[Il Papa, il Presidente della repubblica, e modestamente pure io; accomunati dal messaggio di fine anno]
1. Parliamo un po' di me.
Si avvia alla fine un anno di m. Non sono contento di come e' andata, sia per questioni personali esterne al bloggume, che per questioni di lavoro che invece sarebbero l'oggetto del mio blogghe; in estrema sintesi, pure quest'anno, pagate le tasse e (forse) i fornitori, si rimane con le tasche vuote; nella ridda di analisi che mi dovebbero servire a capire cosa esattamente non va (e che vi risparmio) l'unica cosa che vale veramente la pena di comunicare e' che la mia esperienza di enotecario si sta avviando alla fine. Senza troppi scossoni ne' tragedie, lentamente, questa creatura nata nel 1991 ha esaurito la sua spinta propulsiva, come si diceva un tempo, e il 2008 dovra' servire anche a riflettere sul da farsi. Quel che e' certo, fin da ora, e' che dovro' ripensare a cosa so fare, e verificare se ed in che misura le mie competenze possano essere un mestiere. Il mio amato blogghe servira' pure a questo, scrivero' un curriculum vitae, smanettero' con robe sociali tipo Linkedin, mi guardero' attorno. Verosimilmente da grande faro' il venditore, l'intermediario, insomma l'agente di commercio. Oppure non so che altro. Magari potrei fare il ghost writer di qualche blog danaroso, potrei diventare la faccia presentabile e simpa di qualche industrione vinicolo; proprio un bel contrappasso.
2. Parliamo un po' del mondo.
Ultimamente la mia paranoia deve essersi acuita: mi vedo in un futuro prossimo, rifugiato in una cascina nascosta nelle valli appennine a me note, a coltivare l'orto e aspettare la fine del mondo, con la famiglia, un M16 e molti caricatori; sfortunatamente da queste parti la libera vendita di armi da guerra e' inibita, altrimenti sarei perfetto per entrare in una qualche Michigan Militia, appunto afflitto da crisi pseudo millenaristiche. Poi pero' mi soccorre l'altra patologia, la doppia personalita', e mi sovviene d'essere un potenziale venditore (vedi sopra) lindo e pinto, inserito nella societa', con perenne auricolare direttamente pluggato in the Matrix eccetera. Insomma, tutto 'sto pistolotto per dire che viviamo tempi oscuri ed incomprensibili. A voler riassumere l'anno con una parola, userei "antipolitica", termine vago a descrivere ogni umanoide che ne ha le scatole piene di lorsignori e della loro fuffa (ergo: ogni essere dotato di cerebro). Tuttavia le invettive antipolitiche grillesche sono di gran lunga la meglio cosa successa quest'anno, e mi spiace per gli altri, spesso i migliori tra di noi, che fanno distinguo un po' difficoltosi sulle derive populiste e quant'altro; ovvio che il famoso vaffa ha poca speranza di cambiare il mondo; io resto in fiduciosa attesa di altre proposte maggiormente costruttive, ma come forse si notera' sono tragicamente pessimista; da qualche parte ho letto che in Italia ce ne siamo sempre fregati della cosa pubblica, e abbiamo lasciato la politica in mano a questi cialtroni; ora che ci sarebbe bisogno d'aiuto, che lorsignori dovrebbero guadagnarsi in qualche modo le loro grottesche prebende, ecco che si mostrano per quel che sono: inadeguati. Quindi, ancora, colpa nostra.
3. Parliamo un po' dei blog(z).
Non vorrei incorrere nell'esecrabile pratica delle classifiche, ma uno dei miei blog del cuore e' I numeri del vino, di Marco Baccaglio. Io non so bene perche', ma sono perversamente attratto da questa lettura; i numeri, le cifre, i grafici che raccontano un aspetto assai circoscritto dell'enomondo sono un paradosso blogghistico: non sono, difatti, opinioni; sono fatti, alquanto incontrovertibili. Il blog e' per definizione un cogitodromo, una palestra di opinioni piu' o meno interessanti e condivisibili; ma un bilancio aziendale, che opinione e'? E' un fatto; e' un dato indiscutibile; prendiamo ad esempio il notevole post sul bilancio di Giordano (si, quei bei tipi che vendono vino in tivvu' regalando biciclette e spaghetti). Puoi pensare quel che ti pare del loro vino, e' solo un'opinione; i fatti sono altra cosa, i fatti sono i numeri del bilancio in attivo, con valori che rendono risibile ogni spernacchio. Il che ci rimanda al punto uno di questo post, tra l'altro. Puoi fare un lavoro con impegno, amore e dedizione, ma queste cose non significano alcunche', in banca.
Quest'anno un blog e' stato colpito (e affondato) dalla solita minaccia di querela. Ho avuto il piacere di conoscere Michele Marziani, una persona assolutamente piacevole, pacifica e civile, mentre del querelante ho la conoscenza che deriva dalla visione televisiva (e altro non diro'). E' quasi del tutto vano ribadire il concetto che querelare un blog non e' solo una vera ingiustizia, ma e' proprio inutile: i blog sarebbero commentabili, al contrario dei tiggi' (per i quali, guardacaso, puo' essere coattivamente esatto un canone da signori con le stellette). Sono argomenti stranoti per noi quattro gatti, eppure sembrano arcani per il mondo esterno; per fortuna qualcuno si ostina a spiegare, validamente, a cosa serva e cosa sia questo misterico strumento comunicativo; come suo solito, qui Antonio e' definitivo.
4. Parliamo un po' di te.
Si, intendo proprio te, che stai leggendo; gia' il fatto che tu sia arrivato a leggere fin quaggiu' mi lascia alquanto allibito, francamente non ho parole per ringraziarti; non so, la prima cosa che mi viene in mente sarebbe regalarti un link ad un sito di password craccate per accedere a siti porno, assumendo con questo che tu, sia maschio che femmina, indulgi nelle mie stesse patologie voyeuristiche. Davvero non saprei come dirti grazie, per essere in qualche misura interessato a questo luogo virtuale. Come vedi, io credo profondamente nel mezzo di comunicazione che redigo, al punto che, quando qualcuno mi chiede "come va?" mi verrebbe da rispondere "leggiti il mio blog". Quindi, tu sei nell'invidiabile condizione di sapere come (mi) va. E allora grazie per l'interessamento, potrei dire. L'anno prossimo mi ritrovi qui, e io spero di ritrovarti.
Baci, abbracci, eccetera.
Questo è un blog enoico. Il vino è un alimento totalmente diverso da qualsiasi altro: evolve, ha carattere ed è imprevedibile (come l'umanità, insomma). Per questo è interessante. E non è industriale.
lunedì, dicembre 31, 2007
domenica, dicembre 23, 2007
Effetto Carla
La notizia non e' Sarko' assai filoitaliano, ultimamente, che sceglie un nostro Dolcetto a pranzo. In fondo era a pranzo in Italia, e il terroir va rispettato. La notizia non e' quanto riportato da Il Tempo, garrulo: "l'Italia, si sa, non ha niente da invidiare al vino francese" (segue scoramento; ma certo, parlando di Orvieto, poi). No, la notizia e' l'abbinamento irrituale: Dolcetto sul sorbetto di frutta.
domenica, dicembre 16, 2007
E dopo, etilometro per tutti
Apprendo sgomento l'esistenza del Vino del Carabiniere - dopo l'omonimo amaro, croce e delizia di ogni enotecaro a Natale; ma perche' continuate a chiederlo?
Comunque, consola leggere che tràttasi di "un vero nettare, realizzato con uve scelte e senza l’aggiunta di sostanze chimiche". E bravi i miei CC, pure loro nella cricca viniveri-noglobal.
giovedì, dicembre 13, 2007
Porthos blogga (ma probabilmente non lo sa)
Incredibile dictu, pure Porthos (che e' da sempre la meglio pubblicazione del mio settore, amen) accrocchia qualcosa di vagamente due-punto-zero, youtubizzando la presentazione che vedete; chissa' se lo sanno, che questo e' bloggare. Certo se si decidessero a far cose come abilitare i commenti a un articolo da standing ovation, uno potrebbe dirci quanto m'e' piaciuto il tutto; e invece mi tocca farci un post (appost).
A quest'ora di notte, poi. Uff.
martedì, dicembre 11, 2007
Viene via con poco
Per un po' ho provato ad ignorare le notiziole che mescolano luxury ed enomondo: il vino dello stilista, la cantina del cantante, quelle robe li'; poi inciampo in dagospia.com (inutile linkare, che tanto la pagina e' mutevole) e che ti trovo? La cassettina di sei Dom Perignon griffata Lagerfeld, per soli centomila euri. Quindi si potrebbe irresistibilmente maramaldeggiare sui cafonal, su Spike Lee attovagliato (tu quoque!). Ma poi basta la fotina con l'inevitabile errore, per il quale Dom diventa Don; un classico. Impareranno mai?
domenica, dicembre 09, 2007
Guibert & Rolland
A proposito di Guibert, questo piccolo estratto da Mondovino presenta un confronto a distanza tra il vigneron vecchio stile, e Michel Rolland, l'enologo moderno (modernista, pure) assai global. E' una visione istruttiva per conoscere meglio il dibattito, spesso acceso, tra modernisti e tradizionalisti che travaglia il nostro orticello enoico (come molti altri orticelli, del resto). Personalmente, essendo lib-lab, dico sempre che cerco di prendere il meglio dei due ambiti, pure se la simpatia che ho per personaggi come Guibert, ultimamente, mi fa schierare con questi.
[Disclaimer: probabilmente finiro' nelle patrie galere per l'illecito uso di materiale protetto; niente arance, nel caso; una bella lima nella focaccia genovese, semmai].
sabato, dicembre 08, 2007
Elogio del Grenache
Ma poteva pure intitolarsi: a spasso per il Mediterraneo. Chi vive dalle mie parti, in Liguria, sa che la produzione locale verte sui bianchi, ed i rossi costituiscono l'eccezione; pochi, rari, scarsamente significativi; uno su tutti, il Rossese a Dolceacqua. Comunque, ricordo che gia' prima degli anni '80 nell'area del savonese c'era il mito della Granaccia: la Granaccia di Quiliano (DOC assolutamente inesistente) era prodotta da due-tre matti, ed era un rossone underground che pochi potevano dire d'aver bevuto; in compenso, costava cifre spropositate; personalmente vendevo la Granaccia prodotta da Scarrone a circa ventimila lire, 1990 o giu' di li'. Comunque, qui leggete approfondite notizie su questo vino.
