degustazione mi annoia un po'.
Per esempio. Lunedì scorso ero in giro per la zona dei Barolo; ero da solo, ma siccome mi voglio bene a pranzo mi sono fermato in un posticino consigliabile benché noto al colto e all'inclita, la Trattoria della Posta a Monforte; solo com'ero (devo trovarmi una ragazza-immagine per le mie peregrinazioni: volontarie?) non avrei bevuto una bottiglia intera, e così ho accettato il consiglio del personale di sala: vini a bicchiere. Inizio con l'Arneis 2004 di Bruno Giacosa, e continuo con il Nebbiolo Gavarini (2002, se ricordo bene) di Elio Grasso. Due assaggi notevolissimi; il primo all'inizio sottile, chiuso, poi si apre con sentori agrumati e una bocca salda, è delicato e nello stesso tempo autorevole, croccante, per usare un termine che faccia venire un coccolone a quelli de Il Mio Vino. Il Gavarini poi è una vera delizia; ha un naso di terra bagnata, una cosa tipo humus, avete presente la terra dissodata dei campi: è quasi tutto quello che mi piace, cioè ha personalità, non è anonimo, esce dal bicchiere e dice "salve, ecco il terroir". Poi in bocca prosegue, allagando il palato senza eccedere, usando solo gli argomenti che ha, che non son pochi (a questo punto quelli de Il Mio Vino staranno sbuffando).
Dice: si, vabbe', ma allora che cos'è questo, il solito post descrittivo degli assaggi, no? E' vero, confesso, lo è; l'ho fatto apposta, per ricordare a me e pure a tutti che, la prossima volta che apriro' quei due vini, saranno diversi; non sarò alla Posta in un giorno di sole settembrino, da solo, a pensare a me e mangiando quella bagna cauda, e non saranno gli stessi vini. Panta rei, tutto scorre, e a me non piace scrivere di vino.
Per esempio. Lunedì scorso ero in giro per la zona dei Barolo; ero da solo, ma siccome mi voglio bene a pranzo mi sono fermato in un posticino consigliabile benché noto al colto e all'inclita, la Trattoria della Posta a Monforte; solo com'ero (devo trovarmi una ragazza-immagine per le mie peregrinazioni: volontarie?) non avrei bevuto una bottiglia intera, e così ho accettato il consiglio del personale di sala: vini a bicchiere. Inizio con l'Arneis 2004 di Bruno Giacosa, e continuo con il Nebbiolo Gavarini (2002, se ricordo bene) di Elio Grasso. Due assaggi notevolissimi; il primo all'inizio sottile, chiuso, poi si apre con sentori agrumati e una bocca salda, è delicato e nello stesso tempo autorevole, croccante, per usare un termine che faccia venire un coccolone a quelli de Il Mio Vino. Il Gavarini poi è una vera delizia; ha un naso di terra bagnata, una cosa tipo humus, avete presente la terra dissodata dei campi: è quasi tutto quello che mi piace, cioè ha personalità, non è anonimo, esce dal bicchiere e dice "salve, ecco il terroir". Poi in bocca prosegue, allagando il palato senza eccedere, usando solo gli argomenti che ha, che non son pochi (a questo punto quelli de Il Mio Vino staranno sbuffando).
Dice: si, vabbe', ma allora che cos'è questo, il solito post descrittivo degli assaggi, no? E' vero, confesso, lo è; l'ho fatto apposta, per ricordare a me e pure a tutti che, la prossima volta che apriro' quei due vini, saranno diversi; non sarò alla Posta in un giorno di sole settembrino, da solo, a pensare a me e mangiando quella bagna cauda, e non saranno gli stessi vini. Panta rei, tutto scorre, e a me non piace scrivere di vino.
giovedì, settembre 15, 2005
Wagenschenke colpisce ancora.
mercoledì, settembre 14, 2005
Indovina l'abbinamento?
"E ora la Cina aggiunge il vino di pesce. Sun Keman, un imprenditore di Dalian, ha creato la Dalian Fisherman’s Song Maritime Biological Brewery (fabbrica di birra), che si propone di usare la sua esperienza di migliaia di anni di fermentazione, nell’industria ittica per produrre il vino con il pesce. La fabbrica di birra, infatti, pulirà, bollirà e fermenterà i pesci per creare questo insolito vino".
Molti anni fa, ricordo, si diceva che le agenzie di stampa dei paesi del socialismo reale si inventavano, letteralmente, storie mirabolanti per venderle agli organi di stampa occidentali e sbarcare il lunario. I tempi sono cambiati, in meglio, e questa notizia, purtroppo, sembra vera. "Gli esperti dicono che questo vino è nutriente e a basso tasso alcolico".
Non vedo l'ora di assaggiarlo; di certo, l'abbinamento sara' facile.
Molti anni fa, ricordo, si diceva che le agenzie di stampa dei paesi del socialismo reale si inventavano, letteralmente, storie mirabolanti per venderle agli organi di stampa occidentali e sbarcare il lunario. I tempi sono cambiati, in meglio, e questa notizia, purtroppo, sembra vera. "Gli esperti dicono che questo vino è nutriente e a basso tasso alcolico".
Non vedo l'ora di assaggiarlo; di certo, l'abbinamento sara' facile.
martedì, settembre 13, 2005
Quasi quasi apro un'enoteca.
"Non è facile svolgere attività d'impresa in Italia. Anzi, è più difficile che in tutti gli altri Paesi industrializzati, con l'esclusione della Grecia, e sta diventando più difficile anche nel confronto con molti Paesi in via di sviluppo". [Fonte: Il Sole 24 Ore]
"Secondo la classifica stilata dalla Banca Mondiale è più facile avviare un'attività in paesi come il Nicaragua, la Tunisia, il Botswana, il Kenia, gli Emirati Arabi Uniti o lo Zambia". [Fonte: Centomovimenti]
"Secondo la classifica stilata dalla Banca Mondiale è più facile avviare un'attività in paesi come il Nicaragua, la Tunisia, il Botswana, il Kenia, gli Emirati Arabi Uniti o lo Zambia". [Fonte: Centomovimenti]
sabato, settembre 10, 2005
Accessibilita'.
Vinography segnala che le deprecate etichette parlanti sono state sorpassate a destra dalle etichette in Braille di alcuni produttori sudafricani. I suoi commentatori ricordano opportunamente che Chapoutier aveva gia' avuto questa idea: non si riesce mai del tutto ad essere originali.
Divertente il commento di Vinography sull'utilita' delle etichette parlanti, che "di sicuro moriranno della lenta e dolorosa morte riservata solo alle piu' ridicole tecnologie".
Divertente il commento di Vinography sull'utilita' delle etichette parlanti, che "di sicuro moriranno della lenta e dolorosa morte riservata solo alle piu' ridicole tecnologie".
martedì, settembre 06, 2005
Vignaioli virtuali, da questa parte prego.
A volte mi capita di pensare "io li adoro, questi americani"; non smettono mai di inventare robe spiazzanti.
Prendi per esempio Crushpad Wine: hanno nientemeno che messo su una complessa macchina virtuale che consente a chiunque di produrre vino da casa, una specie di tamagochi dove pero' e' tutto vero. Scrive Repubblica: "con la sua iniziativa online, www.mycrushpad.com, si propone di eliminare le barriere fisiche e di permettere a tutti gli appassionati, esperti e non, di produrre vino da qualunque parte del mondo. Grazie al Web, infatti, i clienti di Crushpad possono prendere parte attivamente a tutte le decisioni sottostanti al processo di produzione del vino, quelle riguardanti i vitigni, lo schiacciamento degli acini, la fermentazione, l’imbottigliamento e l’invecchiamento".
Insomma, questo rende possibile il sogno di molti, diventare produttori di vino; d'altra parte "La passione per il vino è ai massimi storici" dicono gli ideatori del portale. "Un recente sondaggio di Business Week ha scoperto che il mestiere del produttore di vino è al secondo posto tra i sogni dei dirigenti americani". Chissa' che c'e' al primo posto, probabilmente essere Bill Gates.
E' tutto vero, quindi. E siccome produrre vino non e' privo di costi, queste bottiglie hanno un costo di partenza. Quanto? "I costi, che dipendono dal tipo di vigna scelta e dalla quantità prodotta, variano tra i 13 e i 20 dollari a bottiglia".
Opsss.
Prendi per esempio Crushpad Wine: hanno nientemeno che messo su una complessa macchina virtuale che consente a chiunque di produrre vino da casa, una specie di tamagochi dove pero' e' tutto vero. Scrive Repubblica: "con la sua iniziativa online, www.mycrushpad.com, si propone di eliminare le barriere fisiche e di permettere a tutti gli appassionati, esperti e non, di produrre vino da qualunque parte del mondo. Grazie al Web, infatti, i clienti di Crushpad possono prendere parte attivamente a tutte le decisioni sottostanti al processo di produzione del vino, quelle riguardanti i vitigni, lo schiacciamento degli acini, la fermentazione, l’imbottigliamento e l’invecchiamento".
Insomma, questo rende possibile il sogno di molti, diventare produttori di vino; d'altra parte "La passione per il vino è ai massimi storici" dicono gli ideatori del portale. "Un recente sondaggio di Business Week ha scoperto che il mestiere del produttore di vino è al secondo posto tra i sogni dei dirigenti americani". Chissa' che c'e' al primo posto, probabilmente essere Bill Gates.
E' tutto vero, quindi. E siccome produrre vino non e' privo di costi, queste bottiglie hanno un costo di partenza. Quanto? "I costi, che dipendono dal tipo di vigna scelta e dalla quantità prodotta, variano tra i 13 e i 20 dollari a bottiglia".
Opsss.
sabato, settembre 03, 2005
Crisi, crisi, crisi (crisi, insomma).
Allora, c'e' la crisi.
Non e' quindi il momento per fare gli spiritosi (e chi ne ha voglia?), poi basta la lettura dei quotidiani per rabbuiarti. Zonin, per dire, uno che sembra l'identificazione stessa del vino in Italia, dice tra l'altro che "Il mondo del vino italiano è in pericolo. Se non usciamo in fretta da questa crisi vedo a rischio migliaia di posti di lavoro: in campagna, nelle cantine, nella distribuzione e anche nell'indotto, compreso quello mediatico. Serve un patto sociale tra produttori, distributori, Governo e consumatori per rilanciare il mercato interno e evitare l'aggressione da parte dei competitors".
Ora, io capisco la cosa del patto sociale tra le diverse parti (ricorda qualcosa?); capisco meno la presenza dei consumatori all'interno di questo patto: che significa? Significa "scusate, cari consumatori, decidetevi a comprare"? In questo caso, m'associo pure io.
Non e' quindi il momento per fare gli spiritosi (e chi ne ha voglia?), poi basta la lettura dei quotidiani per rabbuiarti. Zonin, per dire, uno che sembra l'identificazione stessa del vino in Italia, dice tra l'altro che "Il mondo del vino italiano è in pericolo. Se non usciamo in fretta da questa crisi vedo a rischio migliaia di posti di lavoro: in campagna, nelle cantine, nella distribuzione e anche nell'indotto, compreso quello mediatico. Serve un patto sociale tra produttori, distributori, Governo e consumatori per rilanciare il mercato interno e evitare l'aggressione da parte dei competitors".
Ora, io capisco la cosa del patto sociale tra le diverse parti (ricorda qualcosa?); capisco meno la presenza dei consumatori all'interno di questo patto: che significa? Significa "scusate, cari consumatori, decidetevi a comprare"? In questo caso, m'associo pure io.
venerdì, settembre 02, 2005
Decadenza.
Ci sono giorni in cui navighi online su pagine apparentemente distanti, per poi trovare connessioni inaspettate. Per esempio, oggi sul blog del Papero giallo leggo questo breve post e i lunghi, interessanti commenti. Il direttore del Gambero tra l'altro dice "va male non solo a causa della crisi ma perchè siamo un paese dove tutto costa molto (troppo) per il servizio che se ne ha in cambio".
Poi altrove leggo questi dati sugli stipendi dei parlamentari italiani.

Cosi', a distanza, mi chiedo se e in che misura queste due cose siano in qualche modo in relazione.
Poi altrove leggo questi dati sugli stipendi dei parlamentari italiani.
Cosi', a distanza, mi chiedo se e in che misura queste due cose siano in qualche modo in relazione.
giovedì, settembre 01, 2005
Ah, i ricordi.
Va bene, allacciamoci alla catena dei ricordi gastronomici come da post di Arma.
La mia infanzia culinaria e' in gran parte legata ai nonni materni, che nella sperduta campagna tra San Pietro Vara e Varese Ligure, Appennino al confine tra le province di Parma e La Spezia, avevano questo mulino ad acqua. Il mulino funziona ancora, ne parlo quasi riluttante, siccome il luogo ignora ogni regola HACCP.
Comunque, ecco la lista dei cinque cibi dell'infanzia che ricordo con nostalgia. Non necessariamente in ordine di importanza.
1) Al mulino si macinava, tra l'altro, la farina di castagne; con questa la nonna preparava quello che localmente si chiama panella e altrove e' noto come castagnaccio. Si cuoceva nei testi, cioe' in formelle di terracotta del diametro di un palmo; queste venivano impilate una sull'altra, poi messe a contatto col fuoco del camino. Le focaccette ottenute erano ottime con la ricotta appena fatta (avevano pure mucca, maiali, conigli, eccetera).