Insomma, da queste parti si viene su col mito della granaccia, e, va detto, negli ultimi anni c'e' stata la corsa al reimpianto; ho bevuto pure release dignitose di questo cépage. Al fascino della rarita' io trovo che si aggiunga un aspetto vagamente migrante, riferito a questo vitigno; con altri nomi, alicante, grenache, cannonau, lo ritrovi un po' dovunque, a spasso per quest'area del Mediterraneo. Ogni volta che ne ho occasione lo assagggio, e come d'uso se mi piace lo compro, e lo rivendo. Cosi', quando ho incrociato il listino di Mas de Dumas Gassac, ho avuto una ricaduta granacciofila nel ritrovare un Grenache tra i vini della serie cadetta, Moulin de Gassac; questi rappresenterebbero, di fatto, la linea economica della griffe di Languedoc; per inciso, se non sapete chi sia il produttore, un piccolo indizio: se avete visto Mondovino, ricordate il vigneron che ha piantato una grana a Mondavi? Ecco, quello e': Aime' Guibert.
Insomma, aspettative tante; e il risultato? Eccellente. Per la verita' gli assaggi sono stati due: Grenache 2005 e Syrah 2006; il secondo, aime', bocciato: puzze non gradite al mio nasino modernista. Il 2005 ed il 2006 del Grenache, invece, assai entusiasmanti: la vendemmia piu' risalente, soprattutto, che dimostra l'ottima attitudine all'affinamento di questo rosso; mentre il 2006 ha molto tempo dinanzi a se', ha un fruttato solenne, polpa e fragranza: da bere, ma pure da aspettare.
Cilieginia sulla torta: prezzi competitivi; questo rosso, a bottega, costa sui nove euri.
Insomma, da queste parti si viene su col mito della granaccia, e, va detto, negli ultimi anni c'e' stata la corsa al reimpianto; ho bevuto pure release dignitose di questo cépage. Al fascino della rarita' io trovo che si aggiunga un aspetto vagamente migrante, riferito a questo vitigno; con altri nomi, alicante, grenache, cannonau, lo ritrovi un po' dovunque, a spasso per quest'area del Mediterraneo. Ogni volta che ne ho occasione lo assagggio, e come d'uso se mi piace lo compro, e lo rivendo. Cosi', quando ho incrociato il listino di Mas de Dumas Gassac, ho avuto una ricaduta granacciofila nel ritrovare un Grenache tra i vini della serie cadetta, Moulin de Gassac; questi rappresenterebbero, di fatto, la linea economica della griffe di Languedoc; per inciso, se non sapete chi sia il produttore, un piccolo indizio: se avete visto Mondovino, ricordate il vigneron che ha piantato una grana a Mondavi? Ecco, quello e': Aime' Guibert.
Insomma, aspettative tante; e il risultato? Eccellente. Per la verita' gli assaggi sono stati due: Grenache 2005 e Syrah 2006; il secondo, aime', bocciato: puzze non gradite al mio nasino modernista. Il 2005 ed il 2006 del Grenache, invece, assai entusiasmanti: la vendemmia piu' risalente, soprattutto, che dimostra l'ottima attitudine all'affinamento di questo rosso; mentre il 2006 ha molto tempo dinanzi a se', ha un fruttato solenne, polpa e fragranza: da bere, ma pure da aspettare.
Cilieginia sulla torta: prezzi competitivi; questo rosso, a bottega, costa sui nove euri.
martedì, dicembre 04, 2007
Babbo Natale enotecaro
giovedì, novembre 29, 2007
Ma io voglio ricordarlo cosi'
martedì, novembre 27, 2007
Compagni che sbagliano
Chavez dice che il petrolio e' a buon mercato, se lo paragoni al prezzo del vino. Affermazione discutibile: dipende. Se lo compari ad un grand cru borgognone ci possiamo pure stare; ma come mi capita spesso di dire, il vino e' tutt'altro che costoso: su certi scaffali trovi facilmente bottiglie da un euro. Vogliamo il barile di petrolio vin-de-pays; quelli invece, pare che estraggano solo grand cru.
venerdì, novembre 23, 2007
Lo sospettavo
Lo facciamo tutti, dai; guardare le chiavi di ricerca che portano l'incauto navigatore al nostro blogghe. Va bene il mio nome, passi pure l'amaro del carabiniere; ma la sveltina? Poi, quel "siti inutili"... ecco, un sospetto d'inutilita' gia' ce l'avevo.
Knob Creek
E per una volta, traligniamo e parliamo di distillati. La mia scelta e' il Whisky, e il mio Whisky e', usualmente, malto scozzese, magari con un buon bilanciamento tra le mefitiche (adorabili) puzze di Islay e la morbidezza floreale. Ma siccome siamo in vena di eccezioni, parlero' di Bourbon.
Come al solito, il mondo e' vasto ed inconoscibile; se dici Bourbon penseresti ad una roba dolciastra e alquanto banale, hai presente la bottiglia rettangolare coll'etichetta nera; no-no, lascia perdere quello. Qui si narra di altro; qui si distilla alla maniera pre-proibizionista il mais del Kentuky, da una famiglia, sette generazioni di distillatori, che ha iniziato nel 1795; grado pieno, 50° d'alcol, ma soprattutto, un corredo aromatico emozionante: legno pulito, fiori, nocciole, e una sorprendente scorza di agrume dolce, candito. Non serve agitare il bicchiere, col distillato: gli effluvi aromatici salgono piano dal tumbler, evocativi; il potente calcio alcolico alla bocca ti ricorda che qui non si scherza, che qui si fa sul serio (insomma: bevine pochissimo) ma rende evidente che la classe di questo Bourbon e' fuori discussione.
A che lo abbini? Sigaro o cioccolata, quel che vuoi, ma io non amo tanto queste unioni. Io lo abbino ai miei pensieri, alla fine di un giorno piu' lungo di altri.
[And now, un po' di linx. Qui la home della distilleria; qui si narra cos'e' uno small batch. Qui infine la home dell'importatore, Moon Import di Genova; lo stesso di Selosse, per dire, e di mille altri capolavori; com'e' noto, chi si somiglia si piglia].
martedì, novembre 20, 2007
Carissimo Raspelli
Carissimo Raspelli,
le scrivo questa mia attraverso il mio blog, giacche' sono ottimista: penso che le vibrazioni della rete si possano propagare al punto tale da poterla raggiungere; del resto non ho un suo recapito e comunque quello che sto per scrivere, possibilmente, potrebbe interessare pure i miei lettori.
Carissimo Raspelli, accade che un ente che fa telemarketing spenda il suo nome, col sistema dello spam telefonico, presumibilmente per raccogliere pubblicita'; il presumibilmente e' dovuto al fatto che non ne ho certezza, per i motivi che diro'; le scrivo accorato giacche' costoro, nello spendere il suo nome, tengono un comportamento difficilmente qualificabile; o meglio, io avrei qualche idea su come qualificarlo, ma come sapra' in rete tira un'aria da querela facile, e quelli come noi che scrivono su questi sfigatissimi blog fanno bene a stare accorti; tuttavia, come dicevo, mi accora vedere il suo nome associato a tutto cio'; lei mi sta simpatico, anzi, lei e' simpatico a tutta la famiglia; a casa mia e' normale, al pranzo della domenica, vederla su retequattro addentare bagoss; anzi, il mio bimbo seienne m'ha chiesto del bagoss proprio solo dopo averla vista.
Comunque, ecco lo scambio intercorso al telefono, stamattina, tra una telemarketer, d'ora in poi T, ed il sottoscritto, cioe' Fiorenzo, d'ora in poi F.
T: - pronto, e' l'enoteca...Fine, ha sbattuto giu' il telefono. Proprio cosi', il potente gruppo Mondadori, l'ignoto Original Italy, s'e' scocciato e ha pensato di buttar giu' il telefono. Gli scocciati sono loro, io semmai avrei dovuto sentirmi, che so, onorato.
F: - si...
T: - la chiamo per comunicarle che la sua azienda e' stata selezionata per l'inserimento blablabla aziende specializzate segnalate blablabla
F: - si, scusi, mi sta vendendo pubblicita'?
T: - no, si tratta di inserimento in Original Italy, blablabla Mondadori, curata da Raspelli...
F: - bene, siete liberi di inserirmi.
T: - eh no aspetti, non e' cosi' semplice...
F: - ah, ecco...
T: - le chiedevo se un nostro incaricato puo' farle visita per blablabla
F: - senta, le posso ri-fare una domanda?
T: - si...
F: - mi sta vendendo della pubblicita'?
T: - click!
Ora, carissimo Raspelli, e cari tutti che leggete, lascio a voi qualificare il comportamento della sedicente Original Italy. Dalla loro home si raggiunge l'editore, 71srl.com, che, indovina un po'? E' una concessionaria di pubblicita'.
Ovviamente c'e' il pistolotto morale, alla fine della missiva.
Io ammiro sempre il sovrumano ed inutilissimo desiderio di compilare il sapere attraverso i portali, i siti tematici, i vari Italia.it, tanto per intenderci; comprendo un po' meno la credibilita' degli stessi, se e qualora l'introduzione in tali elenchi e' a pagamento; dovrebbe essere chiaro a lei come a tutti che l'ingresso in qualsiasi guida, portale, summa o corpus ha senso per motivi di merito, e non a seguito di dazione. Ma immagino che tutto cio' le sia ovvio, cosi' come immagino che lei sia alquanto estraneo a questi meccanismi di telemarketing che, la prego di credermi, hanno franto tutto il frangibile in qualsiasi umano senziente; per questo mi rivolgo a lei, sperando le divenga noto tale esecrabile uso della sua illustre persona.
Con immutata stima, eccetera, eccetera.
martedì, novembre 13, 2007
Ci sara' pure un giudice a Ripatransone
Il caro mascellone non ha vita facile sulle etichette; dopo Adolf, pure lui scatena le ire di qualcuno: "dovra' rispondere di ingiurie davanti al giudice di pace di Ripatransone, in provincia di Ascoli Piceno, il cliente che, vedendo sullo scaffale del ristorante dove stava pranzando, alcune bottiglie di vino con l'etichetta raffigurante il volto di Benito Mussolini, aveva accusato il titolare e i dipendenti del locale di fare apologia di reato. I fatti risalgono al 2005 e sono stati oggetto anche di una lettera aperta che il cliente, che nella vita fa l'insegnante di lettere, aveva inviato ad un giornale locale, nella quale - pur non facendo il nome del ristorante - spiegava i fatti. Lettera per la quale il cliente e' stato denunciato per diffamazione a mezzo stampa". [link]
Come gia' dissi, personalmente sono per l'anarchia priva di ogni regola: in etichetta mettici quel che ti pare, giacche', come al solito, i comportamenti qualificano le persone. Senza scomodare il giudice di Ripatransone.
sabato, novembre 10, 2007
Caro (o cara) Forus
Caro (o cara) Forus, tu ti senti in dovere di mandarmi, di tanto in tanto, un SMS spammatorio dove illustri i tuoi non richiesti servizi finanziari. Non serve denunciarti ad alcuna autorita' garante, siccome lorsignori dormono saporitamente; nemmeno serve insultarti in un blog, visto che la Cina e' talmente vicina che a dire quel che si dovrebbe si rischiano i ceppi.
Tuttavia un giorno incontrero', de visu, uno di voi. E io sono molto, molto grosso.
giovedì, novembre 08, 2007
Tempuriu
Date le date, date per certo che dallo scaffale prelevo un novello. Il Tempuriu 2007 di Durin [scheda] e' l'archetipo della ciliegia; ha cosi' tanta ciliegia al naso che, se fossi Durin, metterei una ciliegiona in etichetta; consigliato per l'allievo assaggiatore che didatticamente deve dedicarsi a definire la ciliegia; sembra di vederla uscire dal bicchiere, che ti dice: salve, sono una ciliegia. Score 77/100, giusto perche' a dar voti bassi ai novelli e' come sparare sulla croce rossa.
martedì, novembre 06, 2007
Tre indizi fanno una prova
Tornato dalla rassegna di Vini di Vignaioli, ho il mio personale vincitore; ad ogni kermesse, expo, mercanteinfiera, per me c'e' sempre una specie di vincitore morale, quello per il quale pensi: ecco, e' da comprare. Convinto com'ero dell'eccellenza del Rosso di Montalcino di Stella di Campalto, oggi facevo qualche giro in rete; cosi' ho trovato questa recensione di Franco Ziliani, e questo commento di Gianpaolo Paglia, al vino in questione; quando assaggi e sei convinto d'avere qualcosa di positivo nel bicchiere, e' sempre alquanto confortante verificare che non sei solo nel tuo giudizio, ma sei avallato da assaggiatori che stimi; cosi' accade che tre indizi fanno una prova; c'e' poi il medagliere guidaiolo, pure, ad ulteriore conferma (che alla fine ti fa pensare: vabbe', ma non hai scovato nulla di inedito). Comunque, sia il mondo bloggarolo che quello guidaiolo concorrono a sancire per successive approssimazioni quella verita' enoica che, com'e' noto, sfugge.
Quanto alla rassegna, mi sentirei di fare un solo appunto; non c'era, su nessun tavolo di espositori italiani, il nécessaire per sputare dopo l'assaggio; io mi chiedo, sinceramente, come si possa affrontare una giornata intera d'assaggi senza sputare: come unico sistema, c'erano qua e la' orrendi secchi (letteralmente), che obbligavano al sollevamento pesi oppure all'esercizio di abilita', centrandoli a terra (se avete notato uno che si distingueva nell'arte, quello ero io). Siamo alle solite con lo strabismo, da un lato si strombazza contro gli abusi alcolici, poi si organizza una fiera senza consentire di sputare? Indignodromo. Io gia' mi sono espresso sulle virtu' dello sputare alle fiere; ed infatti in serata mi son rimesso alla guida fresco come una rosa, pronto per quelle tre-quattro ore di coda del controesodo.
domenica, novembre 04, 2007
E tu, ce l'hai la liquirizia?
Questo post e' diretta conseguenza del post che lo precede.
L'anno scorso, al Critical Wine genovese, tra qualche puzzone vinovero deprecabile, ho assaggiato un produttore doglianese che, per gli standard esibiti, e' entrato a listino velocemente. Eraldo Revelli produce un bel Dolcetto(ne) di Dogliani, e dopo una visita in azienda ed i giusti riassaggi, e' diventato mio fornitore. Tuttavia il Dogliani DOCG (adesso il Dolcetto Superiore si chiama Dogliani DOCG - rinunciate a capire, e' una perdita di tempo) e' un rosso che, come si dice, esprime il meglio di se' quando si avvicina alla maturita'; da giovane esibisce fieramente i tannini archetipici del dolcetto, e pure una chiusura olfattiva che ti fa dire: aspetta, qualcosa sara'. Cosi', rimembrando il trascorso Critical Wine, stasera ho portato a casa il Dogliani Autin Roca 2005 (il cru aziendale), che avevo a scaffale da un po'; si chiama appunto "prelievo di scaffale" il controllo periodico che l'enotecaro fa del prodotto che ha in vendita. Questo, siccome il vino diviene, e' mutabile, eccetera eccetera eccetera; anzi, a pensarci bene, "prelievo di scaffale" potrebbe essere una categoria di questo blog; detto, fatto. Noi preleviamo dallo scaffale per avere un'idea del misterico divenire, sfuggente ed imperscrutabile, per poi narrarlo al cliente.
Stasera l'Autin Roca di Revelli e' in forma olimpica; il naso e' uscito piano ma poi e' diventato assertivo, con una liquirizia spettacolare: hai presente la rotella Haribo', una liquirizia deliziosa, che poi ha lasciato spazio alla stratificazione, dalla prugna alla viola; il colore ha quel vello tenebroso da poca filtrazione, la fluidita' e' densa; questa sera l'Autin Roca strappa un bel 88/100.
Tra le mille possibili considerazioni che un simile vino ispira, una su tutte: il mio pensiero e' andato ai tristi vini internazionali; a quei rossi banali e prevedibili, peggio che industriali: globalizzati; al peperone da cabernet identico a se' stesso ovunque, soporifero e deja-vu. Ce l'avranno mai, quei vini, questa liquirizia? Riusciranno mai, quei tentativi enoici, a far alzare almeno un sopracciglio?
Affari loro. Il Dogliani ce l'abbiamo noi, ci spiace per gli altri.
[Update del 5 novembre: qui Franco Ziliani recensiva Revelli, nel 2003]
L'anno scorso, al Critical Wine genovese, tra qualche puzzone vinovero deprecabile, ho assaggiato un produttore doglianese che, per gli standard esibiti, e' entrato a listino velocemente. Eraldo Revelli produce un bel Dolcetto(ne) di Dogliani, e dopo una visita in azienda ed i giusti riassaggi, e' diventato mio fornitore. Tuttavia il Dogliani DOCG (adesso il Dolcetto Superiore si chiama Dogliani DOCG - rinunciate a capire, e' una perdita di tempo) e' un rosso che, come si dice, esprime il meglio di se' quando si avvicina alla maturita'; da giovane esibisce fieramente i tannini archetipici del dolcetto, e pure una chiusura olfattiva che ti fa dire: aspetta, qualcosa sara'. Cosi', rimembrando il trascorso Critical Wine, stasera ho portato a casa il Dogliani Autin Roca 2005 (il cru aziendale), che avevo a scaffale da un po'; si chiama appunto "prelievo di scaffale" il controllo periodico che l'enotecaro fa del prodotto che ha in vendita. Questo, siccome il vino diviene, e' mutabile, eccetera eccetera eccetera; anzi, a pensarci bene, "prelievo di scaffale" potrebbe essere una categoria di questo blog; detto, fatto. Noi preleviamo dallo scaffale per avere un'idea del misterico divenire, sfuggente ed imperscrutabile, per poi narrarlo al cliente.
Stasera l'Autin Roca di Revelli e' in forma olimpica; il naso e' uscito piano ma poi e' diventato assertivo, con una liquirizia spettacolare: hai presente la rotella Haribo', una liquirizia deliziosa, che poi ha lasciato spazio alla stratificazione, dalla prugna alla viola; il colore ha quel vello tenebroso da poca filtrazione, la fluidita' e' densa; questa sera l'Autin Roca strappa un bel 88/100.
Tra le mille possibili considerazioni che un simile vino ispira, una su tutte: il mio pensiero e' andato ai tristi vini internazionali; a quei rossi banali e prevedibili, peggio che industriali: globalizzati; al peperone da cabernet identico a se' stesso ovunque, soporifero e deja-vu. Ce l'avranno mai, quei vini, questa liquirizia? Riusciranno mai, quei tentativi enoici, a far alzare almeno un sopracciglio?
Affari loro. Il Dogliani ce l'abbiamo noi, ci spiace per gli altri.
[Update del 5 novembre: qui Franco Ziliani recensiva Revelli, nel 2003]
sabato, novembre 03, 2007
Come passa il tempo (quando ci si diverte)
Infatti e' di nuovo tempo di Critical Wine, la rassegna anarco-insurrezional-komunist-veronelliana che, a Genova, si tiene al centro sociale Buridda. Nel caso, qui e qui le mie impressioni dell'anno scorso. Quest'anno, segnati le date: sabato 10 e domenica 11 novembre. Io conto d'esserci domenica.
Data l'aria che si respira in questo ambito, totalmente zero-fighettodromo, e' una delle rassegne che consiglio di piu'.
E gia' che siamo nel mood "almanacco del giorno dopo", domani io saro' qui.
martedì, ottobre 30, 2007
Del guidismo
Notte fonda dopocena, all'ultimo Vinitaly; dopo molto aver bevuto, molto fumato, poi molto distillato ed ancora sigari e stravizi, ti senti pronto per spiegare al mondo la verita'. Con l'Havana tra i denti e un Calvados molto aged nel bicchiere, sei assertivo quanto basta. Cosi', non so come, la chiacchiera deriva sulle guide; l'amico produttore siciliano mi chiede: ma tu, quale guida consideri davvero seria? E io: "c'e' solo una guida: La Guida". E quale sarebbe questa guida, continua lui. "Guarda, noi quando diciamo La Guida non intendiamo altro che quella. C'e' solo una Guida, ed e' quella del Gambero".
Segue dibattito, ovviamente. L'amico produttore di Sicilia dissente con forza, roteando il sigaro e l'Armagnac, e alla fine spiega che ci sono enti ben piu' seri, basta vedere i premi conferiti durante le rassegne: quelli si, che sono affidabili. A titolo d'esempio durante quel Vinitaly venne oromedagliato il rosso dell'Agricola Boschi (assieme a Ca' Bolani, eh); ad averlo saputo in anticipo, che affondo avrei assestato.
Piaccia o no, la guida del Gambero (fatta assieme a Slow Food) resta l'unica che leggo con interesse, e che consiglio; da qui a dire che e' perfetta ne corre, d'accordo; con rispetto parlando per i loro redattori, pure le Sacre Scritture che hanno ben piu' alto Autore sono oggetto di disputa; figurati quindi una guida ai meglio vini. Qualche sera fa aprivo il trebicchierato della cantina di Jerzu (Radames, che nome) e onestamente non lo trovavo da 90/100; mentre il mio adorato Vinsanto di Rocca di Montegrossi, inspiegabilmente, non e' arrivato a tanto punteggio nemmeno quest'anno (scandalo!). Ed e' solo un esempio, se ne potrebbero fare seimila. Comunque, autunno tempo di guide, se ne parla pure a casa di Alder, e non e' un caso. A proposito di guide, vi segnalo la succulenta iniziativa di Marco (accorri numeroso).
Alla fine della fiera si dice sempre la stessa cosa: leggiamo le guide ma ragioniamo con la nostra testa, bla bla bla. E dopo un minuto il solito rappresentante mi chiede: ce l'hai l'elenco dei tre bicchieri di quest'anno?
Segue dibattito, ovviamente. L'amico produttore di Sicilia dissente con forza, roteando il sigaro e l'Armagnac, e alla fine spiega che ci sono enti ben piu' seri, basta vedere i premi conferiti durante le rassegne: quelli si, che sono affidabili. A titolo d'esempio durante quel Vinitaly venne oromedagliato il rosso dell'Agricola Boschi (assieme a Ca' Bolani, eh); ad averlo saputo in anticipo, che affondo avrei assestato.