2) Il sapore del latte appena munto. Per i bimbi naturalmente veniva fatto bollire a lungo. Lo so che quel che sto per dire suona da trombone passatista, ma ho l'impressione che certi gusti siano persi (forse) per sempre.
3) Il pane. La nonna preparava il pane con la farina poco setacciata del mulino, quindi piena di quella crusca che, anni dopo, scoprii con sconcerto che si vendeva nelle erboristerie a caro prezzo mentre la' al mulino era considerata scarto; prima della preparazione il nonno andava nei boschi a raccogliere foglie di castagno, con le quali la nonna fasciava la grande forma di pane, circa un metro di diametro, alta quasi un palmo nella parte centrale. La forma cosi' fasciata stava sotto un enorme testo metallico (ghisa, forse, era nerissimo) e posto letteralmente dentro il caminetto; oggi, credo di capire che le foglie servivano affinche' la crosta non bruciasse in cottura. Il pane cosi' ottenuto durava almeno una settimana, dieci giorni, sempre buono fino all'ultima fetta. Aveva un sapore che ricorda vagamente il pane di segale che si trova oggi.
4. Le braciole cotte sul fuoco, del maiale appena macellato. Questo non piacera' ai vegetariani, ma ho assistito a piu' di un macello del maiale. Curiosamente, mai a quello degli agnelli; ricordo una volta che, al macello di alcuni agnelli, noi bimbi venimmo affidati ad una contadina e portati lontano, affinche' non sentissimo. Questo non mi ha impedito di crescere carnivoro, ed infatti il sapore della carne cotta appena macellata lo ricordo in modo speciale. E che buoni, durante l'anno, i salami che faceva il nonno.
5. Buon ultimo, e maggior motivo per cui sono grato ad Arma per questo tuffo nei ricordi, il vino bianco che produceva, dalle poche vigne, il nonno. Un vino che aveva un colore terribile, tipo tè, insomma una cosa che non passerebbe la fase visiva dell'esame Onav; in piu' asprigno, con una acidita' alquanto sgraziata. Ma avevo si e no dieci anni, era il primo vino che assaggiavo, e su quell'assaggio ora si innestano troppi ricordi, cosi' che la valutazione non puo' essere obiettiva: oggi, ripensandoci, quel vino era fenomenale.
La mia infanzia culinaria e' in gran parte legata ai nonni materni, che nella sperduta campagna tra San Pietro Vara e Varese Ligure, Appennino al confine tra le province di Parma e La Spezia, avevano questo mulino ad acqua. Il mulino funziona ancora, ne parlo quasi riluttante, siccome il luogo ignora ogni regola HACCP.
Comunque, ecco la lista dei cinque cibi dell'infanzia che ricordo con nostalgia. Non necessariamente in ordine di importanza.
1) Al mulino si macinava, tra l'altro, la farina di castagne; con questa la nonna preparava quello che localmente si chiama panella e altrove e' noto come castagnaccio. Si cuoceva nei testi, cioe' in formelle di terracotta del diametro di un palmo; queste venivano impilate una sull'altra, poi messe a contatto col fuoco del camino. Le focaccette ottenute erano ottime con la ricotta appena fatta (avevano pure mucca, maiali, conigli, eccetera).
2) Il sapore del latte appena munto. Per i bimbi naturalmente veniva fatto bollire a lungo. Lo so che quel che sto per dire suona da trombone passatista, ma ho l'impressione che certi gusti siano persi (forse) per sempre.
3) Il pane. La nonna preparava il pane con la farina poco setacciata del mulino, quindi piena di quella crusca che, anni dopo, scoprii con sconcerto che si vendeva nelle erboristerie a caro prezzo mentre la' al mulino era considerata scarto; prima della preparazione il nonno andava nei boschi a raccogliere foglie di castagno, con le quali la nonna fasciava la grande forma di pane, circa un metro di diametro, alta quasi un palmo nella parte centrale. La forma cosi' fasciata stava sotto un enorme testo metallico (ghisa, forse, era nerissimo) e posto letteralmente dentro il caminetto; oggi, credo di capire che le foglie servivano affinche' la crosta non bruciasse in cottura. Il pane cosi' ottenuto durava almeno una settimana, dieci giorni, sempre buono fino all'ultima fetta. Aveva un sapore che ricorda vagamente il pane di segale che si trova oggi.
4. Le braciole cotte sul fuoco, del maiale appena macellato. Questo non piacera' ai vegetariani, ma ho assistito a piu' di un macello del maiale. Curiosamente, mai a quello degli agnelli; ricordo una volta che, al macello di alcuni agnelli, noi bimbi venimmo affidati ad una contadina e portati lontano, affinche' non sentissimo. Questo non mi ha impedito di crescere carnivoro, ed infatti il sapore della carne cotta appena macellata lo ricordo in modo speciale. E che buoni, durante l'anno, i salami che faceva il nonno.
5. Buon ultimo, e maggior motivo per cui sono grato ad Arma per questo tuffo nei ricordi, il vino bianco che produceva, dalle poche vigne, il nonno. Un vino che aveva un colore terribile, tipo tè, insomma una cosa che non passerebbe la fase visiva dell'esame Onav; in piu' asprigno, con una acidita' alquanto sgraziata. Ma avevo si e no dieci anni, era il primo vino che assaggiavo, e su quell'assaggio ora si innestano troppi ricordi, cosi' che la valutazione non puo' essere obiettiva: oggi, ripensandoci, quel vino era fenomenale.
mercoledì, agosto 31, 2005
Vorrei averlo scritto io (acc).
Commento di Antonio Tombolini a queste notizie:
"Il caso dell'uva e dei pomodori pugliesi: i locali agricoltori non sanno a chi venderli. E che ti fanno? Si chiedono come mai? Macché. Facciamo così: blocchiamo le strade, facciamo un po' di casino, e chiediamo che lo Stato ci dia un risarcimento. Se no? Se no facciamo casino.
Com'è andata a finire? Ovviamente lo Stato (coi miei soldi) darà un risarcimento (de che?) a costoro, premiando la loro insipienza e la loro violenza. E tutti a battere le mani, alla destra e alla sinistra unite, con le facce di bronzo di Alemanno e Vendola a simboleggiare questa italietta che continua a ballare sul Titanic."
Davvero sottoscrivibile. Segue, in lontano ordine di sgradevolezza, la seccatura derivante dal fatto che volevo dirlo pur'io, acci.
"Il caso dell'uva e dei pomodori pugliesi: i locali agricoltori non sanno a chi venderli. E che ti fanno? Si chiedono come mai? Macché. Facciamo così: blocchiamo le strade, facciamo un po' di casino, e chiediamo che lo Stato ci dia un risarcimento. Se no? Se no facciamo casino.
Com'è andata a finire? Ovviamente lo Stato (coi miei soldi) darà un risarcimento (de che?) a costoro, premiando la loro insipienza e la loro violenza. E tutti a battere le mani, alla destra e alla sinistra unite, con le facce di bronzo di Alemanno e Vendola a simboleggiare questa italietta che continua a ballare sul Titanic."
Davvero sottoscrivibile. Segue, in lontano ordine di sgradevolezza, la seccatura derivante dal fatto che volevo dirlo pur'io, acci.
venerdì, agosto 26, 2005
domenica, agosto 14, 2005
Per la serie...
Per la serie "qui si spara sulla Croce Rossa", oggi tocca al Tavernello.
Certo, aver appena visto la pubblicita' in TV con Fazzuoli e lo spot finto-dibattito non ci catalizza il buonismo. Comunque, mi faccio un giro sul loro sito e gioco con la tracciabilita', parolina magica che serve a chissa' cosa, visto che si parla di Tavernello: e' come dire "mi hanno tamponato, ma so che era una Volvo: era tracciabile". Ecco, il Tavernello bianco e' tracciabile, quello rosso no, non si sa perche', comunque non c'e' da recriminare, per i miracoli ci stiamo attrezzando, eccetera. Provo ad inserire dati casuali nel macchinoso form della tracciabilita', e mi aspetto che esca fuori un responso tipo "ehi, ma che scrivi, non ha senso!" -- e invece, ecco cosa ottengo: "Spiacente, il sistema è in aggiornamento e non può fornire il dato richiesto."
Oh, che peccato, non mi si traccia.
Certo, aver appena visto la pubblicita' in TV con Fazzuoli e lo spot finto-dibattito non ci catalizza il buonismo. Comunque, mi faccio un giro sul loro sito e gioco con la tracciabilita', parolina magica che serve a chissa' cosa, visto che si parla di Tavernello: e' come dire "mi hanno tamponato, ma so che era una Volvo: era tracciabile". Ecco, il Tavernello bianco e' tracciabile, quello rosso no, non si sa perche', comunque non c'e' da recriminare, per i miracoli ci stiamo attrezzando, eccetera. Provo ad inserire dati casuali nel macchinoso form della tracciabilita', e mi aspetto che esca fuori un responso tipo "ehi, ma che scrivi, non ha senso!" -- e invece, ecco cosa ottengo: "Spiacente, il sistema è in aggiornamento e non può fornire il dato richiesto."
Oh, che peccato, non mi si traccia.
venerdì, agosto 12, 2005
Mare, mare, mare, voglio annegare.
Lo dice anche il boss del Gambero, prima di lui Peperosso: gira male, insomma c'e' crisi, c'e' meno gente in giro, eccetera eccetera. Il prodotto-Italia, turisticamente parlando, e' fuori prezzo.
Stamattina sotto l'ombrellone leggo Vizzari su L'espresso che magnifica un ristorante spagnolo: "Eccezionale, non ho altri aggettivi per definire la mia ultima esperienza al Celler de Can Roca". Sono termini insolitamente entusiastici per un critico normalmente sobrio, se non severo.
Insomma, bisogna andar fuori dall'Italia per essere felici? Possibile che un settimanale italiano a ferragosto mi debba parlar bene di un ristorante spagnolo? E' seccante ammetterlo, ma pare di si.
E soprattutto, che ci faccio ancora in Italia?
Postato col sottofondo di Battiato ad accrescere lo spleen.
Stamattina sotto l'ombrellone leggo Vizzari su L'espresso che magnifica un ristorante spagnolo: "Eccezionale, non ho altri aggettivi per definire la mia ultima esperienza al Celler de Can Roca". Sono termini insolitamente entusiastici per un critico normalmente sobrio, se non severo.
Insomma, bisogna andar fuori dall'Italia per essere felici? Possibile che un settimanale italiano a ferragosto mi debba parlar bene di un ristorante spagnolo? E' seccante ammetterlo, ma pare di si.
E soprattutto, che ci faccio ancora in Italia?
Postato col sottofondo di Battiato ad accrescere lo spleen.
lunedì, agosto 08, 2005
Chissa' perche'.
Chissa' perche' se vuoi leggere notizie che non sembrino veline ti tocca andare su certi blog. Col GPRS, in vacanza, uno dovrebbe evitare di caricare le pagine della Repubblica, del Corriere, eccetera. E andare dritto dritto qui.
Cronache elbane.
L'Isola d'Elba assomiglia alla Liguria, perlomeno dal punto di vista enoico. La quantita' di produzione locale e' quella che e', non sterminata; la richiesta pero' e' alta, visto l'afflusso dei turisti. E noi simpatici turisti, qui all'Elba, educati al divino insegnamento, che chiediamo? Vini del territorio, naturalmente. Il territorio pero' produce quantita' limitate; otteniamo cosi' di bere vini che, se locali, sono se va bene passabili ("passabile" non e' un complimento); esistono, curiosamente, "vini veri" nel senso di veramente locali, che costano guardacaso quasi il doppio di quelli indirizzati alle masse. Probabilmente si tratta di coincidenze, ma a pensar male a volte si indovina, come avrete sentito dire.
venerdì, agosto 05, 2005
Pubblicita'? Regresso.
Quasi in contemporanea, oggi, Mantellini e Tombolini parlano di pubblicita' (male, come e' sacrosanto) e della crisi della pubblicita'. Consiglio la lettura; curiosamente, ho appena finito di lottare con una videocassetta di Walt Disney che impone dieci minuti di pubblicita' prima del film. D'accordo, c'e' il fast forward, ma provate a premere FFW col figlio treenne che vuole vedere ogni singolo fotogramma pubblicitario. Poi uno dice che si scaricano i Divx, eh?
Vabbe'. Ti soccorre il pensiero che nel nostro orticello enoico la pubblicita' non e' quella roba demenziale che siamo costretti a subire altrove; nessun produttore si sognerebbe di dire che il suo vino e' "ciucio inciorno a tei". Certo, ogni tanto capita di sentire discorsi sul fatto che il vino non e' adeguatamente "targettizzato" (bleah), ma il linguaggio odioso della pubblicita' non serve a questo ambito; semplicemente, qui, chi produce roba seria viene premiato dal mercato e a fine anno ha esaurito le scorte; a meno che non sia un industriale (ho usato volutamente un termine generico, non volevo citare per nome il solito Zonin).