Piaccia o no, la guida del Gambero (fatta assieme a Slow Food) resta l'unica che leggo con interesse, e che consiglio; da qui a dire che e' perfetta ne corre, d'accordo; con rispetto parlando per i loro redattori, pure le Sacre Scritture che hanno ben piu' alto Autore sono oggetto di disputa; figurati quindi una guida ai meglio vini. Qualche sera fa aprivo il trebicchierato della cantina di Jerzu (Radames, che nome) e onestamente non lo trovavo da 90/100; mentre il mio adorato Vinsanto di Rocca di Montegrossi, inspiegabilmente, non e' arrivato a tanto punteggio nemmeno quest'anno (scandalo!). Ed e' solo un esempio, se ne potrebbero fare seimila. Comunque, autunno tempo di guide, se ne parla pure a casa di Alder, e non e' un caso. A proposito di guide, vi segnalo la succulenta iniziativa di Marco (accorri numeroso).
Alla fine della fiera si dice sempre la stessa cosa: leggiamo le guide ma ragioniamo con la nostra testa, bla bla bla. E dopo un minuto il solito rappresentante mi chiede: ce l'hai l'elenco dei tre bicchieri di quest'anno?
giovedì, ottobre 25, 2007
Privacy, innanzitutto
E' un po' una questione personale, lo ammetto. Ho la scimmia del Chianti da due euri, quindi sbuffo ogni volta che lo incrocio. Cosi', leggendo che "un controllo fatto dai finanzieri in un'azienda operante nel nord della provincia [di Siena] ha permesso il rinvenimento oltre che del vino rosso e dell'uva anche di 170 chili di zucchero e 35 di acido tartarico per alimenti - il tutto avrebbe consentito di vendere il vino come Chianti", vado chiaramente in acido. Soprattutto perche', come d'uso in questi casi, i nomi non si fanno proprio mai; d'accordo, la privacy e' una roba sacerrima; d'accordo, qua non si fanno processi in piazza eccetera eccetera. Quindi, i nomi di costoro permangono ignoti.
Mettiamola cosi': la privacy di lorsignori e' tutelata, il diritto a consumare meno schifezze, essendo informati, viene dopo. Basta saperlo.
Mettiamola cosi': la privacy di lorsignori e' tutelata, il diritto a consumare meno schifezze, essendo informati, viene dopo. Basta saperlo.
martedì, ottobre 23, 2007
90-90-90
Indovina chi l'ha detto: "grazie a Dio, c'e' Robert Parker".
- L'ha detto l'Abate dell'Abbazia di Novacella dopo un premio.
- L'ha detto uno sconosciuto parroco che usa cabernet californiano per la Messa.
- L'ha detto Savanna Samson.
Che altro ha detto? Questo: "ci sono cosi' tanti critici, ma solo uno e' quello di cui tutti parlano". Come si dice in questi casi, ci spiace per gli altri.
sabato, ottobre 20, 2007
Mio cugino, una volta
Mio cugino, una volta, ha fatto la prova dell'etilometro,"ha soffiato nel palloncino una prima volta: tasso alcolemico alle stelle: 1,6 grammi per litro, molto al di sopra del massimo consentito. Rischiava la condanna a 6 mesi, un’ammenda fino a 6 mila euro e ritiro della patente fino a due anni. Peccato che fosse talmente ubriaco che non è riuscito a ripetere il test. «Accertamento tecnico incompleto». Caso archiviato."
Un'altra volta, poi, mio cugino e' stato fermato dai carabinieri, e questi trovano che "ha certamente alzato il gomito: barcolla, parla lentamente e con difficoltà, relazionano i carabinieri. Ma rifiuta di sottoporsi al «test del palloncino». Escamotage per evitare la condanna penale per guida in stato di ebbrezza. Le cose stanno così. L’etilometro è stato depenalizzato: chi rifiuta di soffiare commette solo un illecito amministrativo mentre in precedenza era previsto l’arresto fino ai tre mesi".
Leggende metropolitane? Macche'.
venerdì, ottobre 19, 2007
Michel Rolland chi?
Mai piu' senza: la chiavetta Usb a forma di bottiglia di vino. Gizmodo ha un comprensibile approccio perplesso con l'enomondo, visto che nell'unita' di memoria c'e' roba del tipo "suonerie che hanno a che fare con il vino, sfondi per il desktop, uno screensaver". Notevole, poi, quel "chi?" riferito a Michel Rolland. Mondovino l'abbiamo visto in pochi, pare.
Toccare il fondo e iniziare a scavare
Scordatevi la figuraccia di Italia.it e relativa chiusura; lorsignori approntano la Internet Tax. Via Punto Informatico, apprendo pure dell'esistenza del fondamentale Registro degli Operatori di Comunicazione (ROC), al quale dovremmo tutti iscriverci.
Il miglior commento a questa ignobile cialtronata governativa (scusate il francesismo) lo ha fatto Paolo de Andreis (big boss di Punto Informatico), e io pigramente incollo qui alcuni passaggi. E' una lettura che merita davvero.
Il miglior commento a questa ignobile cialtronata governativa (scusate il francesismo) lo ha fatto Paolo de Andreis (big boss di Punto Informatico), e io pigramente incollo qui alcuni passaggi. E' una lettura che merita davvero.
Ci troviamo dinanzi ad un provvedimento che non andrà lontano. I suoi scopi sono altri, i primi articoli del testo sono scritti malissimo: verranno riscritti, è facile prevederlo, forse persino prima che il New York Times titoli qualcosa tipo "Italia nel Medioevo" come fece quando fu approvata la legge sulle staminali.
La dimensione macroscopica dell'errore del Governo è tale, e capace di nuocere alla rimanente parte del disegno di legge, che con un colpo di bianchetto verrà consegnato all'oblìo nel più rigoroso silenzio mediatico. Presto non ne sentiremo più parlare. È già successo, si può aver fiducia che accada di nuovo.
Il punto è, evidentemente, un altro.
Sopravvivere al numero di oggi di Punto Informatico non è facile, richiede quella stessa capacità di controllo di quando si versano le imposte nelle mani della casta perché ci faccia ciò che crede: c'è Marco Calamari che fa il punto su come le diverse leggi sulla pedopornografia negli ultimi 8-10 anni abbiano provocato una compressione delle libertà individuali, c'è Valentino Spataro che spiega a tutti come sia capitato che il Governo abbia imposto una tassa (e una serie di procedure) in capo a qualunque pubblicazione online di qualsiasi genere anche senza finalità di lucro, e c'è Francesco Rutelli che fa sapere, vivaddio, di non poterne più, lui, di Italia.it.
Come dicevo, sopravvivere è difficile. In un solo giorno vengono condensati i risultati di fallimenti plateali e costosi, sia in termini economici che di libertà individuali, nati dalla ostinata ignoranza di chi alberga nella stanza dei bottoni, ignoranza almeno riguardo alle cose della rete, volendoci limitare a quelle.
Quando andavo a scuola e sbagliavo una frase importante in una versione di greco, il mio insegnante non mancava mai di metterci sotto due righe a penna con due o persino tre "x rosse", e di conseguenza abbassava in modo sostanziale il voto finale che assegnava alla mia traduzione. Non contento, le correzioni si eseguivano sempre tutti insieme pubblicamente, ognuno cosciente e informato degli errori degli altri.
Nel caso del Governo, una penna rossa riscriverà quegli articoli ma nessun brutto voto verrà emesso. Chi è riuscito a scrivere quegli obbrobri non dovrà ammettere il proprio errore, né sarà chiamato a risponderne. Il Consiglio dei ministri che ha letto e approvato quel testo non verrà certo messo in croce per l'irresponsabilità dimostrata e l'allarme inutilmente causato. Nessuno dirà nulla a quegli esponenti governativi che parlano di riforma eccellente.
giovedì, ottobre 18, 2007
Questo enotecaro s'e' skypizzato
Su certi accrocchi sono una specie di bradipo informatico; in particolare ho un'idiosincrasia per i vari messenger et similia. Pero' ieri ho festeggiato il primo cliente dalla Cina, che mi chiedeva l'account Skype. Deluderlo pareva davvero indelicato.
[Per la cronaca, il mio account e' fiorenzo_s]
mercoledì, ottobre 17, 2007
Piattaforma traballante
Da un paio di giorni la piattaforma di questo blogghe traballa. Abbiate pazienza. Semmai, gia' che siamo in vena di ottì, consolatevi con il link demenziale del giorno: Warning: da aprire con cautela, e' roba troppo hot per un pubblico minore.
[Update: il link demenziale e' vaporizzato. Panta rei. Tempus Fugit. Chi va all'osto perde il posto. Ho finito le citazioni.]
Una roba mai sentita prima
I prezzi sono in aumento; nel settore vinicolo, anche. Giacche' si annunciano rincari del 35% penso che passero' gran parte della giornata a riscrivere il listino; nel frattempo, accogliamo tutti con gioia la notizia che aumenta pure "tra il 25 e il 40%" il Montepulciano d'Abruzzo; su questa doc gira da tempo, in rete, l'immortale adagio: se il Montepulciano d'Abruzzo potesse parlare e dire "Ehi, io sono qua dentro in questa bottiglia", ne vedremmo delle belle. [link]
giovedì, ottobre 11, 2007
Risolvere il problema
Ne vengo da una chiacchierata che m'ha depresso un po'. Un produttore lamenta la cattiva qualita' della comunicazione intorno al vino: troppi che parlano, troppi che scrivono, troppa gente che non sa cosa dice ma comunque critica, suggerisce, censura, loda; un chiacchiericcio che non aumenta la conoscenza, ma la peggiora. Non solo la stampa generalista, non solo quella specializzata; adesso, pure Internet.
Ora, di fronte a queste premesse si puo' tentare di controbattere; io ho preferito evitare di infilarmi nei mille distinguo possibili, e mi sono limitato a dirgli: e allora, comunica tu. Parla tu, in prima persona, usa gli strumenti che ci sono, dedica un po' del tuo tempo a redigere il tuo blog aziendale, per esempio.
Questo genere di suggerimento non deriva solo dalla mia passione blogcentrica, che da sola non puo' essere un elemento sufficientemente valido per farti loggare su una qualsiasi piattaforma, e cominciare a smanettare. Suggerendo "parla tu, in prima persona" ho voluto dare seguito ad un principio che mi sta a cuore: la disintermediazione. Proviamo ad ammettere che la premessa del mio produttore sia vera: diciamo che ogni giornale, ogni giornalista, ogni blogger ed ogni forumista non capisca un'acca di vino. Data questa premessa, chi meglio del produttore ha titolo di parlare? Eliminando ogni intermediazione in una catena di comunicazione cosi' criticabile, otterremmo un distillato puro della conoscenza; probabilmente un punto di vista parziale, d'accordo, ma almeno non inesatto agli occhi di chi tiene in modo specifico a raccontarci il prodotto: cioe', agli occhi di chi lo produce. Appunto, ribadisco: chi meglio di lui?
Nemmeno questo genere di argomenti ha avuto effetto, e sembra utile a risolvere il problema. Il mio produttore in questione ha elencato i soliti motivi stranoti nell'ambito di noi geek smanettoni: non ho tempo, devo pagare uno per rispondere alle mail (giuro), la mia connessione va e viene, e via cosi'. In questi casi bisogna fare un piccolo sforzo, da parte nostra, per infilarsi nei panni di chi, evidentemente, e' ostile al monitor ed alla tastiera; mi verrebbe quasi da dire: se la pensi cosi', alla fine hai le tue ragioni. Pace.
Eppure il problema si puo' risolvere; a questo proposito voglio segnalare il lavoro che sta facendo, ad esempio, Andrea Gori sul suo blog dove, via YouTube, ha recentemente pubblicato alcuni filmati relativi alla degustazione guidata di vini delle Tenute Folonari. Giovanni Folonari in persona racconta aspetti alquanto interessanti circa i vini e l'azienda; di seguito ne inserisco un paio (il primo parla di affinamento, il secondo di vinsanto); per tutti gli altri vi rimando alla home di Andrea su YouTube; sono validi esempi di possibile risoluzione del problema. Consentono di farsi un'idea dell'azienda, direttamente da chi l'azienda la conduce, senza troppe intermediazioni; sta a tutti noi, alla fine, decidere.
Ora, di fronte a queste premesse si puo' tentare di controbattere; io ho preferito evitare di infilarmi nei mille distinguo possibili, e mi sono limitato a dirgli: e allora, comunica tu. Parla tu, in prima persona, usa gli strumenti che ci sono, dedica un po' del tuo tempo a redigere il tuo blog aziendale, per esempio.
Questo genere di suggerimento non deriva solo dalla mia passione blogcentrica, che da sola non puo' essere un elemento sufficientemente valido per farti loggare su una qualsiasi piattaforma, e cominciare a smanettare. Suggerendo "parla tu, in prima persona" ho voluto dare seguito ad un principio che mi sta a cuore: la disintermediazione. Proviamo ad ammettere che la premessa del mio produttore sia vera: diciamo che ogni giornale, ogni giornalista, ogni blogger ed ogni forumista non capisca un'acca di vino. Data questa premessa, chi meglio del produttore ha titolo di parlare? Eliminando ogni intermediazione in una catena di comunicazione cosi' criticabile, otterremmo un distillato puro della conoscenza; probabilmente un punto di vista parziale, d'accordo, ma almeno non inesatto agli occhi di chi tiene in modo specifico a raccontarci il prodotto: cioe', agli occhi di chi lo produce. Appunto, ribadisco: chi meglio di lui?
Nemmeno questo genere di argomenti ha avuto effetto, e sembra utile a risolvere il problema. Il mio produttore in questione ha elencato i soliti motivi stranoti nell'ambito di noi geek smanettoni: non ho tempo, devo pagare uno per rispondere alle mail (giuro), la mia connessione va e viene, e via cosi'. In questi casi bisogna fare un piccolo sforzo, da parte nostra, per infilarsi nei panni di chi, evidentemente, e' ostile al monitor ed alla tastiera; mi verrebbe quasi da dire: se la pensi cosi', alla fine hai le tue ragioni. Pace.
Eppure il problema si puo' risolvere; a questo proposito voglio segnalare il lavoro che sta facendo, ad esempio, Andrea Gori sul suo blog dove, via YouTube, ha recentemente pubblicato alcuni filmati relativi alla degustazione guidata di vini delle Tenute Folonari. Giovanni Folonari in persona racconta aspetti alquanto interessanti circa i vini e l'azienda; di seguito ne inserisco un paio (il primo parla di affinamento, il secondo di vinsanto); per tutti gli altri vi rimando alla home di Andrea su YouTube; sono validi esempi di possibile risoluzione del problema. Consentono di farsi un'idea dell'azienda, direttamente da chi l'azienda la conduce, senza troppe intermediazioni; sta a tutti noi, alla fine, decidere.
mercoledì, ottobre 10, 2007
Sempre le solite quattro cose
Qui si ripetono sempre le solite quattro cose; pero', che ci posso fare, leggere queste paroline a me non spiace; anzi, son proprio contento: "Italian wine makers bet on tradition to beat rivals - no sugar, no wood chips and only the best local grapes patiently aged in oak barrels make Italy's premium Vino Nobile di Montepulciano wine".
martedì, ottobre 09, 2007
A walk on the wild side
Tutto inizia con un invito a cena da amici carissimi, sere fa. E l'amico carissimo, gourmet quanto basta, di ritorno dal viaggio ha portato il souvenir. Chi torna dalla Toscana porta il Chianti, chi torna dalla Grecia porta la retsina (peste lo còlga); lui tornava dall'Argentina, e che poteva portare? Chardonnay. Ora, chi mi conosce sa che ho una pericolosa predilezione per i barriconi internazionaloni; per i vini-frutto, per le robe ammiccanti e roboanti, sopra le righe, sovraconcentrate, sovramaturate, sovrastrutturate.
Pero', pero'. Probabilmente sto invecchiando.
Com'era questo Chard? Mettiamola cosi': cattivo non era. Mi e' piaciuto? Ecco, ancora ci sto pensando. A descriverlo francamente non saprei dove iniziare: va bene l'eccesso, ma questo era al di la' del bene e del male; e' parecchio tempo che non assaggio nulla di seriamente internazionale (Cile, California), e cosi' ero un po' fuori allenamento; scansionavo l'effluvio di input ai recettori palatali e retronasali, ma era come cercare di mettere ordine in uno schedario scosso da un tornado. Ari-mettiamola cosi': immaginatevi un succo d'ananas (avete presente) aggiunto di vodka; praticamente un cocktail alcolico, molto dolce, e molto alcolico; buono al gusto, certo, quel dolciastro unito al timbro secco della vodka, pardon, dell'alcol, era tutt'altro che sgradevole.
Solo che non era vino. Era qualcos'altro, una citazione, un'evocazione del concetto, una rilettura, una rielaborazione, probabilmente un esercizio di stile ("guarda cosa so fare - senza mani!"). Ti veniva da applaudire ammirato, dopo: ma guarda un po' questi, che giocolieri.
Temo che non lo comprerei. Ma appunto, probabilmente sto invecchiando.
[Chardonnay 2004, Bodega La Rural - Rutini - Argentina]
lunedì, ottobre 08, 2007
Quando pensi di averle viste tutte
Quando pensi di averle viste tutte, o perlomeno quasi tutte, scopri che il vino di Gesu' Cristo sarebbe Cabernet Sauvignon.
giovedì, ottobre 04, 2007
Bere Barolo
Il caldo africano dell'estate 2003 condiziona i Barolo di quell'annata ora sul mercato; la vendemmia ha dato uva supermatura e con poca acidita', sbilanciando il vino a favore della sfericita', cioe' a dire morbidezza e frutto, senza punte di durezza, ovvero di acidita', che servono ad armonizzare e rendere complesso, stratificato (e pure piu' longevo) il prodotto di tanti fattori. Per farla breve: questi vini sono morbidi ma a rischio marmellata, e non dureranno i decenni. E allora che si fa? Se riusciamo a vedere il bicchiere mezzo pieno anche in questo frangente, potrebbe essere la volta buona che il Barolo si beva pure, oltre che a iconizzarlo come una divinita', che in quanto tale e' intangibile. Qualche giorno fa assaggiavo la vendemmia 2003 di Bartolo Mascarello, cantina ipertradizionalista e iconica (questa si) del comune omonimo; i vini di Bartolo sono la quintessenza della tradizione, quindi della longevita' associata a questo rosso; l'assaggio da giovane ha un valore estremamente relativo (normalmente si definisce "infanticidio") e serve piu' che altro ad avere un'idea della caratura generale, ed a scrutare nella sfera di cristallo come potra' evolvere nei secoli a venire. Eppure, l'assaggio del 2003 m'ha sorpreso in quanto molto, molto buono; intendiamoci, normalmente i Barolo di Bartolo Mascarello sono tali; ma dopo un decennio dalla vendemmia, minimo. Invece, sorpresa: questo 2003 cosi' serico e fruttato (ebbene si', l'ho detto: fruttato) ha buone possibilita' di essere aperto da giovane senza far gridare all'infanticidio.
Che poi, diciamolo, ecco il limite vero di questo immenso vino: tutti lo idolatrano ma a berlo sembra che siano quattro enofili in croce; il destino di questa etichetta, per le masse, e' di finire su uno scaffale (se va male, in piedi alla luce) ad affrontare i decenni in attesa del mitico momento giusto nel quale aprirlo (che e' sempre di la' da venire, ovvio). A perenne monito di tale sciagurato comportamento io a bottega tengo questa vecchia bottiglia di Bareul Vej (ah, i bei tempi in cui le denominazioni d'origine erano autoprodotte) del 1958. Il sedicente Barolo appartenne ad una vecchia, amata zia che lo conservo' come una reliquia in attesa del gia' citato momento giusto per aprirlo; la zia passo' serenamente a miglior vita, ed io ereditai la bottiglia; questa ora e' un caro cimelio, e serve a ricordarmi che le bottiglie non dovrebbero, mai, sopravvivere al loro padrone; a parte il fatto che il vino si fa tutti gli anni, e non si da in natura che l'umanita' resti priva di Barolo, e' comunque troppo triste vivere una vita aspettando chissa' che per godersi il Barolo. Adesso, con l'annata 2003, abbiamo la scusa buona per non aspettare.
Che poi, diciamolo, ecco il limite vero di questo immenso vino: tutti lo idolatrano ma a berlo sembra che siano quattro enofili in croce; il destino di questa etichetta, per le masse, e' di finire su uno scaffale (se va male, in piedi alla luce) ad affrontare i decenni in attesa del mitico momento giusto nel quale aprirlo (che e' sempre di la' da venire, ovvio). A perenne monito di tale sciagurato comportamento io a bottega tengo questa vecchia bottiglia di Bareul Vej (ah, i bei tempi in cui le denominazioni d'origine erano autoprodotte) del 1958. Il sedicente Barolo appartenne ad una vecchia, amata zia che lo conservo' come una reliquia in attesa del gia' citato momento giusto per aprirlo; la zia passo' serenamente a miglior vita, ed io ereditai la bottiglia; questa ora e' un caro cimelio, e serve a ricordarmi che le bottiglie non dovrebbero, mai, sopravvivere al loro padrone; a parte il fatto che il vino si fa tutti gli anni, e non si da in natura che l'umanita' resti priva di Barolo, e' comunque troppo triste vivere una vita aspettando chissa' che per godersi il Barolo. Adesso, con l'annata 2003, abbiamo la scusa buona per non aspettare.
martedì, ottobre 02, 2007
Hai trovato quello giusto
sabato, settembre 29, 2007
La mia generazione
E' tutta qua.
venerdì, settembre 28, 2007
La rabbia
Maledetti rappresentanti.