Vabbe'. Ti soccorre il pensiero che nel nostro orticello enoico la pubblicita' non e' quella roba demenziale che siamo costretti a subire altrove; nessun produttore si sognerebbe di dire che il suo vino e' "ciucio inciorno a tei". Certo, ogni tanto capita di sentire discorsi sul fatto che il vino non e' adeguatamente "targettizzato" (bleah), ma il linguaggio odioso della pubblicita' non serve a questo ambito; semplicemente, qui, chi produce roba seria viene premiato dal mercato e a fine anno ha esaurito le scorte; a meno che non sia un industriale (ho usato volutamente un termine generico, non volevo citare per nome il solito Zonin).
mercoledì, luglio 27, 2005
giovedì, luglio 21, 2005
Le parole sono importanti.
Il Mio Vino mi arriva gratis in enoteca. Quindi, in via di principio, devo essere grato a questi signori che mi regalano qualcosa che altri pagano. Tuttavia mi e' capitato, e mi capita, di parlarne molto male; ci starebbe pure che l'editore dicesse "ma senta, lei e il suo stupido blog, ci riprendiamo la rivista, e se la vuole rivedere se la compra in edicola come tutti gli altri". Ne avrebbe titolo, e non c'e' altro da aggiungere.
Fatta questa premessa riequilibratrice del karma, parliamo male de Il Mio Vino.
E' vero, noi assaggiatori abbiamo un linguaggio orribilmente colorito, e tendiamo ad esagerare nella prosa descrittiva. Il Mio vino spara sulla Croce Rossa e nella sua rubrica "Il piu' bel fior ne colse" non perde occasione di sghignazzare dell'oratoria enoica. Cosi' (per esempio) trova risibile il modo in cui Tigulliovino.it parla di un Lugana: "Il colore è un biondo brillante con sfumature verdine, e il profumo elegante e fresco di pesca, mandorla, fiori di campo, madresilva torna in bocca con accenti più fruttati e bella sapidità, che si accompagna ad una gradevolezza persistente grazie ad un corpo leggero ma non evanescente..."
Ecco, madresilva non me lo doveva dire. E che e' la madresilva? Magari, se uno usasse Google, troverebbe che l'etimo e' errato (errore di battitura?), e si parlava di madreselva; il Paravia rimanda a caprifoglio. Vabbe', capisco, tutta 'sta ricerca e' un lavoraccio.
Vediamo invece come Il Mio Vino intende la corretta descrizione.
Pagina a caso, 61: si parla del Sangiovese di Toscana di Cecchi (per inciso, in copertina Il Mio Vino si annuncia "alla scoperta di grandi vini sconosciuti"; Sangiovese Cecchi, vabbe') ed ecco come lo descrive: "colore intenso e sapore delicatamente fruttato". Fine.
Ora, scusatemi, ma "colore intenso e sapore delicatamente fruttato" descrive alternativamente la CocaCola, il Tavernello e circa il settanta per cento dei vini commercializzati sul pianeta.
Sarebbe meglio dare un buon esempio di scrittura enoica. Ecco la folgorante descrizione di Vinography a proposito del Nero d'Avola: "wines that are capable of calling one back to an earlier time and atmosphere, filtered with afternoon sunlight and redolent with the smells of fresh coffee, dirt from the fields, and someone's mother's cooking from down the cobblestone streets".
Traduco liberamente: "vini capaci di riportarti indietro ad atmosfere antiche, filtrate nella luce solare del pomeriggio, nei profumi di caffe' fresco e terra dei campi, con l'odore di cucina che sale da strade lastricate".
Bello, eh? Si, certo, si poteva comunque dire "colore intenso e sapore delicatamente fruttato".
Se ti accontenti.
Fatta questa premessa riequilibratrice del karma, parliamo male de Il Mio Vino.
E' vero, noi assaggiatori abbiamo un linguaggio orribilmente colorito, e tendiamo ad esagerare nella prosa descrittiva. Il Mio vino spara sulla Croce Rossa e nella sua rubrica "Il piu' bel fior ne colse" non perde occasione di sghignazzare dell'oratoria enoica. Cosi' (per esempio) trova risibile il modo in cui Tigulliovino.it parla di un Lugana: "Il colore è un biondo brillante con sfumature verdine, e il profumo elegante e fresco di pesca, mandorla, fiori di campo, madresilva torna in bocca con accenti più fruttati e bella sapidità, che si accompagna ad una gradevolezza persistente grazie ad un corpo leggero ma non evanescente..."
Ecco, madresilva non me lo doveva dire. E che e' la madresilva? Magari, se uno usasse Google, troverebbe che l'etimo e' errato (errore di battitura?), e si parlava di madreselva; il Paravia rimanda a caprifoglio. Vabbe', capisco, tutta 'sta ricerca e' un lavoraccio.
Vediamo invece come Il Mio Vino intende la corretta descrizione.
Pagina a caso, 61: si parla del Sangiovese di Toscana di Cecchi (per inciso, in copertina Il Mio Vino si annuncia "alla scoperta di grandi vini sconosciuti"; Sangiovese Cecchi, vabbe') ed ecco come lo descrive: "colore intenso e sapore delicatamente fruttato". Fine.
Ora, scusatemi, ma "colore intenso e sapore delicatamente fruttato" descrive alternativamente la CocaCola, il Tavernello e circa il settanta per cento dei vini commercializzati sul pianeta.
Sarebbe meglio dare un buon esempio di scrittura enoica. Ecco la folgorante descrizione di Vinography a proposito del Nero d'Avola: "wines that are capable of calling one back to an earlier time and atmosphere, filtered with afternoon sunlight and redolent with the smells of fresh coffee, dirt from the fields, and someone's mother's cooking from down the cobblestone streets".
Traduco liberamente: "vini capaci di riportarti indietro ad atmosfere antiche, filtrate nella luce solare del pomeriggio, nei profumi di caffe' fresco e terra dei campi, con l'odore di cucina che sale da strade lastricate".
Bello, eh? Si, certo, si poteva comunque dire "colore intenso e sapore delicatamente fruttato".
Se ti accontenti.
sabato, luglio 16, 2005
What is your favorite wine?
Justcurio.us e' il mio passatempo del giorno.
Volevo inserire la domanda "quale e' il vostro vino preferito", ma qualcun altro ha gia' avuto l'idea. Indovinate chi ha risposto "Barolo from Josetta Saffirio", pero'.
Volevo inserire la domanda "quale e' il vostro vino preferito", ma qualcun altro ha gia' avuto l'idea. Indovinate chi ha risposto "Barolo from Josetta Saffirio", pero'.
giovedì, luglio 14, 2005
Digital divide.
Se vogliamo divertirci ad allargare il concetto al campo enoico, tra noi (Italia) e loro (Stati Uniti d'America) le differenze passano pure attraverso cose come le copertine di WineX. Date un'occhiata all'immagine qua a fianco: non sono copertine di Rolling Stone, e' una rivista che parla di vino.
Piccolo inciso, non sono il primo a rilevare la forza comunicativa alquanto innovativa (trasgressiva?) di WineX. Per esempio, meglio di me Fermentations in questo post.
In Italia, a mio avviso, esiste solo una rivista che comunica bene alle masse, ed e' il Gambero Rosso. Dietro al Gambero, poche cose. Porthos e' l'unica che leggo avidamente, pure se e' fatalmente indirizzata ad un pubblico gia' competente di suo; non e' entry level e non lo vuole essere, direi. Poi, notti e nebbie: cose come Civilta' del Bere, e poi giu' giu' a Il Mio Vino, sono quasi imbarazzanti.
Sicuramente dimentico qualcuno, Slow e pochi altri, pero'.
In America pare non sia cosi', se dietro ai giganti tipo Wine Spectator (evito di citarli tutti) stanno cose che riescono a parlare di vino in termini meno paludati, rivolgendosi a consumatori giovani, eccetera.
Ora, sto parlando di sensazioni, ma dal panorama che si vede mi pare che anche qui esistano delle forme di divisione, non digitale stavolta, ma enoica, difficilmente colmabili. Probabilmente gioca a nostro sfavore la differente massa di utenti potenziali, pochi da noi e sterminati da loro; certo e' che pubblicazioni come WineX da noi sono di la' da venire.
lunedì, luglio 11, 2005
Devianze.
Ci sono sei canali televisivi inguardabili, i tre Rai, e i tre Mediaset. Poi ci sono canali, o parti di questi (cioe', trasmissioni) miracolosamente ben fatti, siccome presumibilmente minoritari o invisibili. Tra questi, io stasera mi sono goduto Absolutely 90's su Mtv. Andy, ex Bluevertigo, e' un deejay perfetto, in dieci secondi mixa "My name is" (Eminem) con "Would you go to bed with me?" e infine con "Hey boy hey girl" (Chemical Brothers); tutto in un mix brevissimo, non piu' di quindici secondi.
Consideraziono devianti: l'arte e' cosi': come uno chef, che mescola pochi ingredienti perfetti, in una preparazione leggera in un piatto poco abbondante, giusto un assaggio, affinche' appena finito ti resti quel po' di voglia residua che fa risaltare la classe dell'esecutore. Poco e' buono e pure bene.
Consideraziono devianti: l'arte e' cosi': come uno chef, che mescola pochi ingredienti perfetti, in una preparazione leggera in un piatto poco abbondante, giusto un assaggio, affinche' appena finito ti resti quel po' di voglia residua che fa risaltare la classe dell'esecutore. Poco e' buono e pure bene.
sabato, giugno 18, 2005
Essere Global.
Uno dei miei passatempi preferiti si chiama Flickr. Flickr e' una sorta di blog fotografico: registrandovi, potete caricare le vostre foto preferite sul vostro account (il mio, per esempio, e' http://www.flickr.com/photos/fiorenzo/) e condividere, cosi', una specie di album fotografico online. Sfortunatamente la cosa e' in inglese, quindi richiede una certa conoscenza da parte vostra; ma pure se non ci capite alcunche', sfogliare Flickr non e' difficile.
In effetti, la cosa portentosa di questo sito, fin qui descritto come una roba tutto sommato banale, e' la straordinaria quantita' di account che, cliccando su Everyone's, potete sfogliare: gli utenti sono nell'ordine delle centinaia di migliaia, e sono in quasi ogni angolo del mondo: saltate dall'album fotografico del IT consultant giapponese, a quello della madre di famiglia australiana, passando per adolescenti degli Emirati Arabi Uniti, e via via fino a tassisti di Buenos Aires, e potete andare avanti all'infinito. Si entra nella vita quotidiana di questa massa sterminata di gente attraverso le loro foto di battesimo, matrimoni, feste, ho comprato la macchina nuova, questo e' il mio ufficio, eccetera eccetera.
Io, questa cosa, la adoro.
E, tra mille spunti che sorgono in questo vagabondare telematico, mi accorgo la globalizzazione e' un dato acquisito: non e' solo che i mobili Ikea ormai sono in ogni casa, Honk Kong come Seattle come Bari come Dubai come Citta' del Capo; no, e' qualcosa di piu', e' la sensazione diffusa di comunita' di interessi, di identita' generale di vedute: certo, le spose in (quasi) ogni angolo del mondo hanno il famoso abito bianco che sembra uscito dalla Casa della Sposa; che non capisci piu' bene chi imita chi, siamo noi che l'abbiamo inventato, o l'abbiamo copiato da chi? Vabbe'; si salva il particolare, la sposa in abito bianco in Egitto e' contornata di arazzi mentre a Ginevra fatalmente si vedono le montagne innevate, in una specie di contraddanza dove il local si mescola al global e ogni tanto uno ha il sopravvento sull'altro. E' bene, e' male questo? Io avrei qualche difficolta' ad essere radicalmente critico: cogliere gli elementi che ci accomunano, a questo mondo, mi sembra (non sorridete) commovente.
Che c'entra tutto questo con il vino. C'entra, in qualche modo.
Nel nostro amato dibattito pro o contro la globalizzazione del gusto, applicato anche al vino (quindi parliamo dell'uso di vitigni internazionali, barrique, eccetera) bisognerebbe arrendersi ad alcune evidenze; pure se e' sacrosanto continuare a enfatizzare le peculiarita' locali (anzi, commercialmente parlando, essere local nel produrre e' qualificante) tuttavia bisogna prendere atto del divenire inarrestabile. Insomma, tanto per fare un esempio concreto: il Chianti si fa in Toscana, e si fa col Sangiovese; va bene, c'e' un 10% di Cabernet (15%? Di piu'?) che lo stipicizza, forse. Il colore e' piu concentrato, il corredo aromatico si modifica.
E' questo del tutto male? O non e' piuttosto una forma di adeguamento a qualcosa di inarrestabile? E se questo modo di essere global alla fine e' anche essere piu' simili, avere piu' cose in comune, davvero dobbiamo considerarlo male?
Io non ho la pretesa di saper rispondere con certezza a queste domande. Pero', quel po' di Cabernet nel Chianti non mi infastidisce troppo.