Adesso vi racconto come funzionano alcuni venditori; i baroni della rappresentanza sono quattro o cinque vecchi culi di cemento che assommano qualcosa come duemila mandati a testa; hanno il meglio del meglio non per meriti personali ma per incomprensibili fenomeni di baronia (per cui se sei agente di -esempio- Ferrari diventi pure agente di Gaja, Antinori, e via griffando). Questi vecchiacci attaccati alle rendite non vanno mai in pensione, pure a novant'anni, ma continuano a vivere di vendite siglate rispondendo al cellulare sdraiati sotto l'ombrellone. Questi fenomeni parastatali della rappresentanza se ne fregano altamente di girare coi listini, che tanto il prodotto viene elargito soltanto alla categoria di clienti che e' simile a loro, cioe' i baroni della ristorazione e delle enoteche (similia cum similibus; oppure: chi si somiglia si piglia). Per inciso, i baroni tra gli enotecari sono sempre quei quattro o cinque vecchi eccetera eccetera, gli unici a cui la stampa fa riferimento quando parla di enoteche della tua citta'; per cui se il Gambero Rosso fa un articolo sulle enoteche di Genova, gia' sai dove andra' a parare. Io, nemmeno a dirlo, non appartengo a quel numero di baroni, e date le premesse spero ardentemente d'essere ignorato per il resto della mia esistenza.
E veniamo al motivo di tanto giramento.
Prima dell'estate sbarcava nella mia bottega, probabilmente per sbaglio o perche' aveva forato una ruota, il collaboratore di un barone; dìcesi collaboratore il giovane di bottega del culo-di-cemento, cioe' quello che per una percentuale esigua dell'intermediazione gira come un dannato col listino del capo, mentre questo fuma il suo Havana assieme all'altro enotecaro barone, sotto l'ombrellone eccetera (ci siamo capiti, ormai). Il giovane di bottega ha comunque tra i 40 e i 50 anni (si e' giovani a 50 anni, si sa). Da parte mia, ho scrutato il listino pochi secondi, quanto basta per rendermi conto che l'occasione andava afferrata al volo. E siccome qui non si fanno nomi, ma solo cognomi, diro' che il listino sul quale ho fatto il sorriso da pescecane era quello di Giacomo Conterno. Commetto pero' un errore atroce (il primo di una serie) e lo congedo pregandolo di rifarsi vivo a settembre, per un ordine. Contavo sul fatto che ci fossimo capiti: io paria dei bottegai, tu paria dei venditori, uniamo le nostre solitudini in un connubio tra perdenti.
Piccolo inciso: io avevo in cuore di passare a Monforte, presso il produttore in questione, da circa duemila anni; il suo prodotto e' quel che si dice un must, ma non in quanto griffone fighetto; e' proprio un gran vino, del genere memorabile. Il Barolo Monfortino, pure nel suo prezzo stellare, segna da sempre un punto di riferimento per la produzione dell'area; ricordo la prima volta che l'assaggiai, dal Pescatore; il boss Antonio Santini aveva il Monfortino fuori carta dei vini, in quanto affermava fosse sua fornitura personale; ma gentilmente accetto' la nostra richiesta.
Nonostante tanta premessa, non ho mai trovato il tempo (e forse la voglia di sentirmi dire "no") per visitare Conterno. Avrei dovuto farlo, se non altro perche' aspettare la visita del suo agente equivaleva ad aspettare Godot. Secondo errore.
Insomma, arriviamo allo showdown. Ieri il mio venditore paria mi illustra le disponibilita' del listino; io non mi accontendo di annunciargli che sono interessato all'acquisto, aggiungo pure che passerei lunedi' prossimo a Monforte, per ordinare direttamente in cantina dopo una visita. Tutto molto bello, vero? Un po' troppo.
In serata mi avvisa, il simpatico venditore, che il prodotto desiderato (Monfortino e Barbera Cascina Francia) non e' disponibile. E allora, chiedo, perche' giri col listino? Mah, non lo so, tanto questi non me li chiede nessuno perche' sono troppo cari, dice lui.
Ora dimmi tu se non dovrei essere mangiato vivo dalla rabbia.
Ma mica contro il venditore. No, io sono arrabbiato con me stesso. Dopo ere geologiche che spaccio vino, ancora non so che certa roba va prenotata? Ancora non so che ci sono delle liste d'attesa? Ma quanto sono stato fesso? Come ho potuto credere che esistesse Babbo Natale, e che facesse il collaboratore di un agente barone?
Gran finale: lunedi' prossimo niente visita in azienda, hanno troppo da fare per la vendemmia e poi il prodotto non e' disponibile, che vieni a fare?
Ora dimmi tu se non dovrei essere mangiato vivo dalla rabbia.
martedì, settembre 25, 2007
Il club dei tre ettari
Di ritorno dal Festival del Franciacorta; poche righe per segnalare un'iniziativa esemplare, per l'ottimo livello generale dimostrato; questa capacita' di associare qualita' di prodotti con competenza comunicativa ed organizzativa e' diventata, a mio modo di vedere, la cifra qualificante di (quasi) qualsiasi cosa rechi il nome di Franciacorta. Pure avendo un paio di quelle bollicine a listino, non e' stato difficile scovare altre tentazioni; volendo segnalare almeno un nome su tutti, indicherei Borgo La Gallinaccia (Via IV Novembre, 15 - 25050 Rodengo Saiano BS - Tel. 030/611314-3531506); l'azienda ha presentato una sola etichetta, un Brut, che nei miei personali appunti ha prevalso su tutti. Il prezzo in cantina e' allineato verso l'alto (oltre dieci euri, piu' IVA), ma e' un sacrificio che consiglio volentieri. Curiosamente, e' il secondo produttore che incontro, nell'arco di pochi mesi, ad avere una superficie vitata decisamente piccola, tre ettari, che lo inserisce nel numero dei produttori omeopatici; come il mio Brunello del cuore, Macioche, che sara' probabilmente il prossimo wine-of-the-day per Kelablu. Stay tuned.
venerdì, settembre 21, 2007
I famosi contenuti
Tanto per proseguire nel tema del post precedente: quando hai un contenuto globalizzato, magari un po' anonimo, magari un po' amorfo, (e soprattutto, se non hai uno straccio di vitigno autoctono) la meglio cosa da fare e' affidarsi al contenitore, ovvero la forma prima della sostanza. Non potendo contare sull'appeal del vino, tanto vale profondere ogni energia sull'etichetta, cercando di scovare la combinazione visuale o cromatica piu' abbacinante. Preciso che la qualita' dell'etichetta e' un tema che angustia piu' di un produttore, pure il piu' serio, ed io non sono l'interlocutore piu' adatto a valutare i loro encomiabili sforzi, siccome continuo un po' ingenuamente a credere che il winemaker dovrebbe concentrarsi sul vino e non sull'etichetta; ma credo, appunto, di essere minoritario in questa opinione, quindi ininfluente. Oggi (esempio) inutilmente sbuffavo su questo sito dove si esibisce una galleria di etichette che dovrebbero, a loro dire, fare colpo. Ma certo, come negarlo, mettere Marilyn (non Manson) in etichetta e' una gran cosa; soprattutto se il vino sara' sui 55/100 di punteggio, almeno ti consoli con l'immagine. Poi ecco la felice nemesi: un magistrato in Alto Adige avrebbe sequestrato le sciagurate bottiglie con Hitler in etichetta, non so se avete presente il genere. Il produttore di tanta meraviglia peraltro mette in etichetta Mussolini, Che Guevara, Napoleone, Lenin, Stalin, Marx, insomma un ecumenismo parcondiciante dell'etichetta esecrabile. Sfortuna vuole che Adolf sia stato giudicato appena un po' troppo apologetico dei noti reati. Come diceva quel tale, ci sara' pure un giudice a Berlino.
mercoledì, settembre 19, 2007
Vini noiosi
Essere alternativi paga: ho sempre pensato che fornire proposte inedite (nel limite del possibile, e del fruibile) fosse vincente. L'orticello enoico nel quale, professionalmente, curo il raccolto, non fa gran che eccezione; nello specifico, ho sempre concordato con quanti individuano nel vitigno autoctono, nostro ed inimitabile, una specie di risorsa imbattibile contro il famigerato livellamento globalizzante (lèggasi chardonnay-merlot-cabernet-barrique). Cosi' oggi, leggendo questo articolo del Seattle Times, non ho potuto fare a meno di sorridere: "vini noiosi? L'Italia vi salva. Mentre il mondo e' inondato di varieta' internazionali, chardonnay merlot e cabernet in particolare, in Italia i viticoltori si dedicano a far vino con rari - e raramente assaggiati - vitigni indigeni". Segue un interessante elenco della spesa alternativa, dove si segnalano pignoletto, lugana, aglianico. Per finire, trionfalmente, col Barolo chinato.
lunedì, settembre 17, 2007
Monster Blue
Dunque pure Microsoft ha il suo vino aziendale; non e' in commercio, ma e' destinato solo ai regali aziendali (che fortunelli) il "Monster Blue", un vino griffato MS ma proveniente da colture sudafricane: "come rivela oggi il Financial Times, la Microsoft ha creato un'etichetta di vini destinati ai dipendenti da diffondere all'interno del colosso di Redmond. L'etichetta, chiamata Monster Blue è stata realizzata da un produttore sudafricano per conto di Microsoft e sarà regalata soltanto ai dipendenti Microsoft e ai loro collaboratori e non sarà mai messa in vendita all'esterno del gruppo. Già il titolo dell'etichetta «Monster Blue» vuol essere un tentativo di ironizzare sulla visione che gran parte del mondo esterno ha di Microsoft, vista come una sorta di azienda mostro". [link]
Mah. Io ho trovato azzeccato, piu' che il termine monster, il colore blue, in quanto assai attinente al marchio; blue screen, mai sentito?
venerdì, settembre 14, 2007
Spirito natalizio (a settembre)
Quando il resto dell'umanita' fa la prova costume, a giugno, il bottegaio e' gia' intento a preparare il lavoro natalizio, e contempla patinate pubblicazioni di scatole, cartoncini, fiocchi e simili ammennicoli. Quando e' agosto e siamo tutti abbronzisti, sulla scrivania ci sono le renne, i babbi natale, gli alberi innevati. A settembre siamo in pieno spirito natalizio, che quasi ci sentiamo piu' buoni; e pianifichiamo di imitare il nostro commesso di riferimento, Rowan Atkinson.
martedì, settembre 11, 2007
Maledetti piratacci
Non so se pure a voi sono venuti a noia i filmati contro la pirateria; non siete soli, pare.
A proposito, il mio sito del cuore per scaricare (o vedere in streaming) film in lingua originale, resta joox.net. Buona visione.
Sangiovese democristo
Il moscato e' diessino, il prosecco e' leghista: sulla Stampa odierna, amena presentazione di un libro di Andrea Scanzi.