In effetti, la cosa portentosa di questo sito, fin qui descritto come una roba tutto sommato banale, e' la straordinaria quantita' di account che, cliccando su Everyone's, potete sfogliare: gli utenti sono nell'ordine delle centinaia di migliaia, e sono in quasi ogni angolo del mondo: saltate dall'album fotografico del IT consultant giapponese, a quello della madre di famiglia australiana, passando per adolescenti degli Emirati Arabi Uniti, e via via fino a tassisti di Buenos Aires, e potete andare avanti all'infinito. Si entra nella vita quotidiana di questa massa sterminata di gente attraverso le loro foto di battesimo, matrimoni, feste, ho comprato la macchina nuova, questo e' il mio ufficio, eccetera eccetera.
Io, questa cosa, la adoro.
E, tra mille spunti che sorgono in questo vagabondare telematico, mi accorgo la globalizzazione e' un dato acquisito: non e' solo che i mobili Ikea ormai sono in ogni casa, Honk Kong come Seattle come Bari come Dubai come Citta' del Capo; no, e' qualcosa di piu', e' la sensazione diffusa di comunita' di interessi, di identita' generale di vedute: certo, le spose in (quasi) ogni angolo del mondo hanno il famoso abito bianco che sembra uscito dalla Casa della Sposa; che non capisci piu' bene chi imita chi, siamo noi che l'abbiamo inventato, o l'abbiamo copiato da chi? Vabbe'; si salva il particolare, la sposa in abito bianco in Egitto e' contornata di arazzi mentre a Ginevra fatalmente si vedono le montagne innevate, in una specie di contraddanza dove il local si mescola al global e ogni tanto uno ha il sopravvento sull'altro. E' bene, e' male questo? Io avrei qualche difficolta' ad essere radicalmente critico: cogliere gli elementi che ci accomunano, a questo mondo, mi sembra (non sorridete) commovente.
Che c'entra tutto questo con il vino. C'entra, in qualche modo.
Nel nostro amato dibattito pro o contro la globalizzazione del gusto, applicato anche al vino (quindi parliamo dell'uso di vitigni internazionali, barrique, eccetera) bisognerebbe arrendersi ad alcune evidenze; pure se e' sacrosanto continuare a enfatizzare le peculiarita' locali (anzi, commercialmente parlando, essere local nel produrre e' qualificante) tuttavia bisogna prendere atto del divenire inarrestabile. Insomma, tanto per fare un esempio concreto: il Chianti si fa in Toscana, e si fa col Sangiovese; va bene, c'e' un 10% di Cabernet (15%? Di piu'?) che lo stipicizza, forse. Il colore e' piu concentrato, il corredo aromatico si modifica.
E' questo del tutto male? O non e' piuttosto una forma di adeguamento a qualcosa di inarrestabile? E se questo modo di essere global alla fine e' anche essere piu' simili, avere piu' cose in comune, davvero dobbiamo considerarlo male?
Io non ho la pretesa di saper rispondere con certezza a queste domande. Pero', quel po' di Cabernet nel Chianti non mi infastidisce troppo.
mercoledì, giugno 15, 2005
Spit or swallow?
Divertente articolo (in inglese) segnalato da Vinography, sulla tecnica ideale per sputare il vino, durante le degustazioni professionali (come dovrebbe essere noto, gli assaggiatori pro sputano). Vinography consiglia, per esercitarsi a trovare la tecnica migliore, di usare, opportunamente, dell'acqua.
martedì, giugno 14, 2005
Scena 1, interno giorno.
Personaggi: Enotecaro, Cliente.
Cliente entra in enoteca. Sottobraccio ha la Guida; l'Enotecaro riconosce immediatamente la Guida dal formato vagamente laterizio; e' l'edizione 2005. Dalla Guida escono svariati segnalibri.
Cliente: "Buongiorno..."
Enotecaro: "Salve... posso essere utile..."
Il cliente apre la Guida al primo segnalibro.
Cliente: "Si, ecco, cercavo questo vino.."
Il cliente cita un vino premiato con i Tre Bicchieri sulla Guida.
Enotecaro: "Spiacente, non ce l'ho"
Cliente (apre al secondo segnalibro): "Ah, allora vorrei.." (cita un secondo vino premiato con i Tre Bicchieri).
Enotecaro: "Hmm, spiace.. non ho neppure questo.."
Cliente (apre al terzo segnalibro): "Ha per caso.." (cita un terzo vino premiato con i Tre Bicchieri).
Enotecaro: "Eh, non e' nemmeno questo a listino".
Cliente: "Va bene.. senta.. che cos'ha che abbia preso i Tre Bicchieri?"
Morale: le guide, in se', non sono il male. E' l'uso che se ne fa, semmai.
Cliente entra in enoteca. Sottobraccio ha la Guida; l'Enotecaro riconosce immediatamente la Guida dal formato vagamente laterizio; e' l'edizione 2005. Dalla Guida escono svariati segnalibri.
Cliente: "Buongiorno..."
Enotecaro: "Salve... posso essere utile..."
Il cliente apre la Guida al primo segnalibro.
Cliente: "Si, ecco, cercavo questo vino.."
Il cliente cita un vino premiato con i Tre Bicchieri sulla Guida.
Enotecaro: "Spiacente, non ce l'ho"
Cliente (apre al secondo segnalibro): "Ah, allora vorrei.." (cita un secondo vino premiato con i Tre Bicchieri).
Enotecaro: "Hmm, spiace.. non ho neppure questo.."
Cliente (apre al terzo segnalibro): "Ha per caso.." (cita un terzo vino premiato con i Tre Bicchieri).
Enotecaro: "Eh, non e' nemmeno questo a listino".
Cliente: "Va bene.. senta.. che cos'ha che abbia preso i Tre Bicchieri?"
Morale: le guide, in se', non sono il male. E' l'uso che se ne fa, semmai.
domenica, giugno 05, 2005
Class is not water.
Nel giro di pochi post, il big boss del Gambero passa da Margaux '53 al Lambrusco di Civ&Civ. Questa capacita' di saltare dal sacro al profano con understatement sembra proprio invidiabile.
Tu quoque, Beppe.
Non si possono sempre dire cose sensate e condivisibili; a volte scappa una corbelleria. Vabbe', non e' il primo, non sara' l'ultimo. Peggio di lui, solo i suoi commentatori.
Sia chiaro che demenzialita' di questo tenore sono una manna. E' un bene che le masse si rotolino nei loro grotteschi luoghi comuni, giacche' lasceranno ai pochi, alle elites, il piacere di capire.
Sia chiaro che demenzialita' di questo tenore sono una manna. E' un bene che le masse si rotolino nei loro grotteschi luoghi comuni, giacche' lasceranno ai pochi, alle elites, il piacere di capire.
venerdì, giugno 03, 2005
Hey, they are French, who gives a dam(n)?
Questo post di Fermentations sui disordini di strada prodotti dai viticoltori francesi e' assai divertente; essendo in inglese, lo riposto (liberamente) tradotto, per chi non pratica l'idioma di Albione.
Attaccare i supermercati fa vendere piu' vino??
I produttori di vino della Francia meridionale stanno nuovamente creando disordini, e distruggendo pubbliche proprieta'. Sono un po' giu', siccome le cose non vanno secondo i loro piani. Le vendite scendono. La produzione sale, le vendite di vini d'importazione salgono. Cosi', naturalmente, hanno scelto di:
- Bruciare scambi ferroviari.
- Demolire vagoni ferroviari.
- Rendere inutilizzabili le vie di comunicazione ferroviarie.
- Compiere atti vandalici in supermercati, buttando giu' dagli scaffali bottiglie di vini d'importazione.
- Distruggere recipienti in una locale distilleria, lasciando correre per strada 13.000 ettolitri di vino cileno.
Che vogliono i viticoltori francesi ribelli? A parte lenire le loro pene con tagli di tasse per favorire il consumo dei loro vini, essenzialmente vogliono che il mondo torni indietro agli anni sessanta, quando il vino francese era il re del mondo.
Questa e' davvero l'essenza del problema francese. I viticoltori francesi semplicemente non si sono adattati ad un mondo nel quale ottimi vini ad ottimi prezzi sono ora prodotti in ogni angolo del globo. Chiaramente si sono adattati i francesi, dal momento che comprano piu' vini australiani, cileni, neozelandesi, ed argentini, e meno francesi.
Sono certo che i viticoltori francesi sanno che devono modificare il modo in cui mettono sul mercato i loro vini. Ma prima, vogliono l'aiuto finanziario per attraversare questa crisi.
Si rendono pure conto che debbono drasticamente migliorare il livello dei loro vini base? Di questo ne dubito.
E alla fine di questo, merita tradurre pure un commento al post:
Hey, sono fracesi, chi se ne frega? Non son degni nemmeno dello sforzo di preoccuparmi per loro. Non si meritano niente.
Attaccare i supermercati fa vendere piu' vino??
I produttori di vino della Francia meridionale stanno nuovamente creando disordini, e distruggendo pubbliche proprieta'. Sono un po' giu', siccome le cose non vanno secondo i loro piani. Le vendite scendono. La produzione sale, le vendite di vini d'importazione salgono. Cosi', naturalmente, hanno scelto di:
- Bruciare scambi ferroviari.
- Demolire vagoni ferroviari.
- Rendere inutilizzabili le vie di comunicazione ferroviarie.
- Compiere atti vandalici in supermercati, buttando giu' dagli scaffali bottiglie di vini d'importazione.
- Distruggere recipienti in una locale distilleria, lasciando correre per strada 13.000 ettolitri di vino cileno.
Che vogliono i viticoltori francesi ribelli? A parte lenire le loro pene con tagli di tasse per favorire il consumo dei loro vini, essenzialmente vogliono che il mondo torni indietro agli anni sessanta, quando il vino francese era il re del mondo.
Questa e' davvero l'essenza del problema francese. I viticoltori francesi semplicemente non si sono adattati ad un mondo nel quale ottimi vini ad ottimi prezzi sono ora prodotti in ogni angolo del globo. Chiaramente si sono adattati i francesi, dal momento che comprano piu' vini australiani, cileni, neozelandesi, ed argentini, e meno francesi.
Sono certo che i viticoltori francesi sanno che devono modificare il modo in cui mettono sul mercato i loro vini. Ma prima, vogliono l'aiuto finanziario per attraversare questa crisi.
Si rendono pure conto che debbono drasticamente migliorare il livello dei loro vini base? Di questo ne dubito.
E alla fine di questo, merita tradurre pure un commento al post:
Hey, sono fracesi, chi se ne frega? Non son degni nemmeno dello sforzo di preoccuparmi per loro. Non si meritano niente.
Essere inutile.
Succede che uno pensi una cosa, la scriva, e la rilegga, poi decida di non postarla, perche' sembra vagamente polemica, e comunque troppo personale. Poi succede che anche altri ti ci facciano ripensare, e cosi' vai a ripigliarti l'appunto salvato e mai pubblicato, e finalmente lo pubblichi.
Ha ragione Aristide quando scrive che "la dis-intermediazione è il vero fenomeno, autentico, spietato, di questa era. L'abbattimento dei filtri tra produttore e consumatore è in atto in tutti i settori dell'economia. Stanno nascendo nuovi mercati grazie a questo fenomeno. Noi stessi blogger, siamo dei "prosumer" (producer-consumer) di informazione e ci poniamo come alternativa ai media tradizionali. Lo stesso vale per il mercato del vino: domanda e offerta non hanno più bisogno di intermediari antiquati, parassiti, distorsori della dinamica dei prezzi, fagocitatori di valore aggiunto anzichè crearne. Ci occorrono nuove realtà distributive per nuovi canali e nuove forme di vendita. I produttori devono imparare ad usare e creare i nuovi canali, i consumatori devono attrezzarsi per aggirare la piramide della qualità/prezzo impazzita."
Prendete l'enotecaro, per esempio: sta diventando inutile.
Sia chiaro subito questo: non sono polemico. Non e' possibile in nessun modo essere polemici con gli eventi incontrastabili, coi megatrends (perdonatemi l'orribile parola). Sarebbe come inveire contro le nubi durante la pioggia battente, e tu sei senza ombrello; che fai, protesti con gli elementi? Chiediti semmai perche' sei allo scoperto senza nemmeno un impermeabile.
Allo stato attuale dei fatti, la tendenza e' questa, ed abbastanza inarrestabile: il vino di qualita' si compra direttamente dal produttore. In seconda istanza, se si trova, si compra al supermercato. Incidentalmente, infine, presso l'intermediario (enoteca, o quel che e'). Noi (intermediari) piano piano spariremo, o diventeremo altro, saremo riconvertiti, saremo messi in qualche genere di mobilita' da noi stessi. Fino ad allora, sara' bello esserci; ma intanto, prepariamoci. Fino ad allora, dovremo fondare il nostro lavoro su una professionalita' esasperata, e sperare che basti.
Ha ragione Aristide quando scrive che "la dis-intermediazione è il vero fenomeno, autentico, spietato, di questa era. L'abbattimento dei filtri tra produttore e consumatore è in atto in tutti i settori dell'economia. Stanno nascendo nuovi mercati grazie a questo fenomeno. Noi stessi blogger, siamo dei "prosumer" (producer-consumer) di informazione e ci poniamo come alternativa ai media tradizionali. Lo stesso vale per il mercato del vino: domanda e offerta non hanno più bisogno di intermediari antiquati, parassiti, distorsori della dinamica dei prezzi, fagocitatori di valore aggiunto anzichè crearne. Ci occorrono nuove realtà distributive per nuovi canali e nuove forme di vendita. I produttori devono imparare ad usare e creare i nuovi canali, i consumatori devono attrezzarsi per aggirare la piramide della qualità/prezzo impazzita."