Piccolo estratto: "il sangiovese, non me ne voglia, è democristiano. Ha sempre la maggioranza. Piace a tutti, lo trovi ovunque e il suo governo (alla Toscana) non cade mai, a conferma del vecchio detto per il quale moriremo democristiani. Come i reduci scudocrociati, dopo Tangentopoli - che per il vino è stato Metanopoli - si è scisso in partiti e partitini. Il sangiovese toscano, a sua volta spezzettato in vari tronconi (Brunello, Morellino, Nobile…), si è diviso tra Partito Popolare (Chianti Classico) e Forza Italia (i Supertuscans imparentati con cabernet e merlot). In Umbria, più austero e meno disposto al dialogo, sarà un teodem associato a Rocco Buttiglione (mi scusino gli amici del Torgiano Rosso Riserva). Nelle Marche, più aggraziato, si sposerà con il Montepulciano d'Abruzzo per garantirsi un allargamento della base elettorale, come il partito di Pier Ferdinando Casini".
Ovviamente non tutto e' condivisibile; io sono un bevitore compulsivo di prosecco, senza militare nelle camicie verdi.
venerdì, settembre 07, 2007
Essere solerti
Com'e' noto, ai minorenni non si vende alcol. Negli States sono ultrarigorosi, controllano i documenti prima dell'acquisto, se l'acquirente puo' pure vagamente apparire minorenne; cosi' e' accaduto a Farmington, nel Maine, che la signora Barbara Skapa, non avendo con se' la carta d'identita', non ha passato il controllo del commesso presso la catena di supermercati Hannaford: niente vino nel carrello, per la signora. Dove sta il problema? Eccolo: la signora Skapa ha 65 anni. Quando si dice "portarli bene"; oppure, essere solerti. [link]
mercoledì, settembre 05, 2007
Orgoglio bottegaio
Succede questo: un'associazione di consumatori francesi se ne esce affermando che la denominazione d'origine dei vini, cosi' com'e' accrocchiata, non garantisce minimi standard qualitativi, ormai da tempo; qui c'e' il riferimento online, in francese (vi tocca). La stampa, quella inglese per ora, mi pare abbia accolto il fatto con un gusto perfino troppo zuzzurellone-sciovinista, del tipo "sacre bleu, il vino francese e' una truffa" (vedi Scotsman News, ma pure Telegraph, o Daily Mail). Il fatto e' che, tra l'altro, i test d'assaggio che stanno dietro al conferimento delle AOC (le DOC francesi) sono, a detta de l'Union fédérale des consommateurs, una roba totalmente inattendibile e raffazzonata, visto che "slack controls saw 99 per cent of all candidate wines awarded their AOC label in 2005".
Insomma: la DOC non e' garanzia di standard qualitativo nemmeno in Francia. E qui da noi? In Italia non avremmo gran che da sghignazzare sulle polemiche apparentemente autolesioniste dei cugini; le commissioni d'assaggio per le DOC sono da tempo fonti di barzellette, meglio che la Benemerita Arma; urge autocitazione.
Siamo tutti consumatori; non so se hai presente, "nasci, consuma, crepa". Nella fase intermedia, in attesa di quella finale, mi piacerebbe avere qualche punto fermo, che so, una minima garanzia di qualita'; per questo parlo di orgoglio bottegaio, perche' mi sto infilando in una dichiarazione biecamente autoreferenziale, anzi peggio, vado a lodarmi e sbrodolarmi.
Visto che ogni norma che attiene il vivere civile dipende da Lorsignori, c'e' poco da essere ottimisti; a volte e' meglio cercare una via autoprodotta alla certificazione (di qualsiasi tipo). Ecco, tanto per fare un esempio, parliamo di vino. Io, essendo bottegaio, assaggio e riassaggio tutto, sempre (e poi sputo, tranqui). Che ci sia la DOC oppure no, sinceramente, m'interessa poco: deve piacermi. Poi, lo rivendo. Nel farlo, ci metto la faccia, il nome, il cognome, l'indirizzo ed il numero di telefono; non ho la residenza a Londra, pago le tasse qui, e se ti vendo una roba deprecabile torni da me, mi prendi per la camicia e mi dici "Fiore, che razzo m'hai venduto?" (oddio, non m'e' ancora capitato, ma rende l'idea). Capisco che sarebbe meglio la sacerrima normazione omniregolante, ma almeno questo abbiamo, e non e' poca cosa. Alternativamente, esiste l'opportunita' (lo ricordo sempre) di comprare direttamente dal produttore, e pure qui si ripete il meccanismo: il piccolo produttore con nome e faccia e' garante di se' stesso, del suo lavoro, e del suo prodotto. Normalmente, se tradisce le aspettative, ci rimette in prima persona (a fronte di un consumatore critico; ma per questo sarebbe necessario un post a parte, siccome essere critici, in senso positivo, diviene necessario).
Bene, spero d'aver brillantemente dimostrato, partendo da una notizia di qualche interesse, che chi scrive indossa l'armatura luccicante del cavaliere senza macchia eccetera; tutto cio' fa molto entertaining.
Insomma: la DOC non e' garanzia di standard qualitativo nemmeno in Francia. E qui da noi? In Italia non avremmo gran che da sghignazzare sulle polemiche apparentemente autolesioniste dei cugini; le commissioni d'assaggio per le DOC sono da tempo fonti di barzellette, meglio che la Benemerita Arma; urge autocitazione.
Siamo tutti consumatori; non so se hai presente, "nasci, consuma, crepa". Nella fase intermedia, in attesa di quella finale, mi piacerebbe avere qualche punto fermo, che so, una minima garanzia di qualita'; per questo parlo di orgoglio bottegaio, perche' mi sto infilando in una dichiarazione biecamente autoreferenziale, anzi peggio, vado a lodarmi e sbrodolarmi.
Visto che ogni norma che attiene il vivere civile dipende da Lorsignori, c'e' poco da essere ottimisti; a volte e' meglio cercare una via autoprodotta alla certificazione (di qualsiasi tipo). Ecco, tanto per fare un esempio, parliamo di vino. Io, essendo bottegaio, assaggio e riassaggio tutto, sempre (e poi sputo, tranqui). Che ci sia la DOC oppure no, sinceramente, m'interessa poco: deve piacermi. Poi, lo rivendo. Nel farlo, ci metto la faccia, il nome, il cognome, l'indirizzo ed il numero di telefono; non ho la residenza a Londra, pago le tasse qui, e se ti vendo una roba deprecabile torni da me, mi prendi per la camicia e mi dici "Fiore, che razzo m'hai venduto?" (oddio, non m'e' ancora capitato, ma rende l'idea). Capisco che sarebbe meglio la sacerrima normazione omniregolante, ma almeno questo abbiamo, e non e' poca cosa. Alternativamente, esiste l'opportunita' (lo ricordo sempre) di comprare direttamente dal produttore, e pure qui si ripete il meccanismo: il piccolo produttore con nome e faccia e' garante di se' stesso, del suo lavoro, e del suo prodotto. Normalmente, se tradisce le aspettative, ci rimette in prima persona (a fronte di un consumatore critico; ma per questo sarebbe necessario un post a parte, siccome essere critici, in senso positivo, diviene necessario).
Bene, spero d'aver brillantemente dimostrato, partendo da una notizia di qualche interesse, che chi scrive indossa l'armatura luccicante del cavaliere senza macchia eccetera; tutto cio' fa molto entertaining.
martedì, settembre 04, 2007
Tutto aumenta
Non e' vero che l'informazione mainstream, massificata e appena un po' superficiale, sia tutto questo gran male; prendi per esempio la notizia del giorno: la produzione vendemmiale e' in calo, ergo i prezzi aumenteranno (Ansa e Il Sole 24 Ore, per citarne un paio). Ecco, queste si che sono informazioni interessanti. Tanto per non perder tempo, io vado a ritoccare tutti i listini, eh?
No, vabbe', scherzavo.
La colpa e' del bioetanolo. Ma si, e' colpa dell'UE che rastrella 200.000 ettolitri di stoccaggi invenduti per trasformarli in carburante, pensa tu. Gli imbottigliatori di Chianti da due euri sono gia' nel panico. Almeno quello potrebbe aumentare.
venerdì, agosto 31, 2007
Inedito my balls
Alitalia e' in picchiata libera, soliti problemini di improduttivita', debiti, eccetera; qui, si sa, non ci si occupa di numeri, bilanci, politiche del lavoro e altre cose appassionanti; si scrive di vino. Dimmi che vino bevi, eccetera eccetera; quindi leggo oggi che Alitalia serve Citra, simpatico industrione amato, come Ansa ricorda, da Wine Spectator, "rivista cult del settore enologico" (c'e' poco da ironizzare, quelli sono cult, e io no). Il vino della compagnia di bandiera e' servito "con tappo stelvin, un tappo-vite richiesto in modo particolare dai mercati scandinavi e Nord-Americani". E qui un po' il ciglio si solleva, pazienza. Ma e' apprendendo che il vino e' un "inedito cuvee Merlot-Sangiovese" che, liberatoriamente, premi il pulsante Indietro.
lunedì, agosto 27, 2007
Carabinieri e Madonne
Spiace esibire tanta pigrizia, ma la vacanza procede. Probabilmente un'improduttivita' cosi' prolungata contagia pure l'attivismo digitale, e qualche occhiata all'enomondo online dopo la scorsa settimana di quasi-disintossicazione da monitor e' appena sufficiente a destare l'attenzione; Alder, per esempio, riprende questa vicenda dei Carabinieri che vanno a lezione dall'AIS, e diplomatisi sommelier combatteranno il crimine enoico con rinnovate competenze; all'estero forse sopravvive una visione dell'Arma allineata con quella di certe fiction; la realta' sfortunatamente (per noi) e' altra cosa; comunque siamo a posto, adesso questi con un assaggio mettono in riga tutti i trafficanti di bolle di carico per DOC fasulle; capisci amme'.
Consoliamoci; il vino ispirato da Madonna viene via per soli $39.99: sull'etichetta c'e' la sua firma, quella del di lei papi, e le foto dell'ultimo tour; ma quant'e' grande questa etichetta?
giovedì, agosto 16, 2007
La classe non e' acqua
Nell'ambiente si ripete da sempre: ah, i francesi, quelli si che sono bravi a vendere. Ora, il luogo comune e' abusato, ma risentendo l'allarmante notizia (un po' ferragostana, dai) dello Champagne che si sta esaurendo, viene proprio da pensare: ah, questi francesi, che geni del marketing.
mercoledì, agosto 15, 2007
Cosi' ero capace anch'io
Questo e' Zucchero (Il Kilo)
E questi sono The Roots (The Seed)
Postfazione nr.1: il titolo del post e' bellamente copiato da questo post di Macchianera.
Postfazione nr.2: leggendo di caviale e champagne a Cala di Volpe, e di Zucchero, e di varie ed eventuali, eccoci arrivati alla sinapsi.