Prendete l'enotecaro, per esempio: sta diventando inutile.
Sia chiaro subito questo: non sono polemico. Non e' possibile in nessun modo essere polemici con gli eventi incontrastabili, coi megatrends (perdonatemi l'orribile parola). Sarebbe come inveire contro le nubi durante la pioggia battente, e tu sei senza ombrello; che fai, protesti con gli elementi? Chiediti semmai perche' sei allo scoperto senza nemmeno un impermeabile.
Allo stato attuale dei fatti, la tendenza e' questa, ed abbastanza inarrestabile: il vino di qualita' si compra direttamente dal produttore. In seconda istanza, se si trova, si compra al supermercato. Incidentalmente, infine, presso l'intermediario (enoteca, o quel che e'). Noi (intermediari) piano piano spariremo, o diventeremo altro, saremo riconvertiti, saremo messi in qualche genere di mobilita' da noi stessi. Fino ad allora, sara' bello esserci; ma intanto, prepariamoci. Fino ad allora, dovremo fondare il nostro lavoro su una professionalita' esasperata, e sperare che basti.
mercoledì, giugno 01, 2005
Altro che biometria.
Da Punto Informatico di oggi: sei ubriaco? L'auto non parte.
"Si tratta di un rivestimento speciale applicato al volante dell'automezzo: a contatto con le mani del conducente, un microetilometro stabilisce se bloccare oppure fare avviare la vettura."
Questione di tempo, ci si arrivera'; le variabili possibili sono infinite, sul genere "un sensore avverte che non hai fatto la doccia, non entri in metropolitana". Eccetera, eccetera, eccetera.
"Si tratta di un rivestimento speciale applicato al volante dell'automezzo: a contatto con le mani del conducente, un microetilometro stabilisce se bloccare oppure fare avviare la vettura."
Questione di tempo, ci si arrivera'; le variabili possibili sono infinite, sul genere "un sensore avverte che non hai fatto la doccia, non entri in metropolitana". Eccetera, eccetera, eccetera.
martedì, maggio 31, 2005
Arte ad Ama.
La visita di ieri, al Castello di Ama, oltre a riportarmi nel mio amato Chianti(shire), mi ha messo a contatto con l'eccezionale personalita' di Marco Pallanti, l'enologo di Ama (enologo dell'anno, per la guida del Gambero).
Potrei parlare dei suoi vini, e ci sarebbe davvero assai da dire: solo l'Apparita meriterebbe post chilometrici. Tuttavia, quello che mi rimane piu' impresso oggi e' stato il discorso intorno all'arte che Pallanti ci ha fatto, mentre raccontava la genesi della presenza di molte opere d'arte (moderna) ad Ama, nel borgo, presso le vigne, e pure nelle cantine.
Pallanti vive a Firenze, una citta' piena di arte; e' pero' un'arte risalente, e lui quasi lamenta che oggi pochi facciano quello che molti hanno fatto nel passato, cioe' aprire gli spazi quotidiani di vita e lavoro alle "installazioni" dell'arte contemporanea; se questo accade, a detta di Marco, si ottiene (tra l'altro) di "fecondare" il mondo attorno a se' con semi di cui godranno le generazioni a venire.
Ho sempre avuto qualche perplessita' assistendo ad operazioni del genere "arte in vigna"; le suggestive motivazioni portate da Marco Pallanti mi fanno vedere la cosa, oggi, con una prospettiva del tutto diversa.
Qui potete leggere un'interessante intervista a Marco, dal sito del Castello di Ama.
Qui maggiori approfondimenti sulle opere d'arte moderna presenti al Castello.
mercoledì, maggio 25, 2005
Lo vuole sparkling o still?
Stamattina, leggendo su it.hobby.vino, mi capita un interessante post sulla London Wine Fair; e, ancora piu' interessante, l'osservazione che fa romanob sulla triste elencazione delle varieta' presenti per nazione: se i francesi ne hanno sedici, quelle italiane si riducono a due: sparkling e still; cioe' con le bollicine, e fermi.
Preferivo il Tetris.
Dal sito cellulari.it, un utile gadget: l'etilometro mobile.
"L'etilometro a portata di telefonino: si chiama Sobriomobile ed è un software utilizzabile per calcolare il proprio stato di ebbrezza. Il software Java J2Me può essere scaricato attraverso connessione wap e installato sul cellulare: dopo aver inserito i propri dati e la quantità di alcol ingerita, il programma calcolerà se si può guidare senza problemi oppure se è meglio lasciare il volante a un amico."
lunedì, maggio 23, 2005
Off Topic 2/Pesce d'Aprile ritardato.
Stamattina la home di Macchianera si presenta modificata. Ma nel codice html si legge, tra l'altro:
"Non me ne voglia Gianluca Neri che me ne dà lo spunto:
ma posso dire che una ricorrenza così sfigata e stupida come il primo aprile - che
istituzionalizza la sovversione: cioè prescrive che ogni anno lo stesso
giorno sia lecito e spiritoso fare un bello scherzone - non credo esista,
nemmeno la festa dei nonni? (Oddio, anche il carnevale se la batte).
Il vero mattacchione colpisce il 23 maggio, a sorpresa."
"Non me ne voglia Gianluca Neri che me ne dà lo spunto:
ma posso dire che una ricorrenza così sfigata e stupida come il primo aprile - che
istituzionalizza la sovversione: cioè prescrive che ogni anno lo stesso
giorno sia lecito e spiritoso fare un bello scherzone - non credo esista,
nemmeno la festa dei nonni? (Oddio, anche il carnevale se la batte).
Il vero mattacchione colpisce il 23 maggio, a sorpresa."
sabato, maggio 21, 2005
Assaggiare con lentezza.
Il bravo assaggiatore, che ha frequentato corsi e seminari, sa che si assaggia con lentezza. Cioe' a dire, sa che la valutazione del vino nel bicchiere si deve protrarre per un tempo spesso non breve, molti minuti, ma talvolta decine di minuti, mezz'ora. Questo, per dare il tempo alla creatura nel bicchiere di liberarsi del fardello di sensazioni olfattive 'chiuse', da bottiglia, ed aprirsi conseguentemente con i minuti che passano, alla percezione olfattiva dell'assaggiatore.
Bene, tutto vero. Io, benche' mi atteggi a bravo assaggiatore, sono afflitto da assaggio precox, e devo dare un giudizio del vino appena aperto dopo nemmeno un minuto. Non so che cosa sia, e' una maledizione, e' piu' forte di me, e non riesco a smettere di cascare in questo errore abbastanza madornale. Lo so e lo dico, nel tentativo di autoesorcizzarmi, si sa mai che la smetta prima o poi.
Comunque, cronaca di ierisera: a casa, finita la giornata, relax.
Ultimamente ho aumentato le frequentazioni con i produttori bio, parolina che dice poco ma che dovrebbe far capire al colto e all'inclita un po' di dettagli produttivi: nessun utilizzo di chimica in vigna, niente lieviti selezionati, rigoroso rispetto del territorio. Mi capita di assaggiarne parecchi, ultimamente, e la stragrande maggioranza non mi conquista. Tuttavia, quando trovo cose come il rosso di ierisera, credo di aver trovato la quadratura del cerchio; parlo di Feudo Felice 2002, il Nero d'Avola affinato da Caiarossa.
Assaggiato tempo fa, e innamorato. Riassaggiato ieri sera. E naturalmente, e' piu' forte di me, appena stappato affondo il naso nel bicchiere; e che esce fuori? Un ridotto spaventevole, puzze di stalla (ma poco arieggiata), sentori animali feroci.
Oh, no, mi dico. Ma come ho fatto a sbagliarmi cosi' quando l'ho assaggiato la prima volta.. ecco, naturalmente ci sono nel mezzo, un bell'attacco di assaggio precox, ma tant'e', ho gia' stilato la sentenza: puzze da ossidoriduzione.
Pazienza. Nella mente dell'assaggiatore che e' pure bottegaio passano svariati pensieri, del tipo "e adesso questo a chi lo vendo" che, mi rendo conto, non sono tanto nobili; medito e rimedito su quanto ci sia di ridotto e quanto ci sia di bio in tutto cio'. Passano i minuti, passono le mezz'ore, continuo ad aggirarmi per casa con il mio calice mezzo vuoto, continuando le rotazioni e le olfazioni; moglie e figlio ti guardano perplessi, ma ormai nemmeno loro ci fanno piu' caso.
Ad un'ora dall'apertura del vino, capisco di esserci cascato un'altra volta.
Nel bicchiere escono fuori sensazioni spiazzanti, ma spettacolari; il ridotto lascia il posto a profumi di cacao molto amaro, un fondente nobilissimo; e' una lama sottile e precisa, che taglia via ogni nota spiacevole per far emergere un corredo di aromi davvero notevoli. Insomma, ad un'ora e mezza dall'apertura, mi sto divertendo a riconoscere le sensazioni aromatiche piu' articolate possibili.
A questo punto potrei pure chiudere qui, risparmiandovi la descrizione tecnica dell'assaggio. Tuttavia questo post sembra destinato ad essere prolisso come i tempi ideali d'assaggio di Feudo Felice. E siccome la Rete e' grande, vi incollo qui il lavoro gia' fatto da altri.
Disclaimer: si tratta di una lettura di quelle che attirano sugli assaggiatori i frizzi e i lazzi di chi ci prende per storditi, data la terminologia usata. Non e' Maroni, ma ci siamo vicini; una cosa che Massimo Bernardi catalogherebbe, che so, come il fumo fa male, ma che a me sembra perfetta e perfettamente descrittiva del mio assaggio; ecco a voi:
"Non tanto e non solo per quel rubino spesso, di bella naturalezza e densità, con il quale ti si para davanti, quanto per il naso umorale, sferzante, sgranato, genuino, bellamente spigoloso, artigiano che ne intuisci la forza comunicativa e la diversità. Ti accorgi subito che c'è qualcosa di particolare in lui, di non scontato, di irrimediabilmente attraente. Nel frattempo, alla prim'ora, sono note di amarene, terra e nocciola a variegare il quadro selvaggio della sua appartenenza mediterranea. Il dinamismo e la capacità di cangiare fanno il resto, via via che prende aria: solo respirando quel quadro si placa e si distende su umori più fragranti e sentimentali di ribes rosso, mirtillo, erbe aromatiche, capperi, eucalipto e sottobosco, ed in loro nome si fa più armonico, modulato e struggente.
Ma ancor di più al palato strappa oggi i sogni ai sognatori: per la grande articolazione e la dolcezza, la spinta e la vibrazione. Su trame alcoliche d'erbe selvatiche, emana un calor buono di amichevole tepore. Eppure non una ridondanza, non un appesantimento nei paraggi. Si acquieta malvolentieri e solo più tardi su un mare tannico felpato, carezzevole e rinfrescante. Non fa della finezza la sua bandiera, questo no, ma ben oltre veleggiano la sua autenticità, la sua trasparenza, la sua veracità. Con questi attributi, e con tanta generosità, si concede ai suoi amanti, ponendo il sigillo su un probabile, radioso futuro da nero d'Avola finalmente figlio della propria terra. Una "ventata liquida" di sicilianità..."
mercoledì, maggio 18, 2005
lunedì, maggio 16, 2005
Mo' t'ho capito.
Capita che assaggi per anni i vini di un produttore, e non ti fai un'idea chiara sulla sua filosofia aziendale (sopportate, le aziende possono avere una filosofia). Non ti convinci del tutto se il produttore, ed i suoi prodotti, ti piacciono o no.
Esempio: Castello di Fonterutoli. Ci sarebbero svariati motivi per farselo piacere: basterebbe visitare quel borgo, per contrarre quel mal di Toscana che, forse, assomiglia al mal d'Africa in scala e che mi porto dietro da sempre. Alcuni vini del Castello, come alcune annate '90 di Ser Lapo, il loro Chianti Riserva, o del Siepi, tipico supertuscan, dovrebbero farmi decidere in fretta: si, mi piace.
Poi capita pure di assaggiare prodotti piccoli decisamente commerciali, della stessa azienda, in cui non capisci bene che c'entra, che roba e', perche' lo fai, insomma. Vini piccoli e meno in linea con le aspettative che il produttore innesca (e qui lo so, se ho delle aspettative ci sta pure che son io a sbagliarmi, pazienza).
Insomma, passano gli anni e tu assaggi, assaggi, e non hai ancora deciso se e' amore o no.
Poi arriva un bel giorno, e leggi una notizia come questa, ripresa pure su questo interessante thread dal forum del Gambero: dove leggi che il big boss di Fonterutoli afferma, tra l'altro: "il disciplinare dovrà cambiare con l'inserimento di qualche altro vitigno a maturazione veloce, con particolare attenzione verso alcuni siciliani e un vitigno sperimentale che fino a ora si è rilevato ottimo in Maremma".
Vitigni siciliani nel disciplinare del Chianti. E arrivi alla conclusione: ho capito, non mi piace.
Esempio: Castello di Fonterutoli. Ci sarebbero svariati motivi per farselo piacere: basterebbe visitare quel borgo, per contrarre quel mal di Toscana che, forse, assomiglia al mal d'Africa in scala e che mi porto dietro da sempre. Alcuni vini del Castello, come alcune annate '90 di Ser Lapo, il loro Chianti Riserva, o del Siepi, tipico supertuscan, dovrebbero farmi decidere in fretta: si, mi piace.
Poi capita pure di assaggiare prodotti piccoli decisamente commerciali, della stessa azienda, in cui non capisci bene che c'entra, che roba e', perche' lo fai, insomma. Vini piccoli e meno in linea con le aspettative che il produttore innesca (e qui lo so, se ho delle aspettative ci sta pure che son io a sbagliarmi, pazienza).
Insomma, passano gli anni e tu assaggi, assaggi, e non hai ancora deciso se e' amore o no.
Poi arriva un bel giorno, e leggi una notizia come questa, ripresa pure su questo interessante thread dal forum del Gambero: dove leggi che il big boss di Fonterutoli afferma, tra l'altro: "il disciplinare dovrà cambiare con l'inserimento di qualche altro vitigno a maturazione veloce, con particolare attenzione verso alcuni siciliani e un vitigno sperimentale che fino a ora si è rilevato ottimo in Maremma".
Vitigni siciliani nel disciplinare del Chianti. E arrivi alla conclusione: ho capito, non mi piace.
martedì, maggio 10, 2005
Oh, mamma.
Mio padre mi ha allevato secondo il noto principio "se non puoi dire qualcosa di gentile, non dire niente". Questo lodevole principio non si adatta benissimo al blogger, ogni qual volta trova qualcosa che non gli piace e vorrebbe bloggarlo ai quattro venti. Cosi', dopo un po' di giorni in cui mi son rigirato tra le dita l'ultimo numero di Panorama (la versione online non riporta l'articolo, vi tocca comprarlo), ho deciso di contravvenire al principio.
Mario Giordano, direttore del Tg di Italia 1, per fustigare l'indigestione catodica che parla di cucina e cibo, afferma (tra l'altro) cose sul genere preferisco la cucina della mamma. Questo e' un caso classico nel quale si potrebbe pure convenire sulle premesse, ma le conclusioni lasciano alquanto perplessi. Il problema non deriva dal fatto che la cucina e' una moda (e che male c'e', tra l'altro), ma riguarda altri aspetti di questo atteggiamento mentale.
Innanzitutto: la cucina della mamma va benissimo; vi piace? bene, buon appetito. In fondo non c'e' nulla di male a non desiderare di conoscere, di apprendere, di allargare le porte della percezione (ammesso che le abbiate gia' aperte). Il problema nasce quando si esibisce la banalizzazione, e la si usa come un manifesto contro quanti (io, per esempio) amano quel genere di cucina complicata e ritualizzata, estrema, di ricerca eccetera eccetera che sembra essere cosi' detestabile per i Giordano-pensanti. Quindi, facciamo un esercizio di conciliazione. Voi tenetevi la cucina della mamma, ma non venite a dirmi che, siccome io invidio gli amici che gia' son stati da Ferrán Adriá, c'e' in me qualcosa di sbagliato. Perche', scusatemi, a me questa cosa del gusto, l'approfondimento delle percezioni sensoriali, la ricerca e la sperimentazione, tutte quelle robe li' insomma, mi piacciono assai. Insomma, cosa mi irrita di quell'articolo? Mi irrita il fatto che uno non si limiti a dichiararsi incompetente, ma lo elevi a metodo.
Ah, per concludere facendo sorridere chi legge: io son tra quelli che si irritano pure quando vedono Albanese che scimmiotta l'assaggiatore.
Ahime'.
martedì, maggio 03, 2005
Off Topic.
Sulla fantasmagorica vicenda del blog di Gianluca Neri, il file Pdf 'censurato', e le reazioni della stampa ufficiale, mi riconosco in quanto scrive Massimo Mantellini, e specialmente in questo: "molta stampa ... non riesce a comprendere che oggi l'informazione viaggia a velocita' molto superiori alla capacita' di controllo di chiunque".
venerdì, aprile 29, 2005
Omero era (tra l'altro) sommelier.
Dall'Odissea: "... Allora io mi feci avanti. Andai vicino al Ciclope, gli parlavo, tenendo fra le mani una ciotola colma di vino nero. Dicevo "Ciclope, to', bevi vino ora che hai mangiato carni d'uomo. Così saprai che sorta di bevanda è questa che la nave nostra teneva in serbo."
Questo attacco di cultura citazionista deriva da questa piacevole pagina dal sito del Teatro del Vino.
Questo attacco di cultura citazionista deriva da questa piacevole pagina dal sito del Teatro del Vino.
giovedì, aprile 28, 2005
Non si smette mai di imparare.
Ogni giorno una nuova; per esempio questa: l'indicazione geografica tipica (IGT) "Veneto" qualifica vini pregiati.
lunedì, aprile 25, 2005
Tutto scorre.
Alcuni professionisti del vino si danno un compito immane: compilare le guide.
I migliori tra noi (assaggiatori) si dannano l'anima nell'ingrato lavoro di cristallizzare nelle immutabili pagine di un libro qualcosa che diviene inarrestabile, come una bottiglia di vino. Non c'e' ironia in quel che dico, son serio: il tentativo di fissare la qualita' in un punteggio o in una scheda descrittiva, che dovrebbe permanere qualificante di un vino, mi e' sempre sembrato sovrumano; il motivo? Perche' il vino e' vivo, diviene, e muta in quella bottiglia.
Mi e' successo un'infinita' di volte, di aprire un certo vino a piu' riprese: appena arrivato in enoteca, dopo un anno, dopo due.. per lo piu' la valutazione permaneva abbastanza univoca, ma capitavano pure le sorprese, nel bene e nel male: quel certo barolo evolveva troppo in fretta, quel chianti durissimo da giovane trovava l'eleganza con la maturita', cose cosi'. Ogni volta il giudizio si assestava sulla situazione contingente, senza la pretesa (sovrumana, davvero) di fissarsi per l'eternita'.
Sia chiaro, questa cosa non e' gran che divertente: a me piacerebbe molto riuscire a fotografare l'attimo fuggente e potermelo rigirare tra le dita ogni volta che mi serve, e tenerlo catalogato in archivio. Se questo puo' funzionare, in una guida, per la maggioranza dei vini recensiti, sfortunatamente non vale per tutti, e ogni tanto capita che la nostra difficolta' di bloccare il tutto che scorre ci fa qualche brutto scherzo.
Prendiamo per esempio quel che racconta qui il Franco Tiratore: lo Sforzato di Negri che, da trebicchierato e vino dell'anno per quelli del Gambero e Slow Food, esce malconcio da un paio di comparate. Io temo che la verita' permane non del tutto conoscibile, o perlomeno catalogabile, in questo ambito e pure in molti altri (ma questo e' un discorso differente). L'alternativa sarebbe pensare che gli assaggiatori del Gambero siano incompetenti, o peggio, in mala fede.
I migliori tra noi (assaggiatori) si dannano l'anima nell'ingrato lavoro di cristallizzare nelle immutabili pagine di un libro qualcosa che diviene inarrestabile, come una bottiglia di vino. Non c'e' ironia in quel che dico, son serio: il tentativo di fissare la qualita' in un punteggio o in una scheda descrittiva, che dovrebbe permanere qualificante di un vino, mi e' sempre sembrato sovrumano; il motivo? Perche' il vino e' vivo, diviene, e muta in quella bottiglia.
Mi e' successo un'infinita' di volte, di aprire un certo vino a piu' riprese: appena arrivato in enoteca, dopo un anno, dopo due.. per lo piu' la valutazione permaneva abbastanza univoca, ma capitavano pure le sorprese, nel bene e nel male: quel certo barolo evolveva troppo in fretta, quel chianti durissimo da giovane trovava l'eleganza con la maturita', cose cosi'. Ogni volta il giudizio si assestava sulla situazione contingente, senza la pretesa (sovrumana, davvero) di fissarsi per l'eternita'.
Sia chiaro, questa cosa non e' gran che divertente: a me piacerebbe molto riuscire a fotografare l'attimo fuggente e potermelo rigirare tra le dita ogni volta che mi serve, e tenerlo catalogato in archivio. Se questo puo' funzionare, in una guida, per la maggioranza dei vini recensiti, sfortunatamente non vale per tutti, e ogni tanto capita che la nostra difficolta' di bloccare il tutto che scorre ci fa qualche brutto scherzo.
Prendiamo per esempio quel che racconta qui il Franco Tiratore: lo Sforzato di Negri che, da trebicchierato e vino dell'anno per quelli del Gambero e Slow Food, esce malconcio da un paio di comparate. Io temo che la verita' permane non del tutto conoscibile, o perlomeno catalogabile, in questo ambito e pure in molti altri (ma questo e' un discorso differente). L'alternativa sarebbe pensare che gli assaggiatori del Gambero siano incompetenti, o peggio, in mala fede.
venerdì, aprile 22, 2005
Sassicaia alle stelle.
Si sperimenta la crescita della vitis vinifera nello spazio, usando barbatelle di Sassicaia: sulle prossime colonie su Marte berremo supertuscans.
lunedì, aprile 18, 2005
Una cattiva notizia, ed una buona/2.
Visto che quelli di Globe And Mail richiedono la registrazione, incollo qui un passaggio particolarmante comico.
"When customers call the company, they are assured that the product is completely Canadian. Its managers boast that "two Canadian experts" are supervising the production process, although they acknowledge that "some Chinese water" is used in the process."
Traduzione: quando i clienti chiamano l'azienda (l'azienda cinese falsaria, ndr), quelli assicurano che il prodotto e' completamente canadese. I loro dirigenti si vantano del fatto che "due esperti canadesi" supervisionano il processo produttivo, e tuttavia riconoscono che nel processo si fa uso di "un po' di acqua cinese".
"When customers call the company, they are assured that the product is completely Canadian. Its managers boast that "two Canadian experts" are supervising the production process, although they acknowledge that "some Chinese water" is used in the process."
Traduzione: quando i clienti chiamano l'azienda (l'azienda cinese falsaria, ndr), quelli assicurano che il prodotto e' completamente canadese. I loro dirigenti si vantano del fatto che "due esperti canadesi" supervisionano il processo produttivo, e tuttavia riconoscono che nel processo si fa uso di "un po' di acqua cinese".
Una cattiva notizia, ed una buona.
La cattiva notizia: i cinesi, stanchi di piratare i prodotti Microsoft, si son messi a piratare il vino: cioe' a dire, stanno immettendo sul loro mercato etichette false autoprodotte.
La buona notizia: le etichette cinesi di vini fasulli son zeppe di errori geografici; e, buon peso, stanno concentrando i loro sforzi a falsificare gli ice wines canadesi (ha!).
Via Vinography, che cita questo.
La buona notizia: le etichette cinesi di vini fasulli son zeppe di errori geografici; e, buon peso, stanno concentrando i loro sforzi a falsificare gli ice wines canadesi (ha!).
Via Vinography, che cita questo.
lunedì, aprile 11, 2005
And the winner is...
Alla fine del Vinitaly, assegniamo il premio allo stand piu' antipatico? Massi'. Come sanno bene i detrattori della fiera, esistono alcuni espositori che fanno i preziosi. In sostanza, non ti danno accesso allo stand, ne' ti fanno assaggiare i vini che hanno in produzione. Chiaramente, il lettore non addentro alle sacre cose di questo mirabile mondo puo' lecitamente chiedersi: e che diamine ci vai a fare ad una fiera vinicola, se non per fare assaggiare i tuoi vini? Le cose, tuttavia, non son cosi' semplici.
Il fatto e' che alcuni di costoro, baciati da sacro successo, si danno una forma di classifica: i vini li assaggiano gli importatori, e/o i clienti piu' danarosi, quelli che ci hanno deliziato con i fatturati piu' voluminosi. Probabilmente avrete sentito dire che il denaro e' misura di tutto; questi fatterelli sono certamente ispiratori di affermazioni simili.
Comunque, ecco la motivazione della premiazione. Sabato mattina, allo stand del nostro produttore, campeggia il cartello: si riceve solo su appuntamento.
Io non sono da solo, ma in compagnia di una collega enotecara: ergo, due clienti al prezzo di uno, avrebbe potuto pensare l'addetto commerciale che ci riceve; e invece no, quello ci comunica che il patron avrebbe libero un appuntamento lunedi' pomeriggio. Facciamo notare che noidue, lunedi', saremmo di ritorno a casa; si prosegue con vari tentativi che culminano in un suo "quando passa in cantina ci venga a trovare, cosi' avremo tempo" (la cantina in questione sarebbe a Montalcino).
Vabbe'. Il tizio passa tre minuti buoni a dirci "levatevi dalle scatole" quando in meta' tempo ci poteva far avere un'idea di quel che produce.
E cosi', il premio allo Stand Antipatico 2005 va a (rullo di tamburi) Case Basse Soldera. Complimenti.