E questi sono The Roots (The Seed)
Postfazione nr.1: il titolo del post e' bellamente copiato da questo post di Macchianera.
Postfazione nr.2: leggendo di caviale e champagne a Cala di Volpe, e di Zucchero, e di varie ed eventuali, eccoci arrivati alla sinapsi.
lunedì, agosto 13, 2007
Decidersi prego
sabato, agosto 11, 2007
Almeno fingi di amarmi
Rito pre spiaggia: controllo posta. Gli spammaroli sono sempre deprimenti ma se sei in vacanza pure di piu'. Poi, se leggi un testo cosi' impostato, la depressione aumenta: "se siete interessati a distribuire vino GAVI e GAVI di GAVI docg potete contattarci - If you are interested to distribute wine GAVI and GAVI of GAVI docg you can contact to us". Ora, a parte l'inglese migliorabile (diciamo), il punto e': ma insomma, io sono italiano, perche' mi spammi bilingue? Diciamo la verita', nemmeno ti prendi la briga di vedere chi spammi, nemmeno fingi di amarmi, da me vuoi solo una cosa; non una parola dolce, un gesto gentile.
Avendo in altissima considerazione la privacy di chicchessia non riveleremo, come al solito, il nome del mittente, ma solo il cognome: Cantina Produttori del Gavi. Sul loro, ennesimo, sito in flash, non aggiungeremo nulla a quanto gia' assai bene detto altrove.
Avendo in altissima considerazione la privacy di chicchessia non riveleremo, come al solito, il nome del mittente, ma solo il cognome: Cantina Produttori del Gavi. Sul loro, ennesimo, sito in flash, non aggiungeremo nulla a quanto gia' assai bene detto altrove.
martedì, agosto 07, 2007
Buon compleanno, Rete
Oggi, 7 agosto, l'amata Rete festeggia il compleanno. Ma se siete in vena di commozione, leggetevi questo, siccome per qualcuno il vero compleanno sarebbe il 6 agosto. Dettagli, poca cosa, rispetto alla grandezza dell'evento. Auguri a tutti (noi).
giovedì, agosto 02, 2007
Tu chiamale (se vuoi)
Quando spiego come si fa a valutare criticamente un vino, spesso ricordo che il tempo e' un ingrediente. Il tempo, cioe' il suo fluire, agisce sul nostro liquido modificandolo e caratterizzandolo; aggiunge elementi di complessita', per cui ne diviene ingrediente; ed il tempo e' misura di qualita', siccome la capacita' di reggere al passare del tempo e' spesso proporzionale alla caratura complessiva del vino. La maturita' del vino e' quella fase evolutiva nella quale si rivelano pienamente gli effetti del tempo; tuttavia càpita abbastanza raramente di cogliere un vino in questa fase, si ha piuttosto la tendenza ad aprire bottiglie giovani e fresche, per le quali il passare del tempo non ha ancora svolto la sua funzione di sedimentazione delle sensazioni. Quando accade di aprire una bottiglia nella piena maturita', puo' essere davvero emozionante; per questo, partecipando al vino dei blogger numero nove, narrero' di un simile assaggio.
Molti anni fa, oltre dieci, ero in visita pastorale, in compagnia di colleghi e venditori, alle cantine Bertani, produttori di mitici Amarone. Azienda non piccola, ma saldamente in mano alla famiglia, che meritava una visita solo per ammirare la villona simil-palladiana (credo che ogni villa veneta con qualche appeal si definisca "palladiana") e le cantine sotterranee, dove giacciono ormai inutilizzate, in quanto monumento, gigantesche botti in legno grandi come monolocali; di quella visita conservo pure il ricordo della graticciaia per la passitura delle uve, che com'e' noto e' pratica preliminare alla produzione dell'Amarone. Data la stagione i vasti solai ospitavano graticci vuoti, senza uve; eppure quei locali erano letteralmente impregnati del profumo dell'uva essiccata, cosi' che percorrendoli si veniva sopraffatti da quel sentore mieloso e penetrante, ed in un certo senso fantasmatico, visto che uva non ce n'era; ne restava solo un ricordo olfattivo, ma cosi' vivido da rendere irreale la visione di quelle stanze vuote.
Non mancavano, quindi, gli elementi di suggestione che normalmente concorrono a modificare i parametri di giudizio dell'assaggiatore. Arrivati agli assaggi di rito, i nostri ospiti ci consentirono un excursus di notevole interesse sulla loro vasta produzione; ma fu al momento di aprire le etichette piu' risalenti che l'assaggio si fece davvero memorabile. Aprendo un Amarone del '63 (l'azienda mantiene a listino molte vecchie annate) avemmo tutti modo di confrontarci con la maturita' del vino. Prima ancora che il colore reso tenue dagli anni, normalmente e' la terziariarizzazione del corredo aromatico a colpire di piu', in questi casi.
[Breve nota: dìcesi terziariarizzazione aromatica la fase di maturita' avanzata nella vita evolutiva del vino, e specificamente del suo corredo aromatico; si caratterizza per la presenza di profumi che vanno dalla polvere di cacao al caffe'; lo so, il Maiale Ubriaco s'era raccomandato: "niente eno-chic etno-trend dandy-snob freak-abbestia", ma che ci posso fa'].
Comunque, si diceva: stavamo assaggiando un vino che mostrava caratteristiche di notevole maturita', ma comunque vigore ed infinita personalita', tale da non potersi dire certo arrivato al capolinea del suo cammino evolutivo; mentre discutevamo tra noi degli infiniti spunti forniti dal bicchiere, tutti entusiasmanti, io mi fermai a considerare un fatto, apparentemente marginale. Pure se avevo qualche esperienza come assaggiatore (era la prima meta' degli anni novanta) mi accorsi che era la prima volta che assaggiavo un vino prodotto prima che io nascessi. Mai successo prima. Ora, quando questo accade, e prima o poi accade ad ogni assaggiatore, sperabilmente, questo e' un momento emozionante. Il giudizio del vino diviene purtroppo assai meno profèscional, sopraffatto com'e' di elementi emozionali che poco hanno a che fare coi tecnicismi dell'assaggiatore; cominci a pensare a questioni alquanto piu' trascendenti e metafisiche, che probabilmente hanno pure a che fare col vino in quanto espressione del susseguirsi delle stagioni e delle annate, ma attengono piu' che altro ad aspetti di natura, direi, filosofica, che non pensavi di trovare in un bicchiere di vino, almeno fino ad un minuto prima.
Quando si discute sul perche' il vino ha attorno a se' tanto hipe, tanta chiacchiera, io credo che si debba tenere presente la capacita' evocativa e a volte pure emotiva di certi assaggi; e' anche per questo che si versano fiumi d'inchiostro sul vino, e non sulla Cedrata Tassoni.
Molti anni fa, oltre dieci, ero in visita pastorale, in compagnia di colleghi e venditori, alle cantine Bertani, produttori di mitici Amarone. Azienda non piccola, ma saldamente in mano alla famiglia, che meritava una visita solo per ammirare la villona simil-palladiana (credo che ogni villa veneta con qualche appeal si definisca "palladiana") e le cantine sotterranee, dove giacciono ormai inutilizzate, in quanto monumento, gigantesche botti in legno grandi come monolocali; di quella visita conservo pure il ricordo della graticciaia per la passitura delle uve, che com'e' noto e' pratica preliminare alla produzione dell'Amarone. Data la stagione i vasti solai ospitavano graticci vuoti, senza uve; eppure quei locali erano letteralmente impregnati del profumo dell'uva essiccata, cosi' che percorrendoli si veniva sopraffatti da quel sentore mieloso e penetrante, ed in un certo senso fantasmatico, visto che uva non ce n'era; ne restava solo un ricordo olfattivo, ma cosi' vivido da rendere irreale la visione di quelle stanze vuote.
Non mancavano, quindi, gli elementi di suggestione che normalmente concorrono a modificare i parametri di giudizio dell'assaggiatore. Arrivati agli assaggi di rito, i nostri ospiti ci consentirono un excursus di notevole interesse sulla loro vasta produzione; ma fu al momento di aprire le etichette piu' risalenti che l'assaggio si fece davvero memorabile. Aprendo un Amarone del '63 (l'azienda mantiene a listino molte vecchie annate) avemmo tutti modo di confrontarci con la maturita' del vino. Prima ancora che il colore reso tenue dagli anni, normalmente e' la terziariarizzazione del corredo aromatico a colpire di piu', in questi casi.
[Breve nota: dìcesi terziariarizzazione aromatica la fase di maturita' avanzata nella vita evolutiva del vino, e specificamente del suo corredo aromatico; si caratterizza per la presenza di profumi che vanno dalla polvere di cacao al caffe'; lo so, il Maiale Ubriaco s'era raccomandato: "niente eno-chic etno-trend dandy-snob freak-abbestia", ma che ci posso fa'].
Comunque, si diceva: stavamo assaggiando un vino che mostrava caratteristiche di notevole maturita', ma comunque vigore ed infinita personalita', tale da non potersi dire certo arrivato al capolinea del suo cammino evolutivo; mentre discutevamo tra noi degli infiniti spunti forniti dal bicchiere, tutti entusiasmanti, io mi fermai a considerare un fatto, apparentemente marginale. Pure se avevo qualche esperienza come assaggiatore (era la prima meta' degli anni novanta) mi accorsi che era la prima volta che assaggiavo un vino prodotto prima che io nascessi. Mai successo prima. Ora, quando questo accade, e prima o poi accade ad ogni assaggiatore, sperabilmente, questo e' un momento emozionante. Il giudizio del vino diviene purtroppo assai meno profèscional, sopraffatto com'e' di elementi emozionali che poco hanno a che fare coi tecnicismi dell'assaggiatore; cominci a pensare a questioni alquanto piu' trascendenti e metafisiche, che probabilmente hanno pure a che fare col vino in quanto espressione del susseguirsi delle stagioni e delle annate, ma attengono piu' che altro ad aspetti di natura, direi, filosofica, che non pensavi di trovare in un bicchiere di vino, almeno fino ad un minuto prima.
Quando si discute sul perche' il vino ha attorno a se' tanto hipe, tanta chiacchiera, io credo che si debba tenere presente la capacita' evocativa e a volte pure emotiva di certi assaggi; e' anche per questo che si versano fiumi d'inchiostro sul vino, e non sulla Cedrata Tassoni.
mercoledì, agosto 01, 2007
Bum
Probabilmente il prossimo autunno le norme sulla circolazione di bevande negli aeroporti saranno meno severe: "la Commissione europea ha deciso di rendere meno rigida la normativa che regola il trasporto di liquidi per chi viaggia in aereo. Il portavoce del Commissario europeo ai Trasporti spiega cosa cambierà: - I nostri esperti valuteranno la situazione presente nei paesi terzi per verificare se le misure di sicurezza adottate nei loro aeroporti siano compatibili con le nostre. In caso positivo i liquidi comprati in quegli stati non saranno sequestrati".
Con buona pace della (assai) probabile infondatezza di quel castello di carte.
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