Il fatto e' che alcuni di costoro, baciati da sacro successo, si danno una forma di classifica: i vini li assaggiano gli importatori, e/o i clienti piu' danarosi, quelli che ci hanno deliziato con i fatturati piu' voluminosi. Probabilmente avrete sentito dire che il denaro e' misura di tutto; questi fatterelli sono certamente ispiratori di affermazioni simili.
Comunque, ecco la motivazione della premiazione. Sabato mattina, allo stand del nostro produttore, campeggia il cartello: si riceve solo su appuntamento.
Io non sono da solo, ma in compagnia di una collega enotecara: ergo, due clienti al prezzo di uno, avrebbe potuto pensare l'addetto commerciale che ci riceve; e invece no, quello ci comunica che il patron avrebbe libero un appuntamento lunedi' pomeriggio. Facciamo notare che noidue, lunedi', saremmo di ritorno a casa; si prosegue con vari tentativi che culminano in un suo "quando passa in cantina ci venga a trovare, cosi' avremo tempo" (la cantina in questione sarebbe a Montalcino).
Vabbe'. Il tizio passa tre minuti buoni a dirci "levatevi dalle scatole" quando in meta' tempo ci poteva far avere un'idea di quel che produce.
E cosi', il premio allo Stand Antipatico 2005 va a (rullo di tamburi) Case Basse Soldera. Complimenti.
Veni Vidi Vini Veri.
La Domenica della trasferta veronese l'ho dedicata a Vini Veri, la controfiera dei vini naturali. Ed ecco a voi una scena, tratta dalla location.
Personaggi: l'Assaggiatore Anziano, Il Giovane Curioso, l'Addetto Commerciale ed io.
Dove: al tavolo di Paolo Bea, produttore di Sagrantino di Montefalco.
L'Assaggiatore Anziano: "...ecco, e' questo, cosi' e' il vero Sagrantino... nel rispetto del territorio..."
Il Giovane Curioso: (rivolgendosi all'Addetto Commerciale) "...odore strano... si sente come uno strano odore..."
l'Addetto Commerciale: "Strano? Che strano? Che intende per strano, che vuol dire strano?"
Il Giovane Curioso: (guardando me, quasi sottovoce) "...un problema alle botti forse... poco pulite."
L'Assaggiatore Anziano: (guardando me, quasi declamando ad alta voce) "...ecco, si, questo e' un grande vino, del territorio!"
Io: (rivolgendomi a tutti e tre) "Va bene, grazie, buona continuazione."
Certo, avrei potuto dirlo, al Giovane Curioso: hai ragione, queste sono puzze. Ma poi avrei dovuto affrontare l'Assaggiatore Anziano, e poche cose mi annoiano di piu' di questa guerra di religione che sta montando tra vini veri e vini non(?)veri.
Comunque: quel sagrantino era in fase riduttiva spietata, quindi pollice verso. E a Villa Favorita ho assaggiato due produttori italiani davvero notevoli. Due, su venti.
Personaggi: l'Assaggiatore Anziano, Il Giovane Curioso, l'Addetto Commerciale ed io.
Dove: al tavolo di Paolo Bea, produttore di Sagrantino di Montefalco.
L'Assaggiatore Anziano: "...ecco, e' questo, cosi' e' il vero Sagrantino... nel rispetto del territorio..."
Il Giovane Curioso: (rivolgendosi all'Addetto Commerciale) "...odore strano... si sente come uno strano odore..."
l'Addetto Commerciale: "Strano? Che strano? Che intende per strano, che vuol dire strano?"
Il Giovane Curioso: (guardando me, quasi sottovoce) "...un problema alle botti forse... poco pulite."
L'Assaggiatore Anziano: (guardando me, quasi declamando ad alta voce) "...ecco, si, questo e' un grande vino, del territorio!"
Io: (rivolgendomi a tutti e tre) "Va bene, grazie, buona continuazione."
Certo, avrei potuto dirlo, al Giovane Curioso: hai ragione, queste sono puzze. Ma poi avrei dovuto affrontare l'Assaggiatore Anziano, e poche cose mi annoiano di piu' di questa guerra di religione che sta montando tra vini veri e vini non(?)veri.
Comunque: quel sagrantino era in fase riduttiva spietata, quindi pollice verso. E a Villa Favorita ho assaggiato due produttori italiani davvero notevoli. Due, su venti.
sabato, aprile 09, 2005
Depressioni da Vinitaly.
1) Il Merlot di Josetta Saffirio, buonissimo, è esaurito. 2) Ripiove. 3) Il gprs di Vodafone, qui, fa rimpiangere i modem a 14.4.
giovedì, aprile 07, 2005
Foglia di pomodoro?
Molti assaggi, ma uno su tutti: lo spettacolare Sauvignon di Ronco Delle Betulle, con un possente naso varietale, la tipica foglia di pomodoro - ma io preferisco dire pipi' di gatto.
martedì, aprile 05, 2005
Far danni a Vinitaly (con uno smartphone).
Pure quest'anno per Vinitaly chiudo i battenti, e per quattro giorni mi aggiro per la fiera veronese. Se leggete un po' in giro, su forum e blog vari, la fiera e' considerata, quasi dappertutto, un po' in ribasso, sicuramente caotica, sicuramente non completamente rappresentativa della variegata realta' etc etc, sicuramente era meglio ai miei tempi e via cosi'.
Il fatto e' che e' quasi tutto vero. Tuttavia, per me la fiera resta una specie di rito, un luogo dove trovo spesso qualcosa di interessante; tra assaggi, chiacchiere, dibattiti e presentazioni ho la piacevole possibilita' di guardare negli occhi chi produce, e la mia funzione di mercante ha un senso. E, confesso, e' pure una piccola vacanza.
E siccome la funzione del mercante si interseca con quella del cyberbottegaio, quest'anno mi divertiro' a caricar foto in tempo reale sulla mia amata galleria su Flickr; insomma, non cambiate canale, e arrivederci.
venerdì, aprile 01, 2005
La teoria dell'abbinamento sociale.
Ogni tanto capita. Ieri in enoteca un cliente si lagnava dell'infortunio che gli e' capitato: porta a casa di amici una bottiglia di un grande champagne, e quelli si ostinano ad aprirla col dessert (pasticceria). E' abbastanza seccante: sai bene che l'abbinamento e' alquanto sbagliato, ma, quel che e' peggio, gli amici in questione si dimostrano del tutto insensibili al livello dello champagne; insisti, dici che e' meglio berla in apertura, o magari a tutto pasto, ma quelli niente. Poi, una volta aperta, nessun commento favorevole, ed il livello stellare di quelle bollicine passa inosservato. Sconfortante, no?
Chi ha durato la fatica di frequentare i tre livelli AIS conosce, discretamente, la tecnica di abbinamento cibo/vino. Non conosce, tuttavia, la regola dell'abbinamento sociale: mai aprire bottiglie che sovrastano la competenza, intesa come capacita' critica, dei commensali.
In questi casi, come sempre, va precisato che non c'e' nulla di male ad essere enoicamente incompetenti; e la legge ancora non prevede l'obbligatorieta' della conoscenza approfondita dei vini in generale; quindi, per rispetto nei confronti di tutti (anche di chi conosce), io consiglio di abbinare socialmente i vini che si aprono, in ragione di variabili come, per esempio, la capacita' di apprezzare bottiglie grandi e/o grandissime da parte degli eventuali partecipanti alla libagione.
Nel caso citato nell'esempio, il nostro sconfortato amico poteva far meglio portando una bottiglia di prosecco; con notevole risparmio, e non e' poca cosa.
La bottiglia di champagne, semmai, poteva abbinarla (socialmente) ad un gruppo di amici piu' ricettivi.
Chi ha durato la fatica di frequentare i tre livelli AIS conosce, discretamente, la tecnica di abbinamento cibo/vino. Non conosce, tuttavia, la regola dell'abbinamento sociale: mai aprire bottiglie che sovrastano la competenza, intesa come capacita' critica, dei commensali.
In questi casi, come sempre, va precisato che non c'e' nulla di male ad essere enoicamente incompetenti; e la legge ancora non prevede l'obbligatorieta' della conoscenza approfondita dei vini in generale; quindi, per rispetto nei confronti di tutti (anche di chi conosce), io consiglio di abbinare socialmente i vini che si aprono, in ragione di variabili come, per esempio, la capacita' di apprezzare bottiglie grandi e/o grandissime da parte degli eventuali partecipanti alla libagione.
Nel caso citato nell'esempio, il nostro sconfortato amico poteva far meglio portando una bottiglia di prosecco; con notevole risparmio, e non e' poca cosa.
La bottiglia di champagne, semmai, poteva abbinarla (socialmente) ad un gruppo di amici piu' ricettivi.
lunedì, marzo 28, 2005
La massa e le elites.
Ha ragione il big boss del Gambero ad indignarsi sulla comparsata (l'ennesima) di Vissani a Domenica In. Ma che ci si puo' fare?
Tempo fa leggevo un dato Nielsen secondo il quale solo il 20% dei consumatori acquistano vini di qualita'; confermava un dato da me solo percepito, che ripetevo e ripeto spesso: noi addetti ai lavori 'specializzati' lavoriamo per una schiacciante minoranza dei consumatori.
Dovremmo rassegnarci: la qualita' per le masse, per la maggioranza, e' un mito irraggiungibile, o peggio, e' una bugia. Lo so che questo elitarismo del pensiero e' irritante, ma mi piacerebbe essere smentito: in un ambito commerciale dove i pezzi disponibili sono (a seconda del produttore) poche migliaia di unita', che senso ha dire che le masse (milioni di individui) sono i destinatari di tale qualita'?
E, al di la' del dato aritmetico, che educazione hanno le masse? La dura realta' e' che le masse ricevono (per esempio) l'educazione alla ristorazione di qualita' da Domenica In; tantovale rassegnarsi al dato ineluttabile: le masse possono, se gli va bene, trovare qualcosa di Zonin o Antinori al supermercato. E glissiamo sul discorso prezzo/qualita'.
Ci sono aspetti affascinanti in tutto questo. forse, il piu' curioso e' che si devono smentire, una volta per tutte, le equazioni speculari ricchi=consumatori di qualita' e poveri=consumatori acritici. Fatto salvo il dato che solo una ristretta elite consuma qualita', curiosamente questa ristretta elite non coincide, non automaticamente, col numero delle persone abbienti.
Capita ogni giorno, in enoteca, di vedere lavoratori interinali che scelgono cose elitarie. Oppure proprietari di barche (lavoro vicino ad un piccolo porto per yacht) che mi chiedono il Tavernello in brick (si stiva meglio nelle barche, ho appreso). Che dire; il primo pensiero e': ma che senso ha spendere decine di migliaia di euro in una barca (non so esattamente quanto costi una barca, dal che si dovrebbe capire che non ne ho) quando poi compri una roba che, in questa sede, mi rifiuto di qualificare? I ricchi non sono l'elite.
Pero' le elite ci sono, sono le persone che hanno un approccio critico con quello che consumano e, immagino, con quasi tutti gli aspetti della loro esistenza.
Da ultimo, bisogna dire che la mia tesi ha almeno un aspetto negativo: le minoranze schiaccianti non possono, fatalmente, sviluppare grandi fatturati. Se questo e' seccante, e' pure uno spunto per immaginare perche' non c'e' interesse per le elites.
Tempo fa leggevo un dato Nielsen secondo il quale solo il 20% dei consumatori acquistano vini di qualita'; confermava un dato da me solo percepito, che ripetevo e ripeto spesso: noi addetti ai lavori 'specializzati' lavoriamo per una schiacciante minoranza dei consumatori.
Dovremmo rassegnarci: la qualita' per le masse, per la maggioranza, e' un mito irraggiungibile, o peggio, e' una bugia. Lo so che questo elitarismo del pensiero e' irritante, ma mi piacerebbe essere smentito: in un ambito commerciale dove i pezzi disponibili sono (a seconda del produttore) poche migliaia di unita', che senso ha dire che le masse (milioni di individui) sono i destinatari di tale qualita'?
E, al di la' del dato aritmetico, che educazione hanno le masse? La dura realta' e' che le masse ricevono (per esempio) l'educazione alla ristorazione di qualita' da Domenica In; tantovale rassegnarsi al dato ineluttabile: le masse possono, se gli va bene, trovare qualcosa di Zonin o Antinori al supermercato. E glissiamo sul discorso prezzo/qualita'.
Ci sono aspetti affascinanti in tutto questo. forse, il piu' curioso e' che si devono smentire, una volta per tutte, le equazioni speculari ricchi=consumatori di qualita' e poveri=consumatori acritici. Fatto salvo il dato che solo una ristretta elite consuma qualita', curiosamente questa ristretta elite non coincide, non automaticamente, col numero delle persone abbienti.
Capita ogni giorno, in enoteca, di vedere lavoratori interinali che scelgono cose elitarie. Oppure proprietari di barche (lavoro vicino ad un piccolo porto per yacht) che mi chiedono il Tavernello in brick (si stiva meglio nelle barche, ho appreso). Che dire; il primo pensiero e': ma che senso ha spendere decine di migliaia di euro in una barca (non so esattamente quanto costi una barca, dal che si dovrebbe capire che non ne ho) quando poi compri una roba che, in questa sede, mi rifiuto di qualificare? I ricchi non sono l'elite.
Pero' le elite ci sono, sono le persone che hanno un approccio critico con quello che consumano e, immagino, con quasi tutti gli aspetti della loro esistenza.
Da ultimo, bisogna dire che la mia tesi ha almeno un aspetto negativo: le minoranze schiaccianti non possono, fatalmente, sviluppare grandi fatturati. Se questo e' seccante, e' pure uno spunto per immaginare perche' non c'e' interesse per le elites.
venerdì, marzo 25, 2005
Nomen omen.
Certe notizie le vieni a scoprire nel modo piu' imprevedibile: per esempio, leggendo Vinography stamattina vieni a sapere dell'iniziativa della Cantina della Casa Circondariale di Velletri: i detenuti lavorano alla produzione di vini di qualita'. E come si chiama il loro vino? Fuggiasco.
martedì, marzo 15, 2005
Sideways e dintorni.
La visione di Sideways suggerisce infiniti spunti per un commento favorevole. Pero' preferisco un piccolo estratto, che da solo e' un commento.
Maya: Che gemme hai nella tua collezione?
Miles: Ah, non la definirei una vera collezione... no... come dire... e' una piccola esposizione da salotto. Non ho mai avuto il portafoglio per farla, vivo di bottiglia in bottiglia. Si, ho delle cose che conservo... la mia star e' senz'altro uno Cheval Blanc del '61.
Maya: Hai uno Cheval Blanc del '61 a casa tua!?
Miles: Si... a casa.
Maya: Vallo a prendere. Dico sul serio: corri!
Miles: (ride) si... ok... ora vado...
Maya: Pare che i '61 siano al top adesso, o almeno cosi' ho letto.
Miles: Si, hai ragione, si.
Maya: Forse e' gia' troppo tardi. Che aspetti.
Miles: Eh... non lo so. Forse un momento speciale con la persona adatta. Volevo berlo al decimo anniversario di matrimonio, ma...
Maya: Secondo me, aprire uno Cheval Blanc del '61, quello e' il momento speciale.
Miles: Allora, da quanto ti piace il vino?
Maya: Faccio sul serio da sette anni.
Miles: E quale e' stata la bottiglia decisiva.
Maya: Sassicaia '88.
Insomma, se ancora non l'avete visto, affrettatevi.
giovedì, marzo 10, 2005
Lo stato del dibattito.
Se dovessi spiegare lo stato del dibattito nell'ambiente del vino di qualita', partirei da quanto scrive Nicolas Joly. Dal sito di Velier:
"Il presupposto della denominazione d'origine, come dell'appellation, è il "segno" della vite sulla propria uva. Create in Francia nel 1935, le AOC, in seguito esempio a tutte le successive legislazioni degli altri paesi produttori, erano il risultato di un'intima conoscenza del terroir, fondata sull'osservazione e l'esperienza di diverse generazioni di vinicoltori: l'esperienza aveva portato all'unione di un certo vitigno con una determinata parcella e da questi matrimoni dovevano nascere vini di un'originalità espressiva inimitabile, dovuta al legame con l'ambiente. La DOC, la AOC avevano il fine esclusivo di riconoscere questa originalità, offrendole un sostegno giuridico.
L'agricoltura era ancora sana e nessuno immaginava di dover legiferare per mantenerne la qualità. Sessant'anni dopo, la situazione si è trasformata in modo drammatico. Il diritto dell'appellation si è ridotto alla sua più semplice espressione: un numero di catasto, una lista di vitigni autorizzati e qualche magra (e pur sempre poco rispettata) restrizione sui rendimenti. Che il suolo sia vivo o morto, che la terra sia aggiunta o meno fertilizzata, che il gusto provenga dal terroir o dagli innumerevoli lieviti che l'industria sa fabbricare così bene, il diritto all'appellation rimane lo stesso. Una degustazione di routine, detta "d'agrément" (argomento sul quale è preferibile non dilungarsi), dovrebbe effettuare una selezione. In qualche decennio, la rispettabilità di una creazione geniale è stata pressoché annientata. Il vino, figlio della tecnologia più che della natura, deve lusingare il palato del neofita e dunque della maggioranza. Le conseguenze di questa dissoluzione del concetto e della missione stessa dell'AOC non hanno tardato a manifestarsi. I nostri vini hanno perso le virtù di un'originalità legata alla qualità particolare del luogo, diventando facilmente imitabili da tutti i paesi produttori del mondo che possono ricorrere alle stesse tecnologie e a una manodopera a minor costo."
Il dibattito oggi non e' tanto, o unicamente, tra industria e piccolo produttore. E' diventato soprattutto tra terroir e globalizzazione del gusto.
"Il presupposto della denominazione d'origine, come dell'appellation, è il "segno" della vite sulla propria uva. Create in Francia nel 1935, le AOC, in seguito esempio a tutte le successive legislazioni degli altri paesi produttori, erano il risultato di un'intima conoscenza del terroir, fondata sull'osservazione e l'esperienza di diverse generazioni di vinicoltori: l'esperienza aveva portato all'unione di un certo vitigno con una determinata parcella e da questi matrimoni dovevano nascere vini di un'originalità espressiva inimitabile, dovuta al legame con l'ambiente. La DOC, la AOC avevano il fine esclusivo di riconoscere questa originalità, offrendole un sostegno giuridico.
L'agricoltura era ancora sana e nessuno immaginava di dover legiferare per mantenerne la qualità. Sessant'anni dopo, la situazione si è trasformata in modo drammatico. Il diritto dell'appellation si è ridotto alla sua più semplice espressione: un numero di catasto, una lista di vitigni autorizzati e qualche magra (e pur sempre poco rispettata) restrizione sui rendimenti. Che il suolo sia vivo o morto, che la terra sia aggiunta o meno fertilizzata, che il gusto provenga dal terroir o dagli innumerevoli lieviti che l'industria sa fabbricare così bene, il diritto all'appellation rimane lo stesso. Una degustazione di routine, detta "d'agrément" (argomento sul quale è preferibile non dilungarsi), dovrebbe effettuare una selezione. In qualche decennio, la rispettabilità di una creazione geniale è stata pressoché annientata. Il vino, figlio della tecnologia più che della natura, deve lusingare il palato del neofita e dunque della maggioranza. Le conseguenze di questa dissoluzione del concetto e della missione stessa dell'AOC non hanno tardato a manifestarsi. I nostri vini hanno perso le virtù di un'originalità legata alla qualità particolare del luogo, diventando facilmente imitabili da tutti i paesi produttori del mondo che possono ricorrere alle stesse tecnologie e a una manodopera a minor costo."
Il dibattito oggi non e' tanto, o unicamente, tra industria e piccolo produttore. E' diventato soprattutto tra terroir e globalizzazione del gusto.
giovedì, marzo 03, 2005
Chiuso per neve.
Non e' il Klondike, e' quel che si vede da casa mia, stamane.
Enoteca chiusa per neve.
Comicita' involontaria.
Email arrivata oggi:
"Egregi Signori,
al fine di fornire un'informazione più tempestiva abbiamo deciso di interrompere il servizio bimestrale di newsletter."
Segue, comunque, che annunciano l'apertura di un'area news sul loro sito. Colmo dell'ironia, il loro mail e' stato valutato spam dal mio client e cestinato.
Insomma, a volte comunicare nell'era della Rete non e' facilissimo.
"Egregi Signori,
al fine di fornire un'informazione più tempestiva abbiamo deciso di interrompere il servizio bimestrale di newsletter."
Segue, comunque, che annunciano l'apertura di un'area news sul loro sito. Colmo dell'ironia, il loro mail e' stato valutato spam dal mio client e cestinato.
Insomma, a volte comunicare nell'era della Rete non e' facilissimo.
giovedì, febbraio 17, 2005
I miei occhi han visto cose.
La cantina di Bartolo Mascarello, piccola abbastanza da stare nell'obiettivo del mio amato smartphone.
Non ci sono barrique, definitivamente.
martedì, febbraio 15, 2005
Niente proibizionismi.
Da un bel po' si discute in rete di un sito canadese che vende basi per produrre in casa il vino. Non mi dilunghero' sulle caratteristiche della bevanda che si ottiene con questo demenziale sistema, chi lo desidera lo verifica leggendo la loro homepage in inglese. Vi basti sapere che funziona cosi': voi comprate un wine kit, cioe' una melma pseudoenoica, e poi aggiungete acqua.
Quello che vale la pena dire, qui, e' l'uso che fanno senza grossi problemi di termini come Chianti, Barolo o Valpolicella (ma non mancano le denominazioni francesi) ad indicare le caratteristiche del prodotto ottenuto dalla miscelazione delle loro basi. Tutto questo con buona pace del fatto che, almeno in via teorica, solo chi risiende nella Docg Chianti (tanto per fare un esempio) avrebbe titolo di denominare cosi' il Chianti; senza dire che il Chianti e' un vino, e non e' quella roba gabellata da costoro.
E invece i nostri canadesi si sono tranquillamente messi in tasca il termine Chianti e lo usano come gli pare. Naturalmente chi-di-dovere ha gia' detto che cosi' non va, e' illegale, eccetera; staremo a vedere. Tuttavia, nel leggere delle reazioni a questa cosa difficilmente qualificabile, tutte volte alla censura, ho avuto una piccola perplessita'.
La sostanza sarebbe: bisogna farli chiudere, bisogna impedirgli di usare le denominazioni. Ora, per sacrosanta che sia questa richiesta, il mio spirito antiproibizionista e' venuto fuori.
Quasi quasi, mi piacerebbe che li lasciassero fare.
Voglio dire, non dovrebbe esserci gara: quale consumatore minimamente sveglio potrebbe cadere in confusione? E, peggio: se esiste qualcuno cosi' sprovveduto da pensare che il Barolo sia quella cosa che si ottiene mescolando un wine kit con acqua, beh, verrebbe voglia di lasciarglielo credere. Per sadismo, intendo.
Qui non si tratta di tutelare consumatori raggirabili, ma il buon nome di molte importanti aree produttive (non solo italiane, come dicevo). E pero' il buon nome del Chianti si tutela da solo, giacche' il Chianti e' unico. E non ci sono dubbi in proposito, per un utente con un minimo di competenza: Il Chianti si fa li', e basta, e nel modo che si sa. Niente proibizionismi, lascateli fare. Magari ottenete che si scriva, sui box che vendono "questa roba si chiama Chianti ma non ha nulla a che vedere con l'omonimo vino italiano".
Che poi, umorismo involontario, leggete cosa scrivono sotto l'immagine a corredo del box, qua sopra: "not exactly as shown" cioe' a dire, la scatola che comprate non e' proprio come la vedete. Questi non riescono ad essere sicuri della forma, figuratevi della sostanza.
venerdì, gennaio 28, 2005
Coraggio e comunicazione.
Mi e' gia' capitato di parlar bene dell'atteggiamento dei vertici del Gambero Rosso, a riguardo dell'uso che fanno dei "nuovi" mezzi di comunicazione come blog e forum online. Me ne convinco anche di piu' seguendo questo lungo thread, dove Bonilli e Cernilli si alternano a discutere con il mare magnum dei partecipanti al forum, e non tutti ci vanno con i guanti di velluto nei confronti dei padroni di casa.
Non e' tanto l'argomento della discussione, peraltro importante e sul quale pure io ho detto la mia, ad attirare la mia attenzione, ora. Mi colpisce l'idea di un gruppo editoriale affermato che scende nella fossa dei leoni dei forum sulla Rete, a confrontarsi a volte con qualche asprezza, come e' tipico quaggiu' (ma pure lassu'? o no? ma questo e' un altro discorso).
E, nello stesso tempo, trovo che la scelta del Gambero sia non solo coraggiosa, ma in un certo qual modo necessaria: siccome dai luoghi virtuali della Rete provengono ormai da tempo voci numerose, e in grado di condizionare l'opinione, tantovale affrontare queste voci in modo diretto, e utilizzando gli stessi mezzi di comunicazione; il contrario, forse, potrebbe significare un dannoso isolamento.
giovedì, gennaio 20, 2005
martedì, gennaio 04, 2005
Sgrunt.
Allora, le vie della comunicazione pubblicitaria sono proprio misteriose.
Prendete ad esempio la signora accigliata che vedete in foto, quassu': e' la testimonial di se stessa, essendo la signora Firriato e reclamizzando l'omonima azienda produttrice siciliana.
E allora che c'e', direte.
Semplice, c'e' che non si capisce la posa; che ha da essere cosi' accigliata? Insomma, io posso solo immaginarlo, da qualche parte qualche creativo ha deciso di trasmettere il messaggio, anzi, l'immagine, del produttore-legato-al-territorio: un'immagine forte e decisa, una cosa "viscerale" come direbbero quelli di Porthos.
Mah. A me, per la verita', fa un altro effetto: ogni qual volta la vedo (e la vedo spesso), che mi fissa cosi' severa, mi fa pensare ad una cosa soltanto: "Fiore', paga le fatture arretrate di Firriato!"
Sigh.
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